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www.davideberto.it2024-10-11
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    A quanto pare, la stragrande maggioranza degli italiani non ha la minima idea di quanto paga per avere un servizio di consulenza finanziaria.
    Lo ribadisce Consob: su un recente campione di circa 1.500 intervistati, solo il 35% è consapevole del fatto che la consulenza è, per forza di cose, un servizio a pagamento.
    A rimarcare la scarsa percezione dei costi della consulenza, ci sono anche altre due sconcertanti evidenze: gli investitori prestano scarsa attenzione ai costi sia al momento della scelta del consulente (solo il 4% degli intervistati, assistiti da un professionista, dichiara di prestarne attenzione), sia ai fini della valutazione della prestazione ottenuta (in questo caso la percentuale è all'8%).

    Gli stessi investitori, in tutto questo, devono però fare la loro parte prestando più attenzione.
    Nulla è gratis,
    Tutto inevitabilmente si paga.
    Niente e nessuno può tutelarti più di te stesso.
    Anche solo chiedendo spiegazioni sui costi, senza pagare supinamente.
    Te lo dico da Consulente: prova a chiedere ogni volta al tuo consulente che costi ci sono e quanto guadagna dalla vendita del prodotto che ti sta consigliando!
    Se reticente nella risposta (o peggio, se ti dice che non ci sono costi...), non farti scrupoli: cambia alla svelta interlocutore nella gestione del tuo patrimonio finanziario.

    Il risparmiatore deve necessariamente comprendere e rendersi conto dell'impatto che le commissioni pagate hanno sui suoi investimenti.
    C'è sempre la possibilità di pagare di meno, ed ottenere comunque un servizio ugualmente di livello.
    Magari anche di livello più alto...

    Ti auguro una piacevole lettura.
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    1 - ALLA RICERCA DEL MOMENTO GIUSTO...

    "Non passare tanto tempo cercando di scegliere l'occasione perfetta ... rischi di perdere l'occasione giusta!".
    Questa frase pronunciata da Michael Dell, fondatore dell'omonima azienda di computer, racchiude in poche parole un concetto a mio avviso importantissimo, soprattutto nel campo degli investimenti.
    Molto spesso, in questi anni, mi è capitato di parlare con persone che, spaventate magari dall'andamento dei mercati in quel preciso momento, hanno poi preferito rimandare i loro possibili investimenti, nell'attesa di tempi migliori.

    Già, tempi migliori...
    Ma (se poi c'è) qual é il momento giusto per investire?
    In altre parole, quand'é che ci sono quelle condizioni prive di rischio per cui si possono investire i propri soldi senza dover sopportare le tipiche oscillazioni dei mercati finanziari?

    Ancora oggi, molti investitori pensano agli anni '70 e '80 come a una sorta di periodo d'oro per gli investimenti.
    In quegli anni si poteva infatti acquistare un Buono Postale o un Btp, attendere tranquillamente la scadenza, anche decennale, e vedere così rivalutato non di poco il proprio gruzzoletto, senza la percezione di un rischio di fondo.
    Una condizione magica e idilliaca nella quale vivere e investire tranquilli, senza ansie e senza preoccupazioni.
    Insomma, rendimenti certi e senza sorprese.
    Oggi, al contrario, come risulta anche dall'ultimo Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane reso pubblico poche settimane fa, ben l'80% degli intervistati ritiene complessa e fonte di ansia la gestione delle finanze personali.

    In questo viaggio a ritroso negli anni settanta e ottanta, tutti dimenticano però una cosa molto importante: l'inflazione del periodo.
    Dal 1973 al 1983 l'inflazione in Italia non scese mai sotto la doppia cifra percentuale.
    Toccando addirittura un picco del 24% nel 1974.
    Rendimenti reali (al netto del costo della vita) o rendimenti nominali (che non tengono in considerazione l'inflazione)?

    La voglia di eliminare il rischio (la volatilità e quindi le naturali oscillazioni dei mercati finanziari) dagli investimenti non è compatibile con la realtà delle cose.
    E' come chiedere di guidare la propria automobile, solo dietro la garanzia di non correre il rischio di incidenti.
    Come coltivare il proprio orto, ma solo se ci è assicurato il fatto che godremo di condizioni meteo favorevoli alla crescita dei nostri ortaggi.
    Quella volatilità che i risparmiatori-investitori percepiscono come rischio, è una condizione insita nel concetto stesso di investimento, e può essere mitigata soltanto da due fattori: il tempo e la diversificazione.

    Vediamo allora di dare una risposta alla domanda di partenza: troveremo mai, prima o poi, delle condizioni ideali per i nostri investimenti?
    Se il mio pensiero è quello di investire senza correre dei rischi, la risposta alla domanda è ovviamente MAI.
    Se, al contrario, sono in grado di accettare che la volatilità fa, per sua natura, parte del processo di investimento, allora SEMPRE.
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    2 - PROMESSA AZZARDATA?

    Un paio di settimane fa, si è fatto un gran parlare, seguito anche campagne pubblicitarie e sponsorizzate social, del nuovo Btp Italia come potenziale investimento in grado di proteggere dall'inflazione.
    Promessa impegnativa, visto e considerato il fatto che l'andamento dei prezzi al consumo (10% su base annua nel Gennaio scorso) continua a impoverire salari, stipendi e risparmi.

    Siamo disabituati da anni di bassa inflazione, e da tassi persino negativi, a ragionare in termini di rendimenti reali.
    Intere generazioni non hanno mai convissuto con l'inflazione a due cifre.
    Anche quando appariva trascurabile (sotto pertanto quel 2% che è l'obiettivo di medio periodo della BCE), il suo effetto cumulato negli anni, sul reale valore dei patrimoni, era tutt'altro che irrilevante.

    Ha fatto recentemente discutere, in ambito finanziario, la decisione della ministra dell'economia canadese di togliere dal proprio paniere di offerta di titoli pubblici gli strumenti Inflation Linked (i cui rendimenti sono pertanto collegati all'inflazione), per non suscitare negli investitori troppe attese e conseguenti delusioni.
    Perché dietro ad un titolo simile, la logica che ne genera il rendimento non è così semplice e lineare.

    Ad ogni modo, dal 2012, nel complesso delle 19 differenti edizioni, con i Btp Italia il Tesoro ha raccolto la bellezza di 203 miliardi di euro, il 46% dei quali (93 miliardi) assegnati alla normale clientela privata (cosiddetta retail).
    In quest'ultimo collocamento gli investitori istituzionali (banche, fondi & Co.) non hanno acquistato tutto l'ammontare a loro disposizione, limitandosi a sottoscrivere circa 1,35 miliardi del nostro debito pubblico, mentre i residui 8,6 miliardi sono stati sottoscritti dalle famiglie.
    Un record.
    Proprio adesso che la storica convenienza del Btp Italia inizia a vacillare...

    Perché non tutte le più recenti emissioni del Tesoro italiano hanno realmente protetto dall'inflazione.
    Anzi.
    Il Btp Italia emesso nel 2015 (tasso nominale dello 0,5%) in scadenza il prossimo 20 Aprile, incontrando nella sua vita 6 mesi privi di indicizzazione, ha consegnato nell'intero periodo un rendimento complessivo netto imposte del 16,7%, pari al 2% netto annuo.
    Nello stesso arco di tempo l'inflazione si è invece mossa del 18,2%, causando così una piccola erosione del potere d'acquisto di chi, a suo tempo, investì nel titolo.
    Per il Btp Italia che scade invece nel Maggio del 2025, si arriva ad una perdita di quasi 6 punti percentuali.

    Se negli ultimi 8 anni un investitore avesse invece investito sull'indice azionario mondiale (Msci World), si sarebbe, al contrario, largamente difeso dall'aumento dei prezzi.
    E ciò nonostante la crisi del 2018, quella pandemica, lo scoppio della guerra e una tassazione meno favorevole.
    Dall'Aprile 2015 l'indice mondiale delle Borse ha consegnato infatti una performance totale in euro del 59%.
    Il 5,7% annuo.
    Tolta la crescita dei prezzi al consumo (18,2%), resta un "apprezzabile" 41%.

    La copertura totale offerta e proposta dal Tesoro italiano rimane allora una promessa un pò azzardata.
    Come forse si nota in controluce nel pensiero della ministra canadese...
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    3 - LA TERRA DI TUTTI I SORPASSI

    Negli ultimi tempi, sembra che l'ombelico del mondo si stia spostando, pur rimanendo sempre nell'est del nostro globo...  
    Sono infatti piuttosto simbolici e significativi i due sorpassi che l'India ha di recente maturato: uno riguarda la demografia del paese, visto e considerato che l'India è recentemente diventata la nazione più popolosa della terra ai danni della Cina, l'altro è di carattere economico e risiede nel sorpasso del suo Pil su quello del Regno Unito.
    Non solo l'India oggi è il paese più popoloso del pianeta, ma è anche molto giovane.
    Più di metà degli oltre 1,4 miliardi di abitanti ha meno di 30 anni.
    Lato Pil, invece, oggi quello indiano è il 5° al mondo, e, secondo previsioni, tra due-tre anni supererà anche quello della Germania.
    Come non bastasse, stando alle recenti previsioni del Fondo Monetario Internazionale, nel 2023 la crescita economica indiana dovrebbe essere superiore a quella cinese.
    Delhi ha inoltre assunto la presidenza di turno del G20, ruolo che ne esalta ulteriormente l'importanza geopolitica.
    Il premier Narendra Modi sta gestendo, al momento, un capolavoro di equilibrismo, dimostrandosi filo-americano quando si tratta di contenere la Cina, pur rimanendo neutrale sull'Ucraina e mantenendo buoni rapporti con la Russia (da cui compra non solo gas e petrolio, ma anche armi).

    Se oggi tutti sembrano corteggiare l'India, non certo ultima la nostra premier Meloni che nelle settimane scorse è andata in visita alla corte di Modi, decenni di speranze passate sono però andati delusi.
    E' infatti da almeno 20 anni che il paese ci ha abituato a momenti di euforia, durante i quali viene designata come "la nuova Cina", salvo poi tradire sistematicamente le promesse.
    Sulla carta, l'elefante indiano ha dei vantaggi rispetto al dragone rosso: una popolazione in crescita continua e una forza lavoro più giovane, in buona parte anglofona.
    Ha inoltre delle eccellenze in campo tecnologico, ed ha acquisito prestigio e potere anche grazie alla sua diaspora, soprattutto verso gli Stati Uniti.
    Basti pensare infatti che al vertice dei colossi Big Tech a stelle e strisce ci sono persone di origine indiana (Sundar Pichai per Google, Satya Nadella per Microsoft), così come è indiano il nuovo presidente della Banca Mondiale Ajay Banga, in precedenza capo di Mastercard.
    Ed è di madre indiana anche l'attuale vice di Biden, Kamala Harris.

    Sul territorio indiano invece sono già più di un centinaio gli Unicorni, start up che valgono più di un miliardo di dollari.
    A questi dati strutturali, noti da anni, si è aggiunta una novità geopolitica che ha preso corpo negli ultimi anni.
    La nuova guerra fredda Usa-Cina ha portato a ripensare la globalizzazione, privilegiando le localizzazioni industriali in paesi amici, alleati o comunque affidabili.
    L'India, storicamente antagonista della Cina, è così in una posizione ideale per catturare i flussi di investimento di quelle multinazionali che vogliono ridurre la loro dipendenza dal Celeste Impero.
    Emblematico, in tal senso, è il caso di Apple, che attualmente assembla l'85% dei suoi iPhone proprio in Cina, ma che vorrebbe in futuro arrivare ad un 40% di produzione tra l'India ed il Vietnam.

    Ma, tra potenzialità e realtà dei fatti, c'è sempre stato un divario importante quando si parla di India.
    Il settore finanziario non sempre è trasparente, e questo frena terribilmente l'ingresso di capitali dall'estero.
    La limitazione dell'agibilità dei media pone un problema democratico, e alza il rischio che ciò che non funziona non sia portato all'attenzione pubblica.
    Non sono poi ancora stati superati i ritardi in settori chiave quali infrastrutture, logistica, energia ed efficienza della pubblica amministrazione, dove dilaga la corruzione ed una burocrazia pervasiva e penalizzante.
    Oltre a tutto questo, i blackout energetici hanno perseguitato le imprese indiane riducendone la produttività.
    Qualcosa, però, sembra stia cambiando: dal 2014, anno di insediamento del presidente Modi, le autostrade si sono allungate del 50%, gli aeroporti sono raddoppiati e i blackout dimezzati.
    In questo 2023, si stima, gli investimenti infrastrutturali avranno un ulteriore boom del 33%, e il clima economico appare un pò meno ostile nei confronti delle imprese private.

    Se le stelle sembrano allora allineate in modo (un pò più) favorevole, bisogna sempre mantenere il senso delle proporzioni: l'India rimane un'economia più piccola rispetto alla Cina, e meno "estroversa" perché il suo modello di sviluppo è stato trainato dalla domanda interna ed ha sempre avuto caratteristiche di autarchia.
    Basti pensare che quando la guerra in Ucraina provocò delle tensioni nelle forniture alimentari, l'India non esitò a bloccare le sue esportazioni di grano e farina, in modo da riservare la sua produzione al mercato interno e calmierare così i prezzi.
    Se l'attenzione verso il gigante asiatico è allora ai massimi, il futuro dell'India sulla scena globale sembra ancora tutto da scrivere...
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    4 - COSTRUZIONE DEL FONDO PENSIONE: GLI ERRORI CHE POSSONO GIOCARE CONTRO

    Quando si tratta di investimenti finalizzati alla pensione, molte persone tendono a commettere vari errori di percezione.
    Vediamoli assieme!

    > SHORT TERM BIAS
    E' questa l'esclusiva attitudine ai bisogni attuali e più vicini, con conseguente perdita di valore delle esigenze collocate più lontano nel tempo.
    "Adesso devo pensare a questo, per il fondo pensione c'è tempo, ora preferisco concentrarmi sull'oggi...".
    Molti tendono ad avvertire i versamenti sul proprio fondo pensione come una sorta di perdita in quel preciso istante, perché gli obiettivi per un futuro remoto restano spesso astratti.
    Ma quanto è profondo e non rimandabile il problema di cui non ti stai occupando?
    Quanto può essere facilmente risolvibile quel problema, da abitudini di risparmio che, se ti attivi quanto prima, possono costarti veramente poco?

    > STATUS QUO BIAS
    Si tratta della preferenza all'immobilismo da parte dell'individuo, convinto molto spesso che l'azione da fare sia poi foriera di conseguenze peggiori rispetto alla non azione.
    "Ho già fatto delle cose simili in passato, ma poi non sono andate bene e non ho avuto dei gran ritorni...".
    Ma quali sono i danni del non fare, dello star fermi?
    Il risparmio previdenziale non ha mai storicamente generato conseguenze peggiori dell'immobilismo!

    > HOME BIAS
    E' la fiducia nel sistema domestico, percepito come familiare, nostrano, a noi vicino.
    "Nonostante tutto, vedo che tutti stanno comunque andando in pensione, anzi, ci vanno anche anticipatamente (Quota 100, 101...) e dell'importo ricevuto non si lamentano affatto..".
    Siamo tutti tifosi del nostro stesso paese, ma il welfare pubblico sta, senza alcun dubbio, indietreggiando sempre più.
    Ti rendi conto che le pensioni, nel nostro paese, le paga chi sta lavorando?
    Vogliamo parlare allora dell'enorme problema demografico che sta impattando sull'Italia?

    > OVERCONFIDENCE
    E' l'eccesso di ottimismo, e la contemporanea sottovalutazione del problema.
    La convinzione del fatto che lo scenario negativo venga, in qualche modo, scongiurato.
    Pensare e dire che "lo Stato ha sempre pagato..." non è una valida strategia, perché, se in passato "ha sempre pagato", ciò non significa che continuerà a farlo anche in futuro.
    Quanto può valere allora partire il prima possibile con un proprio personalizzato percorso previdenziale pensionistico?
    Chi prima pianifica, ha poi la strada spianata davanti a se!

    > CONFIRMATION BIAS
    Con questo termine si intende l'attitudine a ricercare esempi, casi e informazioni, che confermano la propria tesi, e scartano così le evidenze che, invece, la smentiscono.
    "Ma il mio cugino, il mio amico, il mio vicino di casa ... è andato in pensione a 55 anni e prende una pensione di tutto rispetto...".
    Si tratta di evidenze molto parziali e trascurabili.
    Il deterioramento dell'intero contesto previdenziale è, ahimè, fuori discussione, e non può essere sottovalutato!

    > LOSS AVERSION BIAS
    La paura di poter perdere soldi nell'investire, porta all'immobilismo e a un inefficiente posizionamento finanziario.
    Per questo motivo, a 40-45 anni, un aderente su 2 dei fondi pensione è posizionato su linee garantite o comunque troppo prudenti rispetto al tempo a disposizione.
    Ricorda sempre che il fondo pensione è un piano di accumulo (PAC) pensionistico, e ci si versa periodicamente (TFR e/o contributi volontari).
    Davanti a un PAC l'eccessiva prudenza è una condanna, e più rischio corrisponde in realtà a meno rischio!

    Concludo con una frase che mi sta molto a cuore:
    "Chi non prova a costruirsi il futuro che desidera...deve accontentarsi del futuro che gli capita!".
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    5 - QUELLA MALEDETTA AVIDITA'...

    Le frodi sono sempre figlie dell'avidità.
    I truffati, senza possibilmente cadere in depressione, dovrebbero prendersela in primis con sé stessi.

    Cedere alle lusinghe dei facili guadagni, e cadere nel vortice del trading online, è questione di un attimo.
    Uscirne leccandosi le ferite, diventa invece un calvario.
    Spesso a far cadere nel tunnel è l'ingordigia e la paura di essere tagliati fuori da quella che viene dipinta come l'occasione della vita.
    Senza distinzione di età, istruzione e classe sociale.
    Per operare sui mercati finanziari o, peggio, in criptovalute non è però possibile improvvisarsi.
    Trader non si diventa ricevendo regole di comportamento da un fantomatico tutor al telefono.
    Errori e perdite, spesso ingenti, sono sempre dietro l'angolo.
    Occorre quindi armarsi di tanta umiltà, e non lasciarsi sedurre dal martellante "corteggiamento" di operatori, che, a volte, possono anche agire per conto di intermediari autorizzati.

    Per i risparmiatori accalappiati telefonicamente o sul web, non è semplice distinguere le proposte farlocche da quelle dei cosiddetti "venditori di trading" autorizzati, che spingono l'interlocutore verso soluzioni di investimento in ogni caso complesse, che richiedono cautela, studio e un importante impiego di tempo.
    Il trading non è per tutti, e dal 2018 le varie piattaforme autorizzate sono obbligate a pubblicare le percentuali dei clienti con i conti in perdita: viaggiano tra il 71 e l'89%.
    In tutti i casi è bene non aprire conti senza leggere prima il relativo contratto.
    Ti possono dire che il contratto non serve, e che il rapporto con i clienti lo stabiliscono online e le informazioni saranno sempre disponibili sull'account aperto...
    Tutte balle!
    Quando ci si casca e si inizia ad operare, poi, funziona così: dopo i (solo apparenti) guadagni iniziali che invogliano ad investire somme sempre più importanti, arrivano le perdite.
    Quelle sì assai concrete.
    Bonus promessi mai visti, addebiti di costi ben diversi da quelli pubblicizzati, e avanti così...
    I soldi vengono trasferiti sui conti di falsi broker, per prendere, attraverso vari passaggi, la via dell'estero.
    E come per magia, le somme si volatilizzano.

    Le truffe del trading hanno fatto un deciso salto di qualità negli ultimi anni.
    Stanno infatti diventando sempre più strutturate, con dietro delle vere e proprie organizzazioni criminali, e cifre in ballo sempre più elevate.
    Secondo il bilancio 2022 della Polizia postale, ammontano a 93 milioni le somme sottratte con il falso trading online, per complessivi 3.057 casi.
    Numeri raddoppiati rispetto al 2021 (46 milioni di € spariti, per 1.652 casi).
    Valori che però non fotografano tutto il fenomeno, perché vengono conteggiati solo i fascicoli che danno vita a un procedimento: non solo denunce, ma anche sviluppi di indagini che si muovono dietro semplici segnalazioni dei cittadini, o da evidenze acquisite dalla Polizia.

    Per fronteggiare truffatori sempre più all'avanguardia, servono allora cittadini consapevoli.
    La prima regola dell'educazione finanziaria è quella di non inseguire facile guadagni.
    In finanza non ci sono pasti gratis.
    Basterebbe allora applicare questa piccola regola per evitare brutte sorprese.
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    6 - VORREI DONARE A MIO FIGLIO I SOLDI UTILI A COMPRARE CASA...

    Il patrimonio immobiliare è storicamente uno degli asset più importanti per le famiglie italiane.
    In molti casi, di gran lunga il più importante in assoluto.
    Sono ancora molti i genitori che aiutano i propri figli ad acquistare casa, spesso ritenendo che sia sufficiente far loro un bonifico o consegnargli un assegno, senza ricorrere pertanto ad altre formalità.
    Agiresti anche tu in questo modo?
    E' umanamente comprensibile, ma non è questa la strada corretta da seguire.
    Vediamo allora assieme quali sono i passaggi necessari per donare al proprio figlio le somme necessarie all'acquisto di un immobile, senza incorrere in problematiche di natura fiscale o successoria. 

    La procedura corretta è quella di inserire nell'atto di acquisto dell'immobile, effettuato dal figlio, la menzione che il prezzo viene pagato, in tutto o in parte, con denaro fornito dai genitori.
    Precisando anche l'importo.
    In questo modo si va ad esplicitare il passaggio di denaro, senza l'applicazione di alcuna imposta aggiuntiva.
    Il notaio che redigerà l'atto di acquisto va naturalmente informato per tempo, fornendogli copia degli assegni o dei bonifici effettuati, che possono essere a favore del figlio, oppure anche indirizzati direttamente dai genitori ai venditori dell'immobile.
    E' anche possibile procedere con un autonomo atto notarile di donazione del denaro, ma con costi maggiori.

    L'importante, in questi casi, è non pensare "i soldi sono miei e li uso come voglio io": è pur vero che fare un bonifico è questione di un attimo e nessuno controlla nell'immediato, ma agendo così si vanno a creare possibili problemi fiscali ed anche successori, qualora i genitori in questione abbiano più di un figlio.
    Un domani, infatti, la donazione effettuata fuori dalle forme previste per legge potrebbe essere dichiarata nulla. 
    E' importante allora muoversi con cognizione di causa.
    Specie se le cifre in gioco sono importanti.
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    7 - SOLO ALL' INIZIO

    Sempre più spesso sentiamo parlare di Metaverso.
    "Oltre l'universo" è il significato letterale della parola.
    Ma siamo sicuri di aver ben compreso, nei fatti, di che cosa si tratta?
    In questo articolo andrò allora ad esplorare questa nuova frontiera, anche investibile, dei tempi moderni.

    Il Metaverso è un luogo virtuale, dotato di ambientazioni tridimensionali.
    E' accessibile in maniera molto semplice, tramite un'applicazione per PC, tablet o smartphone, ed un browser (come Google Chrome), oppure indossando un visore o occhiali per la realtà aumentata.
    All'interno di questo "mondo parallelo" ci si muove come avatar, virtuali rappresentazioni dei reali utenti che stanno dietro lo schermo.
    Gli avatar possono interagire tra di loro, proprio come nel mondo reale. 
    La promessa è quella di fornire un'esperienza immersiva, di avere cioè l'impressione di muoversi proprio dentro a un mondo reale.
    E' possibile, ad esempio, entrare in un video che mi immerge a New York sulla Quinta Strada, e prendere un caffè con l'avatar di un amico.
    E' possibile partecipare ad un concerto, o comunque ad un evento appositamente pensato ed organizzato, frequentare addirittura uno strip club.

    Le piattaforme ad oggi esistenti sono più di 40, per lo più dedicate ai videogames, e sono frequentatissime: si stima che annualmente abbiano oltre 350 milioni di visitatori, di età compresa tra i 9 e i 50 anni. 
    Ben l'80% di questi ha acquistato, ad oggi, oggetti virtuali per il proprio avatar: pensa che nel 2021 sono stati spesi ben 52 miliardi di dollari all'interno del Metaverso, ed è possibile pagare con criptovalute o con le tradizionali carte di credito.
    Dopo un'iniziale esplosione, il business è però in frenata. 
    Meta (l'ex Facebook) vi ha investito 10 miliardi di dollari e ne ha già persi quasi 4.
    Le principali piattaforme presenti, come Decentraland e The Sandbox, stanno registrando un calo notevole negli abbonati e negli utenti attivi.
    Siamo però solo all'inizio.
    Gli esperti stimano che entro i prossimi 10-15 anni si realizzerà il vero Metaverso, ossia una vera e propria rete di mondi digitali in 3D, e non più singoli siti, nella quale un numero illimitato di utenti potrà saltare da un mondo all'altro con il proprio avatar.

    Per ora il business ruota molto attorno all'intrattenimento, ma il sistema ha potenzialità enormi anche in ambito scientifico e industriale.
    Applicato al campo medico, il Metaverso consente di esercitasi su interventi chirurgici, alla scopo di fare quell'esperienza poi utile in una vera sala operatoria.
    Con il proprio avatar si può simulare un intervento a distanza in una centrale nucleare, e vederne le conseguenze.
    Studiare ancora il funzionamento di una turbina in progettazione, testare la tenuta delle fondamenta di un edificio sottoposto a scosse di terremoto...
    La realtà immersiva consente di effettuare corsi di sicurezza o di sperimentare i piani di azione in caso di emergenze estreme.
    Pensa che sono in fase di sviluppo delle tecnologie che consentiranno agli utenti di sentire fisicamente ciò che stanno toccando nella realtà virtuale...

    Ci sono ovviamente anche aspetti negativi di cui tener conto.
    Al momento, infatti, è un mondo che riproduce quello reale, senza però le leggi del mondo reale.
    Molestie e violenze non sono regolamentate, ed i rischi di adescamenti sessuali o di riciclaggio di denaro sono concreti.
    D'altronde non c'è alcuna verifica su sesso ed età in fase di registrazione al Metaverso.
    Questa nuova realtà sta anche aprendo la porta ad una raccolta massiva di dati personali e biometrici, come la conformazione della mano, del volto, dell'iride o della retina, il timbro e la tonalità della voce, la gestualità...
    Sono dati che, più di ogni altro, identificano una persona con tutto ciò che fa e pensa.
    Chi entra in possesso di quei dati avrà allora in mano un potere che oggi facciamo ancora fatica ad immaginare in tutta la sua portata.
    Come con tutte le cose nuove, anche con il Metaverso si impone prudenza e cautela.
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    Anche per questa 7in7 è tutto.
    Nella prossima, in uscita Venerdì 7 Aprile, tornerà La Psicologia dei Soldi con il capitolo 12, ti racconterò la storia di Thelma Pearl Howard, legata a doppio filo a quella del grande Walt Disney, ma ti parlerò anche dei recenti casi di Silicon Valley Bank e di Credit Suisse.

    Ti auguro un sereno e piacevole fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide