Da sempre, da quando sono uscito dall’ambito bancario e ho aperto Partita Iva lavorando quindi come un
Professionista del Risparmio, mi piace condividere con le persone, clienti e non, il mio sapere.
Condividere con gli altri il mio sapere penso possa essere d’aiuto per una relazione alla pari tra cliente e consulente.
Le cose, a mio parere, si imparano per condividerle!
E condividere il sapere è indispensabile per stimolare delle scelte consapevoli.
L’educazione finanziaria è quindi per me il punto di partenza.
Anche perché oggi, essere cittadini italiani nell’Italia contemporanea senza avere delle competenze finanziarie almeno di base da poter agire in autonomia, vuol dire rischiare ogni giorno, con qualunque decisione che si va a prendere che abbia un risvolto di tipo finanziario, di poter compromettere il futuro proprio e quello della propria famiglia.
E di persone che hanno visto compromesso il loro futuro e la qualità delle loro relazioni familiari, ne ho conosciute molte in questi anni (casi Popolare di Vicenza e Veneto Banca ma non solo).
Ecco allora in questo inizio di Settembre la mia newsletter 7 NOTIZIE IN 7 MINUTI.
Buona lettura!
1) HASBRO COMPRA ENTERTEINMENT ONE
Non so se i nomi Peppa Pig e PJ Mask ti dicono qualcosa, ma io, avendo un bambino di 3 anni e mezzo, conoscono molto bene questi cartoni animati, che vanno per la maggiore tra i bimbi ormai da diversi anni.
E’ notizia di qualche giorno fa che HASBRO, colosso americano dei giocattoli già titolare di marchi come My Little Pony, Transformers, Monopoly, Power Rangers ed altri ancora, ha acquistato la multinazionale canadese ENTERTAINMENT ONE, azienda operativa nel settore dell’intrattenimento, fondata nel 1970 e quotata in borsa, produttrice negli anni di decine di film (tra le sue ultime produzioni anche Green Book, miglior film agli Oscar 2019), serie tv e, appunto, cartoni animati di successo.
Pensa che Peppa Pig è tradotta in più di 40 diverse lingue, e distribuita in qualcosa come 180 paesi al mondo.
Nel Regno unito, vicino a Southampton, c’è anche un parco a tema costruito attorno alla famosa maialina e ai suoi amici.
Hasbro metterà sul piatto 5,60 sterline per ogni azioni di EOne, ovvero un premio del 26,3% rispetto alla chiusura di giovedì 22/08 del gruppo britannico.
Tra i personaggi più conosciuti di Entertainment One ci sono anche i PJ Mask, i 3 “super pigiamini”.
Già nel 2016 l’emittente televisiva inglese ITV aveva provato ad acquistare la EOne per 1 miliardo di sterline, pari all’epoca circa a 1,2 miliardi di euro.
La cifra era stata giudicata insufficiente … A ragione direi!
2) L’INFINITA, STUCCHEVOLE BAGARRE TRA TRUMP E LA CINA
Non abbiamo bisogno della Cina e staremmo meglio senza di loro!
Da questo momento le aziende americane hanno l’ordine di cominciare a cercare alternative alla Cina!
E’ più nemico Jerome Powell (presidente della FED, banca centrale americana) o il presidente cinese Xi Jinping?
Questi alcuni dei pesanti tweet lanciati dal presidente USA Donald TRUMP nella giornata di venerdì 23/08. Ovviamente queste frasi hanno affondato i mercati finanziari, afflitti anche dalla brusca escalation del CONFLITTO COMMERCIALE dopo la decisione del governo cinese di imporre dazi tra il 5 e il 10% su 75 miliardi di dollari di importazioni statunitensi che entreranno in vigore tra il primo settembre e metà dicembre.
Nessuno uscirà vincente da questa trade war che ovviamente non riguarda solamente Stati Uniti e Cina.
JP Morgan, ad esempio, ha stimato che l’insieme dei dazi potrebbe costare a una famiglia media americana 1.000 dollari l’anno.
Nei suoi 20 minuti di discorso, il presidente della FED ha annunciato prossime “misure appropriate” per far fronte alle varie nuvole nere che incombono sul futuro dell’economia mondiale, citando il calo della produzione in Germania e in Cina, la crescente possibilità di una hard Brexit, le tensioni in aumento ad Hong Kong e anche la caduta del governo italiano.
Negli ultimi giorni comunque sembra che Trump e Xi si siano riavvicinati nuovamente in questa lunga diatriba di dazi e controdazi.
I mercati ovviamente ne hanno preso beneficio.
3) IL RISPARMIO DELLE FAMIGLIE ITALIANE
Secondo una recente indagine della società di ricerca Eumetra Mr, realizzata per Agos, il risparmio delle famiglie italiane resiste e risulta anche in modesta ripresa nell’ultimo periodo.
Solamente il 16% delle famiglie pianifica però il futuro nel dettaglio, in vista dei progetti e delle condizioni stimate.
Il controllo del budget familiare è infatti molto spesso approssimativo e lasciato al caso.
Si tende a fare le cose all’ultimo minuto, o quando non è più possibile fare diversamente.
Gli italiani sono ancora infatti indietro per quanto riguarda la pianificazione dei progetti importanti che richiede capacità di gestione del tempo oltre che del budget.
Il risparmio, che salva le famiglie nel momento del bisogno, non viene spesso gestito con un PENSIERO PROGETTUALE.
Questo non accade in molti altri paesi europei, dove le famiglie dimostrano una progettualità più radicata e sembrano più abituate, nel risparmiare, a gestire progetti di 7-10 anni almeno, o, nel caso di progetti previdenziali, con prospettive ancora più lunghe.
E’ definito OMISSION BIAS quel comportamento che colpisce chi, davanti alla complessità dei fattori da considerare per prendere decisioni rilevanti sulle proprie finanze, tende a rinviare se non a trascurare definitivamente le scelte, preferendo così il “peccato” di omissione rispetto alla possibilità di scoprire poi di aver sbagliato.
L’omission bias è quello che convince gli italiani a tenere sul proprio conto corrente una mole di denaro di gran lunga superiore alle necessità (le risorse tenute in c/c in Italia ammontano a 1540 miliardi di €, pari circa a 1/3 del complessivo patrimonio mobiliare, e crescono a un ritmo annuo del 4%), a non aderire a un Fondo Pensione (oltre il 60% dei lavoratori non l’ha ancora fatto), o addirittura a dimenticarsi di aver stipulato un’assicurazione (le polizze dormienti sono circa 900mila per oltre 10 miliardi di € di controvalore).
Questo errato comportamento è sicuramente dovuto anche alla DISAFFEZIONE per l’industria finanziaria e alla scarsa EDUCAZIONE FINANZIARIA.
Se anche tu preferisci lasciare i tuoi risparmi in c/c devi considerare poi l’effetto inflazione.
Ai tassi attuali gli italiani perdono oltre 10 miliardi l’anno in media di valore reale dei propri depositi bancari.
Troppa liquidità quindi, e troppo mattone di casa nel portafoglio degli italiani, certamente famosi per la loro attrazione fatale per beni tangibili ma illiquidi, e ormai in crisi decennale.
Eccesso di liquidità (cash in c/c) e di illiquidità (investimenti immobiliari) non si compensano, soprattutto se i mercati finanziari offrono, come accaduto nell’ultimo decennio, rendimenti cospicui.
Secondo un recente studio Consob, il 28% delle famiglie preferisce inoltre il FAI DA TE e correndo così dei rischi elevati.
Meglio pianificare per tempo le proprie esigenze future e i propri obiettivi di vita!
E in questo processo decisionale, un bravo Consulente può essere di grande aiuto.
4) AIM ITALIA, IL LISTINO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE QUOTATE IN BORSA
L’AIM Italia, il listino finanziario privilegiato dalle PMI italiane per approdare in Borsa a Piazza Affari, ha compiuto quest’anno i suoi primi 10 anni di vita e conta oggi 126 aziende quotate.
In questo decennio ha contribuito alla crescita delle aziende di piccole e medie dimensioni, consentendo la raccolta di 3,8 miliardi in fase di IPO.
Raccolta quasi tutta destinata a investimenti e crescita, facilitando operazioni di finanza straordinaria, tra cui fusioni e acquisizioni, per un totale di 151 operazioni nell’ultimo anno e mezzo.
E’ questo però un mercato bisognoso di migliorie, per una maggiore efficienza sia a favore delle aziende quotate, che anche a tutela degli investitori (flottanti ridotti, scarna presenza di operatori dedicati, difficoltà nel reperire informazioni sui titoli e un sistema poco stringente di vigilanza).
Mai come oggi le PMI avrebbero bisogno di accedere a capitali da fonti diverse rispetto al tradizionale canale bancario.
Con 4 imprese su 11, Vicenza ha il record in Veneto per le imprese quotate all’AIM.
Il 26 Giugno 2019 ha fatto il suo debutto a Piazza Affari la vicentinissima (di Sarcedo) Officina Stellare, attiva nella produzione di telescopi e strumentazione ottica e aerospaziale.
Sei giorni prima si era quotata la Gibus di Saccolongo (Padova), mentre il 20 maggio la Sicit, industria chimica di Arzignano.
Negli anni precedenti si erano invece quotate la Askoll Eva di Dueville (azienda produttrice di veicoli elettrici a due ruote, l’11 Luglio 2018) e la Somec di San Vendemmiano nel trevigiano.
Nel 2016 si era quotata un’altra azienda di eccellenza del vicentino, la Fope, attiva nel settore dell’oreficeria e gioielleria.
Il nostro Veneto si posiziona al quarto posto in Italia per numero di società quotate, e sempre al quarto posto per capitalizzazione di mercato (662 milioni pari al 10% del totale).
L’AIM Italia è un propulsore per la crescita dell’economia reale e per lo sviluppo delle aziende quotate, nonché una fonte alternativa per la raccolta di capitale beneficiando, al tempo stesso, di ritorni anche in termini di visibilità e di agevolazioni dal punto di vista normativo.
5) JAIR BOLSONARO E GLI INCENDI IN AMAZZONIA
Jair Bolsonaro, presidente del Brasile in carica dal 1° Gennaio 2019 , definisce gli incendi che ormai da diversi giorni affliggono l’Amazzonia come “pura disinformazione, fatta ad esclusivo uso politico”, sottolineando che a bruciare sono solo aree di foresta già disboscate.
Un presidente apertamente scettico sul cambiamento climatico, un presidente che in questi mesi ha di fatto incoraggiato gli incendi dolosi che puntano a dare al polmone della Terra destinazioni più lucrose.
Il suo ministro dell’Economia ha nel frattempo approvato lo sblocco immediato di 38,5 milioni di real (circa 8,3 milioni di €) per interventi in Amazzonia.
44 mila soldati e vari aerei dell’esercito nazionale sono ora dislocati nella foresta pluviale per far fronte a un’emergenza che non accenna a fermarsi.
Proseguono intanto le manifestazione contro lo stesso presidente in numerose città brasiliane.
Dal canto suo Bolsonaro, in un messaggio ai giornalisti, ha dichiarato che risponderà alle critiche ricevute dalla Francia valutando il ritiro dell’ambasciatore.
Bolsonaro accusa infatti di “postura colonialista” il collega Macron, il quale afferma che la foresta è un affare planetario e non solo brasiliano.
Ma di chi è l’Amazzonia?
Dei paesi su cui si estende o di tutti?
Domande che riguardano le vite delle persone e i rapporti tra gli Stati, facendo sfociare la questione climatica in un mare di potenziali conflitti, inesplorati dal diritto internazionale.
Sovranismo e questione climatica si sono incrociati, e potrà sfociare anche questo in un duro scontro.
C’è chi sostiene che, quello degli incendi in Amazzonia, sia un problema esclusivamente di natura politica.
Chi appicca il fuoco sono spesso i contadini, ma solo perché mancano controlli di natura socio-culturale.
Le multinazionali approfittano poi di questo complesso processo (il piccolo contadino brucia la terra, la vende ai fazendeiros che la sfruttano per quattro, cinque anni con allevamenti intensivi, e poi la vendono a chi produce soia e grano transgenico), e hanno purtroppo tutto l’interesse che i terreni brucino perché poi li ricomprano a prezzi molto bassi iniziando a coltivarli.
La politica guarda molto spesso più all’economia che all’ambiente.
Troppi interessi personali e governativi che si sovrappongono al rispetto di sopravvivenza di tutta l’umanità.
6) LO STATO DI SALUTE DEL SISTEMA BANCARIO
La società di consulenza A.T. Kearney analizza annualmente i conti di 92 banche retail attive in 22 mercati europei (tra cui le italiane Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Ubi e Banco BPM).
Per capire quanto sia costata la crisi dell’ultimo decennio alle banche italiane (e alla forza lavoro impiegata negli istituti) basta guardare due dati:
- nel giro di 10 anni l’utile per singolo cliente delle banche commerciali italiane è più che dimezzato;
- è andato in fumo un terzo dei ricavi per singolo utente.
E’ infatti una mannaia pesantissima quella caduta sui bilanci delle principali divisioni retail degli istituti creditizi domestici tra il 2008 e il 2018.
Un decennio in cui gli istituti italiani hanno visto diminuire tutte le principali voci di ricavi e di profitto.
E se è vero che la fase più dura della “grande dieta” sembra essere alle spalle, è anche vero che la strada per allinearci alla media europea sembra essere ancora lunga.
E’ infatti drastica la trasformazione sopportata dall’industria del credito nell’ultima decade.
Se dieci anni fa i ricavi per clienti delle principali banche italiane erano pari a 1.141 euro l’anno (nella media europea il dato, più contenuto, era pari a 700 €), oggi si scende a 817 € con una riduzione pari al 28% (620 € oggi la media in Europa).
All’orizzonte si affacciano nuovi operatori, legati in particolare al Fintech, sempre più competitivi e minacciosi nei confronti dei bilanci bancari.
A fronte di una netta contrazione dei proventi, le banche hanno reagito con una stretta sul fronte dei costi.
I tagli occupazionali hanno interessato gran parte delle banche italiane, ma questi minori costi hanno avuto come contraltare maggiori spese a causa di adeguamenti normativi-regolamentari e per investimenti in tecnologia legati alla trasformazione digitale in atto.
L’effetto è che il rapporto costi/ricavi in Italia negli ultimi 10 anni è cresciuto dal 56,3% del 2008 al 60,5% dello scorso anno (in Europa invece il dato è leggermente diminuito dal 61,3 al 61,1%).
La massa di crediti deteriorati delle banche italiane ha fatto poi balzare gli accantonamenti obbligatori per legge dal 14 al 22% in dieci anni.
In Europa sono al contrario scesi moltissimo, dal 12,2 al 5,1%.
Probabilmente le banche europee sono state più attente nel concedere prestito.
Inevitabile quindi che nel nostro paese le principali banche abbiano visto assottigliarsi molto l’utile per cliente, sceso dai 357 € del 2008 ai 141 odierni, con un crollo pertanto del 60%.
Tale dato nell’Unione è invece in crescita, dai 190 € di dieci anni fa ai 206 medi attuali.
Per raggiungere i livelli di produttività media europea, secondo le stime della società di consulenza, le banche italiane nei prossimi anni si troveranno davanti a un bivio:
- o aumentare almeno del 21% i propri ricavi;
- o, in alternativa, ridurre ulteriormente del 18% i dipendenti che pure hanno già pagato un gran dazio negli ultimi anni.
Il settore dovrà pertanto ridefinire il proprio modello di business cercando nuove opportunità.
Il mercato futuro si dividerà tra chi avrà la forza di rimanere un colosso, chi invece si sposterà verso delle nicchie offrendo diverse proposte personalizzate, e chi ancora sarà in grado di cavalcare la digitalizzazione, magari in partnership con le società fintech o con le newbanks.
In sostanza è questa la fine dell’era in cui le banche godevano di una storica rendita di posizione.
Era la classica banca comoda a casa quella con cui il cliente risparmiatore si “sposava” e non si separava più.
Da questo matrimonio indissolubile le banche hanno appunto tratto una grande rendita di posizione che, negli anni, ha consentito di generare utili, ma anche molte inefficienze operative.
Si trattava di una sorta di piccolo monopolio di paese o di quartiere.
Essere clienti di una banca era una questione di territorialità e di comodità logistica e geografica.
Per questo, commissioni elevate, servizi poco efficienti, elevati costi di gestione, nulla riusciva e persuadere il cliente a lasciare la propria banca per un’altra magari più efficiente.
Oggi il quadro è completamente mutato, e molti istituti non si sono dimostrati in grado di restare al passo con i tempi.
7) IL CALCIO IN PARADISO (FISCALE)
Leggere questo articolo ti farà probabilmente venire il mal di testa.
Sappilo …
Da sempre sono un grande appassionato di calcio, e questo sport, per molti anni, l’ho anche pratico.
Ora mi limito a fare il tifoso del Vicenza, squadra della mia città a cui sono anche abbonato, e del Milan, squadra a cui tifo da sempre probabilmente sulle orme del tifo di mio padre.
Il calcio italiano, e non solo ovviamente, è ora un grande business, un immenso circo mediatico di cui si parla h24, 7 giorni su 7.
Dal calcio mercato estivo, alle amichevoli d’agosto spesso in giro per il mondo, al campionato da poco iniziato, alle coppe europee … in Italia si vive di calcio in modo esagerato, senza però lo spirito romantico che si poteva assaporare un tempo.
Non molti però sanno che 7 società su 20 della nostra serie A sono possedute da gruppi stranieri, tutti controllati da entità con sede in paradisi fiscali come il Delaware (negli Stati Uniti d’America), le Isole Cayman, l’Olanda e il Lussemburgo.
Il “mio” Milan, ad esempio, in tal senso non si fa mancare proprio niente.
Il fondo statunitense Elliott controlla la maggioranza del club attraverso una società con sede in Lussemburgo, a sua volta posseduta da due società del Delaware dello stesso fondo Elliott, e da un’altra holding lussemburghese di proprietà di due finanzieri napoletani che prima dell’esperienza rossonera non avevano mai avuto un ruolo attivo nel mondo del calcio.
Secondo gli statuti però la gestione della società spetterebbe esclusivamente ad Elliott.
La globalizzazione ha contagiato anche il calcio italiano, e i paradisi fiscali sono entrati negli stadi della serie A ma nolo solo, anche delle serie minori, B e altre.
Attenzione, utilizzare paradisi fiscali o giurisdizioni estere come base societaria è cosa del tutto lecita, e il loro utilizzo non significa che si stiano per forza attuando comportamenti in contrasto con l’etica sportiva o con la legge.
La classifica dello scorso campionato, 2018-19, vede nei primi 6 posti ben 4 team che fanno capo a società domiciliate in giurisdizioni note per la loro bassa (o assente) tassazione.
La Juventus, quotata in borsa per una parte del capitale, è controllata per il 64% da una società olandese (la Exor Nv), controllata a sua volta da un’altra entità olandese, la Giovanni Agnelli BV.
La loro sede è Gustav Mahlerplein 25 – quartiere finanziario Zuidas di Amsterdam.
In Olanda gli utili distribuiti da una società non residente e le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in società non residenti, non concorrono in genere alla formazione del reddito se si rispettano determinati requisiti.
Interessi, royalties e dividendi in uscita, inoltre, sono generalmente esenti da ritenute.
E’ sempre la famiglia Agnelli-Elkan beneficiaria finale dei proventi della squadra bianconera.
Passando invece all’altro club di Milano, la catena proprietaria dell’Inter conduce in Asia al gruppo cinese Suning che detiene il 68,55% delle quote, attraverso un passaggio però dal Lussemburgo.
Il restante 31,05% è nelle mani di Lionrock, un fondo di private equity di Hong Kong domiciliato nelle Isole Cayman.
La Roma, con presidente il finanziere americano (ma da genitori italiani) James Pallotta, ha anch’essa cassaforte nel Delaware.
Pensa, il Delaware (870mila abitanti per 154 chilometri quadrati di superficie) è il più piccolo Stato degli USA, e ne è anche il principale paradiso fiscale e societario.
Qui la segretezza è d’obbligo, e per questo vede al suo interno domiciliate più della metà delle maggiori corporate USA.
Nessun amministratore o manager di una Limited liability company (Llc) è personalmente responsabile di debiti e obbligazioni della propria società.
Il certificato di registrazione di una Llc costa appena 90 dollari e le sole informazioni obbligatorie da registrare sono il nome della società, il suo indirizzo e il nome dell’agente residente.
Stop.
In un edificio di Wilmington, una città del Delaware con 71mila abitanti, ha sede la CT Corporation, azienda specializzata nella costituzione e domiciliazione di società.
Solo presso la sua sede sono registrate più di 285mila imprese, parte delle quali vere e proprie entità fantasma.
Qui, ad esempio, Fiorentina e Milan condividono la stessa “casa”.
Vi è poi il Bologna con presidente l’imprenditore caseario, figlio di un siciliano emigrato in Canada, Joey Saputo.
La società felsinea è controllata da una società lussemburghese, a sua volta controllata da una società domiciliata in Delaware.
La prossima a prendere il biglietto di sola andata sempre per il Delaware, potrebbe essere la Sampdoria se, come sembra, verrà ceduta dall’istrionico presidente Ferrero alla cordata capeggiata e rappresentata dall’ex bomber blucerchiato Gianluca Vialli.
Si stima siano qualcosa come 32.000 i miliardi di dollari stipati nelle segrete giurisdizioni in giro per il mondo.
L’Udinese è posseduta dalla Gesapar, una società con sede in Lussemburgo nello stesso stabile dove ha sede anche la Crs, holding di Cristiano Ronaldo.
Nel Granducato del Lussemburgo, gli utili distribuiti da una società non residente e le plusvalenze realizzate, non concorrono di norma alla formazione del reddito.
Mentre interessi e royalties sono premiate dall’esenzione di ritenute.
Per i dividendi in uscita poi, la legge prevede una ritenuta alla fonte del 15% che può essere però ridotta in presenza di particolari convenzioni fiscali internazionali.
La Fiorentina è stata venduta a giugno dai Della Valle all’imprenditore italiano naturalizzato statunitense Rocco Commisso.
Anche Commisso, fondatore di Mediacom (quinta azienda fornitrice di tv via cavo in America) e proprietario anche dei New York Cosmos, ha scelto il Delaware per controllare la squadra di Firenze.
Il Brescia infine, squadra neopromossa in serie A e nuovo team di Mario Balotelli, ha come presidente l’ex patron del Cagliari Massimo Cellino.
La società lombarda è controllata da una società italiana, la Brescia Holding, controllata a sua volta dalla Eleonora Sport Limited domiciliata, questa volta, a Londra.
Da questa si torna poi alla italiana Eleonora Immobiliare, controllata nuovamente da una società fiduciaria.
Insomma, nemmeno a Brescia si scherza …
E non c’è solo la serie A!
In B, ad esempio, il Venezia dell’avvocato con cittadinanza italiana (ma nato a New York) Joe Tacopina è controllato da due società delle Isole Cayman.
La Venezia Fc 1907 controlla il 99% del capitale, e la Venezia II Fc 1907 controlla il residuo 1%.
Vai a capire …
Le Cayman sono il più grande centro finanziario offshore nel mondo, con attività estere pari a 1.500 volte la dimensione dell’economia domestica.
Sono inoltre l’ottavo centro bancario della terra, con 176 diverse banche, più di 6.000 società fiduciarie e oltre 92.000 società registrate.
Lo Spezia Calcio, con a capo l’uomo d’affari italiano naturalizzato nigeriano Gabriele Volpi, è posseduto da una fondazione olandese.
In C addirittura, la stessa serie del mio amato Vicenza, il Como 1907 (una SRL con un capitale sociale di 15.000 € …) è controllato da un miliardario indonesiano con un patrimonio, secondo la classifica Forbes, di oltre 18mila miliardi di dollari che ne fanno il 54° uomo più ricco al mondo.
Uscendo poi dal nostro paese e prendendo il volo per l’Inghilterra, le due squadre di Manchester, lo United ed il City, sono controllate rispettivamente da società domiciliate nuovamente nelle Cayman e negli Emirati Arabi Uniti.
Il fenomeno imperversa da anni un po’ in tutt’Europa anche in Scozia, Belgio e Francia.
Si stima siano qualcosa come 32.000 i miliardi di dollari stipati nelle segrete giurisdizioni in giro per il mondo.
Tutto questo rende una discreta parte del panorama calcistico nel nostro paese piuttosto opaco dal punto di vista finanziario, e facilita forme di abuso fiscale personale e societario, nonché il riciclaggio di fondi.
Il tutto ovviamente alle spalle di noi semplici tifosi, ancora follemente innamorati del gioco calcio.
Buona giornata e buona settimana!
Un caro saluto.
Davide