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www.davideberto.it2024-10-11
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    Qualche giorno fa ho letto che gli investimenti più "gettonati" da parte dei piccoli investitori americani (i cosiddetti retail) in questa seconda metà del 2023, vertono verso l'intelligenza artificiale, le energie rinnovabili e i titoli di stato americani.
    Curioso, poi, il dato che racconta come gli investimenti nel titolo Mattel siano aumentati di ben 6,6 volte negli ultimi mesi, sull'onda del successo del film "Barbie".

    Per molti, in sostanza, il mercato resta allora un grande Casinò, il più grande al mondo.
    Quel luogo dove ognuno punta le proprie fiches, nella speranza di indovinare la giocata vincente.
    Il tutto, mentre il mercato stesso (Mr. Market) osserva indifferente, sempre però pronto a ricordare a tutti i giocatori seduti al tavolo che, senza diversificazione e gestione del rischio, le bastonate sono assicurate...

    Ti auguro una piacevole lettura!
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    1 - CICLICITA' NASCOSTE

    L’Annapurna IV, in Himalaya, con i suoi 7.525 metri è una delle montagne più alte del mondo.
    Qualche mese fa, sulla rivista Nature, è stato pubblicato uno studio in cui si annunciava che “Anna” avrebbe potuto essere la vetta più alta al mondo, se non fosse capitato che, circa 800 anni fa, un’enorme frana l’avesse fatta retrocedere.
    La frana in questione fu un qualcosa di colossale: ben 23 Km cubici di terra e rocce.
    Una mole di materiale tale da ricoprire l’intera isola di Manhattan, fino all’altezza dell’Empire State Building. Lo studio riportava un fatto sorprendente: la frana non avvenne a causa dell’erosione di un ghiacciaio, ma perché fu proprio la montagna ad aver raggiunto una massa insostenibilmente grande.
    Un pò come quando si costruiscono i castelli in spiaggia da bambini: a un certo punto, l’ultima palettata di sabbia fa crollare tutto.
    Così è capitato anche all’ingorda Annapurna...

    Capita a volte che i semi della crescita portino verso una non prevista decrescita.
    E, viceversa, che difficoltà e insuccessi creino le basi per un rimbalzo verso il successo.

    Sono fenomeni a cui assistiamo ciclicamente nella nostra vita.
    Pensa, ad esempio, al mondo delle imprese: più crescono, più è difficile sostenere non solo quel tasso di crescita, ma anche la mole pachidermica.
    Kodak, Blackberry, Nokia, Thomas Cook ... sono solo recenti esempi di grandi aziende implose sotto il loro stesso peso.

    Se ci pensi bene, la ciclicità è un fenomeno presente anche nella pianificazione dei nostri obiettivi di vita.
    Che, ricordo sempre, dovrebbero guidare i nostri investimenti finanziari (investire per obiettivi...).
    Comunemente le fasi che viviamo quando nasce un nuovo obiettivo sono:
    1. si inizia con un sogno o con un qualcosa che si vuole raggiungere;
    2. si lotta per raggiungerlo, e la sua realizzazione non è mai lineare, ma implica aggiustamenti e deviazioni lungo il percorso;
    3. si realizza quel sogno;
    4. quando il sogno diventa realtà, esso si trasforma nella linea di partenza da cui muovere lo sguardo verso il successivo obiettivo.
    Così, la nostra vita diventa un concatenarsi di obiettivi che ci portano a relazionarci con il mondo intorno a noi.
    E infatti, in economia, nei mercati azionari o obbligazionari, nella nostra società, questi eventi ciclici popolano il tempo e lo spazio senza quasi che ce ne accorgiamo.
    Quello che ci sfugge quasi sempre è che gran parte del successo a lungo termine si basa proprio sull’accettazione e sulla preparazione alla ciclicità degli eventi.
    Oggi, ad esempio, nel mondo degli investimenti assistiamo a un ritorno, come non accadeva da anni, dei rendimenti nei titoli obbligazionari più "sicuri".
    Sappiamo bene che in gran parte ciò è dovuto ad una crescita dei tassi delle banche centrali per contrastare l’inflazione.
    Come nel caso dell’Annapurna, questa prepotente crescita dei tassi sta preparando il terreno alla sua discesa.
    Alcune avvisaglie, in tal senso, sono già evidenti anche nel nostro paese:
    > l’inflazione sta iniziando a rallentare;
    > il credito a famiglie e imprese va contraendosi un pò ovunque (il denaro costa tanto!!!);
    > l’economia sta decelerando velocemente.

    Quindi, chi va facendo incetta di Titoli di Stato in questi giorni, beneficia certamente di tassi più elevati rispetto al passato (in più in una fase in cui l’inflazione inizia a calare), e potrebbe godere di un possibile apprezzamento dei valori in futuro (se ad un certo punto la BCE decidesse di cambiare strategia e tagliare i tassi di interesse).
    Allo stesso tempo, però, non dovrebbe dimenticare che anche altri fattori ciclici potrebbero non giocare a suo favore.
    Nello specifico, mi riferisco al fatto che negli ultimi anni l’Italia (e non solo lei...) sta vivendo un’accelerazione della crescita del debito pubblico tra la più elevate di sempre.

    Nella nostra vita assistiamo a molti fenomeni soggetti a ciclicità che non necessitano di alcun intervento e che ci ricordano ciò che è accaduto all’Annapurna IV.
    Altri, invece, hanno bisogno di una manutenzione costante per far sì che prendano la giusta direzione.
    Oggi è proprio uno di quei momenti in cui le condizioni lì fuori mirano ad ammaliare i risparmiatori, che, sempre alla ricerca di rendimenti percepiti come sicuri, e ignari della ciclicità degli avvenimenti, procedono col paraocchi senza consapevolezza .
    Ma sono proprio questi i momenti in cui, più di altre volte, occorre essere cauti e diversificati sui portafogli d'investimento.
    Perché mantenere una valida diversificazione di portafoglio è la cosa migliore che un investitore può fare.
    Nell'accettare gli eventi di oggi, e nell'affrontare quell'inversione del ciclo a cui, anche questa volta, assisteremo.
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    2 - IL TASSO NON BASTA, E NON E' MAI TUTTO

    Un ancoraggio ancora tenace, nella mente di molti investitori, è la convinzione di poter ottenere un rendimento garantito, certo, inattaccabile.
    Su questo aspetto emotivo e psicologico vanno a nozze gli esperti di marketing finanziario, ma mi corre l'obbligo di svelarti la realtà: un tasso, per quanto "certo", non ti salverà

    A partire dalla crisi Lehman Brothers del 2008, il mondo finanziario ha intrapreso una rivoluzione (tuttora in atto) che ha smantellato molte delle convinzioni dei risparmiatori, ancora però troppo affezionati al "ma quanto mi dai?".
    Gli occhi e la mente rimangono fissi sul tasso, insomma.
    Quando si parla di un tasso, però, si parla sempre di rendimento nominale, ovvero di quel numero che esprime la cedola o il guadagno realizzabile da un determinato prodotto finanziario.
    Un numero, di per sé, poco utile se non viene contestualizzato, visto che non tiene conto di un parametro determinante: l'inflazione.
    Non basta ottenere infatti tassi elevati dai propri investimenti.
    Quei tassi vanno confrontati con il tasso inflativo corrente utilizzando una semplice formula:

    Rendimento Reale = Rendimento Nominale - Inflazione

    Se c'è un sensibile aumento del costo della vita quotidiana, come accade da un paio d'anni a questa parte, il rendimento reale si riduce, finendo anche per diventare negativo. 
    Si perde in sostanza potere d'acquisto.
    Questo concetto, apparentemente scontato, passa però spesso sottotraccia nella mente di chi investe.
    Diversi studi dimostrano infatti che le persone tendono a preferire rendimenti nominali positivi, pur in presenza di inflazione ancora maggiore, piuttosto che accettare rendimenti nulli in uno scenario di assenza di inflazione.
    Come dire: "preferisco prendere il 4% con i prezzi che aumentano del 7, piuttosto che non incassare cedole quando i prezzi sono fermi".
    Matematicamente illogico, ma si sa, la mente umana è spesso vittima di ragionamenti fuorvianti.
    Ecco allora presto spiegata la nostalgia che molti italiani hanno dei "Bot al 16%": essi dimenticano che, nello stesso periodo, l'inflazione nel nostro paese era prossima al 20%...

    Il rendimento reale rimarrà sempre una stima, un'approssimazione.
    Perché non si possono prevedere con chirurgica precisione le dinamiche inflative del prossimo futuro.
    C'è comunque una regola di base che è sempre bene ricordare: chi ha in programma di spendere i propri soldi in un breve lasso di tempo, quei soldi non li deve investire.
    Acquistare prodotti di investimento finanziari richiede infatti pazienza e uno sguardo preferibilmente di medio-lungo periodo.
    Due cose in assenza delle quali si rischia di sfociare in speculazione, più che investimento.
    Per contro, anche lasciare i soldi a "poltrire" in conto corrente, ritenendoli al sicuro, è un errore dello stesso calibro, perchè espone all'erosione del potere d'acquisto da parte dell'inflazione.
    Basti pensare che, dati di Settembre 2023 alla mano, stiamo ancora sperimentando sulle nostre tasche un tasso inflativo generale superiore al 5%, e un carrello della spesa che segna quasi +10% (e oltre...) rispetto a un anno fa.
    Per rimanere sul concreto, con gli stessi soldi che abbiamo lasciato sul conto un anno fa, oggi compriamo 9 mele invece di 10!
    Credimi, forse anche meno...

    La conclusione non può essere allora che una sola: all'investimento non c'è alternativa!
    Se vuoi, come minimo, provare a mantenere inalterato nel tempo il tuo potere d'acquisto.
    O cercare almeno di parare i colpi nei momenti, come quelli attuali, in cui l'inflazione picchia più duro.
    Non fissarti allora su rendimenti che vengono facilmente venduti come certi o "garantiti".
    O quantomeno, non farteli bastare.
    Serve inevitabilmente uno sforzo maggiore per sganciarsi da una logica di tasso e di rendimenti.
    Per abbracciare una più ampia visione che contempli il mantenimento del potere d'acquisto dei propri risparmi nel tempo.
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    3 - HANDLE WITH CARE (MANEGGIARE CON CURA)

    Si tratta del mercato più grande e liquido al mondo.
    Ma, quello dei cambi valutari, è anche il mercato più imprevedibile.
    Le quotazioni delle monete sono a volte molto distanti, anche per lunghi periodi, dai valori fondamentali desumibili dalle teorie economiche.
    In più, quando si manifestano, i movimenti delle divise possono svilupparsi rapidamente e con forte intensità.

    Il tema della diversificazione valutaria dovrebbe però essere sempre considerato nella costruzione di un adeguato portafoglio di investimento.
    Senza sconfinare nella pura speculazione, per noi che ragioniamo e lavoriamo con l'Euro, i principali driver valutari a cui si deve guardare sono il Dollaro americano (USD) in primis, seguito dallo Yen giapponese (JPY) e dalla Sterlina inglese (GBP).
    Storicamente sono state rare le occasioni in cui è stato possibile individuare con anticipo i "punti di svolta" nei cambi valutari; ad ogni modo, nel medio e lungo termine, il trend delle valute tende sempre ad essere determinato dai tassi d'interesse, e quindi dai rendimenti.
    Questa variabile è rimasta offuscata per molti anni dai tassi a zero applicati da molte banche centrali, ma è tornata ad essere importante ora che il quadro è nuovamente caratterizzato da tassi in deciso rialzo.

    Croce e delizia degli investitori, anche professionali, come dicevamo, la diversificazione valutaria è un elemento necessario nella costruzione di un portafoglio, ma deve rimanere abbastanza marginale in un portafoglio da "investitore medio": indicativamente non oltre il 20% del totale investito.
    Questo perché gli investimenti in valuta diversa dalla propria, comportano rischi (e, per contro, eventuali opportunità) che è importante considerare attentamente prima di prendere una decisione. 
    Ecco una panoramica dei principali:

    Rischio di fluttuazione dei tassi di cambio
    Le valute estere possono fluttuare ampiamente rispetto alla propria di valuta (il nostro €), e queste fluttuazioni possono portare a perdite significative se non gestite correttamente.

    Rischio di eventi geopolitici ed economici
    Elezioni, crisi finanziarie o cambiamenti nelle politiche economiche, possono influenzare notevolmente il valore della valuta di un paese, con movimenti rapidi e improvvisi.
    Questo rischio lo si tocca con mano soprattutto nei paesi meno sviluppati.

    Rischio di conoscenza
    Investire in valute straniere richiede una buona comprensione dei mercati finanziari, delle analisi tecniche e fondamentali e delle strategie di trading.
    L'inesperienza può portare a decisioni sbagliate e perdite finanziarie, motivo per cui è sempre opportuno approcciare questo ambito tramite gestori professionali e soluzioni di investimento storicamente ben gestite.

    L'investimento in valuta straniera consente di diversificare maggiormente il portafoglio, riducendone così il rischio complessivo.
    Le valute possono infatti avere una correlazione negativa con altre classi di attività (azioni, obbligazioni, materie prime...), aumentando così la tenuta dei portafogli nei momenti di maggiore stress finanziario.
    Questo lo si è visto molto bene lo scorso anno, quando, da Gennaio a Settembre, il Dollaro si è rafforzato notevolmente nei confronti dell'Euro, contenendo così le perdite fatte registrare nello stesso periodo dagli asset finanziari espressi proprio in USD.

    In conclusione, se quello valutario è un ambito decisamente complesso e difficilmente prevedibile, di fronte a tanta incertezza é allora consigliabile affidarsi a una Consulenza Finanziaria professionale.
    In modo tale da poter muovere i corretti passi all'interno di questo scenario.
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    4 - IN ASSENZA DI FIGLI

    Nelle mie newsletter cerco sempre di portare una certa consapevolezza su temi che impattano la vita di tutti i giorni.
    Anche se, di certe cose, non si pensa affatto tutti i giorni...

    Alcuni argomenti, in particolare, tendono quasi a "sfuggire".
    Un pò per scaramanzia, un pò anche per la difficoltà che si può avere a visualizzare in anticipo un futuro che sentiamo essere molto lontano.
    Conoscendomi, avrai forse già capito dove voglio andare a parare: il tema successorio!
    Data l'importanza di pensare (e pianificare) per tempo a certe dinamiche, sono qui oggi per mettere sotto la lente proprio questo aspetto: seguimi allora nella lettura.

    Molto spesso, le coppie senza figli sono quelle meno preoccupate della gestione dei loro lasciti ereditari.
    C'è infatti la diffusa convinzione che, alla dipartita di uno dei due coniugi (attenzione, coniugi, non conviventi!...), sarà chi rimane a ereditare automaticamente il tutto.
    Ebbene, devi sapere che in Italia non è affatto così.
    Ci sono allora coppie che, dopo aver condiviso decenni di vita, si ritrovano a dover gestire non solo il dolore per la perdita del proprio compagno di vita, ma anche l'anacronistica legge italiana, che tutela ampiamente la famiglia di origine.

    Nel nostro paese, quando una persona muore senza lasciare figli, la successione si sviluppa in modo totalmente diverso rispetto a quando ci sono dei figli coinvolti.
    Innanzitutto va precisato che il coniuge superstite ha sempre diritto per legge a una quota di legittima sul patrimonio, indipendentemente da qualsiasi testamento o disposizione contraria del defunto.
    Vediamo ora le differenze nei casi in cui sia presente o meno un testamento.

    Successione senza figli e senza testamento
    In assenza di testamento, si aprirà quella che tecnicamente viene definita successione legittima.
    E' la legge, in sostanza, a stabilire chi deve ereditare, e lo fa dando priorità ai parenti più prossimi escludendo i più remoti.
    Nel caso dei coniugi senza figli, l'eredità senza testamento va interamente all'altro coniuge se non ci sono altri parenti prossimi come i genitori o i fratelli e le sorelle.
    Va per 2/3 all'altro coniuge (oltre al diritto di abitazione della casa coniugale), mentre il terzo rimanente è destinato ai genitori e ai fratelli o sorelle del de cuius .
    Nel caso in cui i genitori e i fratelli siano premorti, intervengono, per rappresentanza, i nipoti eventuali.
    I chiamati all'eredità avranno poi sempre 10 anni per accettare o rifiutare l'eredità stessa.

    Successione senza figli ma con testamento
    Se il defunto ha invece redatto un testamento valido, le disposizioni testamentarie saranno rispettate nella misura consentita dalla legge.
    I genitori non possono mai essere esclusi, così come il coniuge.
    Ai primi spetta per legge il 25% dell'eredità, al secondo il 50% oltre al diritto di abitazione nella residenza familiare.
    Si può quindi disporre liberamente del 25% rimanente.
    Insomma, ai genitori in vita è sempre riservata una quota ereditaria, anche se il figlio è sposato da decenni!
    Fratelli e sorelle del de cuius, invece, non hanno diritto alla legittima, e possono pertanto essere esclusi lecitamente dall'eredità mediante testamento.

    Nel frequente caso in cui, allora, una coppia sposata da anni non abbia più i genitori e voglia tutelarsi da "incursioni" nell'eredità da parte di fratelli o nipoti, il reciproco testamento è sicuramente la strada migliore da percorrere.
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    5 - I NUOVI SIGNORI DELL' ECONOMIA

    Se mi leggi da un pò, avrai già notato che frequentemente inserisco nelle mie newsletter racconti di aziende italiane che vengono acquisite (in tutto o in parte) da fondi di private equity.
    Mi rendo conto che è un argomento di nicchia, ancora poco conosciuto, ma proprio i fondi di private capital saranno gli assoluti protagonisti di questo secolo di storia finanziariacome in passato lo sono stati i grandi istituti bancari e la Borsa.
    La storia, quindi, è iniziata già da un pò. 
    Un esempio su tutti?
    Furono i fondi di capitali privati a permettere, a suo tempo, a Steve Jobs, di trasformare un'idea in Apple, una delle più importanti aziende dei nostri giorni.

    Questi fondi, motore dell'odierna economia mondiale, sono prevalentemente di 3 tipi:
    - Private Equity che puntano ad aziende di media e grande dimensione;
    - Venture Capital che guardano alle start-up innovative di recente costituzione;
    - "Angels" che investono su start-up o aziende già operative, ma di ridotte se non ridottissime dimensioni.
    Tutti questi fondi intervengono nel capitale delle aziende apportando nuove disponibilità, con l'obiettivo di farle ovviamente crescere, inserendovi eventualmente anche dei nuovi manager.
    Si finanzia, da un lato, l'economia reale, permettendo alle imprese di raccogliere capitali al di fuori del tradizionale circuito bancario, e si permette contemporaneamente agli investitori di ottenere ritorni maggiorati grazie a investimenti non accessibili tramite i comuni canali di investimento.

    I fondi privati hanno la capacità di colmare le lacune e le lentezze dell'attuale sistema bancario, limitato nella sua visione e nella sue possibilità (e volontà) di erogazione del credito.
    Prestiti o finanziamenti, infatti, vengono oggi concessi praticamente solo a chi può fornire robuste garanzie nell'immediato.
    Le banche sono infatti poco propense a guardare lontano, e faticano tremendamente ad attualizzare le eventuali opportunità future delle aziende di nuova (o comunque recente) creazione.
    E' proprio qui che può intervenire il più snello mondo dei capitali privati, capaci di agire più velocemente e meno burocraticamente rispetto agli istituti bancari, iniettando liquidità dove (si suppone e si spera) si nascondono le maggiori possibilità di crescita.

    L'Italia, dopo anni ai margini, è recentemente diventata importante terreno di investimento per diversi grandi fondi, che hanno visto ampi margini di crescita nelle nostre infrastrutture, nell'immobiliare, nelle telecomunicazioni, nella moda e anche nel settore agro-alimentare.
    Il private equity italiano ha chiuso il 2022 con oltre 440 operazioni, e molti fondi esteri si muovono, ormai di casa, nel nostro paese: dall'americano BlackRock al britannico CvC Capital, da Elliott a Blackstone, finanche ai veicoli arabi d'investimento, fondi sovrani rappresentativi di interi governi, il cui obiettivo è quello di diversificare sempre più le loro fonti di reddito (il fondo sovrano del Qatar, ad esempio, dal 2015 è proprietario di Porta Nuova, area milanese piena di grattacieli sedi di importantissime aziende).
    Leggevo pochi giorni fa che il nostro paese, dopo la Brexit, pesa circa per il 15% del Pil europeo.
    Su 3.000 aziende fra 100 e 1.500 milioni di ricavi, solo il 5% sono quotate o investite da fondi di private equity.
    Questa percentuale è destinata a crescere, ed è molto importante che gli investitori istituzionali incrementino la loro presenza nel tessuto produttivo italiano.

    Insomma, se un secolo fa la finanza era dominata dai Robber Baron (termine dispregiativo che identificava i baroni-rapinatori, ovvero gli imprenditori e i banchieri che si costruivano grossissime fortune personali con operazioni speculative) di turno, lo scettro è poi passato in mano ai banker che hanno dominato le Borse di tutto il mondo, in grado anche di dirigere la politica economica e monetaria di stati e banche centrali.
    Oggi stiamo assistendo al passaggio di testimone a favore di questi grandi fondi privati, da alcuni definiti "i nuovi barbari", e da altri come "gli angeli della finanza".
    Più banalmente, sono proprio loro i nuovi signori dell'economia.

    La mia speranza è quella che, nel nostro paese, si capisca in fretta che le cose sempre cambiano e già da tempo sono cambiate.
    Il modo di investire (e fare impresa) oggi non è più solo quello di 10 o 20 anni fa.
    Ai tradizionali mercati pubblici si sono affiancati quelli privati, in molto casi disponibili anche ai tradizionali investitori.
    E' questo anche un modo sempre più utile a supportare le imprese del territorio.

    Azimut, in questo nuovo modo di intendere gli investimenti, è pioniera e assoluta leader di mercato.
    Attiva dal 2019 in questo ruolo di "ponte" tra i capitali privati dei clienti, e le aziende che proficuamente operano nel Paese, sono ad oggi 60 le soluzioni di investimento lanciate nel mercato.
    Sono stati raccolti oltre 7 miliardi di € da parte di 45.000 clienti, che hanno creato crescita e ricchezza, oltre che ben 50.000 nuovi posti di lavoro.
    Ben volentieri sono a tua disposizione per parlarne eventualmente assieme.
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    6 - SGUARDO AL 2050: COME CAMBIERA' IL NOSTRO MONDO?

    Il 2050 è (quasi) dietro l'angolo...
    Certo, mancano ancora 27 anni, che, per un certo verso, sono tanti.
    Ma, se consideriamo l'inarrestabile incedere della storia umana, non è poi un arco di tempo così lungo...
    Senza pretendere allora di voler prevedere il futuro, diamo assieme un'occhiata alle sfide che ci aspettano, in quanto possono rappresentare delle vere e proprie opportunità (non solo) dal punto di vista degli investimenti finanziari.

    Demografia
    Nel 2050, secondo le stime delle Nazioni Unite, la popolazione umana sulla terra toccherà i 9,7 miliardi: +25% rispetto agli 8 miliardi odierni.
    La maggiore espansione è prevista in Africa, che quasi vedrà raddoppiare la sua popolazione raggiungendo i 2,5 miliardi dagli 1,4 di oggi.
    Il continente africano è così destinato a incrementare la propria rilevanza globale nel prossimo futuro.
    L'Asia ospiterà ancora più della metà della popolazione mondiale, pur passando dal 59% al 54 stimato.
    Gli Stati Uniti raggiungeranno il loro apice, mentre Europa e Cina declineranno in termini numerici.
    L'Italia, in particolare, sarà abitata da 54 milioni di persone, il 10% in meno rispetto a quanti ci vivono attualmente.
    Per tutti i paesi si prospetta il tema dell'invecchiamento della popolazione e della scarsità delle risorse naturali, che potrebbe manifestarsi nella quotidianità della maggioranza della popolazione.
    Le nuove generazioni, inoltre, tenderanno a vivere nelle città molto più di quanto non lo facciano già ora: questo permetterà a diverse metropoli di diventare il terreno privilegiato per l'innovazione economica e sociale.

    Crescita economica
    Buona notizia: è prevista sempre e comunque in positivo, con un +3,5% medio annuo.
    L'idea che il mondo continui a crescere è esattamente il motivo per cui pensiamo sia una buona idea continuare ad investire.
    La stima, in proiezione, è un pò più ottimistica rispetto ai tassi di crescita degli ultimi 10 o 20 anni (rispettivamente +2,4 e +2,7%), perché si intravedono nuovi sbocchi sia dal punto di vista tecnologico che geografico.
    La parte del leone sarà appannaggio dei paesi emergenti, che ancora non hanno sviluppato appieno il loro potenziale.
    Il mondo diventerà mediamente confortevole per un maggior numero di persone, anche se le disuguaglianze sociali sono destinate ad accentuarsi.

    Brics e dintorni
    Per avere successo nel mercato, la sola crescita economica non è però sufficiente.
    Ce lo insegnano bene USA e Cina: negli ultimi 10 anni gli americani hanno visto crescere i loro listini del 150% e oltre, mentre il ruggente Dragone Rosso ha stampato una crescita finanziaria pari a ... zero.
    Non sempre, allora, un forte sviluppo economico si traduce in uno sviluppo finanziario altrettanto repentino e poderoso.
    Se è pur vero che già nel 2037 l'economia dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) supererà quella dei paesi del G7, andrà al contempo posta molta attenzione alle dinamiche istituzionali, politiche e sociali che caratterizzano quei paesi.
    Dovranno saper sviluppare le istituzioni, e convincere gli investitori internazionali in un contesto di de-globalizzazione e frammentazione dello scenario mondiale già in atto.

    Macrotrend
    Lo sviluppo rimarrà quindi uno dei temi centrali del prossimo futuro, ma non l'unico.
    Nei pasi occidentali, che non potranno beneficiare della spinta demografica, possiamo individuare in particolare due trend nascenti che hanno le potenzialità per diventare protagonisti sugli altri: l'automazione in ambito industriale e la gestione del cambiamento climatico.
    Entrambe sono tendenze con un duplice risvolto.
    Da una parte ci sono i rischi per l'equilibrio del mercato del lavoro e per la sopravvivenza dell'umanità, dall'altra troviamo invece le opportunità rappresentate dalla mole di investimenti (pubblici e privati) che questi due settori già stanno attraendo, e sempre più sapranno attrarre.
    Le rivoluzioni industriali ed economiche hanno sempre rappresentato dei moltiplicatori di profitti (vedasi la crescita delle big tech negli ultimi 15 anni), ma bisogna farsi trovare pronti al cambiamento.
    Investire significa allora finanziarlo questo cambiamento.
    Esserne dei propulsori, salendo a bordo di questi treni della crescita.

    In un mondo che cambia in fretta, in conclusione, ritengo che investire per il lungo termine rimanga sempre la migliore strategia.
    In una logica di tutela occorre infatti saper navigare il cambiamento.
    Non certo subirlo.
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    7 - IL DEBUTTO PIU' GRANDE DEGLI ULTIMI 2 ANNI

    Come recita il titolo di questa notizia, quello recente di Arm Holdings è stato il più importante debutto a Wall Street degli ultimi 2 anni.
    Nonché la terza maggior quotazione (5 miliardi di $ il valore dell'operazione) in ambito tech nella storia, dopo quelle di Facebook e Alibaba nel 2014. 
    Il tutto sull'onda della moda del momento: quella dell'Intelligenza Artificiale...
    Ma vediamo di capirne un pò di più.

    Non so se il nome dell'azienda ti dice qualcosa, ma Arm Holdings, società basata a Londra ma controllata dalla giapponese Softbank, è una realtà pervasiva della nostra quotidianità.
    Il 99% dei chip inseriti in smarthphone e smartwatch è stato infatti progettato da Arm, e il 70% della popolazione mondiale utilizza dispositivi contenenti suoi brevetti.
    Pensa, dalla metà degli anni '90 ad oggi, oltre 250 miliardi di semiconduttori sono stati fabbricati seguendo le istruzioni della società di Cambridge.
    Qualcosa come 900 chip assemblati al secondo.
    Il suo assoluto dominio deriva dalla qualità delle architetture progettate, che risultano le più efficienti dal punto di vista energetico, permettendo così ai dispositivi mobili di godere di maggiore autonomia.
    Tra i suoi oltre 1.000 clienti, spiccano i nomi di Amazon, Mercedes ed Apple, solo per citarne alcuni.

    Fu proprio Apple, assieme ad altre due società americane, a dare vita ad Arm nel 1990.
    Dal 1998 al 2016, la società è stata anche quotata sui listini di Londra e New York, fino a quando è stata acquisita (e delistata) dalla holding giapponese Softbank per 32 miliardi di $.
    Qualcosa come poco meno della metà dell'odierno valore.
    Nel 2020, per una cifra pari a 40 miliardi, sembrava in dirittura d'arrivo l'accordo per la rivendita di Arm al colosso dei chip Nvidia.
    La vicenda si concluse poi con un nulla di fatto, a causa della ferma opposizione dell'antitrust e dei clienti delle due aziende, preoccupati per l'eccessiva concentrazione nella fornitura dei semiconduttori.
    Softbank ha così indicato l'unica alternativa possibile per la controllata: la sua quotazione in Borsa, optando per lo sbarco a New York.
    Solamente il 10% del capitale è stato però destinato a questa operazione finanziaria, mentre il restante 90% è rimasto nelle mani di Softbank.

    E' così che lo scorso 14 Settembre Arm si è affacciata alla Borsa di New York col vento in poppa di chi sa di poter cavalcare la giusta onda: quella dell'Intelligenza Artificiale generativa in stile ChatGPT.
    Il suo debutto è stato fissato ad un prezzo pari a 51 $ per azione, ma l'inizio è stato da subito scoppiettante, balzando in sole 48 ore quasi del 25%.
    I valori si sono poi normalizzati attorno al valore iniziale, ed Arm veleggia attualmente attorno ai 50$ per azione.
    Pensa, delle 25 società precedentemente accompagnate in Borsa da Softbank, solo 4 viaggiano a un prezzo superiore a quello di quotazione: non certo uno storico incoraggiante per questa nuova matricola...

    Ma una domanda, ai più, può sorgere spontanea.
    Dal punto di vista di un investitore finanziario, quali motivi possono spingere all'acquisto, quota parte, di un'azienda che già detiene un monopolio incontrastato nel suo settore?
    Certo, Softbank mirerebbe ad allargare il business di Arm  al design di chip per data center e intelligenza artificiale, spingendo così gli investimenti in ricerca e sviluppo, voce a cui viene destinata quasi la metà dei ricavi dell'Ipo.
    Il calo nel fatturato (-1%), e quello dell'utile (-22%), fatti registrare nell'ultimo anno, non sono però un gran bel biglietto da visita per una quotazione da 50 miliardi...

    Nonostante queste parziali ombre, è però innegabile che l'industria dei chip avrà davanti a se un florido avvenire.
    Staremo allora a vedere se l'azienda riuscirà nel suo intento di sviluppo, e se la quotazione al Nasdaq saprà generare i ritorni attesi.
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    Nei giorni scorsi, mentre ero in palestra e correvo nel tapis roulant, ascoltavo il video di un'intervista fatta a Federico Marchetti, fondatore di Yoox, primo unicorno italiano (tech company la cui valutazione supera il miliardo), vero e proprio colosso dell'e-commerce, capace di portare online la moda italiana.
    Attenzione: erano i primi anni 2000, e non c'erano tutti i social e le app che ci sono adesso...

    Yoox si quotò in Borsa Italiana nel Dicembre del 2009, e proprio in merito alla quotazione di un'azienda in Borsa, ecco le parole di Marchetti:
    "Io consiglierei a tutti gli imprenditori di quotare la loro azienda in Borsa. Non c'è da aver paura della quotazione. Quotarsi vuol dire darsi una grande disciplina perché occorre essere iper trasparenti e non si possono avere scheletri nell'armadio. Obiettivo della quotazione dev'essere quello di incassare dei capitali, con lo scopo di crescere, poi, ulteriormente. Per quotarsi a dovere, l'azienda dev'essere stabile nel suo business, e deve credere (ed investire) nel suo futuro. La quotazione dà tanta serietà all'azienda stessa".

    In una delle mie prossime 7in7 mi piacerebbe proprio raccontarti della storia di Yoox.
    Azienda che, dal nulla, è stata veramente in grado di generare un immenso valore per tutti coloro che vi hanno creduto.
    Resta allora sintonizzato.

    Ti auguro, con questo, un sereno fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide