L'Albania è stata spesso nominata in questa calda estate, come nuova (ed economica) meta turistica sull'Adriatico per noi italiani.
E' un paese che conosciamo da tempo, anche e soprattutto in seguito alla massiccia emigrazione che portò molti cittadini albanesi nel nostro paese all'inizio degli Anni '90.
Pochi lo sanno, ma dal 1992 al 1997 l'economia albanese fu scossa da uno "schema Ponzi" di dimensioni nazionali, che vide quasi un'intero popolo abboccare in massa a quello che venne definito l'"aereoplano".
Il tutto si concluse, come al solito, con un colossale buco che inghiottì i risparmi di centinaia di migliaia di cittadini, da Tirana a Durazzo.
Ma partiamo dall'inizio...
Dopo la seconda guerra mondiale l'Albania divenne uno stato comunista e tale rimase fino al 1991-92, quando, dopo le guerre jugoslave che tormentarono l'area balcanica, divenne un paese (più o meno...) democratico.
Avendo vissuto per decenni sotto un regime che bandiva la proprietà privata, la maggior parte degli albanesi non conosceva affatto le istituzioni e le pratiche del libero mercato.
Durante la transizione democratica iniziata nel 1991, la Banca Centrale albanese si vide costretta, a causa dell'aumento dei crediti divenuti inesigibili, a porre delle limitazioni all'erogazione di prestiti da parte delle banche.
Ciò portò al proliferare di istituti e aziende private che raccoglievano i risparmi dei cittadini con la promessa di remunerarli lautamente da un lato, e di renderli disponibili a chi necessitava di prestiti o mutui dall'altro.
Quei soldi, in realtà, non vennero mai prestati a nessuno.
Semplicemente gonfiarono un castello di carte pronto a crollare non appena un discreto numero di "investitori", sentita puzza di bruciato, si sarebbe fiondato a chiedere la restituzione dei soldi versati.
All'inizio questo mercato non era regolamentato, ma anche in seguito all'introduzione della legislazione bancaria apparve subito chiaro che il governo non aveva alcun interesse ad intraprendere azioni contro queste banche e aziende private, che, tra le
altre cose, oliavano lo stesso ingranaggio politico.
Anche per questo, i funzionari governativi si dimostrarono conniventi, partecipando addirittura agli eventi di queste ambigue società.
Il tutto trovò terreno fertile in una popolazione che non possedeva un'adeguata educazione finanziaria, e non fu in grado di comprendere che le favole raccontate dalle farlocche istituzioni finanziarie erano insostenibili e prive di un business concreto in grado di generare profitto.
Nei primi giorni del 1992, le più importanti banche private del paese iniziarono così ad offrire tassi di interesse mensili del 6%.
Irragionevolmente alti per attrarre ovviamente nuovi clienti e l'afflusso di nuovi capitali.
Nei mesi successivi i rendimenti proposti salirono all'8%, per arrivare poi addirittura anche fino al 30%, sempre su base mensile.
Per onor di cronaca, va considerato che il tasso annuale di inflazione nel paese era pari circa al 17%...
Nei più importanti paesi europei, un'offerta così palesemente conveniente non avrebbe avuto grandi effetti: la popolazione, anche quella più a digiuno di finanza, tenderebbe a non fidarsi di una banca sorta dal nulla che offre di triplicare in tre mesi
o poco più il capitale apportato.
Ma tutto questo, in Albania, non c'era...
Gli albanesi, anzi, iniziarono a vendere tutto ciò che avevano, comprese le case, le automobili e gli animali delle loro fattorie, per investire in questi fantomatici progetti che promettevano facili e veloci guadagni.
Il governo albanese, immobile davanti a tutto questo, quasi lo tollerava e lo vedeva come necessario allo sviluppo del paese, nonostante i ripetuti avvertimenti della Banca Centrale nazionale e degli organismi internazionali come il
Fondo Monetario e la Banca Mondiale.
Dopo 5 anni dall'inizio del circo, ecco l'inevitabile: uno dei più grandi schemi iniziò ad avere difficoltà nel riconoscere gli interessi promessi.
Gli investitori cominciarono così a vacillare, a porsi delle domande e a mettere in discussione tutto il sistema.
Nel Gennaio del 1997 le prime banche dichiararono fallimento, seguite a ruota da altre.
Nel Marzo dello stesso anno l'Albania era ormai nel caos più totale, con il Governo che aveva perso anche il controllo della situazione sociale, con violenti scontri di piazza che misero a ferro e fuoco il paese.
Le stime parlano di 1,2 miliardi di dollari bruciati (a fronte di un PIL nazionale di soli 3 miliardi) e, cosa ancor peggiore, più di 2.000 persone morte nei numerosissimi episodi di guerriglia urbana.
Circa 2 milioni di persone, sui 3,5 dell'intera popolazione, persero in tutto o in parte i propri risparmi mentre il governo continuava a far finta di niente, rifiutandosi di mettere in campo una qualche misura che risarcisse gli sprovveduti cittadini.
Una colossale creduloneria di massa che ha inabissato ancor di più la fragile economia dell'Albania post bellica.
Le industrie cessarono la produzione, il commercio si fermò, mentre nelle strade si combatteva una guerra senza quartiere.
L'intero paese ne uscì devastato sotto tutti gli aspetti.
Da lì in poi, molte persone fuggirono a bordo di quelle carrette del mare che divennero argomento centrale dei nostri TG dell'epoca.
Qualcosa da tenere a mente la prossima volta che qualcuno ti offrirà incredibili opportunità di guadagno, a patto di far conoscere la cosa ad altri parenti, amici e conoscenti...