Menu
www.davideberto.it2024-07-27
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    Pazienza e lungo termine.
    Due princìpi che non si applicano solo agli investimenti finanziari, ma si estendono a tutti gli ambiti della vita.

    Vuoi una vita più sana che ti consenta di star bene con te stesso?
    Non basta un giorno di dieta, serve un percorso.

    Vuoi avere un bel fisico?
    Non basta una settimana di palestra o di corsa, serve un percorso di allenamenti.

    Vuoi essere riconosciuto come un bravo professionista nel tuo ambito di lavoro?
    Non basta un anno di lavoro e formazione, ci vuole un percorso per crescere a dovere.

    Tutte situazioni in cui avere pazienza e impegno di lungo termine avvicinerà al raggiungimento dell'obiettivo desiderato.
    Perché nessuno ha successo in poco tempo e senza sacrificio.
    Lo stesso vale per gli investimenti ed i mercati finanziari.
    Non lo dimenticare.

    Ti auguro una piacevole lettura!
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    1 - ORECCHIE DA MERCANTE

    L'ultimo rialzo dei tassi di interesse deciso Giovedì 14 Settembre dalla Bce (hanno così raggiunto il livello più alto dall'avvio della moneta unica), consentirà alle banche di godere ancor di più di quella che è una vera e propria rendita di posizione.

    Mentre l'attenzione di operatori finanziari, politici e opinione pubblica, è riposta infatti sulla criticata tassa sugli extraprofitti bancari, gli istituti di credito continuano (con estrema facilità) a macinare profitti sulla scia del rialzo dei tassi.
    La forbice dei tassi continua infatti a crescere, e con essa i margini finanziari.
    E ancora non siamo giunti al capolinea...
    Ma come operano le banche per far crescere i loro margini di guadagno, generati dalla differenza tra gli interessi attivi riconosciuti ai depositanti, e quelli passivi praticati alla clientela indebitata?
    Semplice: continuano ad alzare i tassi sui prestiti nel solco tracciato dai rialzi della Bce, lasciando pressoché invariati i tassi riconosciuti sui depositi.
    Nell'arco di un anno, i tassi sui prestiti a famiglie e imprese sono passati rispettivamente dal 2,7 e 1,8% di Luglio 2022, al 4 e 4,8% di Luglio 2023.
    Per le imprese sono più che raddoppiati, quasi triplicati.
    Gli interessi, invece, riconosciuti in media sui depositi in conto corrente di famiglie e imprese, nello stesso arco di tempo, sono rimasti ancorati allo zero virgola (esattamente allo 0,38% a Luglio 2023).
    A nulla sono serviti alle banche gli appelli arrivati a più riprese, negli ultimi mesi, dagli esponenti del Governo e dalla presidente della Bce Lagarde, di alzare con decisione anche i tassi riconosciuti sui depositi.
    Le banche, in sostanza, continuano a non sentirci e a fare orecchie da mercante.
    Le stesse banche che la settimana scorsa hanno invece accolto con grande favore e clamore la bocciatura della tassa sugli extraprofitti arrivata con una lettera al Governo da parte della Bce.

    Ma non è solo sui tassi che costruiscono i loro più recenti bilanci i gruppi bancari.
    C'è infatti un'altra rendita di posizione a cui le banche non smettono di rinunciare.
    La maggior parte degli istituti di credito persiste infatti a non ripristinare le precedenti condizioni contrattuali dei conti correnti, a suo tempo peggiorate unilateralmente con la scusa del sopravvenuto scenario dei tassi negativi.
    Un contesto di mercato che ormai da un anno è venuto meno.
    Ma, a quanto pare, le banche sentono solo quello che fa loro comodo...
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    2 - SEMPRE (E SOLO) BUONI MOTIVI PER L'INVESTIMENTO A RATE!

    Con lo spettro di una possibile recessione all'orizzonte, questo 2023 dall'andamento incerto e altalenante (dopo quanto accaduto anche nel corso del 2022...) non giova all'umore degli investitori.
    Tra la fuga e la paura di restar fuori da potenziali opportunità di guadagno, c'è però una terza opzione: quella di entrare gradualmente ma costantemente nei mercati attraverso un piano di accumulo del capitale (PAC).
    Considerata l'impossibilità di cogliere il momento perfetto in cui comprare o vendere sui listini, il PAC toglie dall'imbarazzo della scelta ed evita le trappole dell'emotività.
    Se fino a 20 anni fa la quasi totalità degli investitori entrava in un'unica soluzione nei mercati, oggi il 38% di essi utilizza prevalentemente PAC o investe in forma mista.
    Il PAC, in particolare, è uno strumento molto usato dai giovani investitori, che dispongono spesso di risorse limitate.

    Il PAC è sempre una buona idea quando si decide di investire negli asset più volatili, come quelli azionari, perché mitiga le oscillazioni dei prezzi.
    Tra gli ambiti maggiormente interessanti, ma estremamente volatili, al giorno d'oggi troviamo la transizione energetica, l'intelligenza artificiale, la cyber security e la mobilità del futuro.
    Sono comunque sempre meritevoli di attenzione i panieri più ampi, che prendono posizione su più megatrend o direttamente sulla crescita economica globale.
    Ma il PAC è uno strumento molto utile anche in questi possibili scenari:

    - Durante fasi di mercato con scarsa visibilità sul breve periodo, come quella attuale.
    Permette infatti di continuare a prendere posizione nei mercati nella speranza di cogliere le future tendenze rialziste, che ciclicamente si ripresentano dopo ogni crisi.

    - Il PAC è uno strumento adatto a chi riesce a disporre mensilmente di cifre modeste, ma vuole comunque investirle per costruirsi un capitale in ottica futura.
    Goccia dopo goccia si forma il mare!

    - Il PAC consente anche di ridefinire gradualmente l'allocazione del portafoglio, in particolare per chi è sbilanciato verso soluzioni troppo prudenti e di breve periodo, permette il graduale incremento dell'esposizione ai mercati azionari.
    Questa operazione si effettua tramite switch programmati e periodici, che consentono di ruotare in maniera progressiva il portafoglio.

    Qualunque sia il motivo che ci porta ad avviare un PAC, l'attenzione ai costi dev'essere un elemento da non trascurare.
    In genere bisogna mettere in conto piccole spese amministrative di apertura del piano, e spese per ogni singola rata.
    Queste spese, nel caso di importi contenuti, possono incidere notevolmente sugli accantonamenti.
    Se ogni rata del Pac costa, ad esempio, 2 €, su un versamento di 100 €, la sua incidenza sarà del 2%.
    Non poco!
    Dei 100 € mensili che dedico al PAC ne vengono effettivamente investiti 98: quel 2% è una perdita, fin dalla partenza, assolutamente da non sottovalutare.
    In questi casi sarebbe allora meglio optare per versamenti più "rarefatti", magari bimestrali o trimestrali, in modo tale da spalmare quel costo fisso su un importo maggiore, andando così ad incidere complessivamente di meno.

    Un ultimo consiglio mi sento di dare: anche se il piacere di ricevere periodicamente delle cedole dai propri investimenti è innegabile, è sempre meglio resistere alla tentazione e scegliere soluzioni di investimento che prevedono l'accumulazione del capitale e il reinvestimento dei proventi, piuttosto che quelli a distribuzione.
    Questa scelta permette infatti di aumentare esponenzialmente nel tempo, si spera, il montante investito, quasi senza accorgersene.
    Va poi considerato che ad ogni stacco dei proventi viene applicato un prelievo fiscale che può rendere poco efficiente nel tempo l'investimento stesso.

    Quello che, infine, deve ancora entrare nella forma mentis degli investitori, è l'impatto che l'inflazione avrà sui loro obiettivi finanziari di lungo termine.
    Maggiore è la distanza temporale che ci separa dall'obiettivo prefissato, più l'inflazione tenderà a gonfiare le nostre spese.
    Ma, dall'altra parte, avendo tempo a disposizione, potrà anche essere più facile centrare l'obiettivo con un investimento ben calibrato.
    PAC, allora, forever!!!
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    3 - SOTTO UN CIELO NUVOLOSO

    Da quasi due anni l'inflazione è tornata prepotentemente a farci compagnia, e a quanto pare non ha ancora intenzione di andarsene o, quantomeno, di calmierarsi.
    La Federal Reserve americana e la BCE europea stanno ancora mettendo mano ai tassi d'interesse "seguendo le stelle sotto un cielo nuvoloso"
    Emblematiche, direi, queste recenti parole di Jerome Powell a capo della Fed...
    Alle porte dell'autunno, insomma, l'inflazione si conferma una delle principali incognite con cui si confronteranno i risparmiatori italiani nel corso dei prossimi trimestri.

    A Luglio, l'inflazione Ocse su base annua è risultata in crescita (dal 5,7 al 5,9%) per la prima volta da Ottobre 2022.
    Determinante in tal senso il ruolo della Turchia, dove si registra un balzo dal 38 al 47,8% in un solo mese.
    Numeri spaventosi quelli di Istanbul, tolti i quali l'indicatore per l'area Ocse appare tendenzialmente stabile, con qualche settore (energia e alimentare) addirittura in calo.
    Certo, si tratta ancora di valori troppo alti, motivo per cui le banche centrali rimangono vigili e operative all'occorrenza, al fine di ricondurli a più "miti consigli".
    Va infatti ricordato che l'inflazione sana e benefica per l'economia è quella che si aggira attorno al 2%, e questo è proprio l'obiettivo di arrivo, si spera più prima che poi, delle banche centrali.
    Ti voglio ora accompagnare attraverso un piccolo glossario su questo tema ancora "caldo" per tutti noi.
    Seguimi!

    > Inflazione core
    In italiano si può tradurre come "inflazione di fondo".
    E' il dato inflattivo calcolato senza tener conto dei beni soggetti a forte volatilità, come gli alimentari e gli energetici.
    Si tratta di uno dei principali indicatori tenuti in considerazione dalle banche centrali, nella stesura delle loro linee di politica economica e monetaria.

    > Paniere
    E' lo strumento utilizzato dall'Istat da quasi 1 secolo (venne introdotto in Italia nel 1928) per rilevare i prezzi al consumo di beni e servizi, e calcolare così l'inflazione.
    Una sorta di "cesto" dal contenuto variabile, aggiornato annualmente: vengono tolti i beni o servizi caduti in disuso, e vengono aggiunte quelle novità che entrano nelle abitudini di acquisto degli italiani.
    Ogni bene e servizio incide in maniera egualitaria nel calcolo finale.
    Nel paniere ponderato, invece, beni e servizi sono pesati in proporzione all'importanza che rivestono nei consumi della collettività.

    > Shrinkflation
    Termine composto dall'unione dei termini inglesi "shrink", restringere, e "inflation", inflazione.
    Identifica una strategia di marketing che molte aziende stanno applicando nel tentativo di ridurre i loro costi, nella speranza, allo stesso tempo, di far notare meno il peso dell'inflazione ai consumatori, evitando così una contrazione delle vendite.
    Con la shrinkflation si riducono le quantità contenute nelle confezioni di cibi e bevande, mantenendo però invariato il prezzo di vendita.
    Molto spesso, come consumatori, ci accorgiamo di questo fenomeno solo leggendo attentamente l'indicazione del peso netto della merce, o aprendo la confezione.
    E' così che alcuni pacchi di pasta sono dimagriti di 100 grammi (da 500 a 400), alcune confezioni di biscotti di 50 grammi (da 350 a 300), e alcune bottiglie di bevande di 0,15 litri (da 1,5 a 1,35).
    Un fenomeno che può essere un valido aiuto per la dieta, ma non certo per il portafoglio...
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    4 - QUANDO LA TROPPA PRUDENZA NON PAGA

    Nella messa a terra e costruzione del percorso di previdenza integrativa, c'è una scelta che non paga, ma che paradossalmente è la più gettonata.
    Già, perché, quando si apre un Fondo Pensione, si deve anche scegliere il suo "motore sottostante", ossia la linea di investimento del Fondo stesso.
    Dove verranno investiti i miei capitali?
    Azioni? Obbligazioni? Un pò e un pò? Qualcos'altro ancora?...
    E la linea garantita, il profilo più prudente di tutti, è fin troppo gettonata in Italia.
    D'accordo, è quella che può far dormire "sonni tranquilli" agli aderenti, perché sentirsi dire "sai, è garantito..." fa piacere, ma che, a conti fatti, non ha permesso al capitale qui investito di crescere adeguatamente nel tempo, e di rimanere al passo con l'inflazione e con la crescita delle economie globali.
    Che poi, di veramente garantito, credo non ci sia più nulla al mondo ormai...
    E non solo in ambito finanziario.
    Ma con qualche numero e con qualche percentuale tutto ti potrà apparire più chiaro.
    Seguimi allora!

    Ben il 38% degli aderenti ad un Fondo Pensione ha scelto, in questi anni, i comparti garantiti.
    Secondi solo alle linee bilanciate, scelte dal 40% degli iscritti.
    Il peso delle più spinte linee azionarie è, invece, davvero esiguo: solo il 9% del totale.
    Quasi 13 miliardi di €, nel nostro paese, sono attualmente allocati in linee (solo all'apparenza, visto quanto accaduto nel corso del 2022) tranquille e prudenti.
    Talmente tranquille e prudenti che anche i loro rendimenti si sono rivelati ... addormentati.
    Nell'ultimo decennio, infatti, le linee garantite dei Fondi Pensione aperti e negoziali (di sindacato) hanno reso mediamente tra il 3% e il 5,3%.
    Bada bene: non un rendimento medio annuo, ma complessivo, in 10 anni!
    Risultati assolutamente asfittici, specie se confrontati con i rendimenti delle linee azionarie (+60% medio in 10 anni), ed anche se si guarda alla rivalutazione del TFR che è stata del 26% nello stesso arco di tempo.

    Come mai, allora, 4 italiani su 10, anche giovani o giovanissimi, scelgono le fiacche linee garantite, pur avendo tra le mani uno strumento di investimento che dovrebbe guardare al lungo, se non lunghissimo periodo?

    Il tema della scarsa efficienza nell'allocazione delle risorse da destinare alla previdenza integrativa è una questione annosa, che affonda le sue radici nella carente cultura finanziaria degli italiani.
    In parte, poi, questo fenomeno è dovuto ad una normativa del 2007, in cui si è previsto il "silenzio-assenso" per tutti quei lavoratori che non esprimono una scelta esplicita per la destinazione del proprio TFR.
    Nelle aziende con più di 50 dipendenti, infatti, vi è l'obbligo di destinare il proprio trattamento di fine rapporto alla previdenza integrativa.
    Non lo si può lasciare in azienda.
    Gli iscritti che, per pigrizia o scarsa conoscenza, non hanno allora scelto una specifica linea di investimento per il loro TFR, sono stati automaticamente dirottati alle linee garantite, ritenute le più tutelanti, e comparabili alla rivalutazione del TFR mantenuto in azienda.
    Stiamo parlando ad oggi di quasi 300.000 posizione attive. 
    Sono passati 16 anni da allora, e la successiva evoluzione dei mercati finanziari ha evidenziato come sarebbe decisamente più opportuno un approccio "life cycle", ovvero uno stile di investimento dinamico nel tempo, che possa adeguatamente sfruttare l'orizzonte temporale a disposizione di ogni aderente.
    L'investimento life cycle prevede inizialmente una marcata esposizione ai titoli azionari, per poi operare in automatico un progressivo spostamento verso investimenti più conservativi, man mano che si avvicina il traguardo del pensionamento.
    Queste sono anche le raccomandazioni dell'Ocse in materia, che per l'Italia auspicherebbe serie e strutturate campagne informative, e di educazione previdenziale.

    Prima di guardare ai rendimenti, però, bisognerebbe affrontare un altro problema, ovvero il fatto che nel Belpaese solo 3 lavoratori su 10 sono iscritti alla previdenza complementare.
    Un dato assolutamente insufficiente, stante le sempre più ridotte tutele che offre il sistema pensionistico pubblico.

    E tu, stai pensando al tuo futuro pensionistico?
    Certe scelte non possono essere rimandate!
    Sono naturalmente a disposizione per approfondire l'argomento e parlarne assieme.
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    5 - IL "REGALATI UNA CASA A 5 STELLE" SEMBRA VACILLARE IN CINA...

    Regalati una casa a 5 stelle!
    Questo era il motto dei costruttori da vendere ai clienti...
    Siamo però alle prese con ben altri orizzonti, altro che casa a 5 stelle...
    Perché l'economia di Pechino è finita sull'orlo della deflazione, e, nel farlo, miete vittime eccellenti.

    Evergrande, secondo colosso immobiliare del paese, ha iniziato a far parlare di sé già da un paio d’anni.
    Debiti pari a 300 miliardi di $ e una perdita, per il 2021 e il 2022, che supera i 13 miliardi.
    Ad Agosto la società ha dichiarato bancarotta a New York, mettendo così in fibrillazione le Borse globali.
    Il quadro si è poi ulteriormente complicato, visto che anche il numero 1 del settore, Country Garden, sembra seguire le sue orme schiacciato dal peso dei debiti accumulati.
    La società (debiti dichiarati per 7,6 miliardi di $ nella prima metà dell'anno, contro guadagni per 1,91 nell'anno precedente) ha infatti mancato il pagamento di una cedola ad inizio Agosto su una delle proprie obbligazioni.
    E' riuscita a rimediare in corner, saldando a inizio di questo mese i 22,5 milioni di $ di cedole pendenti.
    Si tratta infatti di una possibilità prevista entro i 30 giorni dalla scadenza originaria, ma il segnale di sofferenza è piuttosto chiaro.
    Le sue scadenze non sono certo finite qui: giusto fra pochi giorni, il 27 Settembre, ci saranno altri 40 milioni di $ da pagare.

    L’effetto domino diventa così un rischio concreto.
    La situazione è grave per tutto il real estate, settore da sempre trainante per l’economia del Dragone.
    Le basi su cui poggia sono ormai inevitabilmente traballanti, e le cifre in ballo sono importanti: il valore del mercato immobiliare cinese è stimato in 62mila miliardi di $, più dell'intero mercato azionario americano.
    A Luglio la vendita di case in Cina ha toccato i minimi degli ultimi 6 anni (-43% rispetto al mese precedente), e i nuovi prestiti delle banche ne hanno seguito il trend, scendendo a livelli mai visti dal Novembre 2009, a conferma del momento di difficoltà.
    Anche i prezzi delle case hanno subito un consistente calo, dopo quello già registrato a Giugno.
    Il rischio di deflazione è quanto mai presente, e tale rimarrà anche nel prossimo futuro, perché l’uscita da situazioni di questo tipo è tutt’altro che agevole.
    Il mercato immobiliare cinese, con i suoi mutui, assorbe infatti il 30% dei prestiti bancari del Paese, occupa il 10% dei lavoratori e alimenta il 20% del gettito fiscale di Pechino.

    Le difficoltà dei costruttori cinesi possono allora potenzialmente condizionare l'economia mondiale, ma, nonostante queste notizie poco incoraggianti, la preoccupazione generale per la situazione del paese è ancora contenuta principalmente per 2 motivi:
    - il mercato finanziario cinese è relativamente chiuso e isolato dal mondo occidentale, tale da rendere improbabile un eventuale rischio contagio;
    - le autorità cinesi hanno margine di manovra per gestire un eventuale peggioramento della situazione.
    E' comunque innegabile che, almeno dal punto di vista economico, la Cina non è affatto isolata, e un suo rallentamento non gioverebbe certo alla già debole congiuntura europea e statunitense.

    P.S. Ho recentemente letto che gli ultimi dati economici di Pechino registrano una più rapida crescita della produzione industriale e delle vendite al dettaglio.
    Nelle ultime settimane la Cina ha inoltre preso una serie di misure utili, si spera, ad aumentare la spinta all'acquisto di case, tra cui l'allentamento di alcune regole sui prestiti e dei limiti all'acquisto di case in alcune città.
    Politiche che hanno dato alle grandi città, come Pechino, un piccolo impulso alle vendite.
    Ma basterà tutto questo a risollevare l'economia del paese?
    Credo che lo speriamo un pò tutti...
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    6 - LA PSICOLOGIA DEI SOLDI (LA SEDUZIONE DEL PESSIMISMO)

    In chiusura del mese di Settembre, torna l'appuntamento con il libro "La Psicologia dei Soldi" di Morgan Housel.
    Siamo giunti al capitolo 17, il cui sottotitolo è piuttosto chiaro "L'ottimismo suona come uno slogan pubblicitario. Il pessimismo suona come qualcuno che vuole aiutarti". 

    Prima di partire, definiamo però cos'è l'ottimismo.
    Non è tanto la convinzione che tutto andrà sempre bene (questa è piuttosto arroganza).
    Possiamo invece considerarlo come la convinzione che le probabilità di ottenere buoni risultati siano sempre a nostro favore, anche se dovessimo incontrare degli ostacoli lungo il percorso.

    Se una persona intelligente ci racconta di possedere un titolo azionario che crescerà per 3 volte nel corso del prossimo anno, finiremo per considerarlo uno sciocco.
    Se uno sciocco ci dice invece che uno dei titoli da noi posseduti sta per crollare, probabilmente molleremo tutto quello che stiamo facendo e cercheremo di liberarci da quel titolo pendendo dalle sue labbra.
    E' semplice: il pessimismo suona in maniera più intelligente e plausibile dell'ottimismo.
    Le newsletters sugli investimenti, come questa mia 7in7, pullulano spesso di profeti di sventura pur parlando di un settore cresciuto di 17mila volte nell'ultimo secolo!

    Perché allora il "fratello oscuro" dell'ottimismo ottiene più attenzione?
    E come ci influenza la comunicazione che ci bombarda a riguardo?

    In parte si tratta di fenomeni istintivi e irrazionali: gli esseri viventi che trattano i pericoli prioritariamente rispetto alle opportunità hanno più possibilità di sopravvivere ed evolversi.
    Ci sono poi altri fattori meno "naturalistici". 
    Vediamoli assieme.

    1. Il fatto che il denaro è ovunque e permea la nostra esistenza: gli eventi negativi ad esso correlati influenzano e attirano l'attenzione di tutti.
    Non è così, ad esempio, per le catastrofi naturali che coinvolgono fette limitate di popolazione, mentre una recessione può influenzare la vita di tutto il globo.
    Un incremento dell'2% del mercato azionario non fa grande notizia, un suo decremento di pari percentuale rischia invece di finire su tutti i Tg.
    E' un'asimmetria comunicativa difficile da evitare.
    Così come il fatto che pochi si interrogano sul perché un mercato stia salendo, mentre tutti cercano una spiegazione quando le quotazioni sono in picchiata.
    Anche chi non possiede azioni è attirato da questa narrazione, che costruisce storie e tesse ipotesi su ipotesi, gonfiando così il "caso".

    2. Spesso i pessimisti si fissano sul breve momento presente, senza considerare le capacità di adattamento dei mercati, e, più in generale, del mondo intero.
    C'è però una ferrea legge economica: i momenti estremi, siano essi positivi che anche negativi, non durano mai a lungo.
    Tutto tende a ritornare verso valori medi.
    E' però facile prevedere che qualcosa di negativo rimarrà tale, perché non richiede di fare sforzi per immaginare qualcosa di diverso.
    In realtà i problemi si correggono e le persone si adattano.
    I rischi spingono a trovare nuove soluzioni perché la necessità è il motore delle invenzioni.

    3. Il progresso avviene troppo lentamente per accorgersene, mentre le battute d'arresto sono così repentine che è impossibile ignorarle.
    Le tragedie spesso accadono all'improvviso. 
    La crescita e il guadagno sono invece alimentati dall'effetto cumulativo: un processo che richiede sempre tempo.
    La narrazione ottimistica richiede pazienza e lunghi periodi di osservazione, mentre il pessimismo permette di imbastire storie con elementi freschi e di recente memoria.
    Pensiamo ai progressi della medicina: osservare l'ultimo anno o decennio non serve a molto.
    Ripercorrendo invece l'ultimo secolo si può osservare un progresso straordinario.
    Poiché però è avvenuto così lentamente, ha attirato meno l'attenzione rispetto a quanto fatto da eventi come uragani e inondazioni, guerre, attacchi terroristici.
    Lo stesso vale per i mercati azionari, dove un calo del 40% in 6 mesi provocherà sconquassi incredibili, mentre una crescita del 140% in 6 anni passerà probabilmente inosservata.

    In sintesi: fa più rumore un albero che crolla, rispetto a una foresta che cresce.
    Negli investimenti è però necessario individuare ed essere disposti a pagare il prezzo del successo, ovvero la volatilità e il rischio di perdita, avendo però sullo sfondo la crescita di lungo periodo.
    Ci rileggiamo Venerdì 20 Ottobre con "Quando credi a tutto", il 18esimo capitolo di questo splendido libro.
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    7 - UN' ALLEANZA STRATEGICA PER LA NOSTRA OMONIMA

    Lo ricordo benissimo come fosse ieri.
    10 anni fa, appena entrato in Azimut, mi accingevo a fare le mie prime telefonate, utili a fissare appuntamenti presso aziende della zona.
    "Buongiorno, sono Davide Berto, Consulente Finanziario del Gruppo Azimut...".
    E dall'altra parte del telefono: "Azimut quale, quella delle barche???...".
    Quante volte ho dovuto spiegare che si tratta di due società omonime, senza cose in comune, ma, in entrambi i casi, due grandi eccellenze italiane...

    Già, perché quella delle barche è un’azienda a guida familiare riconosciuta come il più grande produttore al mondo di imbarcazioni da diporto a motore, unico a realizzare oltre 45 modelli di yacht e megayacht tra i 12 e i 110 metri di lunghezza.
    Azimut-Benetti, un vanto per l’intero made in Italy.
    Il valore della sua produzione nell'esercizio fiscale Settembre 2022/Agosto 2023 vede i dati in costante aumento: 1,2 miliardi di € contro il miliardo relativo all'esercizio 2021/2022.
    Un'azienda cresciuta tantissimo negli ultimi anni: sono oggi 2.200 i dipendenti diretti (ai quali occorre aggiungere quelli dell'indotto), 6 cantieri attivi e una rete di 138 punti vendita e servizi nel mondo.

    E' sulla spinta di questi numeri che è maturata la decisione di "aprire le porte" a Pif (Public investment fund), fondo sovrano dell’Arabia Saudita, nonché uno dei più grandi al mondo con asset in gestione per 650 miliardi di dollari, e con l'obiettivo di raggiungere i 1.000 miliardi nel 2025, e addirittura i 2-3mila nel 2030.
    Questa primavera Pif è entrato come socio di minoranza al 33%, in un'ottica di lungo termine.
    Non solo un'operazione finanziaria, ma una vera e propria alleanza strategica densa di nuove importanti opportunità di business, motivo per cui Pif è stato scelto dalla famiglia Vitelli tra i tanti pretendenti che negli scorsi mesi hanno chiesto di unirsi alla compagine societaria.
    La forza finanziaria del fondo sovrano saudita e le possibili sinergie con altri settori, potranno sostenere Azimut-Benetti nella crescita sia dimensionale che tecnologica, necessaria per soddisfare il nutrito portafoglio ordini, con un'agenda consegne che già arriva al 2027.
    La quota acquisita dal fondo si affianca così al 59% della famiglia Vitelli e all'8% di Tamburi Investment Partners, che ha nel frattempo ridotto del 4% la sua partecipazione realizzando un'importante plusvalenza.

    Un nuovo capitolo di sviluppo strategico si sta allora aprendo per un gioiello tutto italiano.
    Un'azienda familiare che ha saputo rispondere alle opportunità di sviluppo con visione ambiziosa e lungimirante.
    Queste sono operazioni di private markets, un percorso di nicchia all'interno dell'ampio mondo degli investimenti finanziari che Azimut (quella "mia" questa volta) sta percorrendo ormai da diversi anni.
    E questi i risultati da noi raggiunti fino ad oggi:
    - 50.000 posti di lavoro creati;
    - 950 diverse aziende aiutate, di cui 831 tramite operazioni di capitale o di debito in fondi, e 119 tramite operazioni di corporate finance (29 le operazioni che ad oggi hanno riguardato aziende venete);
    - 45.000 clienti in Italia hanno investito nei nostri prodotti.

    P.S. Nel frattempo, proprio ieri ha preso il via il 63° salone nautico di Genova, irrinunciabile appuntamento per gli appassionati del mare e per il mercato internazionale della nautica...
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    Anche per questa mia uscita è tutto.
    Appuntamento a Venerdì 6 Ottobre.
    Non mi resta che augurarti un sereno fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide