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www.davideberto.it2024-10-11
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    Voglio dedicare l'apertura di questa mia 7in7 a una riflessione relativa a un dato letto nei giorni scorsi.
    Gli italiani che hanno assicurato la propria casa sono poco più di 1 su 3.

    E' una cosa, a mio avviso, inaccettabile e intollerabile.
    Ci hai messo i tuoi risparmi, ci hai messo magari vicino un mutuo a 20-30 anni, è probabilmente il tuo principale (forse anche unico) asset patrimoniale, e non lo hai assicurato???
    Ti stai magari preoccupando dei 5.000 € investiti in un fondo azionario internazionale, e non ti sfiora l'idea che la mancata protezione del tuo unico (o comunque più importante) attivo patrimoniale possa produrre danni irrecuperabili...

    Non c'è niente che meriti più rispetto e più priorità della protezione!
    Il problema è accorgersene poi spesso con doloroso ritardo.
    Ricordalo sempre: la protezione dai rischi è la base, il punto di partenza, di un ben costruito percorso di pianificazione finanziaria.

    Detto questo, ti auguro una piacevole lettura.
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    1 - COMODO = STUPIDO

    Il bravo e famoso psichiatra Paolo Crepet, tende spesso a ricordare che "tutto ciò che è comodo, è stupido".
    Questa considerazione vale naturalmente anche in campo finanziario.
    Lasciare eccessiva liquidità (se non serve nel breve periodo) ferma in conto corrente è tanto comodo, quanto molto stupido.
    Investirla, accettandone di conseguenza le oscillazioni nel tempo, con l'obiettivo di valorizzarla nel medio-lungo periodo per il nostro futuro, è molto scomodo quanto molto intelligente.

    Perché Cristoforo Colombo, invece di salpare alla ricerca dell'oriente, navigando però verso occidente e scoprendo così l'America, non è rimasto a casa sua comodo e tranquillo?
    Chi gliel'ha fatto fare di attraversare mari in tempesta, luoghi sconosciuti, e seguire scomode rotte di navigazione?
    Eppure, ecco che da un'azione certamente impegnativa, complicata ed anche folle, è arrivata la scoperta dell'America.
    Ma questo accade un pò in tutti i campi...

    Perché Leonida, invece di accontentarsi di scolpire una statua a grandezza d'uomo, si è imposto di realizzare il volto del Cristo Redentore, opera di 38 metri, ed ergerla sopra la città di Rio de Janeiro?
    Certo, nel realizzare questi folli progetti non tutto è stato facile e privo di imprevisti.
    Anzi, il contrario.
    Gli imprevisti sono stati sicuramente molti, così come la fatica richiesta, il sacrificio e gli ostacoli, di volta in volta da superare.
    Eppure, oggi ci godiamo tutte queste meraviglie, mentre non ci vengono in mente molte altre opere anonime, comodamente realizzate e quindi poco comunicative.

    Ecco, nella pianificazione finanziaria è la stessa cosa.
    La volatilità dei prezzi da digerire sul capitale investito è importante, così come il rischio di incontrare strada facendo dei momenti, più o meno profondi, di discesa dei prezzi, o ancora, dei veri e propri "Cigni Neri".
    Investire è in sostanza molto scomodo e di certo non facile.
    Ma per questo, se fatto ovviamente con le dovute accortezze, molto, molto intelligente.
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    2 - "PRIGIONIERO" DEL PROPRIO PASSAPORTO?

    La nostra premier Giorgia Meloni, ha recentemente annunciato una campagna per l'italianizzazione del debito pubblico: se molti più cittadini investissero nei nostri titoli di Stato, diminuirebbe la dipendenza dagli investitori-creditori stranieri.

    E' questa una ricetta applicata da molto tempo a Tokyo, dove la quasi totalità delle emissioni governative è nei portafogli dei residenti giapponesi.
    Oggi, nel nostro paese, le famiglie possiedono direttamente circa il 7% dei titoli di Stato in circolazione.
    L'intento della presidente del Consiglio è lodevole, anche patriottico se vogliamo, ma sconta una pericolosa semplificazione nell'analisi dell'andamento economico e nel comportamento razionale degli investitori.
    E' vero che una nazionalizzazione del debito rappresenta una sorta di scudo, più simbolico che reale, ad eventuali futuri choc.
    Ma non ci si può illudere che l'investitore italiano, in un mercato dei capitali molto più aperto degli anni Settanta (quando il debito era soprattutto nazionale, in Lire, e molti Bot erano posseduti direttamente dalle famiglie), si comporti molto diversamente da uno estero.
    L'investitore, sia esso italiano o straniero, non è prigioniero del proprio passaporto.
    L'investitore, sia esso italiano o straniero, non accetta di perdere e si cautela dai rischi.

    Il prossimo è certamente un periodo cruciale per la gestione della finanza pubblica.
    Il Tesoro vedrà infatti ridursi gli acquisti da parte della Banca centrale europea (possiede attualmente, attraverso la Banca d'Italia, circa 1/3 dell'intero debito pubblico), e nell'anno in corso sarà chiamato a collocare, tra rinnovi e nuove emissioni, titoli di debito per un importo tra i 310 e i 320 miliardi.
    L'economia sembra andar meglio del previsto, e gli incassi fiscali, seppur gonfiati dall'inflazione, crescono a un tasso a due cifre.
    Va considerato che i titoli di Stato hanno già un trattamento privilegiato, in termini di tassazione, rispetto agli altri strumenti finanziari (12,50% contro il 26%).
    Attenzione però a non agitare troppo, e inutilmente, la bandiera.
    L'investitore è apolide.
    E la diversificazione è centrale nella costruzione di un buon portafoglio d'investimento.
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    3 - LE CONSEGUENZE DEI DEFAULT

    Nella mia 7in7 del 7 Aprile, ho ritenuto opportuno raccontarti, spero in maniera chiara e comprensibile, di quanto accaduto nelle scorse settimane a Silicon Valley Bank e a Credit Suisse.
    Oggi voglio invece spiegarti cosa accade ai soci (gli azionisti), ai creditori (gli obbligazionisti), ed ai clienti (correntisti e investitori), quando si verificano default bancari ed eventi di questa portata.
    Andiamo!

    - GLI AZIONISTI O SOCI
    In caso di fallimento di una banca (o di un'azienda) sono "l'ultima ruota del carro".
    A loro rimangono infatti le eventuali briciole. 
    Non c'è tutela prevista per chi decide di investire nel capitale di un'azienda, diventandone di fatto socio.
    Nel caso di Credit Suisse, l'azione vale ora 0,85 franchi svizzeri, con perdite del 90% negli ultimi 12 mesi e del 95% negli ultimi 5 anni.
    E' già tanto che l'azione non sia stata azzerata.
    L'azione di SVBank è stata invece proprio cancellata e delistata, con gli azionisti che hanno perso tutto quanto investito nel titolo.

    - GLI OBBLIGAZIONISTI O CREDITORI
    Gli obbligazionisti sono coloro che prestano capitali alla banca (o all'azienda), in cambio della promessa del pagamento di un interesse, e della restituzione della somma a scadenza del titolo obbligazionario.
    Ci sono diverse tipologie di obbligazioni in circolo. 
    Le obbligazioni senior, quelle "normali", sono le più protette, e chi le detiene potrebbe anche non perdere nulla nel caso in cui sia rimasta liquidità a sufficienza in pancia all'azienda fallita (o incorporata) da rimborsare gli investitori.
    Gli obbligazionisti senior di Credit Suisse, ad esempio, sono stati tutelati al 100% e non perderanno nulla di quanto prestato a suo tempo alla banca. 
    Le obbligazioni subordinate sono invece quelle che vengono rimborsate in seconda battuta, solo se rimane della liquidità dopo aver soddisfatto gli obbligazionisti senior.
    Essendo così dei titoli più rischiosi, pagano delle cedole più elevate rispetto alle obbligazioni normali.
    Le obbligazioni convertibili sono poi un'ulteriore, particolare categoria di titoli di debito, ancora più remunerativa, e pertanto ancor più rischiosa, prive di protezione e tutela con il rischio, per chi le ha sottoscritte, di veder perdere completamente il loro valore in caso di fallimento della banca o azienda emittente.

    > Azionisti e obbligazionisti hanno investito SULLA banca.
    Se la banca va male, possono perdere (in tutto o in parte) quei soldi investiti.

    - I CORRENTISTI O NORMALI CLIENTI
    Chi ha soldi depositati sui conti correnti, sia di Credit Suisse ma anche di SVBank, non perde nulla.
    Anche i depositanti sono tecnicamente e teoricamente dei creditori della banca, ma, nella pratica, venire meno all'obbligo di restituzione dei depositi sul conto significherebbe innescare una sistemica crisi di sfiducia nei confronti dell'intero sistema.
    Governi e regolatori conoscono bene questo aspetto, e prima di far perdere anche solo 1€ ad un depositante ci penseranno bene.
    Per questo, le autorità svizzere e quelle americane sono state molto attente a tutelare chi aveva semplicemente "parcheggiato" le proprie disponibilità, senza l'intento di investire o speculare.
    Il governo Biden, in particolare, è intervenuto per garantire le somme di tutti i correntisti, anche di quelli che avevano ben più di 250mila $ in conto corrente (soglia limite prevista dalla normativa statunitense per essere completamente protetti).
    In Italia la soglia di protezione in conto corrente è di 100.000 € per singolo cliente. 

    > I correntisti non hanno investito.
    Se la banca dove hanno depositato i loro risparmi versa in cattive condizioni, è molto poco probabile (certo, non impossibile) che perdano i loro soldi.
    Sono i primi ad essere garantiti.

    - GLI INVESTITORI IN ALTRI STRUMENTI
    Chi, invece, ha investito in strumenti finanziari (ETF, fondi comuni, azioni e obbligazioni di altre società quotate) collocati dalla banca e depositati sul dossier titoli dell'istituto intermediario, non soffrirà alcuna perdita.
    I soldi di questi investitori non sono in alcun modo negli attivi dell'istituto, ma investiti anche tramite Società di Gestione del Risparmio (SGR) in una pluralità di titoli.

    > Gli investitori hanno investito CON la banca.
    I loro soldi non sono finiti nel patrimonio della banca stessa, e non sono pertanto aggregabili nel caso di un suo dissesto.

    Queste differenze vanno tenute bene a mente prima di depositare o investire i propri soldi.
    Possono ricordarci l'importanza della diversificazione, per investire con cognizione di causa e non "innamorarsi" di un singolo titolo o di una singola azienda, per quanto promettente possa essere.
    Possono ricordarci l'importanza di una corretta informazione, per non cadere nel panico quando accadono eventi come quelli recenti.
    Possono ricordarci, infine, quanto sia importante rivolgersi a dei professionisti formati e fidati per la gestione dei risparmi, ed anche, possibilmente, per aumentare la propria conoscenza ed educazione finanziaria.
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    4 - MA IL FONDO PENSIONE, SERVE "SOLO" PER LA PENSIONE?

    Come tutti sappiamo, lo strumento Fondo Pensione nasce con l’obiettivo di costruire un'integrazione a quel reddito di primo pilastro, la pensione pubblica, che tutte le evidenze dicono sarà sempre meno generoso in futuro.
    Tuttavia, in aggiunta questa importantissima e non certo trascurabile funzione, ce ne sono altre, almeno 4, ai più sconosciute.
    Vediamole assieme!

    1. IL FONDO PENSIONE SERVE ANCHE PER COSTRUIRE L’ALTRUI PENSIONE
    Pensiamo infatti a un genitore (oppure anche ad un nonno) che desideri lasciare al proprio figlio (o nipote) qualcosa di utile, di tangibile, qualcosa che vada oltre la propria presenza e che duri davvero nel tempo.
    Il Fondo Pensione non sarà per sempre, ma in molti casi sarà certamente per tanto, tanto tempo.
    Pensare allora di attivare un accantonamento-investimento nel lungo o lunghissimo termine, ha un valore straordinariamente importante non solo per il vitale bisogno delle giovani generazioni di costruirsi un pilastro integrativo privato, ma anche perché, se combiniamo la performance che i mercati sanno realizzare nel lungo periodo al principio di capitalizzazione composta, è facile capire che questo mix può davvero sprigionare un valore enorme.
    Basterebbe infatti considerare un versamento anche molto modesto nel suo importo, ma fatto per decenni, e si capirebbe subito come l’effetto mercato diventerebbe dominante, capace di restituire un contributo ben superiore rispetto ai premi versati.
    Il Fondo Pensione è quindi davvero un grande gesto di attenzione e di amore nei confronti delle persone care.
    Il Fondo Pensione fa bene alle persone a cui vuoi bene!

    2. IL FONDO PENSIONE FUNGE DA STRUMENTO DI PROTEZIONE
    Molti bancari, molti assicurativi, ma anche molti consulenti, sono soliti a chiamare in causa le polizze vita come strumenti impignorabili e insequestrabili, con il solo obiettivo di vendere il prodotto.
    Non sempre la giurisprudenza le ha però considerate tali. 
    In talune circostanze, queste caratteristiche di protezione sono venute meno.
    Al di là di questo, se le polizze vita vengono (qualche volta) a ragione considerate come efficaci strumenti di protezione, allora il Fondo Pensione non è certo da meno.
    Anzi.
    L’ordinamento ne sancisce infatti l’intangibilità.
    Un'intangibilità che diventa addirittura assoluta in fase di costruzione della ricchezza pensionistica.
    In sostanza, nessuno può mettere mano ad un Fondo Pensione nella sua fase di versamento ed accumulo del capitale.
    Il Fondo Pensione è pertanto anche un grande strumento di protezione patrimoniale!

    3. IL FONDO PENSIONE E’ UNO STRUMENTO UTILE IN OTTICA SUCCESSORIA
    Il momento di fruizione della prestazione pensionistica è ad esclusiva discrezione dell’aderente.
    Il quale, dunque, può ben decidere di utilizzare il capitale costruito al momento del pensionamento in forma di rendita, in forma mista rendita-capitale, in talune circostanze anche al 100% in forma di capitale. L’aderente può però anche decidere di non utilizzare quel capitale, e convertirlo così in uno strumento di passaggio generazionale della ricchezza, con uno o più precisi beneficiari che trarranno profitto della prestazione finale nel momento in cui l’aderente passerà a miglior vita.
    Il Fondo Pensione consente così di velocizzare e snellire il passaggio di una quota della ricchezza di una persona.

    4. IL FONDO PENSIONE COME STRUMENTO AL SERVIZIO DELL’IMPRESA
    Nelle aziende di medie e grandi dimensioni, con almeno 50 addetti, il flusso del TFR va al fondo di tesoreria dell’INPS e non rimane pertanto nelle effettive disponibilità dell’azienda.
    Se il dipendente opta invece per la previdenza complementare, è questa la destinazione del suo TFR.
    Se l’azienda ha invece meno di 50 dipendenti, il flusso del TFR non destinato ai Fondi Pensione viene spesso usato come fonte di autofinanziamento. 
    Tenendo quel TFR "in casa", però, l’azienda si fa carico dell'obbligo di rivalutarlo annualmente almeno dell’1,5% + il 75% dell’inflazione.
    Di questi tempi non stiamo parlando di poco: nel 2022 il tasso di rivalutazione a carico dell’azienda ha sfiorato il 10%!
    Se questo flusso va invece a previdenza complementare, non è affare dell’impresa (ma del Fondo) la rivalutazione della somma.
    Oltre a questo, nel versare il TFR del dipendente a Fondo Pensione, sono presenti tutta una serie di sgravi contributivi e fiscali che l'azienda può sfruttare.
    Infine, mentre il TFR che rimane "in casa" è un debito a bilancio dell’azienda, quando lo stesso va a previdenza complementare c’è una posta in attivo nel bilancio che lo migliora e lo alleggerisce, rendendolo così più attraente anche agli occhi del sistema bancario.

    Concludo con una considerazione personale: certamente la pensione è un diritto, ma, allo stesso tempo, dev'esser vista anche come un progetto di risparmio!
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    5 - COME NON CADERE IN TRAPPOLA: VADEMECUM

    Nella mia 7in7 del 24 Marzo, sempre all'articolo numero 5, ho voluto raccontarti e spiegarti di come le truffe finanziarie abbiano fatto negli ultimi tempi un deciso salto di qualità.
    Dietro telefonate e pubblicità ingannevoli online, si nascondono sempre più importanti organizzazioni criminali, il cui intento è quello di carpire la nostra fiducia dietro promessa di facili guadagni, per poi spazzolarci il conto corrente.
    L'educazione finanziaria e la prevenzione sono il principale antidoto per non cadere vittime di questi fenomeni.
    La prima regola è quella di evitare di mettere in moto la truffa.
    Eccoti alcuni consigli da seguire.

    1. OCCHIO AL WEB
    Le pubblicità che promettono facili guadagni in tempi rapidi vanno sempre viste con sospetto.
    Nessuno, ripeto, nessuno, può prevedere cosa accadrà sui mercati.
    Nessuno può quindi garantire ritorni certi, soprattutto su asset molto volatili e rischiosi come le criptovalute.
    Quando si incorre allora, sul web o su altri mezzi di comunicazione, in queste pubblicità, meglio girarsi dall'altra parte.

    2. RIAGGANCIA IL TELEFONO
    Altro deciso campanello d'allarme è quello delle telefonate ricevute da soggetti non meglio identificati, che promettono operazioni di investimento con guadagni stratosferici in tempi ristretti.
    Non dare seguito a queste telefonate.
    Segnalale eventualmente alle autorità competenti.
    Sarebbe anche importante capire come gli autori della (quasi certa) truffa siano entrati in possesso del nostro numero.

    3. NON TUTTO (MA QUASI) E' TRUFFA
    Nel mercato lavorano infatti anche dei broker autorizzati, il cui elenco si trova sul sito della Consob.
    Si tratta di soggetti che fanno da intermediari con i mercati finanziari.
    Di certo non possono dare garanzia di rendimenti sugli investimenti.

    4. TEMPI BREVI? NO GRAZIE!
    Investire è un percorso di lungo periodo.
    Amo dire che l'investimento è una lunga maratona, non certo una gara dei 100 metri piani.
    Una sana logica di investimento richiede un principio fondamentale che è quello della diversificazione.
    Diversificazione per contenere il rischio, e per rimettersi il più possibile alle dinamiche di mercato, per natura imprevedibili, uniche a creare rendimento.
    Nessuno, lo ripeto, può garantire ritorni certi ed esorbitanti sugli strumenti finanziari.
    Partendo da questo assunto è più facile evitare di cadere in trappole illusorie.

    5. NEL DUBBIO, FATTI SEGUIRE (DA UNO BRAVO)
    Se non ci si sente pronti e non si conoscono gli strumenti utili ad investire e a far lavorare le proprie disponibilità, è opportuno rivolgersi ad un Professionista.
    Consiglio anche eventualmente di sentire più campane, per farsi un'idea e per ricevere più pareri e informazioni.
    Ma non affidarti a chi ti promette facili guadagni privi di fondamento secondo le normali logiche dei mercati finanziari.
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    6 - COERENZA E PAZIENZA PER UN ROSEO FUTURO POST NBA

    Uno studio di Sports Illustrated ha stimato che più della metà dei giocatori NBA, con ingaggi milionari, finisce poi in rovina entro 5 anni dal ritiro.
    Ripeto: più della metà, in rovina.
    Degna di nota, ma in senso opposto, è la storia dell'ex cestista Junior Bridgeman che, tra gli anni 70 e 80, ha militato per 12 anni nel principale campionato professionistico americano, vestendo prima la maglia dei Milwaukee Bucks, per concludere poi la carriera militando nei Los Angeles Clippers.
    Bridgeman non era una star dell'NBA, ma uno dei migliori sesti uomini, tanto che, per 9 stagioni consecutive, fu capace di segnare una media di oltre 12 punti a partita partendo dalla panchina.
    Junior detiene il record di partite giocate con la franchigia dei Milwaukee Bucks, ma ne iniziò soltanto 105.
    Erano anni in cui l'NBA ancora non staccava assegni da capogiro come accade oggi, ma in ogni caso Bridgeman, nel 1985 a fine carriera, ottenne un compenso di tutto rispetto pari circa a 350mila $. 
    Non era poco per quegli anni...

    Ma la sua carriera post-NBA sarebbe stata molto più redditizia.
    Al contrario di diversi atleti giunti ai massimi livelli, Bridgeman si rese infatti conto che la sua carriera da cestista sarebbe terminata ben prima del raggiungimento dell'età pensionistica, ed iniziò così a seminare per il proprio futuro mentre ancora calcava i campi da gioco, aprendo in franchising un fast-food della sua catena preferita, Wendy's.
    Mentre i suoi compagni si godevano la vita da star del basket, Bridgeman, in sostanza, pianificò per tempo, servendo anche patatine nel suo ristorante e imparando a gestire un business
    Prima del suo ritiro, era arrivato ad aprire e gestire 3 ristoranti Wendy's.
    Nel corso degli anni, quei ristoranti divennero 6, poi 10, poi 20...
    Oggi, 35 anni dopo, Bridgeman gestisce più di 160 ristoranti Wendy's, 120 ristoranti Chili's, e possiede anche un impianto di imbottigliamento che lavora per Coca Cola.
    E' un imprenditore a tutto tondo, con un patrimonio stimato di 600 milioni di $.
    Ad oggi, uno dei 5 ex atleti più ricchi al mondo.

    Tutto ciò non è certo merito del fatto che Bridgeman fosse ricco e famoso.
    La quantità di soldi a disposizione non garantisce affatto la prosperità economica, e gli esempi eclatanti del pugile Mike Tyson e dell'attore Nicolas Cage lo dimostrano perfettamente. 
    Nemmeno l'intelligenza è un fattore determinante: Robert Merton e Myron Scholes sono due premi Nobel, sicuramente non due stupidi pertanto, ma ciò non ha impedito loro di perdere miliardi di dollari quando il loro modello matematico fallì, mandando gambe all'aria il fondo Long Term Capital Management.
    Bridgeman ed altri famosi esempi, dimostrano allora che a fare la differenza è il temperamento.
    Coerenza e pazienza sono i due ingredienti principali che hanno permesso di generare e mantenere la ricchezza, superando la "prova del tempo".
    Al contrario, chi non ha saputo avere queste doti è finito spesso in rovina, dilapidando ingenti ricchezze.

    Coerenza e pazienza sono anche le "doti" che ogni investitore è chiamato ad avere per trarre i migliori frutti dalle sue strategie di investimento e pianificazione finanziaria.
    Non è certo facile essere coerenti e pazienti, ma si può certamente imparare ad essere un "Junior Bridgeman degli investimenti", specialmente se ci si affida ad un bravo coach, un bravo Consulente Finanziario che sappia affiancare, sostenere e motivare i propri clienti nel lungo percorso della pianificazione finanziaria.
    Ragionando sempre possibilmente per obiettivi.
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    7 - FONDI DI DOTAZIONE

    Poco conosciuti in Italia, ma decisamente più numerosi e diffusi nei paesi anglosassoni, i fondi endowment (in italiano "fondi di dotazione") raccolgono le, spesso ingenti, somme donate alle organizzazioni no-profit, necessarie a finanziare la loro missione complessiva.

    La loro storia risale al XVI secolo, quando le più facoltose famiglie americane iniziarono a creare dei trust per preservare e tramandare il proprio patrimonio di generazione in generazione.
    I fondi di dotazione sono tipicamente strutturati in base a rigidi obblighi contrattuali e stringenti regole che devono essere seguite dall'organizzazione senza scopo di lucro, garantendo ovviamente la massima trasparenza nella gestione delle somme.
    Somme che vanno gestite con l'obiettivo di generare rendimenti sufficienti a mantenere il potere d'acquisto del capitale stesso, riuscendo al contempo a coprire le correnti spese operative e gli investimenti migliorativi delle organizzazioni.

    La principale caratteristica di questi fondi è che il capitale non può essere utilizzato per la copertura delle spese correnti, ma va preservato e fatto rendere. 
    Solo interessi e dividendi possono infatti essere utilizzati per sostenere le spese gestionali, ma anche per apportare migliorie, come la costruzione di nuove strutture o l'espansione del business (nuovi programmi accademici, ad esempio, nel caso di atenei). 
    I fondi di dotazione sono per lo più associati a organizzazioni come universitàborse di studio, ospedali e chiese.
    Proprio le università americane, in particolare, raccolgono spesso e volentieri donazioni di ex alunni generosi e ricchi, a cui fa piacere donare ogni anno delle cifre per migliorare l'ateneo che li ha formati.
    Anche per questo, ad oggi, i primi tre endowment per capitali gestiti a livello globale sono controllati da università americane: Harvard (con ben 49,4 miliardi di  dollari), Texas System (con 42,7 miliardi) e Yale (con 41,4 miliardi). 
    Cifre decisamente importanti, generalmente gestite con un'ottica di lungo termine sovrappesando gli investimenti azionari e i private asset, a discapito invece delle obbligazioni.
    Anche per questo le performance 2022 di questi colossi finanziari sono state decisamente migliori di quelle del mercato finanziario "tradizionale": se pensiamo infatti che un classico portafoglio 60-40 (60% azioni e 40% obbligazioni) ha perso lo scorso anno quasi il 16%, i fondi endowment hanno perso, in media in aggregato, l'8% nello stesso periodo.
    Mentre i più grandi fondi di dotazione, quelli con un patrimonio in gestione superiore al miliardo di dollari, hanno perso in media solamente il 4,5%.

    Laddove possibile sarebbe allora il caso di investire e pianificare il proprio futuro finanziario con la logica gestionale dei fondi endowment: più investimenti azionari e alternativi in portafoglio, con una logica orientata al lungo termine.
    Consapevoli che l'economia del mondo, nel lungo periodo, non farà altro che crescere.
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    Anche per questa 7in7 è tutto.
    Il prossimo appuntamento con la mia newsletter 15nale è fissato per Venerdì 5 Maggio.
    Qualche anticipazione?
    Tornerà la mia rubrica dedicata al libro "La Psicologia dei Soldi" col riassunto del capitolo numero 13.
    Ti parlerò poi del (non certo banale) tesoretto delle Coop, e ti racconterò di un pò di storia della finanza con l'articolo dedicato al panico del 1825.

    Ti auguro un sereno fine settimana e un buon 25 Aprile!
    Un caro saluto.

    Davide