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www.davideberto.it2024-10-11
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    All'interno di un impianto chimico, di un'azienda che produce biscotti, o di un'azienda che produce dentifricio, tutto dovrebbe essere perfettamente ripetitivo, automatizzato, ogni cosa esattamente al suo posto.
    Se ci dovesse essere qualcosa di interessante ed eccitante in questi luoghi ... molto probabilmente quel qualcosa non sta andando per il verso giusto...

    Anche l'investimento è un processo continuo, e non dovrebbe essere visto e percepito come particolarmente interessante.
    L'investimento è una responsabilità.
    Se una persona investe in Borsa alla ricerca dell'eccitazione, pensando che il mercato azionario sia un gioco, credimi, più prima che poi perderà molto denaro.
    Lo scopo di una valida politica di investimento è semplicemente quello di garantire che il proprio processo continuo non si interrompa mai.

    Molti studi dimostrano che pensiamo di essere dei guidatori sopra la media, dei genitori sopra la media, anche degli investitori sopra la media.
    Tendiamo a prenderla sul personale quando le azioni che abbiamo acquistato in Borsa salgono o scendono, anche se, come giustamente ammoniva l'economista scozzese Adam Smith, "le azioni non sanno che le possiedi".

    Ti auguro una piacevole lettura!
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    1 - TU CHIAMALE SE VUOI EMOZIONI...

    "Immagina quanto sarebbe più difficile la Fisica se gli elettroni avessero emozioni...".
    (Richard Feynman - premio Nobel per la Fisica nel 1965)

    La finanza personale non è certo paragonabile all'ingegneria aerospaziale.
    E neppure alla fisica quantistica...
    Da un certo punto di vista è sicuramente qualcosa di più facile.
    Non richiede infatti competenze specialistiche, e tutti possono gestir bene la propria finanza personale con un po' di matematica ed economia di base.

    Da un altro punto di vista, tuttavia, è molto più complessa rispetto all'ingegneria e alla fisica.
    Perché, al contrario degli elettroni, tutte le parti coinvolte nel variegato mondo dei soldi hanno delle emozioni.
    C'è infatti l'investitore che deve fare i conti con le sue emozioni, che lo spingono, ad esempio, a investire più di quello che dovrebbe sul trend del momento, oppure a vendere spaventato quando i mercati attraversano una fase di ribasso.
    O, ancora, lo spingono a comprare un SUV ben oltre le proprie possibilità, anziché finanziare meglio i propri piani di accumulo per il domani.
    Oppure lo inducono ad accumulare a caro prezzo immobili in provincia per i figli, perché "così un domani gli rimane qualcosa".
    E altri mille esempi di scelte emotive...

    Ho smesso da tempo di definire "irrazionali" queste scelte.
    Perché irrazionali non lo sono.
    Sono semplicemente delle scelte umane.
    Non siamo elettroni, non siamo viti o bulloni, non siamo dei pezzi di legno o d'acciaio.
    Non possiamo comportarci in nessun modo diverso da questo.
    E con questo nostro modo di essere e di ragionare, dobbiamo farci i conti ogni singolo giorno della nostra vita.
    Ma non è finita qui...

    Non è solo l'investitore ad avere emozioni.
    Pure l'investimento ha le sue emozioni.
    I prezzi dei vari investimenti (ovvero delle varie asset class come le azioni, le obbligazioni, le materie prime...) sono influenzati e governati dalle emozioni di milioni di investitori di tutto il mondo.
    Il prezzo di un'azione o di un aggregato di azioni, ovvero un indice, è dato dall'incontro tra le emozioni dei potenziali acquirenti (che vogliono ovviamente guadagnare) e le emozioni dei potenziali venditori (che di certo non vogliono perdere e raramente tendono ad accontentarsi del guadagno fatto).
    Tra le righe del bilancio di un'azienda quotata in Borsa, non c'è scritto nulla su come governare le proprie emozioni quando il prezzo dell'azione dell'azienda stessa si muoverà violentemente, e in modo (apparentemente) irrazionale o immotivato.
    Tra le candeline giapponesi e i trend del grafico di un'azione non c'è scritto nulla su come reagirai quando avrai i tuoi soldi lì investiti e avrai paura di perderli, o sentirai l'irrefrenabile desiderio di guadagnarne ancora di più.

    La finanza personale è più arte che scienza.
    La finanza personale è molto più comportamento, abitudini, emozioni, probabilità, incertezza ... che non banche, grafici, numeri, linearità, sicurezza.
    Proprio per questo, in assenza di un chiaro processo e di un valido sistema d'investimento, vi sono pochissime probabilità di uscire indenni da queste sfide moderne.
    Perché il nostro cervello non è programmato per affrontarle.
    Uno dei più importanti compiti del (bravo) Consulente Finanziario è quello di insegnarti ed aiutarti nel rimanere ben saldo nei tuoi propositi di successo finanziario, anche quando le tentazioni o la paura inizieranno a serpeggiare.

    Capire tu non puoi
    Tu chiamale se vuoi emozioni...
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    2 - DIFFICILE DA DIGERIRE

    Quante volte da inizio anno, anche dopo un turbolentissimo 2022, noi Consulenti Finanziari siamo stati destinatari di questa forma di lamentela da parte di alcuni (rari, fortunatamente nel mio caso) clienti...

    Uffa...
    I miei investimenti non mi stanno dando soddisfazione e non vedo rendimenti.
    Saranno anche tempi duri tra inflazione, tassi in salita, mercati che non tirano...
    Ma qui c'è da piangere!!!

    Il risparmiatore, ovviamente, non ha colpe nel lamentarsi, e la sua lamentela è (quasi) sempre capita e accettata.
    Nel tempo libero, sfogliando i giornali, ascoltando i telegiornali e leggendo considerazioni sul web, si arriva alla conclusione che gli attuali, elevati tassi d'interesse garantiscono buoni rendimenti, e le borse sono ben lontane dai minimi visti nei periodi più bui dello scorso anno.
    E' tutto chiaro, così com'è terribilmente difficile da spiegare a un risparmiatore che un BOT a 3 mesi rende quasi il 4%, mentre la performance del suo portafoglio complessivo non lo soddisfa.
    Tutto vero, ma ... continua la lettura.

    L'indice azionario probabilmente più importante al mondo, l'americano S&P 500, ha realizzato una performance da inizio anno del 14%.
    Se lo stesso indice lo consideriamo però con tutti i suoi 500 titoli pesati allo stesso modo (500 x 0,2%), da inizio anno la performance è sostanzialmente pari a zero (+0,27%).
    Questo perché a salire, in questo 2023, sono stati essenzialmente i titoli azionari rappresentativi delle grandissime aziende tecnologiche, e non la coralità del mercato nel suo complesso.
    Ne consegue che la performance di un portafoglio ben diversificato e a gestione attiva, sarà sempre più prossima a quella di un indice equamente pesato rispetto a un indice tradizionale.
    D'altra parte, se questo principio non fosse stato rispettato nel corso del 2022, il risultato delle performance azionarie sarebbe stato di gran lunga peggiore (-40, -50%) rispetto a quanto già drammaticamente accaduto lo scorso anno.

    Se questo è il quadro di quanto accaduto alla parte azionaria degli investimenti e del portafoglio, lato obbligazionario non arrivano (ancora) buone notizie.
    Le discese dovute all'aumento dei tassi d'interesse stanno proseguendo ancora.
    Ma dovremmo ormai essere giunti al capolinea della sofferenza.

    Non certo paragonabile a quanto accaduto lo scorso anno, questo 2023 si sta allora manifestando come un anno comunque difficile.
    Un anno che, se vedi qualche punto percentuale di performance nel tuo portafoglio d'investimenti, è qualcosa di cui essere soddisfatti.
    Credimi.
    Anche se, mi rendo perfettamente conto, questo stato d'animo, dopo il disastro del 2022, sia difficile da digerire.
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    3 - QUALE FUTURO PER IL NOSTRO CARO, VECCHIO CONTINENTE?

    Le aziende di grandi dimensioni sono un fondamentale motore di investimento e di innovazione.
    Sono un forte attrattore dei migliori talenti, e sono l'asse portante di creazione e sostegno di tutto l'ecosistema delle aziende più piccole, che si sviluppano in scia alle più grandi.
    Le grandi aziende costituiscono inoltre un elemento fondamentale della competizione che i sistemi Paese giocano, definendo così equilibri più ampi e complessi.
    Ma, come si presenta la mappa dell'Europa in questo contesto?

    Guardando ai dati del 2022, sulle 500 maggiori imprese a livello mondiale l'Unione europea ne colloca in classifica solo 90.
    10 anni fa erano 105.
    20 anni fa erano 112.
    Un lieve arretramento pertanto, oltre al danno di non avere più la Gran Bretagna come parte di un sistema comune.

    Germania e Francia, come sempre, primeggiano, annoverando rispettivamente 28 e 25 aziende tra le prime 500.
    Olanda e Spagna seguono con 11 e 9.
    All'Italia bastano le dita di una mano per contarle: in classifica ne troviamo infatti 5 tra le prime 500, di cui 3 a partecipazione statale (Enel, Eni e Poste Italiane), e 2 intermediari finanziari (Generali e Intesa).
    Solamente Generali ed Enel tra le top 100.
    Sarebbero, in realtà, di "emanazione" italiana anche 2 imprese ora olandesi per meriti fiscali: Stellantis ed Exor.
    Più arretrata la posizione di Irlanda e Lussemburgo, accomunate all'Olanda da una favorevole tassazione, e caratterizzate dall'essere più che altro degli hub finanziari più che vere e proprie piattaforme di attrazione, non solo di capitali, ma di sistemi di imprese nel loro complesso.
    Ma veniamo a noi...

    Il nostro, come ben sappiamo, è un paese disseminato di piccole e medie imprese (se ne contano quasi 200mila), sicuramente capaci di rivestire un ruolo rilevante nella creazione di ricchezza e lavoro, ma questo non basta.
    Ci servirebbero più campioni globali.
    Innegabilmente ci sarebbe la necessità di aprire una seria riflessione su come ampliare il nostro peso nello scacchiere mondiale, aggiungendo alla classifica qualche altro grande gruppo industriale e finanziario, accanto ai tanti piccoli, anche se eccellenti, imprenditori che già operano sul nostro territorio.
    Servirebbero decisi interventi di politica industriale e sui modelli operativi.
    Servirebbe mettere in campo anche incentivi permanenti.
    Ma sappiamo tutti che i margini, lo Stato, non li ha.

    Ampliando lo sguardo, al dì là della nostra realtà nazionale, a livello comunitario è allora innegabile il lento declino del Vecchio Continente, che si sta, gioco forza, piegando al gigantismo aziendale di Cina e Stati Uniti oggi, e di India e Golfo probabilmente nell'immediato futuro.
    Anche nella classifica dei primi 100 gruppi mondiali c'è infatti poca Europa: troviamo le francesi Total, Axa, Credit Agricole ed Electricitè de France; le tedesche Volkswagen, Mercedes, Bmw, Allianz, Deutsche Telekom e Deutsche Post; le italiane Generali ed Enel; l'olandese Stellantis e la finlandese Fortum.
    Una considerazione che si può fare è che gli Stati sono presenti in queste imprese solo in maniera marginale: l'Europa non è caratterizzata dalla presenza di uno o più "stati imprenditori".
    Servirebbe un disegno complessivo, da parte dei governi UE, per promuovere di concerto la crescita delle proprie aziende, così da metterle nelle condizioni di diventare campioni globali dei pesi massimi.
    Anche all'Europa, come all'Italia, servirà infatti posizionare alcuni grandi gruppi aziendali in ambito finanziario ed industriale, per rimanere un continente protagonista dell'economia anche nei decenni a venire.
    Ma anche qui, vista la scarsa coesione dell'Unione Europea manifestata in ormai 20 anni di storia, ho i miei dubbi che ci si possa riuscire...

    Per il 9° anno consecutivo, a guidare la classifica a livello globale c'è l'americana Walmart, seguita da Amazon.
    Completano la top 5 i giganti cinesi dell'energia State Grid, China National Petroleum e Sinopec.
    Seguono, dal 6° al 10° posto, Saudi Aramco (Arabia Saudita), Apple, Volkswagen, China State Construction Engineering e CVS Healt (USA).

    Se è vero che già negli anni precedenti il numero di società cinesi in classifica aveva superato quello delle aziende statunitensi, quest'anno, per la prima volta, si registra un sorpasso cinese anche alla voce ricavi.
    Ben il 31% dei ricavi della Global 500 viene infatti da aziende cinesi.
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    4 - MARGINE DI MANOVRA

    Nella mia scorsa 7in7 ho affrontato il tema della successione di una coppia in assenza di figli, nel quale ricorrono i concetti di quota legittima e quota disponibile.
    Questi due concetti sono comuni in realtà a tutte le successioni testamentarie, sia che ci siano figli, sia che non ci siano.
    Vediamo allora assieme cosa significano e cosa comportano queste quote stabilite dalla legge, che definiscono i limiti della volontà individuale entro precisi paletti.

    Quota di legittima
    E' la parte di patrimonio di cui il soggetto defunto (de cuius) non può disporre a piacimento, in quanto il nostro Codice Civile dispone che venga riservata a determinate categorie di eredi particolarmente vicine.
    In particolare è riservata al coniuge e ai figli.
    In assenza dei figli, al coniuge ed ai genitori.

    Quota disponibile
    E' la parte, invece, di patrimonio di cui il de cuius può liberamente disporre, tramite testamento, assegnandola a soggetti diversi dai suoi eredi legittimi.
    Senza che detta scelta venga attaccata (e pertanto ridotta) dai predetti soggetti.
    La quota disponibile non ha un valore fisso e predeterminato, ma varia al variare di quanti eredi legittimi siano in vita al momento dell'apertura della successione.
    A puro titolo di esempio, se il defunto lascia un solo figlio in assenza di coniuge, al figlio dovrà destinare la metà del suo patrimonio, e potrà così disporre come meglio desidera per l'altra metà.
    Se al de cuius succede invece un coniuge con un figlio, a loro dovrà riservare una quota pari ad 1/3 ciascuno, e avrà pertanto facoltà di disporre liberamente solo di 1/3 del restante patrimonio.
    Si può disporre liberamente del 100% del proprio patrimonio solo nel caso in cui non vi sia nessun coniuge, nessun figlio, nessun nipote e nessun genitore in vita.

    So per certo che molti non sono a conoscenza di questa possibilità.
    Di questa quota disponibile.

    Il nostro impianto legislativo mira fortemente a tutelare i legami di sangue e i vincoli legali liberamente scelti (il matrimonio).
    E' ancora poco considerata (anche se sempre più dibattuta) la possibilità di disconoscere i legami di sangue a favore della libertà di scelta personale.
    Sarà forse un dibattito che potrà prendere più spazio nel prossimo futuro, con il maturare di una sempre maggiore convergenza verso l'autodeterminazione e la volontà individuale.
    Per il momento la legge rimane questa, ed è molto importante conoscerla per capire che del margine di manovra c'è, e per muoversi così al meglio in un'ottica di pianificazione successoria.
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    5 - IN ATTESA DI GIUDIZIO

    Quella autunnale è la stagione delle pagelle, con le agenzie di rating che salgono in cattedra con piglio severo e sguardo accigliato, facendo tremare gli alunni meno diligenti.
    Un esempio di alunno poco diligente?
    Ma il nostro Stato ovviamente...
          
    Tra Ottobre e Novembre sono infatti attesi i giudizi di S&P (proprio oggi, il 20 Ottobre), Fitch (il 10 Novembre) e Moody's (il 17, sempre, di Novembre).
    Il tam-tam mediatico è già partito: si vocifera su un possibile declassamento del rating dell'Italia, con lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi che si è già portato intorno ai 200 punti base.
    L'anno scorso, nello stesso periodo, era ad oltre 240 punti.
    Andiamo con ordine però, chiarendo, prima di tutto, il significato di due termini ormai parecchio conosciuti e usati in queste circostanze: spread e rating.

    Lo spread è un numero che identifica la differenza fra il rendimento di due valori, determinando, di conseguenza, lo stato di salute e l'affidabilità di un paese.
    Abbiamo iniziato a sentirlo nominare nel 2011 con la crisi del governo Berlusconi: a Gennaio di quell'anno il differenziale Btp-Bund si attestava a 173 basis point, mentre all'inizio di Novembre toccò il picco record di 574 punti.
    L'Italia fu così investita da una crisi finanziaria e di credibilità internazionale che portò il governo del paese alle dimissioni per poter salvare il salvabile.
    Per l'area Euro, lo spread ha come punto di partenza il rendimento del titolo di stato decennale tedesco (considerato convenzionalmente "risk free ", ovvero a rischio zero), confrontato al rendimento pari durata degli altri paesi.
    "Spread a 200 punti" significa allora che il nostro Btp 2033 rende annualmente il 2% in più del Bund con pari durata.

    Il rating è invece un giudizio espresso da società specializzate, che valutano la solidità di stati, istituzioni pubbliche e imprese che emettono un'obbligazione o titolo di debito.
    Questa valutazione esprime la capacità degli emittenti il debito stesso, di poter rimborsare il capitale a scadenza e pagare regolarmente gli interessi durante la durata dei titoli emessi.
    Assieme al rating viene espresso anche un outlook (stabile, negativo o positivo), che esprime le prospettive future attese.

    I rating presentano poi una netta linea di demarcazione tra la sufficienza e l'insufficienza, ovvero tra titoli affidabili, definiti Investment Grade, e quelli più rischiosi e speculativi, i non Investment Grade o anche High Yield.
    Questa seconda categoria di titoli, per la sua rischiosità, non è accessibile a tutti gli investitori.
    Ed è proprio qui che si concentrano le attuali preoccupazioni per il nostro paese, visto che una delle 3 agenzie di rating, Moody's, potrebbe farci varcare questa soglia.
    Moody's, ad Aprile, ci ha infatti classificati con giudizio Baa3outlook negativo: un eventuale declassamento ci porterebbe al giudizio Ba1, il primo passo nella categoria degli investimenti speculativi.
    Questa eventuale retrocessione porterebbe con se importanti conseguenze, e, nell'immediato, massicce vendite di Btp da parte di investitori istituzionali che non possono mantenere nei loro portafogli titoli non Investment Grade.
    Conseguenza ulteriore di queste vendite sarebbe la probabile impennata dello spread, con lo Stato costretto a maggiori esborsi per poter onorare il suo debito, e una sicura minor fiducia da parte del mercato e degli investitori.
    Lato S&P e Fitch, non ci sono invece queste preoccupazioni, almeno nell'immediato.
    Ad Aprile avevano infatti attribuito all'Italia un giudizio Bbb, ma con un outlook stabile: non potrebbero quindi declassarci in un colpo solo, dovendo prima passare per una modifica dell'outlook stesso (da stabile a negativo), per peggiorare eventualmente solamente in seguito il giudizio complessivo.

    Tutto questo deve farti comprendere il fatto che i nostri conti pubblici sono sempre degli osservati speciali.
    La congiuntura macro economica è peggiorata, e i dati sul rapporto debito/Pil, e l'impatto del Pnrr sulla crescita, saranno fondamentali per l'espressione del rating e dell'outlook sul nostro paese.
    Di certo, il sentiment dei mercati non è positivo nei confronti dell'Italia.
    Pensa che la tanto vituperata Grecia, il cui spread negli anni 2011-2012 era arrivato a livelli monstre (3.500 punti e oltre), offre da Maggio dei rendimenti stabilmente più bassi dei nostri, con uno spread attualmente in zona 150 punti base.
    Occhi bene aperti allora!
    Consiglio spassionatamente una base di diversificazione e una gestione di tipo professionale, per non cadere nella trappola del mero rendimento.
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    6 - LA PSICOLOGIA DEI SOLDI (QUANDO CREDI A TUTTO)

    Rieccoci con l'appuntamento mensile dedicato alla scoperta del libro "La Psicologia dei Soldi" di Morgan Housel.
    Siamo giunti al capitolo numero 18 (di 20) dal sottotitolo " Le finzioni allettanti, ovvero perché le storie sono più forti delle statistiche".

    Al momento di gestire i nostri soldi, ci sono 2 cose da tenere bene a mente, visto che viviamo in un mondo governato dalle storie, dove la narrazione dei fatti è spesso più impattante dei fatti stessi.
    Vediamole assieme.

    1. Più vogliamo che una cosa sia vera, più tenderemo a credere a storie che sopravvalutano le probabilità che sia vera.

    Molte cose nella vita le riteniamo vere perché vogliamo disperatamente che lo siano.
    Housel le chiama "finzioni allettanti", e hanno un forte impatto sul nostro modo di pensare ai soldi, agli investimenti e all'economia.
    Una finzione allettante si crea quando una persona intelligente vuole trovare delle soluzioni con una posta in gioco molto alta, ma esercita un controllo limitato.
    Le finzioni allettanti sono potentissime e possono indurci a credere a qualsiasi cosa.
    Se abbiamo il disperato bisogno di trovare una soluzione a qualcosa, non avendone una di valida a portata di mano, la cosa più semplice è essere disposti a credere (non solo provare, ma credere) a tutto.
    Altrimenti, perché mai le persone darebbero ancora retta ai sedicenti esperti di investimenti, che parlano in tv o sui social, benché abbiano dimostrato di non azzeccarci mai o quasi? 
    Ciò accade perché la posta in gioco, quando si parla di investire i propri risparmi, è molto alta.
    Se ci viene ventilata la probabilità dell'1% che una previsione si avveri, e avverandosi ci cambierà la vita, non è così assurdo prestare attenzione a questa, seppur esigua, probabilità, perché non si sa mai.
    Il problema è che mediamente non siamo in grado di pesare correttamente le probabilità molto basse, e in molti possono rimanere fermamente convinti che ciò che desiderano si avvererà.
    Un esempio?
    Il caso Madoff, una delle più colossali truffe in ambito finanziario dei tempi moderni.
    Con il senno di poi, il suo schema Ponzi sarebbe dovuto apparire ovvio: riferiva rendimenti sempre uguali revisionati da uno studio contabile sconosciuto, e si rifiutava di rilasciare informazioni su come ottenesse quei rendimenti.
    Eppure Madoff è riuscito a raccogliere miliardi di dollari da alcuni dei più evoluti investitori al mondo, perché raccontava bene una buona storia, a cui la gente voleva credere.
    Per proteggerci da una narrazione finanziaria avvincente ma falsa, è necessario allora analizzare a mente fredda il divario esistente fra ciò che desideriamo e ciò che deve effettivamente accadere per rendere realtà i nostri desideri.
    Il rischio più grosso sta nella disperazione con cui vogliamo che quel qualcosa sia vero.
    In finanza non c'è forza più grande del tenersi un buon margine di errore: più alta è la posta in gioco, più ampio dovrà essere il margine.

    2. Ciascuno di noi ha una visione incompleta del mondo, ma elabora una narrazione completa per colmare le lacune.

    Ignoriamo tutto ciò che ignoriamo.
    Sembra banale, ma non lo è.
    Per colmare i nostri "angoli ciechi", tendiamo allora a spiegare il mondo attraverso il limitato numero di modelli mentali che abbiamo a disposizione.
    Nella realtà, sappiamo molto meno di quanto crediamo di sapere su come funziona il mondo.
    La maggior parte delle persone, davanti a qualcosa che non capisce, non si rende conto di non capirlo perché riesce a farsi venire in mente una spiegazione, in qualche modo sensata, sulla base delle proprie esperienze nel mondo, per quanto limitate esse siano.
    Tutti vogliamo che il mondo complicato nel quale viviamo abbia un senso.
    Per questo ci raccontiamo delle storie per colmare le nostre lacune.
    Ma queste storie possono avere un effetto, su di noi, sotto l'aspetto economico, al contempo affascinante e terrificante.
    Se un punto cieco mi impedisce di vedere il funzionamento di una parte del mondo, rischio di fraintendere completamente le ragioni del comportamento del mercato azionario, mettendo magari troppa fiducia nella mia capacità di sapere come il mercato si comporterà in seguito.
    Venire a patti con tutto ciò che non sappiamo, significa venire a patti con l'idea che molte delle cose che succedono nel mondo sono fuori dal nostro controllo.
    E questo può essere difficile da accettare, perché l'illusione del controllo è molto più persuasiva della realtà dell'incertezza.
    Abbiamo bisogno di credere che viviamo in un mondo prevedibile e controllabile.
    Per questo ci si rivolge a persone che sembrano autorevoli e che promettono di soddisfare quell'esigenza.
    Eppure il business, l'economia e gli investimenti sono settori caratterizzati proprio dall'incertezza, e dipendono in gran parte da decisioni che non sono facilmente spiegabili con formule matematiche come a molti di noi piacerebbe.
    Citando Carl Richards: "Il rischio è ciò che rimane quando credi di aver pensato a tutto".
    Siccome non vogliamo aggirarci nel mondo ciechi e confusi, cerchiamo di dare un senso alle cose sulla base di ciò che sappiamo.
    Il fatto è che ognuno di noi pensa di sapere come funziona il mondo in base alla propria narrazione personale, ma ignora completamente le storie che ciascun essere umano, a sua volta, si racconta nella propria testa... 

    Siamo ormai prossimi alla conclusione di questo libro.
    A Novembre ci ritroveremo infatti col penultimo capitolo che riassumerà quanto abbiamo potuto imparare da questa splendida, a mio avviso, lettura.
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    7 - NUOVA LINFA

    Nuova linfa al Nasdaq di New York.
    Una nuova linfa che parla vietnamita, e che guarda al mondo delle auto elettriche...
    Seguimi per capirne di più!

    Prendi le migliori tecnologie tedesche in licenza da BMW, uniscile al design italiano firmato Pininfarina, amalgama il tutto grazie alla ricchezza del miliardario vietnamita Pham Nhat Vuong, ed ecco che esplode (perlomeno i primi giorni nei listini...) il successo di  VinFast, azienda debuttante di spicco alla Borsa americana, sotto il solleone ferragostiano.

    Ma facciamo un passo indietro per conoscere meglio colui che da molti è designato come l'erede di Elon Musk e l'incredibile storia della sua azienda.
    Vuong, nato 55 anni fa ad Hanoi da padre aviatore e madre commerciante di tè, si rivela ben presto uno studente brillante.
    Iscritto a mineralogia in patria, ottiene una borsa di studio per specializzarsi a Mosca.
    Laureato nel 1992, si sposta a Kiev, dove, nel clima di apertura post sovietica dei primi anni '90, dimostra il suo estro imprenditoriale specializzandosi nella vendita dei tipici spaghettini asiatici, i noodles istantanei, che, economici e veloci da preparare, penetrano rapidamente nel mercato ucraino.
    Vuong fiuta il business, e nel 1993 fonda una startup, Technocom, che ben presto diventa leader nel mercato dei prodotti alimentari disidratati in Ucraina.
    La venderà poi a Nestlé nel 2009, ricavandone 150 milioni di $.
    Torna così in Vietnam, dove nel frattempo il regime comunista sta avviando riforme pro-mercato favorevoli al business, per investire in progetti immobiliari come palazzi, case, villaggi turistici...
    Nel 2012 crea Vingroup, oggi holding delle sue numerose attività, allargandosi anche al mondo dei supermercati, alle scuole, ai servizi sanitari, ai cellulari e, dal 2017, anche alle moto e alle automobili. 
    Diventa così l'uomo più ricco del Vietnam, con un patrimonio passato dal miliardo e mezzo di $ del 2013, agli oltre 40 miliardi attuali.

    VinFast, produttrice di auto elettriche, si è mossa esclusivamente nel mercato vietnamita fino a pochi mesi fa, quando Vuong ha deciso di tentare l'assalto al mercato americano.
    Ecco il perché della quotazione al Nasdaq.
    L'obiettivo sarebbe quello di vendere, in tutto il mondo, 50.000 veicoli nel 2023. 
    A fine Giugno, però, le vendite si erano fermate a quota 11.300.
    Solo 740 di queste sul suolo americano.
    A Luglio è comunque partita la costruzione di una fabbrica nella Carolina del Nord, che dal 2025 dovrebbe produrre direttamente per il mercato USA, con una faraonica capacità produttiva di 150.000 pezzi l'anno.
    Eccoci così al mese di Agosto, quando, coerentemente con il focus americano, è arrivata la quotazione di VinFast al Nasdaq.
    Partita con una capitalizzazione complessiva stimata in 23 miliardi di $, il giorno del debutto al Nasdaq ha raggiunto gli 86, pari al doppio delle storiche case automobilistiche americane Ford e General Motors!
    Da lì sono iniziate le incredibili oscillazioni nel prezzo delle azioni dell'azienda vietnamita: dagli stratosferici 37 $ del debutto in Borsa, fino agli 82 $ del 28 Agosto, salvo poi ritracciare, a Settembre, sotto i 20 $ per azione.
    Il motivo di queste montagne russe risiede (anche) nel fatto che il capitale di VinFast quotato in Borsa è estremamente limitato, pari solamente all'1% del totale.
    Il restante 99% è infatti saldo nelle mani del suo fondatore Vuong.

    La sopravvalutazione delle azioni di VinFast è fuori discussione: sono ancora ampiamente sovraprezzate dal mercato nonostante la forte decelerazione di Settembre, in quanto alimentate dalla speranza degli investitori di trovare la nuova Tesla.
    Ma c'è un altro fattore che va attentamente tenuto sotto osservazione: il rapporto di Vuong con i politici al potere nel suo paese.
    Finora il governo vietnamita ha sostenuto la crescita del suo gruppo, ma se il regime comunista dovesse sterzare verso una restrizione delle libertà imprenditoriali, com'è già avvenuto nella ben più nota Cina, che ne sarebbe dei progetti e delle ambizioni future di Vuong?
    Il boom di VinFastal pari di quello di altri veicoli elettrici, ha allora tutte le caratteristiche di una nuova moda da cavalcare, alimentata dalle speranze degli investitori, alla ricerca del nuovo "diamante allo stato grezzo", come fu, a suo tempo, Tesla.
    Il rischio che questa onda si riveli uno tsunami per gli investitori è però elevato.
    Piedi di piombo, occhi aperti e orecchie dritte allora!
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    Dal 2018, Ottobre è il mese dell'educazione finanziaria.
    Certe tematiche educative, però, per l'importanza che rivestono, meritano di essere prese in considerazione non solo un mese all'anno, ma tutti i giorni dell'anno, 24 ore su 24.

    Il rialzo repentino e persistente dei prezzi, sta generando un progressivo impoverimento del cittadino italiano.
    Una situazione resa ancora più difficile dalla complessa fase storica che stiamo vivendo.
    Ma, mentre il denaro non cresce sugli alberi, può certamente crescere quando si risparmia e si investe saggiamente.
    Sapere come garantirsi il proprio benessere finanziario, è allora una delle cose più importanti di cui si potrà aver mai bisogno nella vita.
    Per la maggior parte delle persone, l'unico modo per raggiungere la sicurezza finanziaria è risparmiare e investire per un lungo periodo di tempo.

    Detto questo, non mi resta che augurarti un sereno fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide