Ogni informazione è utile se ci rende partecipi di quanto avviene intorno a noi.
Se contribuisce a maturare in noi convinzioni e valutazioni, se ci aiuta a prendere quelle piccole e grandi decisioni (anche in ambito finanziario of course …) cui siamo costretti ogni giorno.
Lo scopo dei miei contenuti, è quello di umanizzare, di rendere leggero il mio settore e ambito lavorativo.
Settore, quello finanziario, a mio parere piuttosto standardizzato, anche grigio e monotono se vogliamo.
Il mio obiettivo, attraverso i contenuti, è quello di far ragionare, di far pensare.
Trovo spesso il tradizionale modo di fare delle banche, o anche delle società di gestione, poco trasparente e orientato a non far pensare, a non far ragionare le persone, i clienti.
Che ne pensi in merito?
Mi piacerebbe ricevere il tuo parere.
Clienti che poi, avendo magari acquistato, sottoscritto un prodotto finanziario di impulso, non avendo ragionato, tendono a provare un senso di rimorso.
Io, al contrario, condividendo informazioni e contenuti, voglio metterti nella condizione migliore per decidere.
Il business (sempre a mio personale parere eh! …) insegna spesso a mentire, a nascondere.
Formalità, tecniche commerciali, frasi standard da riportare e scrivere nelle mail … tutta roba tendente a nascondere qualcosa!
Io vorrei invece parlarti in modo leggero, fuori anche dal coro se vogliamo.
Non ho la pretesa di spiegare dall’alto di una cattedra, anzi …
Voglio proprio renderti leggere le informazioni che ricevi.
Spero di riuscirci!
Fammi sapere che ne pensi.
Fammi sapere come ti arrivano le mie informative.
Sarei felice di ricevere un tuo riscontro, un tuo feed-back.
Buona (leggera spero …) lettura allora!
1) L’UNIVERSITA’ DEI FIGLI VA PIANIFICATA FIN DALLA CULLA
Laureati e BelPaese, la fotografia che emerge da recenti statistiche non è delle migliori.
In un range 25-65 anni raggiungiamo in Italia uno scarso 19% in termini di percentuale di laureati, contro una media OCSE del 37%.
Siamo tra gli ultimi in Europa anche per numero di laureati nelle discipline tecniche (ingegneria, informatica, economia), le più richieste oggi dal mercato del lavoro.
Il dato più preoccupante riguarda però l’aumento del divario, gap, tra chi proviene da famiglie benestanti e chi invece non può sostenere gli studi dei figli.
Un gap che spesso penalizza ragazzi meritevoli.
Certamente infatti la disponibilità finanziaria della famiglia è decisiva, perché studiare costa, e costa ancora di più se si è uno studente fuori sede e se si ha l’ambizione di frequentare un’università privata con rette più elevate rispetto a quelle degli atenei statali.
Pensa, in America la maggior parte del lavoro dei private banker consiste proprio nel pianificare gli investimenti delle famiglie per gli studi dei figli, e per il retirement (la nostra pensione) …
In Italia non si raggiungono i costi stellari di Harvard a Boston (circa 67mila euro l’anno), ma, ad esempio, il primo triennio alla Bocconi di Milano può costare tra gli 8 e i 13mila euro (dipende anche dall’Isee).
Il primo anno alla Sapienza di Roma costa invece attorno ai 1.600 euro, mentre alla Statale di Milano siamo attorno ai 2.900.
Alle rette occorrerà poi aggiungere eventuale vitto e alloggio, oltre che altre spese personali.
Questo per dirti che, per le famiglie che vogliono sostenere i propri figli negli studi universitari, occorre pensarci per tempo, adottando una strategia, una pianificazione che li aiuti a trovarsi, al momento del bisogno, un salvadanaio finalizzato appunto alla formazione.
Il mio consiglio sarebbe allora quello di pensarci fin dalla culla.
Di pianificare un accumulo continuo, automatico, sistematico, il prima possibile, perché prima si inizia e minore è l’accantonamento che si dovrà fare, grazie anche all’effetto virtuoso del reinvestimento degli interessi (l’interesse composto).
Pensa infatti, ipotizzando un percorso triennale da fuori sede in una università pubblica con un costo complessivo tra i 35 e i 45mila euro, se si hanno davanti 15 o 20 anni si può partire dai 200 euro al mese.
Se si attende invece e ci si trova con davanti 10 anni, la cifra sale a quasi il doppio, 350 euro mensili.
Per costruire un gruzzolo, ottimo può essere lo strumento del PAC (Piano di Accumulo del Capitale, ne ho parlato anche in un recente articolo all’interno del mio sito > https://bit.ly/31rqqyY)
in una soluzione azionaria.
Ma va fatta attenzione ai costi fissi che, se applicati su piccoli versamenti mensili, possono incidere parecchio.
Non consiglio invece, come molto spesso purtroppo mi capita di vedere, l’utilizzo di una polizza assicurativa, caratterizzata quasi sempre da elevati costi (fissi, di ingresso, di gestione, di rimborso eventuale …) che incidono tantissimo sulla performance finale.
Il discorso cambierà ovviamente per chi non ha pianificato questo impegno.
A questi, ahimè, non resterà che eventualmente il prestito.
A questo link puoi trovare un interessante tool de Il Sole 24 Ore che permette di calcolare le spese vive, in base all’ateneo scelto, per far laureare il figlio > https://bit.ly/2mid8Fs.
E’ veramente ben fatto, prova ad utilizzarlo.
Ricorda quindi, pianificare i propri obiettivi di vita è fondamentale sotto l’aspetto finanziario.
2) RISPARMIO DISTRATTO O, PEGGIO, DORMIENTE
Pochi giorni fa ho letto che il vincitore del Superenalotto del 13 Agosto scorso, grazie a una schedina da pochi euro compilata casualmente da un computer si è aggiudicato una vincita di 209 milioni di €, la vincita non l’ha ancora riscossa.
E’ lecito supporre che o si stia lungamente pregustando l’incasso (l’Agenzia Dogane e Monopoli garantisce l’assoluto anonimato della vincita), oppure abbia perduto la schedina, oppure ancora l’abbia dimenticata magari in una giacca portata in pulitura a far pulire (spero ovviamente per lui di no!) …
Al di là di questo caso eclatante, sono purtroppo molti gli italiani che tendono a perdere il controllo del proprio denaro, leggendo di rado i rendiconti dei risparmi e degli investimenti, ma anche letteralmente dimenticandolo.
Sono 11mila infatti gli assicurati italiani che non hanno riscosso i premi versati alle compagnie assicurative a oltre 10 anni dalla scadenza dei contratti, per un totale di oltre 1,5 miliardi di €.
Altri 2 miliardi sono invece abbandonati sui conti correnti delle banche italiane.
Ma oltre a questi casi limite esiste tutta un’ampia gradazione di distrazione finanziaria: da quella di chi dedica poco tempo al proprio denaro (solo il 3,1% delle persone ci dedica più di un’ora alla settimana secondo il Centro Einaudi Intesa Sanpaolo), a coloro che pagano costi eccessivi per i servizi ottenuti, fino a tutti coloro che si vedono sottrarre il denaro stesso da truffatori finanziari.
Tra le cause, l’underconfidence (ossia la fiducia troppo scarsa alle proprie abilità), la scarsa competenza in materia, la distrazione …
Attenzione!
Perché, come diceva giustamente John Kenneth Galbraith (uno dei più celebri e influenti economisti del 20esimo secolo), “uno stupido e il suo denaro presto o tardi verranno separati”.
3) L’INDUSTRIA DELL’AUTO
Un deserto del profitto, quello per l’industria dell’auto alle prese oggi con la più grande rivoluzione, mentre il settore sta di fatto attraversando una fase di recessione ciclica.
La causa sta nel doppio effetto della massiccia spesa per i programmi di nuova mobilità (Case, ovvero Connected-Autonomus-Shared-Electrified) , a cominciare dagli investimenti per i nuovi veicoli elettrici, e del rallentamento dei mercati chiave (Cina compresa).
Da qui al 2023, si stima, i profitti lordi per i produttori potrebbero ridursi di 60 miliardi di dollari.
L’Europa non crescerà in media più dell’1%, nonostante il traino dell’Est-Russia forte di un +6,5%.
L’Italia si stima piatta sui volumi a 2 milioni di veicoli l’anno.
Curiosità: i Suv piacciono sempre di più e, a danno delle piccole auto, passeranno dal 29 al 46% del mercato entro il 2026.
Questi dati emergono dal Global Automotive Outlook di AlixPartners, secondo il quale inoltre la spesa per l’elettrificazione raggiungerà nel 2023 i 225 miliardi.
L’industria investirà altri 48 miliardi poi sulla guida autonoma.
Nel 2030 in Europa le auto elettriche in circolazione (plug-in o a batteria) non saranno più del 40%.
Male nel settore anche la Germania, con il presidente americano Trump che, tra le altre cose, non si scorda mai di minacciare l’aumento dei dazi sulle auto tedesche.
In Germania l’industria dell’auto pesa per circa il 7% del PIL.
Non proprio poca roba insomma …
La VDA (associazione dell’industria auto tedesca) per il mese di Luglio 2019 ha rilevato una produzione a quota 359mila auto, con un trend in discesa dalle 443mila vetture prodotte in Maggio.
Male l’export.
Rispetto infatti ai tempi d’oro del Novembre 2017 (440mila auto esportate), lo scorso Giugno il livello è sceso a 260mila (-29% rispetto allo stesso periodo del 2018).
C’è stato un piccolo rimbalzo a Luglio (288mila vetture) ma sempre in calo del 6% rispetto allo stesso mese del 2018.
Due anni fa, con il PIL tedesco in crescita del 2,2%, i motori dell’industria dell’auto tedesca viaggiavano a pieni giri: il picco nel Novembre 2017 segnava 581mila auto prodotte (+9% rispetto allo stesso mese del 2016).
Quando poi nel Dicembre 2018 la produzione dell’industria automobilistica tedesca è calata sotto le 300mila unità (297mila con un -17% sullo stesso mese del 2017), e il Paese ha sfiorato la recessione tecnica, la colpa non è stata data solo alla guerra dei dazi e alle tensioni sul commercio mondiale, il crollo è stato attribuito anche a fattori temporanei come l’imbuto provocato dai nuovi standard europei WLTP sulle emissioni.
4) LA COMPETITIVITA’ DEL NOSTRO PAESE
Secondo il Global Attractiveness Index (creato da The European House – Ambrosetti) il nostro paese si colloca, in una classifica di 144 Stati, al 16° posto al mondo per attrattività.
Il punteggio dell’Italia, pari a 66,06 e in aumento rispetto ai 64,04 dello scorso anno, è certamente lontano da quello della Germania che con 100 punti scalza gli Stati Uniti dal primo posto della classifica, ma comunque nella fascia medio-alta.
Il nostro Paese ha ridotto del 20% i suoi investimenti negli ultimi 10 anni (dai 54,2 miliardi del 2009 ai 37,1 del 2018, con le apparecchiature tecnologiche, ad esempio, che hanno registrato un calo addirittura del 50%), e aumentato nell’ultimo anno il carico fiscale al 53% dal 48 precedente.
Un paese, purtroppo, dove il 70% della popolazione non ha le competenze (anche finanziarie) per vivere nel mondo attuale.
L’Italia, dice lo studio, è poco dinamica e soprattutto presenta una serie di vulnerabilità (debito pubblico in primis) che potrebbero farle perdere posizioni.
Servirebbero investimenti, servirebbe una semplificazione amministrativa e servirebbero incentivi fiscali.
Per l’economia è fondamentale avere capacità di attrazione.
Un paese non attrattivo è un paese senza futuro, perché essere capaci di attrarre investitori significa essere competitivi.
Significa che altri vogliono venire e rimanere sul territorio di quel paese per usufruire delle competenze e dei patrimoni che lo caratterizzano.
Investiresti i tuoi risparmi in un paese poco competitivo e incapace di attrarre investimenti?
Un grande freno per il nostro paese è poi la scarsa digitalizzazione.
Solo il 71,4% delle imprese dispone infatti di un sito internet (sono l’87,4% in Germania e l’82% in Inghilterra), solo il 47,6% dei lavoratori utilizza un computer con accesso a Internet (contro il 58% in Germania) e solamente il 7,1% delle aziende utilizza big data analysis e cloud.
Se il paese avesse lo stesso tasso di digitalizzazione dei Paesi più avanzati scalerebbe di 3 posizioni la classifica.
Per non parlare poi di altri tasti dolenti, come la disoccupazione femminile, il mercato del lavoro, la scarsa formazione, o, ancora, la burocrazia che pesa sul 4% del fatturato delle piccole imprese e sul 2,1% di quello delle medie aziende.
Il nostro è un paese stagnante a livello economico e, dopo la crescita zero registrata nel secondo trimestre dell’anno, sembra addirittura “ambizioso” lo 0,2% di crescita posto nel Def di Aprile come obiettivo annuo.
L’inflazione attesa è in ulteriore frenata dopo la decelerazione del secondo trimestre (da +0,8 a +0,6%).
Per la cronaca, ai primi 5 posti della classifica dell’attrattività si collocano Germania, USA, Singapore, Giappone e Regno Unito.
5) HAI GIA’ SENTITO PARLARE DEI “GREEN BOND”?
I Green Bond sono delle emissioni obbligazionarie (titoli di debito emessi da aziende o governi per finanziare la loro spesa), i cui incassi devono essere destinati in via esclusiva a finanziare o ri-finanziare (in parte o per intero) nuovi o già esistenti progetti a tutela dell’ambiente.
Tali progetti possono, ad esempio, essere legati ad energie rinnovabili, efficienza energetica, prevenzione e controllo dell’inquinamento, trasporti puliti, gestione sostenibile dell’acqua, climate change …
Si stima in 1 trilione di dollari (mille miliardi di dollari) l’emissione complessiva di green bond per il 2020.
Francia (per 7 miliardi di € a Gennaio 2017), Belgio e Polonia (per un controvalore di 750 milioni di € nel Dicembre 2016) hanno già emesso i loro primi Titoli di Stato green per finanziare infrastrutture in un’ottica di transizione ecologica con vincolo di scopo ambientale.
Ora anche il nostro MEF (ministero dell’Economia) sembrerebbe avere in progetto delle emissioni di BTP green, non solo per investitori istituzionali, ma anche per le famiglie.
Attualmente il mercato delle obbligazioni verdi è relativamente piccolo, ma lo scorso 4 Settembre, davanti all’Econ (commissione per i problemi economici e monetari del parlamento europeo), Cristine Lagarde ha comunicato che la BCE lo monitorerà in modo intensivo dando un importante segnale al mercato circa la sua rilevanza.
Vedremo quindi quali saranno le decisioni del nuovo esecutivo italiano in merito ai BTP green, e come si sceglierà di finanziare le nuove infrastrutture.
A Gennaio di quest’anno Enel ha collocato il suo terzo green bond destinato a investitori istituzionali per un ammontare di 1 miliardo di €.
La scadenza del titolo è a Luglio 2025 e il suo rendimento effettivo annuo pari all’1,736%.
I proventi dell’emissione sono destinati al finanziamento di green project dell’azienda, nell’ambito delle energie rinnovabili, della mobilità sostenibile, dello smart lighting, dell’efficienza energetica e altro ancora.
L’operazione, molto apprezzata dal mercato, ha raccolto adesioni per 4,2 miliardi di €.
6) SAI CHE COS’E’ L’EQUITY CROWDFUNDING?
Per equity si intendono le azioni di aziende, ossia quote societarie delle aziende stesse.
Per crowd si intende invece la moltitudine, la folla di persone, in questo caso la folla di investitori.
Il funding consiste invece nell’approvvigionamento di denaro da parte, in questo caso, delle aziende.
La raccolta quindi di denaro sul mercato.
Sommando questi termini, l’equity crowdfunding è una forma di investimento che consente alla folla di investitori di finanziare delle startup innovative, o delle piccole e medie imprese (anche non innovative), attraverso dei portali, delle piattaforme online autorizzate, investendo quindi del denaro in cambio di quote societarie delle imprese stesse.
Si tratta di una modalità di raccolta fondi online, relativamente nuova e normata in Italia nel 2013.
Per le imprese il vantaggio è quello di finanziare i processi di crescita cedendo delle quote, aprendosi in questo modo a un sistema di finanziamento innovativo e democratico, in quanto l’esito della loro raccolta dipende sostanzialmente dalla valutazione, da parte degli investitori, del business plan aziendale.
Per le aziende si tratta quindi di una sorta di alternativa al credito bancario.
Per gli investitori i ritorni economici possono essere anche importanti, grazie anche alle detrazioni fiscali previste fino al 40%, ma ovviamente lo sono anche i rischi.
Il rischio maggiore è quello di perdere soldi nel caso in cui l’azienda finanziata non riesca poi a raggiungere i risultati e gli obiettivi sperati.
Investire è piuttosto facile: basta infatti registrarsi sul portale prescelto (sono 35 le piattaforme autorizzate in Italia), cercare i progetti disponibili, valutarne caratteristiche e, appunto, business plan, scegliere in quale investire, rispondere a un questionario di appropriatezza, inserire la cifra che si intende investire e versarla poi con un bonifico.
Molte campagne prevedono un gettone minimo di soli 250 €.
Tra le 10 imprese italiane che ad oggi hanno raccolto i maggiori capitali con l’equity crowdfunding, ci sono anche 2 squadre di calcio.
Il Pordenone, recentemente promosso in serie B, ha raccolto 2,28 milioni di € pari al 40% delle proprie quote aziendali per l’iscrizione al campionato.
E’ stata questa la seconda raccolta per importo in Italia, tramite la piattaforma TheBestEquity.
Ha fatto una scelta simile anche il Frosinone, retrocesso invece nei mesi scorsi dalla serie A alla B, che ha raccolto 1,5 milioni di € sulla piattaforma inglese Tifosy, per la costruzione del suo nuovo stadio.
Tifosi e investitori che hanno sottoscritto, in questo caso, i minibond della società, riceveranno ritorni pari all’8% su base annua (il 5% in contanti e il 3% in credito spendibile in abbonamenti, biglietti o merchandising).
Al primo posto per raccolta si è posizionata StartupItalia (media company innovativa fondata nel 2016, con anche il famoso comunicatore social Marco Montemagno tra i suoi cofondatori), che tramite la piattaforma Mamacrowd ha raccolto 2,66 milioni di € grazie a 2069 diverse operazioni che prevedevano un investimento minimo di 240 €.
Nella top ten della raccolta ci sono anche 3 imprese attive nel campo delle energie rinnovabili come Glass2Power (raccolta pari a 2,25 milioni di €), spin-off dell’università Milano Bicocca che realizza pannelli fotovoltaici trasparenti da inserire nei vetri degli edifici.
Lo scorso 30 Giugno l’equity crowdfunding ha superato gli 82 milioni di € raccolti, contro i 49 totali del 2018.
Dopo la campagna di raccolta, alcune aziende riescono a crescere in termini di fatturato, molte però rimangono al palo.
Poche poi diventano profittevoli nell’immediato, pochissime riescono a superare i target previsti nel business plan.
Occorre poi considerare che molte emittenti sono delle startup innovative, e finché manterranno il loro status non potranno distribuire dividendi.
Ad oggi solo Cesynt Advanced Solutions, società che ha sviluppato la piattaforma di e-learnign iSkilled, ha distribuito dividendi per un totale di 50mila € ai sottoscrittori della campagna, nella quale aveva raccolto 250mila €.
Il ritorno sull’investimento avviene in seguito al guadagno generato dalla cessione delle quote (solitamente non prima di 5-6 anni), e grazie alla crescita della società.
7) IL BAZOOKA DELLA BCE
Giovedì 12 Settembre Mario Draghi, 72enne italiano governatore in scadenza della Banca Centrale Europea (BCE), è nuovamente intervenuto con importanti decisioni prese per aiutare la crescita di Eurolandia.
Decisioni che in qualche modo potrebbero aver segnato l’inizio di una nuova era per l’Europa, meno incentrata sulla politica monetaria e più concentrata invece su una politica fiscale espansiva.
Ma che cosa è stato deciso e perché?
Vedo di spiegarlo in parole semplici.
Il tema di partenza è quello che le prospettive dell’Eurozona sono in peggioramento.
L’economia infatti rallenta con una frenata più seria del previsto, il manifatturiero soffre, le tensioni commerciali sono forti, l’inflazione (indicata all’1,2% quest’anno, ma prevista in diminuzione all’1% nel 2020) è troppo lontana dall’obiettivo BCE (attorno invece all’1,5-2%).
E in tutto questo la BCE non ha neanche pensato a un’eventuale hard Brexit o all’escalation possibile della guerra commerciale.
Draghi ha rilanciato in 3 diversi ambiti.
- Maxi prestiti poliennali alle banche dell’Eurozona, a condizioni particolarmente favorevoli, per fare in modo che gli istituti, a loro volta, possano facilitare l’accesso a prestiti e finanziamenti a imprese e famiglie.
Tasso di interesse per le banche in territorio negativo (-0,50%) e durata dei prestiti fino a Marzo 2021.
- Taglio del tasso sui depositi di 10 punti base, dal -0,40 al -0,50%.
Le banche pertanto che lasciano il loro denaro al sicuro presso la BCE, si vedranno tassate appunto di un tasso negativo dello 0,50%.
Si vedranno quindi restituire meno soldi di quanto lasciati in BCE.
L’obiettivo è ovviamente quello di fare in modo che le banche stesse investano il loro denaro nell’economia reale, prestandolo appunto a imprese e famiglie.
- Riavvio del Quantitative Easing (QE la sua sigla), attraverso il quale la BCE riprenderà da Novembre (e per tutto il tempo necessario) ad acquistare Titoli di Stato emessi dai paesi europei al ritmo di 20 miliardi di € al mese.
20 MILIARDI DI EURO al mese …
Qualche commentatore, vista appunto l’assenza di una scadenza, lo ha già soprannominato “QE infinity”.
Gli obiettivi di tutte queste misure sono quelli di stimolare l’economia e mettere in circolo nuove risorse nella speranza di una maggiore crescita economica di quella asfittica attuale.
Alla luce dell’attuale indebolimento, Draghi ha anche esortato i governi europei che se lo possono permettere (Germania in primis), a mettere in campo, in maniera efficace e tempestiva, politiche fiscali espansive che aiutino la politica monetaria a dispiegare i propri effetti sulla crescita economica.
Senza attendere quindi che la recessione si manifesti in pieno (anche il quadro economico tedesco, mese dopo mese, si deteriora sempre di più).
Il patto è quindi questo: la BCE promette dei tassi bassi a lunghissimo termine, per far così emergere risorse a favore di provvedimenti fiscali pro crescita.
Quello di Draghi e del suo consiglio, è stato un agire di buon senso, usando le uniche leve a sua disposizione, quelle di politica monetaria, per funzionare da stimoli alla crescita.
Risultati immediati di quanto deciso da Draghi?
I mercati finanziari hanno festeggiato questi stimoli nuovi, e la corsa ai BTP è ripresa alla grande, con il rendimento del titolo decennale al minimo storico (0,77%), e lo spread in calo a 138 punti base.
L’Italia è infatti particolarmente avvantaggiata da queste decisioni, avendo un debito molto più alto dei partner europei.
Il nostro Stato pertanto potrà indebitarsi a condizioni migliori, risparmiando sugli interessi nei prossimi anni e dirottando verso altre buone cause questo risparmio.
Le imprese avranno una maggiore facilità a finanziarsi, vedendo scendere i tassi di interesse per lungo tempo, e le imprese esportatrici potranno anche avvantaggiarsi da una valuta, l’€, tendenzialmente più debole.
Anche le famiglie poi potranno accedere a prestiti e mutui a condizioni migliori e tassi più bassi.
Per gli investitori, invece, occorrerà rischiare un po’ di più nei propri investimenti per ottenere dei rendimenti apprezzabili.
Per questi ultimi, ovviamente, hai la mia totale disponibilità …
Buona settimana !
Un caro saluto,
Davide