La Brexit, la guerra commerciale tra USA e Cina, le proteste di Hong Kong, la crisi politica da poco conclusa nel nostro paese, i tassi di interesse negativi (è questo un bene per chi stipula un mutuo, ne parlerò qui di seguito), il crollo dei valori
immobiliari, il debito pubblico italiano in continua crescita contro invece un PIL stagnante da anni.
Ne sono consapevole, tutte queste notizie creano inevitabilmente una cappa di negatività, confusione e timore nelle scelte dei risparmiatori, che, se lasciati soli, sono spesso portati a NON agire, a scegliere di NON scegliere, a NON pianificare i loro progetti di vita, e a lasciare liquidità in conto corrente.
A discapito però di mercati finanziari mai così positivi come in questo 2019 …
Pensa che l’indice azionario mondiale MSCI World è cresciuto dal primo gennaio ad oggi del 14,64%.
La borsa italiana, rappresentata per i più importanti 40 titoli azionari dall’indice FTSE MIB, addirittura del 19,82%!
Ecco allora, nella gestione del proprio risparmio, della propria ricchezza finanziaria, occorre trovare un Professionista che sia d’aiuto a diradare la nebbia che nasconde la visuale.
Che aiuti a guardare correttamente agli aspetti essenziali della vita, a progettare finanziariamente gli obiettivi futuri, possibilmente nel medio-lungo periodo, uscendo così da quello “stato confusionale” che induce solamente timore e preoccupazione.
Se la nostra cara Italia è ormai al palo da anni in fatto di crescita economica, ci sono infatti paesi in cui invece la crescita galoppa senza freni.
Pensa, dal 1960 il reddito pro-capite in Cina è cresciuto di ben 8 volte, quello indiano è quadruplicato, quello brasiliano quintuplicato.
Ci sono aziende, leader indiscusse di settori e mercati, dalla crescita e dagli utili spaventosi, aziende in grado di innovare e di cambiare radicalmente anche il nostro futuro.
Ho recentemente letto che l’ottimismo allunga la vita.
Una recentissima ricerca dell’università di Boston dice infatti che vedere il mondo in positivo allunga la durata della vita dell’11-15% in più rispetto ai non ottimisti.
Sii allora ottimista!
Sii lungimirante nella vita e nella gestione del risparmio!
Io ci sono e posso sicuramente esserti d’aiuto in questo.
Buona lettura!
1) UN FOCUS SU ALCUNI TITOLI AZIONARI (E POSSIBILI TALI)
I vertici di Cnh Industrial, una conglomerata da quasi 30 miliardi di dollari di fatturato, hanno deciso di scorporare sia Iveco, lo storico marchio di veicoli commerciali, camion e bus, sia anche Ftp Industrial, azienda produttrice di motori anche conto terzi, che confluiranno in una società autonoma a inizio 2021 per quotarla poi a Milano e a Wall Street.
Exor, la holding della famiglia Agnelli, deterrà circa il 27% delle azioni della nuova realtà di cui ancora non si è scelto il nome, ma con diritti di voto pari al 41% in modo tale da sterilizzare possibili operazioni ostili.
Anche la società oggetto di questo spin-off, come anche Ferrari e Fiat Chrysler (altre aziende controllate della galassia Exor), avrà sede legale ad Amsterdam e fiscale a Londra.
Gli attuali soci di Cnh Industrial riceveranno un’azione di nuova emissione della nuova entità per ogni azione detenuta.
Prosegue in questo modo la strategia di scorpori delle società riconducibili ad Exor già avviata da Sergio Marchionne.
La stessa Cnh è la risultante di uno scorporo dalla Fiat, come anche Ferrari e Magneti Marelli, venuta a fine 2018 per oltre 6 miliardi di € alla giapponese Calsonic Kansei.
Proprio per essere attualmente una conglomerata, Cnh sconta oggi dei valori di borsa più bassi dei concorrenti.
Con questa societarizzazione delle singole parti si punta a valorizzarle meglio sul mercato, anche costruendo delle joint-venture con altri produttori.
Sono circa 6.300 in quattro stabilimenti gli addetti in Italia ai veicoli commerciali e agli autobus.
Sono oltre 5.000 invece i lavoratori dei 4 impianti di Ftp Industrial nel nostro paese.
Anche Lamborghini potrebbe sbarcare presto in Borsa sulla scia di quanto hanno già fatto Ferrari e Aston Martin.
Lo sostengono gli analisti di Bloomberg dopo che Volkswagen, titolare della casa di Sant’Agata Bolognese, ha scorporato l’azienda produttrice di veicoli industriali Traton (titolare dei marchi Scania e Man) quotandola a Francoforte e a Stoccolma.
La struttura del Gruppo Volkswagen possiede oggi 12 diversi marchi automobilistici, e negli ultimi tempi ha dimostrato di essere soggetta a tensioni tra soci piuttosto disomogenei.
Lamborghini, oggi di proprietà di Audi (a sua volta controllata da Volkswagen), si appresta a presentare al prossimo salone di Francoforte la Sian, la sua auto più veloce di sempre (velocità massima superiore ai 350 km/h, con un’accelerazione 0-100 km/h in meno di 2,8 secondi).
Sian in dialetto bolognese significa “fulmine”.
Si stima il valore di Lamborghini pari quasi a 10 miliardi.
La quotazione in borsa, ad esempio, è stato un vero e proprio toccasana per Ferrari, che oggi vale più del doppio (149 €) rispetto ai 60 € del debutto a Wall Street nell’ottobre del 2015.
Non è invece andata così bene ad Aston Martin che ha perso il 70% dalla quotazione avvenuta nello scorso mese di ottobre.
Dal 23 Settembre Enel (6,620€ il titolo in borsa italiana) sarà una blue chip europea, oltre che di Piazza Affari.
Il titolo della società energetica italiana è stato infatti inserito nel paniere dello Stoxx 50 che include i primi 50 titoli azionari europei per capitalizzazione di mercato.
La decisione è arrivata in seguito all’ultima revisione periodica dell’indice ,che forma una base per gli investimenti dei fondi azionari, e in particolare degli ETF che replicano passivamente la composizione di determinati mercati.
2) NETFLIX, ATTENTA A TOPOLINO!
All’inizio c’era la televisione. Poi la pay tv. Adesso c’è Netflix …
Sono oggi più di 150 i milioni di abbonati che in tutto il mondo hanno scelto di mettere mano al portafoglio e affrontare la spesa mensile per l’accesso al catalogo streaming video del colosso statunitense Netflix.
Di questi, gli abbonati americani al servizio sono circa 60 milioni, con una perdita di 126mila nel secondo trimestre 2019.
Negli ultimi 5 anni Netflix ha prodotto serie tv, spettacoli vari e documentari di enorme successo, spendendo solo nel corso del 2018 qualcosa come 13 miliardi di dollari in contenuti originali.
Il suo modello di business, sempre più costoso, dovrà però presto vedersela con una concorrenza agguerritissima da parte di Disney+.
Dal 12 Novembre infatti sarà lanciato negli Stati Uniti, in Canada e in Olanda (per poi allargarsi al resto del mondo Italia compresa) il servizio di video streaming del colosso Disney, caratterizzato per il momento da 7.500 episodi di spettacoli tv, comprese 30 stagioni dei Simpsons, 500 tra vecchi e nuovi film targati Disney, Star Wars, Marvel, Pixar e decine di nuove serie tv create ad hoc.
Grazie quindi alla sua enorme videoteca, alla sua base globale di fans e alla capacità di promuovere i suoi prodotti attraverso innumerevoli canali, dal cinema alla tv, dai parchi tematici ai club di fedelissimi, dagli hotel alle navi da crociera, sarà probabilmente quella Disney la più seria sfida lanciata all’attuale dominio di Netflix.
In America già oggi Disney gestisce due servizi di video streaming: Hulu (con contenuti per tutti e già 28 milioni di abbonati) e Espn+ (specializzata in eventi sportivi di nicchia come la box e il football americano universitario).
Il pacchetto comprensivo di Disney+, Hulu appunto e Espn+ costerà 12,99 dollari al mese, lo stesso prezzo di Netflix.
Alla concorrenza di Disney si sommerà poi anche quella di Apple e Hbo (WarnerMedia e AT&T), che assieme ritireranno progressivamente i loro prodotti da Netflix per offrirli in esclusiva in proprio.
A Wall Street la scommessa di Topolino & Co. piace.
Le azioni Disney (Walt Disney Company per la precisione a 139,55$) sono salite infatti del 20% nell’ultimo anno, contro la perdita superiore al 20% di quelle Netflix (Netflix Inc a 290,17$).
Disney+ avrà davvero le potenzialità per scalzare Netflix dal numero uno nel video streaming?
3) SE LA BANCA ARRIVA A PAGARTI PER CONCEDERTI UN MUTUO …
Ti sembrerà assurdo (in effetti lo è …) ma pochi giorni fa l’istituto danese Nordea Bank ha lanciato il primo mutuo a tassi negativi.
La notizia ha fatto ovviamente il giro del mondo.
Non era mai accaduto prima.
Per contratto è stabilito che il debitore restituisca alla banca un importo inferiore rispetto a quanto ricevuto in prestito.
Attenzione, il caso danese potrebbe in futuro non essere così isolato, perché anche in altri paesi dell’Eurozona si stanno venendo a profilare condizioni simili.
Tutto ovviamente dipende dagli incentivi monetari della Banca Centrale Europea (BCE), che a settembre potrebbe portare il tasso sui depositi dal -0,4% ancora più giù.
Si ipotizza infatti un Euribor a 3 mesi (parametro di riferimento dei mutui a tasso variabile) nel Dicembre 2020 pari al -0,68%.
Oggi quota -0,44%.
Se così fosse, sarebbe sufficiente avere un mutuo con uno spread dello 0,6% perché il tasso di interesse dell’operazione (Euribor a 3 mesi + spread) diventi negativo.
Dal punto di vista finanziario quindi, anche in Italia ci si potrebbe aspettare il primo mutuo a tasso negativo.
Dal punto di vista legale la questione sarebbe però controversa.
Per ora fa infatti fede la decisione dell’Arbitro bancario finanziario dell’8 Novembre 2018, che ha stabilito che nel periodo di tasso con segno negativo la banca non deve pagare interessi al mutuatario in quanto il mutuo è il contratto mediante il quale una parte consegna ad un’altra una somma, e la controparte si obbliga a restituire la somma stessa oltre agli interessi pattuiti.
Ne consegue che non può configurarsi, per colpa del parametro di indicizzazione, il caso che il mutuatario possa rendere una somma inferiore rispetto a quella mutuata.
In ogni caso, mai prima d’ora i tassi di interesse si sono spinti così in territorio negativo, rendendo particolarmente vantaggiose le operazioni di mutuo per chi desidera acquistare un immobile.
4) HAI GIA’ SENTITO PARLARE DELLA RIVOLUZIONE PSD2?
No, Psd2 non è il nuovo modello di PlayStation …
Quella avrebbe eventualmente sigla PS.
Psd2 è invece la sigla che identifica la nuova direttiva europea sui servizi di pagamento.
Direttiva che aggiorna la precedente, adattandola a un nuovo mondo di pagamenti sempre più online e in mobilità, aprendo servizi alla concorrenza con l’introduzione di nuovi strumenti e di nuovi attori.
Questa direttiva è entrata in vigore il 13 Gennaio 2018, ma il 14 Settembre è la data ultima in cui le istituzioni finanziarie devono adeguarsi alle novità.
Tra qualche settimana quindi le banche spediranno ai clienti una lettera, una di quelle numerose comunicazioni che si guardano spesso con insofferenza e alla fine non si leggono nemmeno.
Il messaggio sarà poi replicato con ogni probabilità via mail, app e sito web, con il chiaro obiettivo di chiedere al cliente il consenso a condividere con altri soggetti i dati legati al conto corrente, dati finora gelosamente custoditi (spesso anche dimenticati) all’interno dei server degli istituti di credito.
Attenzione, nessuno intende mettere mano ai nostri soldi come si potrebbe temere in un primo momento.
Più semplicemente, previa autorizzazione del cliente, si desidera utilizzare dati e informazioni per creare nuovi servizi e ampliare l’offerta con modalità che vanno potenzialmente ben oltre le mere proposte commerciali cui siamo abituati online.
Servizi finanziari innovativi quindi, non più standardizzati come in passato.
Verranno così aperte le porte a nuovi soggetti, dalle aziende del fintech (fornitura di servizi e prodotti finanziari attraverso le tecnologie più avanzate) piccole ma agili, ai colossi hi-tech come Google, Facebook, Amazon, Apple, che già più di un piede in questo mondo l’hanno messo.
In caso quindi di autorizzazione da parte del cliente, le banche saranno obbligate a fornire i dati relativi ai singoli conti a soggetti in grado di sfruttarli al meglio per profilare le esigenze dei singoli utenti.
La banca, con Psd2, è quindi destinata a trasformarsi in una sorta di piattaforma con integrati i servizi più innovativi ed efficienti per soddisfare le esigenze dei clienti, prendendoli però da altri soggetti.
L’offerta bancaria quindi potrà essere arricchita da prodotti o servizi non sviluppati in house, all’interno della banca stessa, ma forniti da terze parti capaci di garantire una customer experience differenziante.
Sarà questa un po’ la fine del concetto di sportello bancario.
La banca perderà definitivamente l’ultimo bastione dove si rapporta con il cliente, dando il là ad altri soggetti in grado di impadronirsi del rapporto con il cliente stesso, grazie ad un nuovo banking pervasivo e invisibile ma non più all’interno della banca.
Con Psd2 le banche si troveranno quindi davanti ad un bivio.
Se saranno in grado di agire in maniera proattiva, potrebbero cogliere l’occasione per migliorare il loro posizionamento sul mercato e la loro redditività.
Al contrario invece, il loro business potrebbe risentirne ulteriormente portandole sempre più giù in fatto di marginalità e di appeal nei confronti della clientela.
Ti invito quindi a fare quindi attenzione alle prossime buste che riceverai via posta con il logo della tua banca di riferimento …
5) DON’T CRY FOR ME ARGENTINA …
Leggevo recentemente che la parola “argentino” tende a suscitare, in qualsiasi parte del mondo, un’associazione mentale di due parole che corrispondono una ad un uomo, il gaucho, mandriano della pampa, e l’altra ad una musica, una melodia, il tango.
Sarà bene, purtroppo, estendere questa associazione mentale anche al termine default, fallimento.
Il paese infatti nei giorni scorsi ha deciso unilateralmente di allungare la scadenza delle proprie obbligazioni, titoli di Stato, a breve termine.
Un default quindi di fatto, che ha nuovamente scosso i mercati e amplificato l’attenzione degli osservatori internazionali.
Il rischio di una nuova ristrutturazione del debito sovrano argentino deriva da un rapido deterioramento del contesto finanziario, dalla mancanza di fiducia dei mercati finanziari su possibili mosse politiche per risolvere la situazione, e infine dall’incapacità del Tesoro di Buenos Aires di rifinanziare il debito a breve ricorrendo al sostegno del settore privato.
Tutto ciò rischia ovviamente di innescare una spirale che può vedere il deprezzamento della valuta locale (il peso), una probabile accelerazione dell’inflazione nel paese, e infine una nuova recessione.
L’Argentina, con il mandato del presidente Macri in scadenza a fine ottobre, si trova in una posizione di default tecnico a causa del mancato rispetto dei tempi di pagamento accordati nell’emettere debito pubblico per finanziare le casse del paese.
L’Argentina quindi ci ricade, e 18 anni dopo il fallimento del 2001 è costretta a ristrutturare titoli per 110 miliardi di dollari.
Questa volta sarà però una situazione di crisi meno dolorosa della precedente.
Nel 2001 infatti il 60% dei titoli era in mano a investitori privati, e non pochi di questi erano italiani.
Oggi invece solamente il 15% del debito è in mano privata.
Il rimanente 85% è in possesso infatti a investitori istituzionali.
Le riserve della Banca centrale, si stima, dovrebbero ammontare a 58 miliardi di dollari, ma secondo vari economisti indipendenti le riserve reali (prive quindi di vincoli ed ipoteche) non superano i 15 miliardi.
Inflazione al 50% e svalutazione in atto sono segnali poco incoraggianti.
Ancora una volta un paese ricco di materie prime scivola quindi in una pericolosa crisi finanziaria, economica e sociale.
6) CARNE NON-CARNE, WALL STREET STA SCOMMETTENDO PARECCHIO SU QUEST’ARGOMENTO
Hai già sentito parlare di aziende come Beyond Meat o Impossible Foods?
Eri anche tu abituato alle 3 classiche richieste quando ordinavi la carne al ristorante vero?
Ben cotta, cottura media oppure al sangue …
In un prossimo futuro avremo una quarta opzione in più: la senza carne.
Ti sembrerà strano ma è proprio questa la nuova frontiera della carne a livello mondiale, la carne vegetale, ma (dicono) con lo stesso sapore della vera carne.
Carne vegetale che, tra le altre cose,a Maggio è anche sbarcata in borsa, a Wall Street nel listino Nasdaq, proprio con il titolo dell’azienda californiana Beyond Meat (letteralmente al di là della carne).
Un titolo azionario, pensa, che quotato all’epoca a 65,75 dollari per azione, ne vale oggi 155 (+235%!).
Beyond Meat estrae proteine dalla soia e dai piselli gialli e le combina con amidi, oli e succhi per produrre polpette che sfrigolano, scuriscono e sanguinano in modo piuttosto convincente.
Questa nuova generazione di carne finta, proveniente da proteine di origine vegetale, sta spopolando negli Stati Uniti e si appresterebbe ad invadere in futuro tutto il mondo.
La fake meat infatti è già oggi nei menù di importanti e famose catene di ristoranti, anche se recentemente è stata oggetto di attacco da parte dell’industria alimentare a stelle e strisce che, visto il successo di questa nuova generazione di prodotti, si sente evidentemente minacciata da questo trend di alimentazione più sana, che predilige cibi di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale.
Tornando alle aziende, Impossible Foods, altro importante attore nel settore delle alternative senza carne, ha recentemente raccolto altri 300 milioni di dollari in finanziamenti (300 milioni!).
L’azienda, anch’essa con sede in California ma con alle spalle un fondo di investimento sostenuto dal governo di Singapore, ha fatto recentemente il grande passo alleandosi con la nota catena di fast food Burger King, per lanciare l’impossible burger di carne finta (realizzata in laboratorio a partire dal grano), con il 90% in meno di colesterolo e il 15% in meno di grassi.
E lo sappiamo tutti che gli americani sono famosi per la loro dipendenza dalla carne di manzo grigliata …
Si sta quindi scommettendo pesantemente sul fatto che le persone potrebbero effettivamente cambiare il modo in cui guardano alla carne.
E’ questo pertanto un settore completamente nuovo, un business in grande fermento, e Beyond Meat e Impossible Foods mirano a servire questo mercato dando ai loro investitori la prospettiva di una crescita a lungo termine di cui entusiasmarsi.
Le aziende meglio preparate per entrare in futuro in questo mercato sembrano essere anche Tyson Foods, ConAgra Brands, ma anche colossi come Unilever e Nestlè.
Ne vedremo di belle ed interessanti pertanto.
Buona carne vegetale a tutti!
7) QUESTO MODELLO DI BUSINESS POTREBBE FARE ANCHE AL CASO DELLA TUA AZIENDA (O DI QUELLA PER CUI LAVORI)
Nike, il famosissimo brand americano di articoli sportivi, ha recentemente introdotto per i suoi clienti un servizio di abbonamento, dal nome Nike Adventure Club, riservato ai più piccoli, attraverso il quale i genitori possono ordinare calzature per i loro figli dal vasto catalogo Nike (e Converse) per oltre 100 diversi modelli di sneakers.
Con la previsione che il piede del bimbo cresce, ed il cambio di scarpe è molto frequente, il servizio consente agli iscritti di ricevere annualmente dalle 4 alle 12 paia di scarpe, con una spesa mensile che può variare dai 20 dollari (circa 18 €) per le 4 paia l’anno, ai 50 al mese (circa 45 €) per riceverne invece 12 paia.
Il Nike Adventure club consente ai suoi membri di mettere anche in pausa il piano in qualsiasi momento, e le scarpe possono ovviamente essere rese gratuitamente all’azienda americana stessa.
Nike ha lanciato questa nuova iniziativa dopo aver seguito un progetto pilota che ha raggiunto i 10 mila abbonati.
Per ora il club è rivolto esclusivamente agli Stati Uniti, ma la società ritiene che questo primo lancio possa essere il preludio poi per portare il business delle vendite in abbonamento al pubblico adulto, e in particolare ai runner sfruttando il loro bisogno di rinnovare con una certa frequenza le loro scarpe.
Nike ha chiuso l’anno fiscale 2019 con un aumento del suo fatturato del 7% a 39,1 miliardi di dollari, grazie al posizionamento del marchio Jordan e alla vendita diretta al consumatore.
Il titolo Nike Inc. (quotato a Wall Street) negli ultimi 3 anni ha fatto registrare una performance del 69%.
E’ questo il modello di business del canone ricorrente ed è questo anche il caso, ad esempio, della stessa Netflix che per una certa spesa mensile mette a disposizione dei clienti i suoi contenuti video, serie tv, film …
Anche Adobe, la famosa software house informatica americana, ha deciso di ritirare dal mercato della singola vendita una tantum tutti i suoi prodotti, per proporli poi alla clientela esclusivamente all’interno di un pacchetto in abbonamento caratterizzato da diversi canoni mensili in base alle singole necessità.
Finché il cliente pagherà, avrà la chiave di accesso al software, quando poi smetterà di pagare, stop, accesso non più consentito.
Pensate ad esempio che 3 anni fa la multinazionale Unilever annunciò l’acquisizione per un miliardo di dollari di Dollar Shave Club, una start up di Los Angeles basata sulla semplice ma geniale idea di operare nel mondo della rasatura maschile e, in generale, in prodotti consumabili che richiedono ricariche e ricambi con una frequenza piuttosto scadenzata.
Dollar Shave Club proponeva ai suoi clienti un servizio in abbonamento sulle ricariche dei rasoi da barba, spedendo direttamente a casa degli abbonati le lamette sostitutive sulla base della periodicità individuata, e dell’esborso mensile.
Nel 2015 DSC realizzò un fatturato di circa 150 milioni di dollari e contava (tra USA, Canada e Australia) qualcosa come 3,2 milioni di abbonati.
Unilever comprò l’azienda stessa ampliando questo modello di business ad altri suoi ambiti.
Il grande leader del mercato della rasatura, Gillette (marchio di proprietà della Procter & Gamble) che basa la sua leadership su una continua innovazione, accusò il colpo e in fretta e furia lanciò il suo progetto fotocopia chiamato Gillette Shave Club.
Nike, Adobe, Unilever, Procter & Gamble (P&G) sono tutte aziende quotate in borsa.
Ricordo sempre, più crescono gli utili delle aziende quotate in borsa, più elevato sarà il dividendo distribuito agli azionisti, più, di conseguenza, crescerà il titolo azionario stesso, aiutando anche la crescita del mercato finanziario di riferimento.
Il mondo continuerà, nonostante le varie difficoltà di momento, a creare ricchezza in aumento, e questa ricchezza sarà prodotta in maniera importante anche dalle aziende quotate nei mercati finanziari.
Investire nelle borse mondiali sarà pertanto, nel lungo e lunghissimo termine, l’investimento più sicuro, redditizio e protetto.
Investire nel futuro pertanto per creare performances …
Altro che paura della volatilità!
Concludo augurandoti una splendida settimana.
Un caro saluto.
Davide