Pensa, nel nostro paese solo un lavoratore su 3 possiede un Fondo Pensione (FP), ma solo uno su 4 vi ha versato dei contributi nel corso del 2023.
Versare nel proprio Fondo Pensione è fondamentale, ma altrettanto importante è monitorare nel tempo l'investimento fatto.
Dove vengono investiti i tuoi soldi e quanto stanno rendendo al netto dei costi?
Approfondiamo assieme queste domande.
- Performance dei Fondi Pensione
Analizzando con lo specchietto retrovisore i FP in Italia su un orizzonte di tempo decennale, le linee azionarie hanno registrato una performance media annua del 4,5%.
Allargando l'orizzonte a 20 anni, la performance è stata simile, il 4,3% medio annuo.
Questo conferma una regola aurea degli investimenti finanziari: nel lungo periodo un investimento azionario ripaga il rischio corso.
Il passato non garantisce il futuro, ma la statistica è piuttosto chiara.
Le linee bilanciate (mix azioni-obbligazioni) e conservative (prevalentemente obbligazionarie) hanno registrato rendimenti medi annui rispettivamente del 2,9 e dell'1,2%.
Anche un solo punto percentuale in più può sembrare poco, ma grazie all'effetto moltiplicatore degli anni può trasformarsi in una differenza sostanziale, fino al 40% o più, al momento della pensione.
- Costi di gestione o rendimento: cosa conta di più?
Oltre ai rendimenti, è fondamentale valutare, considerare e confrontare i costi complessivi del FP scelto.
Meglio allora un Fondo che costa meno, o uno che, avendo reso di più in passato, si spera possa continuare a sovraperformare anche in futuro?
Conta di più l'1% in meno di costi, o l'1% in più di rendimento potenziale?
Le simulazioni mostrano che ridurre i costi ha un impatto maggiore.
I costi sono infatti certi e influenzano direttamente l'investimento abbattendo il capitale.
I rendimenti, incerti per definizione, devono passare attraverso i costi stessi e la tassazione del prodotto.
E' dimostrato che una combinazione di un +1% di costi e un -1% di rendimenti può portare, nel lungo periodo, a un dimezzamento delle risorse disponibili al momento del pensionamento.
E se decidessi di lasciare il TFR in azienda, a che rendimenti potrei ambire?
Il TFR lasciato in azienda si rivaluta ogni anno in base all'andamento dell'inflazione italiana, il suo 75%, aumentato dell'1,5% fisso.
Guardando al passato, la sua rendita è stata in media del 2,4% all'anno.
Meno pertanto delle linee bilanciate dei FP aperti, e molto meno delle linee azionarie.
Tutto ciò nonostante il 2022, anno unico nel suo genere, durante il quale, "grazie" all'inflazione, il TFR in azienda ha avuto una rivalutazione prossima quasi al 10%, mentre i FP hanno perso tra il 10% e il 20%.
Lasciare il TFR in azienda può sembrare rassicurante per i rendimenti annuali comunque positivi e privi di oscillazioni e volatilità, tuttavia è un pò come viaggiare in auto con il freno a mano tirato quando si hanno davanti ancora diversi
anni di lavoro.
Per non parlare poi della tassazione al momento del riscatto: il TFR lasciato in azienda viene infatti tassato con le tradizionali aliquote IRPEF (dal 23% minimo al 43% massimo), mentre lo stesso versato nel FP gode di una tassazione di gran lunga
inferiore, che varia tra il 9% minimo e il 15% massimo.
Analizzando allora nel complesso rendimenti, costi e fiscalità, emerge che destinare il proprio TFR ad un FP offre vantaggi netti ed oggettivi.
Questo è particolarmente evidente se mancano molti anni al traguardo pensionistico.
Considerata l'importanza dell'obiettivo finale (integrazione della pensione pubblica) e le molteplici variabili in gioco, è fondamentale farsi accompagnare da un esperto Consulente Finanziario quando si pianifica il proprio futuro pensionistico.
Il Fondo Pensione non è uno strumento banale, e affidarsi a un professionista può fare tutta la differenza tra il poter godere domani di un'integrazione pensionistica congrua e soddisfacente, ed una, invece, molto meno rassicurante.