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www.davideberto.it2024-10-11
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    Dietro all'enorme quantità di liquidità tenuta sul conto corrente dagli italiani, c'è soprattutto la finalità precauzionale assegnata a quel denaro.
    Il "non si sa mai...".
    In altre parole, non è vero che gli italiani non si assicurano, semplicemente lo fanno a modo loro e nel modo più sbagliato: autoassicurandosi con l'eccessivo risparmio lasciato in conto corrente.

    L'autoassicurazione, però, è la peggior polizza che si possa fare.
    Lo è, ad esempio, per questo motivo: su quali basi quella cifra può essere considerata sufficiente?
    Se hai lasciato quei soldi in conto "perché non si sa mai", in che modo puoi realmente quantificare quel "non si sa mai"?

    Le declinazioni di un qualsiasi accadimento sono infatti difficilmente perimetrabili.
    Lo stesso evento atmosferico è capace di produrre danni di consistenza differente su case che si trovano a distanze minime.
    Lo stesso infortunio può costringere all'immobilità per qualche settimana o per qualche mese.
    La stessa malattia può generare un ventaglio di possibili scenari estremamente ampio.
    La stessa distrazione occorsa ad un figlio nei confronti di un terzo può concretizzarsi in conseguenze di impatto modesto o significativo.
    Come può allora, di fronte a tutto questo, essere di assoluto conforto quell'eccedenza di risparmio inutilizzata???

    Per coprirsi dai rischi ci sono le assicurazioni.
    Ed assicurarsi, al bisogno, viene prima dell'investimento stesso.

    Ti auguro una piacevole lettura.
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    1 - E' UN BUON MOMENTO?...

    Quando si parla di investimenti, c’è sempre una domanda che tutti si (e mi...) fanno: è questo un buon momento per comprare, oppure no?
    Tutti cercano un'unica risposta a questa domanda, ma la scomoda verità è che una sola risposta non c’è.
    Vediamo assieme perché.

    Prendiamo un titolo azionario a caso: Nike.
    Una delle aziende più di successo al mondo, i cui prodotti sono perfettamente riconoscibili ed iconici, quotata ovviamente in Borsa americana.
    È un buon affare comprarla adesso, oppure no?

    La risposta dipende...dagli occhi di chi guarda.
    Un trader di breve termine, un investitore di lungo periodo, un ammiratore del brand Nike possono avere opinioni diverse sul fatto che il titolo Nike possa essere o meno un buon acquisto, un buon investimento.
    E tutti stanno parlando della stessa identica cosa, con gli stessi identici numeri e dati di bilancio a disposizione.
    Com'è possibile???
    Per il fan “i prodotti Nike sono splendidi ed unici, quindi è conveniente comprare l’azione” (vuoi un consiglio? Non basarti mai solo su questo tipo di ragionamento).
    Per un trader, è sufficiente che il titolo Nike salga (o scenda anche) di valore nei prossimi giorni o mesi, e farà le sue valutazioni basandosi su grafici e notizie.
    Un investitore di lungo periodo guarderà invece ai fondamentali, e cercherà di capire se l'azienda ha ancora solide prospettive, per poi fare ricerca e analisi qualitative e quantitative, ai fini di capire se può essere, oppure no, un buon investimento in ottica futura.

    Warren Buffett, oltre ad avere una comprensione mostruosa di come fare business e come investire, vedrà cose che il 95% degli investitori non sono in grado di notare.
    E, se ne avesse voglia, potrebbe anche fare un colpo di telefono al management dell'azienda per chiedere spiegazioni e chiarimenti.
    Tutti avranno un’opinione diversa, che varia non solo a seconda dei dati, ma anche delle possibili alternative che hanno a disposizione.
    Pur guardando tutti alla stessa identica cosa.

    Ma questo ragionamento non vale solo per i singoli titoli.
    Un ETF azionario ampiamente diversificato, può essere il miglior prodotto del mondo per una persona.
    Magari un giovane con tutta la vita davanti a sé, e con un obiettivo di lunghissimo periodo.
    Ma per chi intende investire con l’idea di riprendere i suoi soldi dopo 2 o 3 anni, investire in un ETF azionario può essere troppo rischioso.
    Un anno com'è stato il 2022, può fare molto male.
    E, se i soldi ti servono presto, potresti essere costretto a vendere in perdita un anno dopo.
    Questo, anche se hai investito nel miglior prodotto finanziario del mondo.
    Ecco allora perché è così importante avere una strategia di investimento basata su te stesso e sui tuoi obiettivi.
    Senza una strategia di base, senza una chiara logica di pianificazione finanziaria, anche i migliori prodotti finanziari possono farti male.
    Ricordalo sempre.
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    2 - RATE IMPAZZITE

    La BCE in 10 mesi ha alzato i tassi d'interesse di 375 punti base, posizionando così il tasso sui depositi al 3,25% e il tasso di rifinanziamento principale al 3,75%.
    Per chi ha un mutuo, questo dato interessa eccome.
    Per calcolare infatti le rate dei prestiti ipotecari a tasso variabile, si utilizza il tasso Euribor (tasso di riferimento pagato dalla BCE alle banche che vi parcheggiano le riserve).
    I dati indicano che chi sta pagando un tasso variabile, ha visto la propria rata mensile salire (mutuo a 30 anni di 140mila €, valore immobile 200mila €) dai 488 € di Gennaio 2022 ai 740 di Maggio.
    +51%.
    E se la BCE dovesse alzare ulteriormente i tassi a Luglio e a Settembre, la rata sfiorerebbe i 780 €, per un aumento complessivo circa del 60% da quando la BCE ha avviato questo percorso di strette monetarie per contrastare e riportare a un più basso valore l'inflazione.

    Ma che opzioni ci sono per arginare, in qualche modo, questa impennata?

    1. Prima di tutto, a mio avviso, la consapevolezza che comprare casa non è un obbligo.
    E' un acquisto molto importante, in molti casi il più importante della propria vita, da effettuare solo se le situazioni lo consentono.

    Ma quali situazioni?
    In primis, se ci sono o meno le condizioni per stipulare un mutuo.
    Il primo campanello d’allarme, che segnala quando non ci si può permettere l'acquisto della casa, è la necessità di allungare la scadenza del mutuo stesso, in modo tale da far diventare sostenibile la rata.
    Se in 15 anni esce una rata insostenibile, allungare l'operazione a 30 anni potrebbe non essere la soluzione migliore, in quanto può indicare che l'importo complessivo da finanziare è oltre le proprie possibilità.

    Era dal lontano 2008 che il tasso variabile, in partenza, non si pagava più del fisso.
    E, come riportato dal Corriere della Sera del 6 Maggio, 165.000 veneti sono ora in difficoltà in seguito alle "rate impazzite" per l'aumento dei tassi.

    2. Per chi ha già stipulato un mutuo, si può procedere con l’abbattimento, anche parziale, del debito residuo se si ha della liquidità disponibile (sapendo anche che avere troppa liquidità in conto corrente oggi non ha molto senso).
    Visti i tassi odierni, l'operazione è certamente conveniente, e aiuta chi ha il mutuo a smarcarsi da una quota di interessi che sta diventando sempre più consistente.

    Prima di indebitarsi e inchiodare le proprie finanze per i prossimi 30 anni, è sempre buona norma fare un serio check-up del proprio patrimonio, del proprio reddito, del proprio risparmio, e dei propri obiettivi futuri.
    Anche questa è finanza personale!
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    3 - SEMBRA IMPOSSIBILE (SCONTRO SUL TETTO DEL DEBITO)

    Sentir dire che gli Stati Uniti d'America sono sull'orlo del fallimento sembra quasi impossibile.
    Ma come, la prima potenza economica e finanziaria mondiale ad un passo dal default?
    Eppure, tecnicamente, potrebbe accadere proprio all'inizio del mese di Giugno...
    Diciamolo subito: si tratta di una questione principalmente politica, terreno di scontro fra Democratici e Repubblicani.
    Ma, se non si riuscisse a trovare un accordo, gli effetti sarebbero reali e dirompenti.
    Vediamo allora assieme di sviscerare la questione e capirne un pò di più.

    Il debt ceiling, creato nel 1917, è lo strumento di controllo delle finanze pubbliche americane.
    Prima di allora, ogni emissione di debito pubblico doveva essere autorizzata dal Congresso.
    Per far fronte alle spese legate all’entrata in campo nella 1° Guerra Mondiale, il governo aveva però bisogno di maggiore flessibilità.
    L’iter legislativo fu così snellito per poter ricorrere più facilmente al debito, sempre comunque entro dei limiti prestabiliti. 
    Da allora il debt ceiling è lo strumento principale con cui il Parlamento può controllare la spesa pubblica che il governo mette in atto.
    Nel corso degli ultimi 30 anni il tetto del debito è stato alzato diverse volte, anche con più frequenza durante le crisi del 2008 e del 2020.
    Non è la prima volta che la questione viene risolta con trattative dell’ultimo minuto, ma quest’anno la situazione sembra più intricata a causa della polarizzazione e divisione del Congresso, e delle prese di posizione oltranziste dei parlamentari.
    Se non si dovesse trovare una soluzione, cioè se il governo non dovesse decidere di alzare nuovamente il tetto del debito, gli USA potrebbero rischiare il default tecnico qui a Giugno su una parte del proprio debito. 

    Il nocciolo della questione è che non tutti i politici americani concordano su questa "data di scadenza".
    Per i Repubblicani c’è ancora tempo, in quanto ipotizzano che il governo possa avere sufficiente liquidità fino a Luglio o Agosto, e dunque non vedono, almeno per il momento, la necessità di scendere a compromessi.
    Ostinazione, questa, non concepita dal Tesoro, che già si è mosso per ottenere un accordo, se non altro per scongiurare le conseguenze imprevedibili di un fallimento.
    Anche a livello di immagine del governo ovviamente.
    Un dato certo è la velocità con cui ultimamente, proprio il governo americano, ha prosciugato le sue riserve di liquidità.
    Ciò è dovuto anche al rapido aumento dei tassi di interesse, che comporta maggiori esborsi per onorare le cedole sui titoli di Stato.
    Se, infatti, negli ultimi anni l'ammontare degli interessi pagati si è attestato fra i 400 e i 500 miliardi di dollari, quest'anno si stima che ne serviranno almeno 900. 

    Questa difficile negoziazione non lascia di conseguenza sereni i mercati finanziari e le agenzie di rating, tanto che il rischio di default dell'America è su valori estremi: ha superato anche il massimo del 2011, quando il timore di un mancato accordo fece perdere agli USA la AAA di S&P per la prima volta nella sua storia.
    Alcuni analisti vedono la prima quindicina di Giugno come periodo cruciale: a metà mese c'è infatti un'importante scadenza fiscale che potrebbe rimpinguare le casse dello Stato, ma potrebbe essere già tardi.
    Altri analisti spostano l'asticella più in là, nel corso dell'estate.
    A noi non rimane che stare alla finestra, ed attendere l'esito di questo braccio di ferro politico.
    Certo, con il fiato un pò sospeso.
    Augurandoci che, nel frattempo, tutti gli americani si apprestino a pagare le loro tasse!...
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    4 - STORIA DI UN AMORE "COINTESTATO"

    E' molto frequente che tra marito e moglie, o anche fra conviventi, si apra un conto corrente intestato ad entrambi.
    Un conto cointestato.
    Spesso lo si fa per comodità, per gestire entrate (stipendi ed altri attivi) e uscite (rata del mutuo, affitto, pagamento di bollette, spese varie...) in modo comune e condiviso.
    Cosa succede, però, se la coppia "scoppia"?

    Se entrambi, nel tempo, hanno contributo in modo uguale ad accrediti e addebiti in conto, il problema non si pone: si divide a metà ciò che rimane, si chiude il rapporto cointestato, ed ognuno va per la sua strada.
    Con una piccola, doverosa, nota a margine: nei rapporti cointestati, ognuna delle parti può agire ed operare sul conto liberamente.
    Il singolo cointestatario è allora libero di prelevare anche tutto (o quasi) il saldo del rapporto, e ciò potrebbe ovviamente accadere anche prima che i due ex-innamorati si mettano d'accordo sul loro futuro.
    E' già successo e sempre può accadere. 
    Meglio allora stare con le antenne dritte!

    Se il conto è invece formalmente cointestato, ma le entrate appartengono solamente ad uno dei due titolari, le cose si mettono diversamente.
    Mettiamo il caso di marito e moglie, nel cui conto cointestato gli accrediti derivano solo dal marito.
    Gli anni trascorrono, le spese vengono gestite attraverso il conto comune: bollette, spesa, parrucchiere, estetista, vacanze, studi dei figli...
    Insomma, proprio tutto.
    L'amore però passa, e la coppia decide di separarsi.
    Qui viene il bello.
    La moglie può far presente al marito che il conto è cointestato, e quindi, formalmente, la metà di quanto vi resta le appartiene.
    Il marito, incredulo, può ribattere che è ben evidente e dimostrabile che nel conto c'ha versato sempre e solo lui.
    Gli importi rimanenti non si devono pertanto affatto dividere a metà, ma sono roba sua.
    Ma si sa, le donne hanno sempre l'ultima parola, e la consorte ribadisce che gli importi sono anche suoi, perché tutti i versamenti fatti dal marito sono configurabili come donazioni indirette a suo favore.
    Ma come, per la donazione non ci vuole il notaio?
    Essì, ma qui la consorte sta parlando di donazione indiretta, appunto, cioè di somme versate e regalate da un marito innamorato, durante un rapporto amoroso.

    Che si fa allora in questi casi?
    Avvocati e tribunali.
    Nessun'altra alternativa.
    Primo grado, secondo grado, si arriva anche in Cassazione.
    Proprio lo scorso Aprile, la Cassazione ha emesso un verdetto in merito che varrà anche per i futuri casi analoghi.
    E' stato affermato che la cointestazione di somme depositate presso un istituto di credito costituisce donazione indiretta solo quando viene verificata l'esistenza dell' animus donandi.
    Pertanto, chi ha interesse ad argomentare la configurabilità di una donazione indiretta di questo tipo, deve dimostrare che il proprietario del denaro, al momento della cointestazione, aveva quale unico scopo quello del dono, appunto.
     
    Non è, allora, così in discesa la strada per chi vuole allungare le mani su somme non sue...
    Ma, in ogni caso, anche e soprattutto quando si mescolano soldi e sentimenti, è saggio agire tenendo a mente le conseguenze negative che, si sa mai, possono arrivare.
    Già, prevenire è sempre meglio che curare!...
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    5 - CONTI DEPOSITO MA NON SOLO

    Nella mia scorsa 7in7 datata 19 Maggio, ti ho raccontato del nuovo conto deposito Apple Savings, offerto da Apple in collaborazione con Goldman Sachs, riservato al mercato americano.
    Ma le proposte "al di là dei propri modelli di business" delle big tech americane non si esauriscono con Apple, né con i conti deposito.
    Facciamo allora il punto della situazione di questo, sempre più ricco, carnet di offerte, che spazia dai pagamenti al credito al consumo, passando anche per le assicurazioni. 

    Credito al consumo
    Apple, anche in quest'ambito, fa da pioniera. 
    Proprio il gruppo guidato da Tim Cook ha lanciato a Marzo il servizio Apple Pay Later, in triangolazione con Goldman Sachs e Mastercard, ed erogato attraverso la sussidiaria Apple Financing.
    Anche questo servizio, limitato per ora agli Stati Uniti, promette di essere dirompente per le sue caratteristiche: nel tempo di un click si può infatti spalmare un acquisto in 4 rate di uguale importo, nell'arco di 6 settimane, senza interessi né commissioni.
    Roba da far tremare i polsi alle società che si occupano di credito al consumo...
    Anche in Italia c'è un servizio simile, offerto da Amazon in collaborazione con Cofidis. 
    Tutto ciò è solo un assaggio della potenza di fuoco sprigionabile dai grandi gruppi tecnologici, quando si mettono in testa di esplorare nuovi territori.

    Assicurazioni
    Rimanendo su Amazon, a Ottobre 2022 è nato in UK l'Insurance Store, una piattaforma digitale che consente l'acquisto di polizze per la casa offerte da società partner esterne.
    Le big tech stanno cogliendo l'opportunità di ampliare le loro fonti di guadagno, mettendo a disposizione di selezionati partner le loro enormi community, costruite negli anni tramite il proprio core business.
    Gruppi di clienti affidabili e affezionati, sempre propensi a valutare le proposte che giungono dai loro brand di riferimento.
    In modo analogo, Uber ha esteso i suoi servizi dalla mobilità al food delivery, Apple è entrata nel mondo del fitness, oltre che dei servizi di pagamento e dei conti deposito.
    Ma non finisce qui: sempre Apple ha già annunciato di voler entrare, a partire dal 2024, nel mondo delle polizze sulla salute.
    Tutto ciò può accadere anche grazie all'enorme mole di dati a disposizione delle big tech, utili a profilare al meglio i propri clienti.

    Pagamenti
    I big players come Amazon, Google ed Apple, hanno già da tempo creato società partecipate attive nei servizi di pagamento, e tutte già operano al di fuori del perimetro di attività.
    Come Amazon Pay, presente in Italia dal 2017, che permette di pagare naturalmente all'interno del proprio marketplace, ma in più offre il medesimo servizio anche ad altri e-commerce che si vogliono affiliare. 
    Con Amazon Pay è possibile acquistare, ad esempio, anche i biglietti del treno.
    Google invece, nel Luglio scorso, ha lanciato il Google Wallet, un portafoglio virtuale che permette di riunire in una sola app tutte le carte di credito ed i bancomat degli utenti con smartphone Android.
    Apple Pay, infine, è il noto sistema di pagamento attraverso iPhone o Apple Watch, che permette di pagare ovunque senza necessità di avere con sé null'altro che i propri dispositivi marchiati Apple.

    Ma sono tutti successi assicurati quelli delle big tech che decidono di darsi ai servizi finanziari?
    Non sempre è stato (e sarà) così.
    Un passo falso l'ha fatto Google con Compare, il sito lanciato nel 2012 in USA e UK per confrontare le polizze Rc Auto.
    Servizio che consentiva al colosso web di incassare un premio per ogni polizza venduta.
    Dopo meno di 4 anni, Compare ha chiuso per lo scarso successo ottenuto.
    Ma, secondo una recente indagine, 1/4 dei clienti assicurativi britannici sarebbe disposto ad acquistare un'assicurazione sulla casa da Google, se solo decidesse di entrare nel mercato.

    Possesso di dati, oro del millennio, e forza del brand.
    Grazie a questa combinazione di fattori, queste aziende sono oggi decisamente più importanti di interi stati...
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    6 - RUBRICA: LA PSICOLOGIA DEI SOLDI (DESTINATI A CAMBIARE)

    Anche in questo mese di Giugno andiamo ad esplorare il libro "La Psicologia dei Soldi" di Morgan Housel.
    Tocca questa volta al capitolo numero 14 (di 20), dal titolo "Destinati a cambiare", all'interno del quale si affronta l'importante tema della pianificazione di lungo termine.

    Immaginare un obiettivo, non solo d'investimento ma anche di vita, è facile e può essere anche divertente.
    Ben diverso è immaginare un obiettivo nella stressante realtà di tutti i giorni...
    Questo influenza non poco la nostra capacità di pianificare gli obiettivi finanziari nel futuro.
    La pianificazione finanziaria a lungo termine è fondamentale.
    Ma non viviamo in uno scenario statico e cristallizzato: le cose cambiano attorno a noi, e così anche i nostri desideri ed obiettivi possono cambiare nel tempo.
    E' nella natura umana essere consapevoli di quanto siamo cambiati in passato, ma, purtroppo, tendiamo a sottovalutare quanto le nostre personalità, i nostri desideri, i nostri obiettivi cambieranno in futuro.
    E' allora difficile impostare decisioni a lungo termine in uno scenario così mutevole. 

    La prima regola per far fruttare i propri risparmi, sfruttando il potere dell'interesse composto, è quella di non interrompere un investimento senza che ve ne sia la reale necessità.
    L'effetto cumulativo funziona al meglio quando lasciamo ad un progetto di investimento anni, o addirittura decenni, per crescere.
    Questo vale per i risparmi, ma anche per le relazioni e le carriere.
    Il segreto è avere equilibrio e pazienza.
    Molte persone, però, si evolvono così tanto nel corso della vita che non vogliono continuare a fare la stessa cosa per decenni.
    Succede così che invece di campare 80 anni, i nostri soldi finiscono per vivere 4 vite da 20 anni l'una.

    Come si fa, allora, a non interrompere un progetto finanziario, così come anche una carriera lavorativa, quando cambia ciò che vogliamo dalla vita?
    E' certamente arduo questo compito.
    Ad ogni modo, ci sono due cose da tenere a mente quando andiamo ad impostare quelle che riteniamo essere le decisioni di lungo termine.

    1) Vanno evitati gli estremi opposti della pianificazione finanziaria.
    Ipotizzare di farsi bastare un reddito molto basso, o scegliere di lavorare moltissimo per generare un reddito elevato, sono due opzioni che, a un certo punto in futuro, aumentano le probabilità di pentirsi.
    I vantaggi di un piano estremo (la semplicità di non avere quasi nulla, o il fascino di avere quasi tutto) tendono a sbiadire.
    Ma i risvolti negativi di quegli estremi (non potersi permettere di andare in pensione, o sapere di aver passato tutta la vita ad inseguire i guadagni) diventano rimpianti duraturi.
    Ed i rimpianti sono particolarmente dolorosi quando abbandoniamo un piano precedente, e ci sembra di dover correre nella direzione opposta a velocità doppia per recuperare il tempo perduto.
    Mirare allora ad una via di mezzo, può essere di aiuto e consente di evitare i rimpianti.
    Cercare di generare un risparmio annuo moderato ma costante, una moderata quantità di tempo libero, un equilibrio tra carriera e famiglia... sono tutti fattori che aumentano la probabilità di riuscire ad attenersi al piano che ci siamo dati, molto più di quando si sconfina negli estremismi, da un lato o dall'altro.

    2) Bisogna anche accettare il fatto che si può cambiare idea.
    I lavoratori più infelici sono, solitamente, quelli che sono rimasti fedeli ad una carriera, solo perché è ciò che hanno scelto di fare a 18 anni, alla fine degli studi.
    Ma ci sono poche probabilità che il lavoro da noi scelto quando eravamo poco più che maggiorenni, ci piacerà ancora e ci renderà felici quando saremo alle porte della pensione.
    Il segreto è accettare la realtà delle cose, e farsene una ragione il prima possibile, slegandoci così dall'obbligo morale di "rendere giustizia" al tempo speso e all'impegno profuso in passato in un determinato progetto.
    Questi sono costi sommersi o irrecuperabili, ed il rischio è quello di rimanere prigionieri del proprio passato.
    E' un problema non da poco, in un mondo in cui le persone cambiano con il tempo.
    Bisogna allora accettare l'idea che gli obiettivi finanziari che ci siamo prefissati quando eravamo delle persone diverse vadano abbandonati senza pietà.
    L'alternativa sarebbe eventualmente quella di lasciarli sopravvivere e trascinarli avanti, ma questo è un ottimo modo per crearsi dei rimpianti futuri.
    Prima si prende coscienza di questa cosa, prima si potrà rimettere in moto il potere dell'interesse composto e dell'effetto cumulativo.

    Nella 7in7 del 30 Giugno scopriremo allora quanto costa il biglietto di ingresso all'effetto cumulativo.
    Perché "Niente è gratis: ogni cosa ha un prezzo, ma non tutti i prezzi sono scritti sull'etichetta".
    Ci si rilegge presto!
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    7 - SONO TORNATI I CLIENTI, NON LE SPUMEGGIANTI VALUTAZIONI

    Sharing economy deriva dal verbo inglese to share, condividere
    E', letteralmente, l'economia della condivisione di beni e servizi, di cui si può usufruire in modo gratuito o a pagamento.
    Perché perdere tempo e denaro per comprare le cose, quando si possono usare quelle altrui condivise e messe in rete? 
    E' così che Airbnb è diventato più potente della catena di hotel Hilton, senza possedere nemmeno una stanza.
    E' così che Uber è diventata la più grande flotta del mondo, senza possedere un'automobile.

    Generare rendita, in sostanza, senza detenere asset i cui costi gravano sui bilanci.
    Per un pò questa cosa ha funzionato.
    Almeno fino alla pandemia del 2020.

    Sono passati nel frattempo 23 anni dalla pubblicazione de "L'era dell'accesso", il libro in cui l'economista Jeremy Rifkin prediceva un cambio di paradigma economico con il tramonto del capitalismo della proprietà, a tutto vantaggio del capitalismo dell'accessibilità .
    Rifkin, in realtà, si rivolgeva alla condivisione della conoscenza. 
    Non poteva immaginare, in un'epoca ancora priva di smartphone ed iPhone, che questo concetto si sarebbe traslato anche su hotel e auto, o sulla moneta (le criptovalute hanno alla base un concetto di condivisione e collaborazione tra utenti).
    Con la pandemia sono arrivati addirittura i servizi in condivisione: Uber eat, Deliveroo, Glovo, sono attività che si basano tutte sul medesimo modello di business: non c'è bisogno di possedere bici o scooter, e nemmeno di avere dipendenti, se un esercito di "formiche" collegate ad una piattaforma, possono correre con i propri mezzi da A a B per consegnare il cibo a tempi da record.

    Per un pò la sharing economy ha funzionato eccome.
    Anche in Borsa.
    Forse anche troppo.
    Ora le valutazioni di mercato in merito a questi "non-asset" si sono fatte più tiepide, e gli entusiasmi si sono smorzati.
    Deliveroo si è quotata nel 2021 e le sue azioni sono passate da 3,86 sterline nel momento di massima valutazione ai 92 pence di questi giorni.
    "From Hero to zero" ha ironizzato qualcuno in Borsa.
    Glovo, che nello stesso periodo aveva pensato alla quotazione in Borsa, ha imparato la lezione di Deliveroo e l'IPO, prevista tra il 2022 e il 2023, non è mai arrivata.
    Uber ha naturalmente risentito della pandemia, quando le città si sono svuotate e nessuno poteva spostarsi.
    Nonostante la successiva ripresa della normalità, l'azienda ha perso il 50% del proprio valore del 2021, collocandosi ora poco sopra ai valori minimi toccati in pandemia.
    Anche Airbnb non risolleva il capo: l'azione negli ultimi tre mesi ha toccato i minimi storici per risalire ora sui 106 dollari, un valore dimezzato rispetto al 2020, mai toccato nemmeno durante il lockdown.
    Anche qui, come per Uber, i clienti sono tornati.
    Sono però le valutazioni finanziarie fin troppo spumeggianti a non aver fatto ritorno.
    Anche Zoom, d'altra parte, la società che più di tutte ha rappresentato la condivisione dell'ufficio durante il lockdown, vale oggi 66 dollari dopo aver superato addirittura i 500 durante la pandemia.
    Siamo, ovvero, al 15% del suo valore massimo.

    Allora, forse, non possiamo ancora parlare di "bolla" della new economy.
    Ma certamente nemmeno di un nuovo capitalismo dell'accessibilità e della condivisione...
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    Concludo questa mia 7in7 informandoti che, dopo settimane di trattative, e a pochi giorni dal possibile baratro, è stato raggiunto un accordo preventivo sul tetto del debito americano.
    Questo permetterà al Tesoro di aumentare per i prossimi 2 anni il proprio livello di indebitamento, ed emettere così nuovi titoli del debito pubblico per pagare tutti i creditori.
    Un compromesso che non accontenta le parti in causa, repubblicani e democratici, utile però ad evitare il primo default nella storia degli USA.

    Ti auguro un sereno (lungo) fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide