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www.davideberto.it2024-11-09
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    Nel corso degli anni, mi sono sempre più reso conto che la caratteristica principale per un investitore di successo è la sua umiltà.
    Con umiltà intendo l'accettare di non poter prevedere l'andamento dei mercati, l'evitare di giocare al gioco dei mercati, così da non essere, a nostra volta, giocati.

    Credimi, i primi ad essere troppo confidenti nelle proprie competenze e conoscenze (overconfidence) sono proprio i Consulenti Finanziari, che rischiano in questo modo di rivendere ai clienti i loro stessi errori.
    Bisogna accettare il fatto che il mercato è imprevedibile.
    Più cerchiamo di seguirlo, ruotando e modificando di continuo gli investimenti fatti, più danni si fanno.
    Dopo il disastro del 2022, chi avrebbe scommesso, da inizio anno, in un rialzo così importante degli indici azionari, considerando una possibile recessione alle porte, una guerra ancora in corso, e un'inflazione che si mantiene ancora su livelli considerevoli?

    Investiamo con umiltà.
    Se portiamo rispetto ai mercati, i mercati porteranno rispetto al nostro portafoglio.

    Ti auguro una buona lettura!
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    1 - IL FATTORE C

    Te lo dico con la massima sincerità: nell'attività d'investimento c'è sempre, anche, un fattore spesso sottovalutato, la fortuna.
    Il processo d'investimento (costruzione del risparmio e corretta allocazione dello stesso all'interno di un diversificato ed efficiente portafoglio) dev'essere ovviamente ben fatto, ma la fortuna, di cui spesso non si parla ma che incide ugualmente, va considerata e svolge un ruolo molto importante.
    Chi, ad esempio, avesse investito nella Borsa americana ad inizio degli anni '50, avrebbe raccolto nel decennio un risultato eccezionale: +19,5% medio annuo.
    Chi lo avesse fatto, invece, ad inizio anni 2000, avrebbe raccolto dopo 10 anni un risultato ben diverso e addirittura negativo.

    Posto che mercati ed economia sono ciclici, il problema nasce dal fatto che non si può mai sapere con precisione a che punto del ciclo ci si trova quando iniziamo ad investire.
    Per cui, se la costruzione del portafoglio è programmabile e definibile, la fortuna non lo è di certo.
    Per questo è giusto concentrarsi su quello su cui possiamo incidere e sugli aspetti su cui possiamo avere il controllo (la nostra emotività, il mantenere la calma e la pazienza, la definizione di un valido piano finanziario...), mentre è giusto lasciar correre tutto il resto, consapevoli però del fatto che, spesso, se abbiamo ottenuto performance notevoli nel corso del tempo rispetto alla media del mercato, o ad investitori che hanno seguito analoghi percorsi ma in differenti archi temporali, la causa può proprio essere il fattore C.
    Da non scambiare allora con l'illusione di essere dei novelli Warren Buffet, che può portare ad accumulare pericolose dosi di over-confidence...
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    2 - IL CUORE OLTRE L'OSTACOLO

    Nella mia scorsa 7in7, sempre alla notizia nr.2, ti ho parlato approfonditamente dei BTp e del successo riscontrato dalla recente emissione del BTp Valore.
    Ma chi mi conosce bene, sa perfettamente che investire nel debito non è proprio nelle mie corde.
    Preferisco di gran lunga investire in azioni di aziende sane, solide, e con un business in crescita.
    Diamo allora assieme un occhio a Borsa Italiana perché, nella sfida tra mercati e banche centrali, torna d'attualità l'alto rendimento...

    La politica monetaria restrittiva sembra non voler mollare la presa, e dopo una pausa di riflessione la Fed americana tornerà probabilmente ad aumentare il costo del denaro in questo mese di Luglio.
    Decisione che segue quella di Bce e altre autorità monetarie mondiali, che non hanno l'intenzione di fermarsi almeno fino a quando l'inflazione non sarà completamente domata.
    E' normale, allora, che gli investitori si ritrovino di fronte a un bivio: puntare sui rendimenti dei titoli di Stato, oppure "lanciare il cuore oltre l'ostacolo" e posizionarsi sui titoli azionari ad alto dividendo?
    Perché, se alla fine il costo del denaro dovesse iniziare a scendere, chi ha avuto il coraggio di investire in azioni si ritroverebbe ad avere un doppio beneficio: dividendi generosi e profitti in crescita, con ricadute positive sui prezzi di Borsa.

    Se il BTp con durata 30 anni, il top di gamma in termini di rendimento, offre allora una cedola del 4,3%, ci sono aziende italiane quotate in Borsa in grado di offrire, ai prezzi odierni, dei dividendi più elevati?
    Sulle 40 società che compongono il FTSE MIB italiano, ben 19 possono vantare uno yield (rapporto tra dividendo per azione e prezzo del titolo in Borsa) superiore a quel 4,3%.
    Se poi prendiamo come riferimento il 3,25% della prima cedola del BTp Valore, letteralmente andato a ruba nelle scorse settimane, ben oltre la metà delle blue chip è attualmente più generosa.
    Alcuni esempi?

    A mostrare i maggiori livelli di rendimento è la pattuglia dei titoli finanziari, con ben 12 società in classifica.
    Per Intesa Sanpaolo, sull'onda di risultati di bilancio record, il dividendo in prossima distribuzione potrebbe superare addirittura il 10%.
    Il titolo da inizio anno ha inoltre accumulato un rialzo del 14%, a conferma che l'istituto continua ad esprimere una grande appetibilità per gli azionisti.
    Anche UniCredit, il cui rialzo in Borsa da inizio anno supera il 60%, propone una stima di rendimento superiore al 5% allo stato attuale delle cose.
    La stessa Azimut si attesta oggi ad uno yield del 6,9%.
    Stellantis, principale titolo industriale tra quelli nella classifica dell'alto rendimento, vanta un gap a favore quasi del 4% rispetto al BTp trentennale, con uno yield pari al 7,7%.
    Anche in questo caso soffia sul titolo il vento della fiducia, con un rialzo del 23% da Gennaio ad oggi.
    Ma non mancano le "tradizionali" Eni ed Enel (6,6 e 6,5% i rispettivi dividendi previsti).
    Il titolo Enel è addirittura cresciuto del 21% da inizio anno.
    Oppure, ancora, A2A, con un dividendo stimato al 5%, ed una crescita del 33% da inizio 2023.

    Preferisci evitare il rischio specifico legato all'investimento in un solo titolo, e passare così ad un fondo comune ben diversificato, gestito professionalmente e attivamente, più aperto alle più importanti economie globali?
    Solitamente, sotto l'aspetto dei dividendi, mi affido a soluzioni di Fidelity e di JPMorgan capaci, negli ultimi 10 anni, di rendimenti medi annui pari all'8,5 e anche al 10%.
    Certo, durante il percorso si possono attraversare dei periodi complicati e serve avere una logica di medio-lungo termine, ma personalmente preferisco sempre guardare alle innovazioni e alla crescita dell'economia, piuttosto che al debito emesso per ripagare altro debito...
    E tu, come la vedi?
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    3 - NON E' SEMPLICE MA PAGA SEMPRE

    Quando i mercati virano verso il basso, molti, troppi investitori si preoccupano (eccessivamente ma comprensivamente) del calo dei prezzi dei loro investimenti, e del fatto che i loro sudati risparmi possano venire spazzati via da un crollo incontrollato. 
    Altrettanti iniziano a vendere i propri investimenti in preda al panico, anche se in perdita: si convincono che sia meglio uscire dal mercato prima che la situazione precipiti ulteriormente.
    Questa incontrollata emotività porta tanti investitori a diventare essenzialmente degli speculatori a breve termine, anziché investitori di lungo periodo.
    Panico e irrazionalità fanno loro dimenticare il vero motivo per cui investono, diversificando sui mercati.

    Ma se torniamo indietro di 60 anni, ci renderemmo conto di come, a seconda della violenza con cui i ribassi hanno colpito i mercati, in maniera esattamente opposta un investitore consapevole avrebbe potuto arricchirsi e trarne giovamento. 
    Ci sono, e sempre ci saranno, infatti delle crisi, ma esse rappresentano null'altro che un momento di pausa tra un periodo di crescita e il successivo.

    Cosa sarebbe allora accaduto se avessimo investito 1.000 $ in occasione delle tre grandi crisi degli ultimi 100 anni?
    Ti sto parlando della Grande Depressione del 1929, della Crisi Petrolifera degli anni '70, e dello shock finanziario del 2008.
    Andiamo in ordine cronologico.

    La crisi del '29 ha provocato la più profonda correzione mai registrata sui mercati azionari: -85%. 
    Sia nel settore bancario che nell'economia reale, si registrarono disastri e fallimenti che aprirono la strada a licenziamenti massivi e a una dilagante disoccupazione.
    Tutto ciò portò a quella che la storia ricorda appunto come la "Grande Depressione".
    Ma se avessimo investito i nostri 1.000 $ il giorno in cui il ciclo negativo giunse alla sua fine, 5 anni dopo li avremmo più che raddoppiati.
    30 anni dopo, nonostante i disastri della Seconda Guerra Mondiale, lo avremmo decuplicato.

    La crisi petrolifera degli anni 70 fu un altro periodo di forte negatività per i mercati finanziari e per l'economia mondiale.
    In particolare, nel biennio 1973-1974 l'indice americano S&P 500 praticamente si dimezzò (-47%).
    Eppure, se avessimo investito i nostri soliti 1.000 $ in quel periodo, dopo 10 anni li avremmo ritrovati a +120%.
    Dopo 20 anni la crescita sarebbe stata del 515%.
    Capisci allora quanto il tempo possa incidere negli investimenti e nel percorso di pianificazione finanziaria?

    La crisi finanziaria del 2008, culminata nel fallimento della banca americana Lehman Brothers, è l'ultima in ordine di tempo, tralasciando quella lampo del 2020 pandemico, e quella del 2022 di cui ancora soffriamo gli strascichi.
    Anche qui, i risultati a 10 anni sono stati estremamente interessanti in termini di performance: +340%, sempre facendo riferimento all'indice azionario S&P 500.

    Insomma, sembra quasi un'equazione perfetta: crisi finanziaria = occasione d'acquisto = forti guadagni nel tempo.
    Ti ricordo che tutti gli esempi sopra riportati si riferiscono agli indici azionari americani molto diversificati, e non certo ad un singolo titolo.
    La diversificazione è infatti la base su cui l'effetto leva del tempo può agire indisturbato, portando crescita e guadagni, ed esplicando così la sua azione moltiplicatoria.
    Ricorda bene, allora, che investire in tempi di crisi paga sempre!
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    4 - UNA SORTA DI CONVIVENZA TRA FORTI DIVERSITA' E INTERNE CONTRADDIZIONI

    Nella mia scorsa 7in7, quella di Venerdì 30 Giugno, ti ho parlato del G7, organizzazione sovrannazionale che raggruppa i paesi occidentali più influenti degli ultimi 50 anni.
    Oggi tratterò invece dell' "altra metà della mela", ovvero di quei paesi emergenti che sempre più si stanno facendo spazio nell'economia e nella politica internazionale: i BRICS.

    Il termine, in origine BRIC, è un acronimo coniato da un economista di Goldman Sachs all'inizio del millennio, che serviva per indicare agli investitori americani una nuova categoria di promettenti paesi (Brasile, Russia, India e Cina, a cui si aggiunse in seguito la S di Sudafrica) in cui investire.
    Tutti paesi accomunati da caratteristiche simili: la condizione di economie in via di sviluppo, popolazione numerosa, vasto territorio, abbondanti risorse naturali strategiche, forte crescita del Pil e della quota nel commercio mondiale.
    Emergenti allora, evoluti e consolidati nelle loro economie (meno, invece, nella loro stabilità politica...) oggi.
    Certo, all'epoca il consiglio di orientare risparmi e capitali in destinazioni così esotiche appariva decisamente audace.
    L'assonanza con la parola inglese "bricks" (mattoni) fu comunque vincente, e il termine iniziò a circolare sempre più come espressione di un nuovo edificio geopolitico, architettura di un ordine internazionale ben diverso da quello americano-centrico.
    L'idea piacque così tanto ai 5 paesi che cominciarono a riunirsi tra loro facendo diventare i loro incontri una vera istituzione, con tanto di segreteria e presidenza di turno, proprio come per il nostro G7.

    Pensa che i paesi BRICS comprendono oggi oltre il 42% della popolazione mondiale e il 25% della superficie terrestre.
    Nonché una quota del Pil mondiale in continua crescita, attualmente attorno al 25%, e il 16% del commercio internazionale.
    La Cina è il paese che ha fatto il balzo più grande in questi 20 anni, portando il suo Pil a una vera e propria esplosione del 980%.
    L'India segue con un +480%.
    Diverso il discorso per il Brasile, che arranca fra economia stagnante e incertezza politica, e per la Russia, pesantemente colpita dalle sanzioni internazionali degli ultimi 18 mesi.

    Uno degli obiettivi condivisi da tutti i paesi costituenti è la de-dollarizzazione del commercio internazionale, per contrastare il dominio e lo strapotere statunitense.
    Il tallone d'Achille del gruppo è, invece, la sua disomogeneità politica: non basta infatti essere anti-occidentali o anti-americani per andare d'accordo.
    Il caso più lampante è la coesistenza dentro i BRICS di Cina e India, due potenze con pochi interessi in comune, molta rivalità e perfino un contenzioso territoriale nell'area himalayana che spinge di tanto in tanto i due eserciti a scontrarsi alla frontiera.
    L'India, che nei BRICS appare quasi un'infiltrata filo-americana, conserva però ottimi rapporti con la Russia, dalla quale compra a piene mani petrolio e gas.

    I BRICS, nonostante forti diversità e contraddizioni interne, sono comunque diventati il punto di riferimento come anti-G7, andando a rappresentare il Grande Sud Globale.
    Oggi per entrare nelle sue fila ... c'è una fila di nazioni che ne chiedono l'ammissione: dall'Arabia Saudita all'Indonesia, dall'Argentina alla Nigeria.
    Se i BRICS dicessero di sì a tutti, rapidamente potrebbero diventare un G20 alternativo.
    Proprio il loro allargamento sarà uno dei temi discussi nel summit di Agosto, sotto presidenza sudafricana.
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    5 - UN PASSO NELLA STORIA: PETER LYNCH E IL SUO MAGELLAN FUND

    Hai mai sentito parlare del Magellan Fund?
    Il Magellan Fund di Fidelity Investments è uno storico fondo comune di investimento, lanciato nel Maggio del 1963 e specializzato in azioni americane, vera e propria pietra miliare degli investimenti finanziari, che tra il 1977 e il 1990 ha legato il suo nome a quello del leggendario gestore Peter Lynch.
    Ebbene, in quell’arco di tempo il Magellan riuscì a generare un rendimento medio annuo del 29%.
    Più del doppio di quanto fece, negli stessi anni, l’indice azionario americano S&P 500.
    Anno dopo anno, qualcosa come più del 3.500% cumulato, per il fondo comune con le migliori performance di sempre.

    Quando Lynch iniziò a gestire il Magellan, il fondo aveva dimensioni piuttosto contenute.
    Raggruppava infatti circa 20 milioni di $ in totale.
    Grazie alla gestione Lynch, il fondo superò i 14 miliardi di $ in gestione.
    Certamente il buon Lynch aveva un grande talento dalla sua.
    Oltre a questo, che regole seguì per ottenere nel tempo rendimenti così stellari?
    Le sue regole, in realtà, erano piuttosto semplici e riassumibili in 3 punti:

    - 1. INVESTI IN CIO' CHE CONOSCI
    E’ questo il più famoso principio di investimento di Peter Lynch.
    Un principio che aiuta a scansare i consigli dell’amico, del cognato o del cugino di turno.

    - 2. DIVERSIFICA
    Quando Lynch prese in gestione il Magellan nel Maggio del ’77, il fondo investiva in 40 titoli azionari.
    Il suo capo gli raccomandò di ridurre il portafoglio a soli 25 titoli.
    "Ascoltai con educazione" disse Lynch "poi, quando uscii dalla stanza, portai il numero dei titoli a 60, sei mesi dopo erano 100, e dopo ancora 150".
    Quando nel 1990 Lynch, all’età di soli 46 anni, rassegnò le sue dimissioni da gestore del fondo, il Magellan raggruppava oltre 1.000 posizioni in titoli.

    - 3. PENSA NEL LUNGO TERMINE
    Riformulerei personalmente questa regola, consigliandoti di non controllare troppo spesso l'andamento del tuo portafoglio investimenti.
    So che non è facile, ma il rimpianto per la perdita è sempre maggiore della soddisfazione del guadagno.
    Le probabilità di reagire a notizie negative sono più alte.
    E sono, di conseguenza, più alte le probabilità di arrecare danno al portafoglio e alle sue performance di lungo termine.

    Certo, sono ben consapevole del fatto che:
    NON è facile allontanarsi dal rumore di fondo;
    NON è facile rimanere impassibili alle chiacchiere dei più;
    NON è facile evitare di seguire il “gregge”;
    NON è facile resistere alla tentazione di vendere tutto in preda al panico, durante un forte ribasso, e riuscire a rimanere distaccati di fronte alle catastrofiche notifiche finanziarie che riceviamo anche via social...

    Ma se anche tu, con i tuoi risparmi e con i tuoi investimenti, riuscirai a comportarti almeno un pò come fece il grande Lynch tra il 1977 ed il 1990, sarai sicuramente in grado di raggiungere almeno alcuni dei tuoi obiettivi finanziari.
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    6 - RUBRICA: LA PSICOLOGIA DEI SOLDI (NIENTE E' GRATIS)

    Andiamo oggi a concludere l'esplorazione del 15^ capitolo del libro "La Psicologia dei Soldi" di Morgan Housel, iniziata nella 7in7 dello scorso 30 Giugno. 
    Ricordi? 
    Con diversi significativi esempi, abbiamo visto che, come ogni altra cosa che valga la pena di fare, anche il successo negli investimenti ha un prezzo.
    Un prezzo che però non è riscosso in monete e banconote, ma è rappresentato dalla volatilità da sopportare, da dubbi, da rimpianti e da paure. 

    La cosa importante da ricordare è che ci sono varie scelte possibili, davanti a questo prezzo alto e doloroso da pagare:
    - si può decidere di pagarlo, accettando di conseguenza nel tempo la volatilità e gli stravolgimenti;
    - si possono scegliere titoli e investimenti gravati da minor incertezza, con rendimenti, di conseguenza, più contenuti;
    - oppure si può tentare l'azzardo: cercare di ottenere il rendimento più elevato, evitando però quella volatilità che inevitabilmente lo precede e lo accompagna.
    Un pò come quando vogliamo un'automobile nuova il cui costo è pari a 30.000 $: quell'auto la possiamo acquistare pagando il suo prezzo di mercato, possiamo eventualmente trovarne una di usata ad un costo inferiore, oppure possiamo addirittura provare a rubarla...
    Il 99% delle persone sa ovviamente che sarebbe il caso di evitare la terza opzione, perché le conseguenze negative del furto superano i vantaggi.
     
    Molti investitori scelgono però proprio la terza opzione nel loro modo di investire.
    Pur essendo onesti e benintenzionati, si comportano come dei ladri d'auto ideando trucchi e strategie per ottenere il rendimento senza pagarne il giusto prezzo.
    Come?
    Entrando ed uscendo dal mercato.
    Tentando di vendere il titolo o l'investimento fatto prima di una possibile recessione, comprandolo poi nuovamente prima del boom successivo.
    Cercando, in questo modo, di scansare la volatilità.
    Ma le divinità del denaro non guardano con favore e simpatia a chi cerca di conquistare un premio senza pagarne il giusto prezzo...
    Guardando allo storico, come va a finire allora?
    Pochi ladri d'auto riescono a passarla liscia, molti altri vengono invece catturati e puniti.
    Funziona così anche negli investimenti.
    L'investitore medio in fondi azionari ha storicamente sottoperformato l'andamento dei fondi in cui ha investito, perché ha comprato e rivenduto quote, quando invece, potendolo fare, avrebbe dovuto comprarle e tenerle.
    Il paradosso è che, cercando di non pagare il prezzo della volatilità, gli investitori finiscono per pagarlo due volte.

    Perché tante persone che sono disposte a pagare il prezzo delle auto, delle case, del cibo e delle vacanze, si sforzano così tanto di non pagare il prezzo di un buon rendimento sugli investimenti fatti?
    La risposta è semplice: il prezzo del successo negli investimenti non è immediatamente evidente.
    Non ha un cartellino ben visibile, e perciò, quando ci arriva il conto da pagare, lo viviamo come una multa per aver fatto qualcosa di male, non come una commissione necessaria da sostenere per ottenere in cambio qualcosa di buono.
    La reazione naturale per chiunque veda calare la propria ricchezza, e veda quel calo come una multa, è quella di non voler prendere altre multe in futuro.
    Sembra allora banale, ma pensare alla volatilità del mercato come ad una commissione anziché una multa è importante per sviluppare la giusta mentalità, quella che ci permette di restare in gioco abbastanza a lungo da vedere gli investimenti fatti volgere a nostro favore.

    Perché i rendimenti di mercato non sono mai gratuiti e mai lo saranno. 
    Esigono il pagamento di un prezzo.
    Il pagamento di un biglietto di ingresso.
    Un pò come quello che si paga per entrare a Disneyland: il biglietto è costoso, 100 $ e oltre l'uno, ma offre in cambio una splendida e indimenticabile esperienza, da vivere magari con i propri figli.
    Lo stesso vale per gli investimenti, dove la volatilità è quasi sempre una commissione, non una multa.
    Si può scegliere di non pagare il prezzo di quel biglietto, ed andare così alla sagra paesana  o rimanere a casa.
    Forse ci si divertirà lo stesso.
    Ma di solito si ottiene ciò per cui si paga.
    E' lo stesso con i mercati finanziari.
    La commissione di volatilità/incertezza, il prezzo dei rendimenti azionari, è allora il costo del biglietto d'ingresso per ottenere rendimenti maggiori rispetto alle alternative a basso costo, come sono la liquidità e le obbligazioni.
    Il segreto è convincersi che vale la pena di pagare la commissione richiesta dal mercato, senza cercare di sfuggirvi.
    E' questo l'unico modo per affrontare la volatilità e l'incertezza: non solo accettarle, ma capire che vale la pena pagarle.

    Ti do appuntamento al 25 Agosto con il capitolo numero 16.
    Un capitolo che ci metterà in guardia da chi dispensa consigli finanziari.
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    7 - NE E' GOLOSA ANCHE LA FINANZA

    Con tè, burro e fette biscottate è l'assoluta protagonista della mia colazione...
    Di chi sto parlando?
    Ma, ovviamente, della marmellata!
    Rigorosamente Rigoni di Asiago...

    Realtà locale in piena forma, nonostante 100 anni sulle spalle, la Rigoni di Asiago è sempre più aperta al commercio e alla finanza internazionale.
    Nocciolata, Fiordifrutta e Mielbio sono i marchi con cui si è fatta conoscere ed apprezzare nel mondo.
    Sorta all'indomani del primo conflitto mondiale grazie alla passione della fondatrice, Elisa Antonini (nonna dell'attuale presidente e azionista di riferimento Andrea Rigoni) che inizia la produzione e il commercio di miele locale nel lontano 1923, da allora l'azienda non hai mai smesso di crescere ed innovarsi, ampliando la produzione prima alle marmellate e poi anche alle amate creme a base di nocciole.
    Già da 30 anni tutta la produzione, anche quella estera in Bulgaria, è biologica e certificata.
    E 30 anni fa, del "bio" non importava (e interessava) quasi a nessuno...

    Ma perché ti parlo oggi della Rigoni di Asiago?
    Perché l'azienda è un altro splendido esempio di società partecipata da un fondo di private equity.
    Risale infatti al 2012 l'entrata del Fondo Italiano di Investimento nel capitale della Rigoni di Asiago, con una duplice operazione caratterizzata da un aumento di capitale a Febbraio (500 mila €), e nel Luglio successivo dalla conversione in azioni di un finanziamento da 9,5 milioni, per una quota totale del 32,75% del capitale stesso.
    La partecipazione è poi passata nelle mani di Neuberger Bergman Ltd, altra società d'investimento che l'ha detenuta fino al 2018, anno in cui c'è stato l'avvicendamento con Kharis Capital.
    Kharis, operatore di private equity svizzero, ha sborsato 39 milioni per acquisirne le quote.
    Oltre a questi, ha messo sul piatto altri 10 milioni per un aumento di capitale utile a dare nuovo impulso alla futura crescita di Rigoni.
    Attualmente il capitale della Rigoni risulta così in mano alla famiglia fondatrice per il 57,3%, e a Kharis Capital per il rimanente 42,7%.
    Numeri importanti che sottolineano il grande potenziale di quest'azienda che ha anche sfiorato la quotazione in Borsa nel 2017, e l'acquisizione da parte della Ferrero.
    Operazioni poi non andate in porto.
    Nel 2022 si è invece positivamente conclusa l'acquisizione, da parte della Rigoni, di Saveurs & Nature, cioccolateria francese artigianale di altissimo livello.
    L'operazione è stata supportata da un finanziamento "ESG-linked", collegato quindi al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità.

    145 dipendenti, oltre 50 milioni di vasetti prodotti ogni anno, e un fatturato in continua crescita di circa 140 milioni di €, di cui oltre 50 di export.
    Importanti sono le finestre aperte sui mercati esteri, con la Francia che rappresenta il principale sbocco oltre confine, e una presenza, in fase di rafforzamento, anche negli Stati Uniti.
    Le nuove frontiere guardano poi verso oriente.
    Un'azienda dalla visione internazionale pertanto, che intende creare valore duraturo pur mantenendo la sua vocazione locale e rimanendo biologica per convinzione e non per moda, anche in un mercato in flessione a causa del sempre maggiore costo della vita. 

    La storia di Rigoni di Asiago ci racconta, ancora una volta, di come la finanza possa rappresentare una spinta e un sostegno verso il modo di fare impresa che sta a cuore a fondatori e stakeholder.
    Non si tratta di mere e fredde operazioni finanziarie, ma di una vera e propria integrazione fra lo spirito imprenditoriale e i capitali privati, che possono così trovare importante valorizzazione nel tempo.
    "Lo sviluppo non è solo Pil ma cultura, relazione e azioni, che insieme possono portare un impatto positivo sulle persone e sull'ambiente" afferma Andrea Rigoni, il quale ci tiene a ricordare che la famiglia rimarrà il motore dell'azienda anche in futuro, in accordo con i soci finanziari.

    Investire oggi in economia reale e in aziende non quotate in Borsa non è più solo un'opzione, ma un'esigenza che permette di smarcarsi dai tradizionali mercati finanziari, aumentando così la stabilità del proprio portafoglio investimenti, con lo scopo di ottenere anche, nel lungo periodo, rendimenti più elevati.
    Tutto questo fornendo sostegno alle imprese, ai loro dipendenti ed al territorio in cui operano, come un ponte tra i risparmi delle famiglie e le esigenze del tessuto imprenditoriale italiano.
    Per primi, in Azimut, abbiamo compreso le potenzialità dei mercati privati, avviando il processo per rendere democratici e per tutti, o quasi, questi investimenti.
    Perché, come le tre generazioni di Rigoni di Asiago insegnano, la vera ricchezza si crea solo con il tempo.
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    Ti lascio, in chiusura di questa mia 7in7, con una frase letta da una recente intervista del Corriere della Sera a Richard Branson, il grande imprenditore inglese che nel 1970, all'età di 20 anni, fondò il Virgin Group che raccoglie attualmente oltre 400 diverse aziende operative dal turismo spaziale alle palestre.
    "La disinformazione dei consumatori è il nemico peggiore per la crescita di un paese".
    Credo ci sia poco da aggiungere.

    Ti auguro un sereno fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide