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www.davideberto.it2024-10-11
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    Ultimamente mi sto perfettamente rendendo conto che la pazienza e l'emotività di alcuni (pochi fortunatamente) investitori è messa a dura prova dal bear market (mercato ribassista) iniziato lo scorso anno.
    D'altronde, negli ultimi 3 anni, abbiamo di fatto assistito a un importante aumento della volatilità nei mercati.
    Un aumento della volatilità che, però, non ha riguardato solamente la parte azionaria dei portafogli d'investimento, ma ha coinvolto anche la parte obbligazionaria, con oscillazioni dei prezzi che non si vedevano dai tempi delle Bolle del 2000 e del 2008.

    Se l'anti-fragilità di alcuni investitori, per citare il premio Nobel Nassim Taleb, inizia allora a mostrare le prime crepe, proprio la parte comportamentale dell'investire, oggi come ieri, resta fondamentale nel saper attraversare le fasi di turbolenza, gestendo il mal di pancia "in proprio", oppure, meglio, tramite un bravo professionista che ci accompagni attraverso questi difficili momenti.
    Anche perché il rialzo di questi mesi del 2023 è accompagnato da nuovi dubbi e incertezze:
    - il recupero della parte obbligazionaria è l'avvisaglia di una prossima recessione?
    - il sistema bancario è effettivamente in difficoltà, o abbiamo assistito ad oggi solo ad alcuni isolati casi di istituti già cagionevoli di salute?
    La risposta, come sempre, la si troverà affrontando il futuro.
    Un futuro che certamente può spaventare.
    Da qui, l'importanza di adottare un granitico modello comportamentale.
    Perché per investire, come direbbe il buon Luca Carboni, ci vuole un fisico bestiale...

    Ti auguro una buona lettura!
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    1 - LEZIONI DAL MEETING

    Sabato 6 Maggio si è tenuto ad Omaha (Nebraska - Stati Uniti d'America) l'annuale meeting degli azionisti Berkshire, la società di Warren Buffett.
    Lui e il suo socio, Charlie Munger, hanno come sempre risposto a domande sui più disparati temi relativi al mondo degli investimenti.
    Una risposta, in particolare, mi è rimasta impressa.
    Una ragazzina di 13 anni (che partecipa a questo meeting da 6...) ha chiesto loro in merito alla possibilità eventuale che il dollaro vada in futuro a perdere il suo status di valuta di riferimento mondiale, e come, sempre eventualmente, Berkshire e tutti i cittadini americani possano prepararsi a questa evenienza.
    Molto interessante, a mio avviso, la risposta data.
    Berkshire è preparata a quest’evenienza molto più di altre società di investimento.
    Ma, in realtà, non siamo perfettamente preparati e non c’è modo di esserlo del tutto.
    Visto che non sappiamo cosa succederà (e se succederà...) esattamente...”.
    Una frase che dovrebbe essere scolpita nella pietra, e dovrebbe rappresentare un mantra per chiunque investe il suo patrimonio ed i suoi risparmi.
    Non ci si può, infatti, preparare per difendersi completamente da tutte le eventualità negative.
    Soprattutto, non ci si può preparare in merito a quelle che includono grossi scossoni geopolitici.

    Se, come detto, non ci si può preparare, ci sono però dei passi concreti da fare per proteggersi, in qualche modo, da queste eventualità.
    Uno di questi passi, ad esempio, è certamente quello di dotarsi di una strategia di investimento, e investire in prodotti finanziari efficienti e ben diversificati.
    Un'altro passo importante è quello che porta ad assicurarsi, per evitare che il proprio capitale umano venga distrutto da un evento negativo.
    Una volta fatto questo, si può tornare alla vita di tutti i giorni, e dedicarsi a ciò che si ama fare.

    Due sono inoltre gli errori da non fare.
    1 - Pensare che esista una strategia magica in grado di proteggervi da qualsiasi rischio, magari facendovi guadagnare sempre e con il capitale garantito.
    Non esiste!
    Inutile spendere tempo, energie e soldi per cercarla.

    2 - Fossilizzarsi su avvenimenti negativi, improbabili e al di fuori del proprio controllo (come può essere ad esempio un rapido declino del dollaro), per poi passare il tempo a preoccuparsi in attesa dell’inevitabile.
    Che molto spesso, invece, non si verificherà mai.

    Applicando costantemente questa semplice filosofia, ognuno potrà mettere la prima pietra per diventare un investitore migliore.
    E, come bonus, si potrà forse avere anche il sangue freddo per gestire le discese dei mercati.
    O riuscire addirittura ad approfittarne.
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    2 - (IN)SOSTENIBILI?

    Le ultime settimane finanziarie hanno avuto un protagonista indiscusso: il debito pubblico americano.
    Ora che l'accordo, come anche in passato, è stato trovato, estendiamo lo sguardo alla nostra Europa per capire come siamo messi a livello di debiti pubblici.
    Te lo anticipo già: assolutamente non bene.
    Seguimi.

    Partiamo da casa nostra, dove lo scenario (certamente poco rassicurante) andrebbe conosciuto bene.
    Soprattutto anche in considerazione della pubblicità sulle reti tv, che tende a spingere gli investitori verso l'acquisto dei vari Btp, di volta in volta, emessi.
    A ormai 15 anni dall'inizio della Grande Crisi finanziaria, il nostro Pil non è ancora riuscito a recuperare i livelli del 2007, attestandosi quest'anno a 1.753 miliardi di euro, 38 in meno rispetto ai livelli pre-crisi.
    Nello stesso arco di tempo, il debito pubblico ha marciato alla grande: +70%.
    Dai 1.678 miliardi di debito del 2007, ai 2.864 stimati per fine 2023.
    E qualcuno ha ancora voglia di parlare di debito sostenibile...

    Al di fuori dei confini nazionali le cose non vanno meglio.
    La Francia ha visto crescere in 15 anni il suo Pil del 14%, pagando però un prezzo altissimo: il debito pubblico è infatti aumentato di ben 1.813 miliardi.
    L'aumento maggiore in assoluto di tutta l'Unione Europea.
    Nel 2007 "i cugini" vantavano un rapporto debito/Pil ottimale, al 64%.
    Quest'anno arriverà a toccare il 111%.

    Anche la Spagna annaspa, appesantita dai salvataggi delle sue banche.
    Il debito pubblico spagnolo è addirittura quadruplicato, passando dai 385 miliardi del 2007 ai 1.551 di oggi.
    Dal 36 al 110%...
    Fa sorridere, al confronto, il maggior debito della tanto vituperata Grecia, passato dai 240 miliardi di 15 anni fa ai 370 odierni.

    E la Germania locomotiva d'Europa?
    Come sempre l'ha fatta da padrona, sfruttando l'euro debole per le sue esportazioni, e i tassi negativi a lungo pagati sul suo debito pubblico che hanno ribaltato fior di perdite sugli investitori.
    Il Pil tedesco è cresciuto in 15 anni del 16%, mentre il rapporto debito/Pil solo del 3% (dal 64% del 2007 al 67% attuale).
    Questa è sostenibilità del debito!

    Qualcuno dice che "di debiti si vive", ma il debito, dico io, va anche pagato.
    Meglio prima che poi.
    La tendenza in merito non è allora confortante, e un eccesso di debito pubblico si ripercuote inevitabilmente sull'ambito sanitario, sull'istruzione, sulle infrastrutture, sulle pensioni ... di un paese.
    Se già in Italia la coperta è (da tempo) corta, anche gli altri paesi sembrano volerci, in qualche modo, imitare.
    Quando sfuggirà di mano, e diventerà allora veramente insostenibile questa situazione?
    A mio avviso siamo già andati oltre...
    E' bene farsi anche domande come questa quando si investe.
    Soprattutto nell'ambito obbligazionario, per non restare poi "con il cerino in mano".
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    3 - NON SOLO PER INTEGRARE LA PENSIONE

    A cosa serve un Fondo Pensione?
    Se si fa una domanda simile ad un bambino, probabilmente risponderà "ad avere una pensione".
    I più esperti potrebbero invece affermare "ad ottenere una seconda pensione rispetto a quella che darà lo Stato".
    E invece in Italia, per ora, la cosiddetta previdenza complementare non funziona così...

    Sono infatti una larga minoranza coloro che al pensionamento chiedono di convertire in rendita il montante maturato (capitale versato + rendimenti ottenuti) sul loro Fondo Pensione.
    I più incassano infatti tutto il capitale, chiedendo all'intermediario finanziario di restituirgli one shot quanto in essere nel Fondo Pensione una volta tagliato il traguardo pensionistico.
    Lo scorso anno, le posizioni previdenziali trasformate in rendita hanno totalizzato 303 milioni di €.
    Una goccia nel mare rispetto alle prestazioni pensionistiche in capitale, che sono risultate invece pari a 4,6 miliardi di €.

    Ma, ritornando alla domanda di partenza, è bene sapere che il Fondo Pensione ha anche un'altra importantissima funzione, purtroppo ancora poco conosciuta.
    Quella di poter anticipare l'uscita dal mondo del lavoro.
    Una vera e propria way out, una soluzione "ponte", una possibile fonte di reddito in attesa poi di agganciarsi alla pensione pubblica.
    Ecco, proprio a questo serve la RITA, acronimo di Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, unica forma di prestazione pensionistica anticipata nell'ambito della previdenza complementare. 

    Già, perché si parla sempre (giustamente) dell'importanza della previdenza complementare e dei Fondi Pensione per colmare le lacune della pensione pubblica.
    Ma, da qualche anno a questa parte, si può contare sulle cifre accantonate volontariamente negli anni nel proprio Fondo Pensione anche prima di raggiungere i requisiti pensionistici stessi, con lo scopo di smettere in anticipo di lavorare.
    Vediamo allora assieme le caratteristiche della RITA, e i casi in cui può essere richiesta. 

    Introdotta dalla Legge di Bilancio nel 2018, consiste nell'erogazione, in rate al massimo trimestrali, del montante accumulato nella previdenza complementare.
    Questo avverrà fino a quando non sarà raggiunta l'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia, attualmente pari a 67 anni.
    E' il diretto interessato a stabilire quanta parte del capitale accumulato vada destinato a questa scelta, e non c'è un importo minimo da richiedere.

    L'opzione è accessibile a tutti i lavoratori, inclusi i dipendenti pubblici. 
    Ci sono naturalmente dei paletti da rispettare: bisogna essere iscritti alla previdenza complementare da almeno 5 anni, e la cessazione dell'attività lavorativa deve avvenire non più di 10 anni prima dell'età pensionabile (facendo sempre riferimento a quella di vecchiaia). 
    Rientrando in queste condizioni, l'erogazione rateale del capitale accumulato, anche se anticipata, sarà comunque tassata in maniera favorevole (da un massimo del 15% a un minimo del 9%), senza nessun'altra imposizione fiscale. 
    E' anche possibile cambiare idea, ed interrompere la RITA in qualsiasi momento. 

    Grazie alle soluzioni di previdenza complementare si può allora anche programmare un'uscita anticipata dal mondo del lavoro, sapendo di poter contare su una rendita periodica.
    Oppure, nel malaugurato caso in cui si perda il lavoro in età avanzata senza riuscire a trovarne un altro, la RITA permette di attingere ai propri risparmi previdenziali, assicurando così un'entrata economica "di supporto" fino al momento della pensione. 

    Se sei interessato a capirne di più, non esitare ovviamente a contattarmi.
    Ben volentieri potrò fornirti un'assistenza personalizzata in merito.
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    4 - GLOSSARIO FINANZIARIO

    Nella mia 7in7 di Venerdì 19 Maggio ho voluto spiegarti il significato di alcuni termini tecnici utilizzati soprattutto nell'operatività in Fondi Comuni di Investimento. 
    Oggi voglio invece approfondire il significato di termini più orientati al mondo degli investimenti in titoli azionari.
    Seguimi!

    PRICE/EARNING
    E' in italiano il rapporto prezzo su utili. 
    E' un numero che esprime quanto il prezzo di un'azione (o di un indice azionario) incorpora gli utili attesi dell'azienda, e quindi quante volte l'utile di una società è contenuto nel valore che il mercato le attribuisce.
    Quanto più il P/E è alto, tanto maggiori sono le aspettative degli investitori sulla crescita della società e sulla sua capacità di incrementare gli utili.

    EQUITY RISK PREMIUM
    E' traducibile come "premio al rischio".
    Rappresenta infatti l'extrarendimento che il mercato chiede per investire in azioni, rispetto ad un investimento considerato risk-free o privo (quasi) di rischi, come ad esempio quello sui titoli di stato tedeschi.
    L'Erp è quindi l'incarnazione della regola aurea degli investimenti finanziari: più un asset è potenzialmente remunerativo, più comporta dei rischi.

    DRAWDOWN
    Con questo termine si identifica la perdita che un indice finanziario (azionario ma anche obbligazionario) registra dai suoi valori massimi.
    Durante le crisi del 2000 e del 2007, ad esempio, l'indice MSCI World, rappresentativo dell'azionario globale, registrò un drawdown del 50%.
    Per recuperare una tale perdita, il mercato deve poi mettere a segno un progresso del +100%...
    Più sono storicamente profondi e violenti i drawdown, maggiori sono i rischi potenziali collegati all'investimento considerato.

    RECOVERY PERIOD
    E' un fenomeno strettamente correlato ai drawdown, e rappresenta il periodo necessario a un indice di un mercato finanziario, o ad un titolo, per ritoccare i massimi lasciati alle spalle.
    Ad esempio, il Nasdaq americano rivide solo nel 2013 il massimo toccato nel 2000.
    Questo indicatore è importante da un punto di vista statistico, perché ci dice teoricamente quanto l'investitore potrebbe dover attendere se, con il senno di poi, ha sbagliato il momento, il timing, del suo ingresso sul mercato.

    VOLATILITA'
    Finalmente un termine italiano, indice della variazione percentuale dei prezzi di un titolo (o di un indice) nel tempo.
    La volatilità è espressa da un numero: più è alto, maggiori sono le oscillazioni di valore dello strumento considerato, e maggiore è, di conseguenza, la rischiosità.
    Esiste anche un indice che misura la volatilità attesa sui mercati: è l'indice VIX, detto anche "indice della paura".
    Quando il VIX sale, significa che nell'aria ci sono tensioni finanziarie, economiche o geopolitiche.
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    5 - UN PASSO NELLA STORIA: L'ORIGINE DEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO

    L'idea di mettere in comune il denaro tra più persone, allo scopo di investirlo e trarne così dei profitti, risale al lontano 1774, quando ad Amsterdam venne istituito il primo fondo comune della storia.
    Per giungere però alla moderna concezione di "Fondo Comune di Investimento" si è dovuto attendere altri 150 anni.
    E' infatti il 1924 quando a Boston viene fondato il Massachusetts Investors Trust, il primo fondo senza limiti di durata e di accesso della storia, che rivoluzionerà il settore.
    Il MIT consentì a milioni di americani, anche con cifre modeste, di partecipare all'andamento dei mercati finanziari.
    Il fondo ottenne un immediato successo, passando dagli iniziali 50.000 $ in gestione, ai 392.000 nell'arco di un anno.
    Pensa che ancora oggi è quotato, e cuba 6 miliardi di $. 

    Sembra infatti incredibile, ma negli Stati Uniti esistono tuttora fondi comuni con quasi un secolo di storia alle loro spalle.
    Strumenti di investimento che sono passati (più o meno) indenni attraverso crolli dei listini, crisi economiche, guerre mondiali e regionali, recessioni, mutamenti geopolitici.
    Tra quelli nati prima della Grande Depressione del 1929, troviamo il Central Securities, lanciato proprio pochissimi giorni prima del crollo di Wall Street.
    A gestirlo oggi è l'82enne Wilmot Kidd, abile selezionatore di titoli, in sella al fondo dal lontano 1973 e capace di un rendimento medio annuo decisamente superiore all'S&P500.
    Il segreto di Kidd?
    Applicare una delle regole auree della finanza, ovvero mantenere una prospettiva di lungo termine, senza curarsi troppo delle performance di breve.
    Decisamente più facile a dirsi che a farsi...

    Un altro di questi mitici funds, le cui quote si tramandano spesso di generazione in generazione, è l'Adam Diversified Equity.
    Lanciato per finanziare la Adam Express, società postale del Massachusetts all'epoca del vecchio West, è diventato fondo chiuso poco prima della Crisi del 1929.
    Tra i fondi nati in quegli anni, merita una menzione anche il Vanguard Wellington, lanciato nel Luglio del 1929.
    Attualmente gestisce qualcosa come 93 miliardi di $, e questo ne fa il più ricco tra i fondi storici ancora esistenti.

    Ma come sopravvissero questi strumenti d'investimento all'incredibile crollo azionario del 1929, per arrivare fino ai giorni nostri?
    Molto probabilmente, essendo appena stati fondati, all'epoca del Big Crash questi fondi erano ancora pieni di liquidità, e pertanto poco esposti al mondo azionario.
    Ciò permise loro di passare indenni quell'implosione del mercato, per poi approfittare della ripresa di Wall Street iniziata a metà degli anni 30.

    Pensa che in Italia si è iniziato a parlare di fondi comuni solo nel 1984.
    Oggi i vantaggi di un simile strumento da investimento (diversificazione e gestione attiva su tutti) sono ormai noti alla stragrande maggioranza degli investitori.
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    6 - IL "POMPA E SGONFIA" FINANZIARIO

    Hai già sentito parlare di Pump and Dump nell'ambito degli investimenti finanziari?
    Con il "pompa e sgonfia" ci si riferisce ad una tipologia di frode che mira a far lievitare artificialmente il prezzo di un attivo finanziario (titolo azionario o altro) in seguito alla creazione ad arte di un'enorme richiesta, con l'obiettivo poi finale di venderlo ad un prezzo ben superiore rispetto a quello di acquisto.

    E' una vera e propria manipolazione del mercato che fa impennare il prezzo dell'asset, anche per indurre all'acquisto quanti più soggetti possibili (effetto gregge), generando notevoli guadagni a favore di coloro che guidano dall'inizio questo movimento, per poi far precipitare il prezzo in seguito alle massicce vendite che inondano il mercato, provocando in questo modo la perdita di denaro a danno degli investitori rimasti nel tempo investiti, che si ritrovano così con il classico "cerino in mano", in possesso di un asset che vale molto meno di quello che a suo tempo è stato pagato in fase di acquisto.

    Solitamente il Pump and Dump ha per oggetto titoli azionari di piccole società quotate in borsa, laddove il titolo è poco liquido e pertanto più facilmente manipolabile, o, meglio ancora, le criptovalute.
    Non tanto il Bitcoin, ma più che altro cripto il cui mercato è di più piccole dimensioni.

    Nei mercati finanziari tradizionali, le azioni di P&D sono assolutamente vietate e causa di pene finanziarie e detentive.
    Le normative, tuttavia, si applicano solo ai mercati regolamentati, lasciando (almeno per ora) il mondo cripto al di fuori di questo quadro normativo.
    Che il mondo delle criptovalute abbia più di qualche problema sul fronte della legalità non è certo una novità.
    Pensa che nel corso del 2022, considerando solo i cripto-assets che hanno avuto scambi, ben 1 transazione su 4 è finita in uno schema truffaldino oggetto di P&D.

    In passato i truffatori si affidavano a chiamate a freddo per tessere le loro trappole.
    Questo è quanto faceva anche Leonardo di Caprio e la sua gang nel famoso film "The wolf of Wall Street" del 2013.
    Internet offre oggi un modo più economico e semplice per raggiungere un gran numero di potenziali investitori, tramite e-mail di spam, siti web di ricerca sugli investimenti, social media e disinformazione in generale.
    Ora una notizia potrebbe avere una portata globale in pochi minuti, la propaganda potrebbe raggiungere diversi mercati, e quindi lo slancio dello schema è potenzialmente enorme.
    Oggigiorno queste truffe sono spesso accompagnate e sospinte da false promesse che inducono all'acquisto (garanzia di rendimenti stratosferici), e non di rado hanno anche il sostegno di celebrità ed influencer.

    In tutto questo va ricordato che i mercati finanziari tradizionali hanno dei meccanismi di controllo che scattano automaticamente al verificarsi di movimenti anomali in acquisto o in vendita.
    In tali casi le contrattazioni vengono infatti bloccate, per permettere agli organismi preposti di effettuare le opportune verifiche.
    Purtroppo nel mondo cripto i comportamenti truffaldini sono molto più frequenti, ed è questo uno dei motivi per cui un risparmiatore o investitore tradizionale dovrebbe ben guardarsi dal metter piede in questo settore, ancora troppo simile ad un Far West finanziario.

    Ho voluto parlarti di Pump and Dump perché è molto importante conoscere questi schemi, al fine di evitare di caderci, o parteciparvi senza riconoscerli.
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    7 - INVESTIMENTO ALTERNATIVO? QUELLO NELLE BOTTIGLIE PIU' PREGIATE!

    Nel corso di quest'anno ho già avuto modo di raccontarti di alcuni particolari ambiti di investimento.
    L'ho fatto nella mia 7in7 del 24/02 con Artex Mtf, la borsa dei quadri e delle opere d'arte, e nella 7in7 del 19/05 con il Knight Frank Luxury Index, il listino dei beni di lusso.

    Oggi voglio raccontarti di un'altra nicchia di mercato: quella dei vini di pregio, anch'essi rappresentati da un dedicato indice finanziario, il Liv-Ex 100.
    E' questo infatti l'indice londinese dei fine wines, che monitora l'andamento delle 100 etichette più gettonate al mondo sul mercato secondario.
    Un esclusivo paniere del vino da investimento, creato nel 2000 da due broker all'ingrosso di vini pregiati che, a fronte di una crescente domanda, hanno voluto creare un indicatore affidabile per collezionisti e investitori specializzati.

    Ad oggi, semplificando al massimo, c'è una Borsa che segue i movimenti di 16 mila diverse etichette sul mercato secondario, per un controvalore giornaliero di 100 milioni di €.
    Tra tutte queste, le 100 più scambiate confluiscono nel Liv-Ex 100, mentre ogni grande territorio del vino è rappresentato da uno specifico indicatore.
    L'Italy 100 è quello italiano.
    Si tratta, come detto, di un mercato di nicchia, ma molto, molto attraente: l'investimento in vini di pregio si sta infatti rivelando uno dei più redditizi, con risultati di assoluto rilievo.
    Lo scorso anno il Liv-Ex 100 ha guadagnato il 7%, mentre l'Italy 100 è salito quasi del 10%.
    Allargando lo sguardo agli ultimi 5 anni, il Liv-Ex 100 avrebbe spuntato una crescita del 34%, e l'Italy addirittura pari al 47%.

    Ma quali sono i vini italiani attualmente presenti in questi indici?
    Come ben sappiamo, il nostro territorio è incredibilmente ricco di vini pregiati.
    Troviamo allora valorizzato il Sassicaia della Tenuta San Guido (l'ultima annata esce dalle cantine intorno ai 120 €, per viaggiare poi nelle enoteche attorno ai 300), il Tignanello delle cantine Antinori (esce a 60 € dall'azienda produttrice, per decollare poi sul mercato con valori che oscillano tra i 130 e i 150 € a bottiglia), e l'Ornellaia dei Marchesi Frescobaldi, in grado di moltiplicare in scioltezza gli oltre 120 € di partenza.
    Tutti prezzi che dipendono ovviamente anche dal limitato numero di bottiglie in circolazione.

    Ma, ritornando alle performance, come si sono distinti i nostri vini negli ultimi 12 mesi?
    Ai primi due posti troviamo il Solaia 2014 (+24%) e il Tignanello 2017 (+23,4%).
    Sul terzo gradino del podio c'è poi l'Ornellaia 2010 (+22,5%).
    Guardando invece ai primi mesi del 2023, molto bene sta performando il Barbaresco 2015 di Gaja, il cui valore è cresciuto quasi del 22% da inizio anno.

    Ma, attenzione.
    Detta così, investire in vini di pregio può quasi sembrare un gioco da ragazzi...
    Nulla di più sbagliato.
    L'investimento in vino richiede precondizioni essenziali: riguarda pochissime etichette di brand al top per storia, prestigio e qualità riconosciuta a livello internazionale.
    Sono vini di grandi territori, di vendemmie perfette, di tirature limitate, di conservazione a regola d'arte.
    Tutto questo è il presupposto di una rivalutazione nel tempo.
    Forse meglio allora limitarsi a godere di queste eccellenze direttamente quando vengono stappate e versate nel nostro bicchiere, senza avventurarsi in improbabili forme di investimenti finanziari...
    Che ne pensi?
    Cin cin!!!
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    Concludo questa 7in7 con una breve riflessione, visto che in molti, in queste settimane, mi hanno chiesto che cosa ne pensassi in merito al BTP Valore recentemente emesso dal Tesoro.

    Un bravo investitore non deve mai porre al centro delle sue scelte i prodotti, ma sempre solo i suoi bisogni finanziari.
    Costruire una corretta gerarchia dei propri obiettivi di vita è il presupposto indispensabile per investire correttamente nel tempo.

    Obiettivi allora, non prodotti.
    Progetti di vita, non mode finanziarie del momento.

    Ti auguro un sereno fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide