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www.davideberto.it2024-10-11
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    Molte decisioni sbagliate sulla gestione dei risparmi nascono da un equivoco: investire non dovrebbe essere il fine ultimo, ma un mezzo per raggiungere i propri obiettivi.
    Il primo passo per una corretta pianificazione finanziaria, quindi, è quello di mettere bene a fuoco i traguardi da raggiungere, inquadrandoli nel giusto orizzonte temporale.
    Ogni obiettivo ha infatti i suoi tempi di maturazione e, idealmente, meriterebbe un portafoglio d'investimento dedicato.
    Pensa, ad esempio, all'acquisto della tua nuova automobile, alle spese universitarie dei figli, al piano di integrazione del tuo reddito post pensione, ad una somma da lasciare in eredità agli eredi...
    Ogni tappa ha una diversa condizione di partenza.
    In alcuni casi, già si può disporre di un capitale da mettere a frutto.
    In altri, invece, quel capitale va costruito da zero.
    L'importante è scegliere bene il mix di ingredienti a composizione del portafoglio, azioni e obbligazioni ma non solo, tenendo conto della distanza dalla meta e della propensione al rischio, che altro non è che la capacità di tollerare oscillazioni negative, più o meno ampie per durata ed intensità, lungo il viaggio verso la meta.
    Ogni obiettivo dovrà avere un diverso bilanciamento tra asset class, coerente con l'orizzonte di riferimento.

    Credit Suisse calcola che un $ puntato sulle azioni USA nel 1900, avrebbe consegnato un capitale di 2.290 $ oggi al netto dell'inflazione, contro i soli 12,5 $ di un analogo investimento in obbligazioni.
    Effetto della capitalizzazione composta degli interessi, tramite la quale i rendimenti ottenuti nel tempo aumentano la base di calcolo su cui maturano le performance future.

    Quanto accaduto nel 2022 appena concluso, guardando al lungo periodo, può allora essere pensato e immaginato come un vuoto d'aria prima di riprendere quota.
    Ti auguro una piacevole lettura!
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    1 - DUE ELEMENTI E UNA DOMANDA AL CONTRARIO

    I mercati salgono, i mercati scendono.
    Nel corso del 2022 sono purtroppo scesi, e sono scesi parecchio.
    Abbiamo contato perdite a doppia cifra percentuale sia in Borsa che nel mondo obbligazionario.
    Ma questa (amara) considerazione non aiuta ad investire bene, o meglio, i propri risparmi.
    A prescindere infatti dalla direzione dei listini, ogni ragionamento sulla gestione del proprio capitale dovrebbe partire da 3 elementi.
    Due sono ben noti: mettere a fuoco i propri obiettivi finanziari, e stabilire l'orizzonte entro il quale si intende realizzarli.
    Il terzo, invece, è molto spesso dimenticato.
    Nasce da una domanda, al contrario, inevitabile: che tipo di perdita sono disposto a tollerare nel viaggio verso la meta?

    E' perfettamente inutile costruire il miglior portafoglio possibile adatto a un investitore razionale, se, nella pratica, alla prima caduta dei listini si rischia di vacillare mettendo in discussione il piano stabilito, prendendo decisioni sbagliate, dettate dall'emotività, che rischiano di compromettere il risultato finale.
    Certo, la risposta a questa domanda (quanto sono disposto a perdere?) non è semplice.
    Chi investe, d'altronde, pensando a quanto potrebbe perdere?
    La si apprende soltanto toccando con mano i saliscendi dei mercati.
    Ma è imprescindibile.

    I mercati azionari e il fattore tempo, sono le due leve che, nel lungo termine, possono aiutare gli investitori a realizzare gli obiettivi più ambiziosi.
    Chi non è disposto a rischiare (o non è nelle condizioni di poterlo fare) non deve forzare la mano.
    L'errore più grave sarebbe poi cambiare idea lungo il percorso.
    Occorre però tenere bene a mente che più è bassa l'esposizione ai mercati azionari, minore sarà il rendimento atteso dell'investimento.
    L'approccio giusto sarebbe allora quello di dotarsi di una riserva di sicurezza.
    Se so, infatti, di poter affrontare senza problemi una spesa imprevista, sarò disposto anche a correre qualche rischio in più nel portafoglio d'investimento.
    Senza esagerare, e sempre con la massima consapevolezza possibilmente.
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    2 - DR COPPER E IL SUO DOTTORATO IN ECONOMIA

    Il suo nome è Copper.
    Doctor Copper...
    Ti sto parlando del Rame, il cui forte ancoraggio all'economia reale gli permette di essere un affidabile indicatore anticipatore del ciclo economico.
    Se la recessione davvero dovesse arrivare, il rame, in un certo qual modo, la andrà a riflettere.

    Il prezioso "oro rosso" è un pò come se avesse conseguito il dottorato in economia.
    Proprio per questo motivo, questo metallo industriale viene chiamato oltreoceano Doctor - Dottore: talmente sensibile alle tendenze legate all'economia, che è in grado di anticipare o prevedere la direzione del mercato, in quanto perfettamente correlato con il Pil globale.
    In buona sostanza, quando il valore del Rame scende in maniera aggressiva, allora è probabile che anche i mercati finanziari subiscano forti ribassi.
    E che, soprattutto, si stia per aprire un ciclo economico negativo.
    Proprio questo è accaduto nel corso del 2022: a Marzo il Rame quotava 5 $ per libbra, a fine anno la sua valutazione si aggirava attorno ai 3,8 $.
    Trattandosi di una materia prima, se il suo prezzo scende, vuol dire che a indebolirsi è la sua domanda.
    E se la sua domanda è debole, allora l'economia globale si trova in una fase di rallentamento.

    I suoi campi di utilizzo sono molteplici.
    In quanto metallo estremamente versatile, eccellente conduttore di calore e di elettricità, riciclabile, pulito perché presenta caratteristiche antibatteriche, resistente al tempo e alle alte temperature, il rame è utilizzato nell'industria, nella tecnologia, nell'edilizia, finanche nel settore energetico.
    Il rame è necessario nella costruzione dei televisori di nuova generazione, negli smartphone dov'è il metallo in assoluto più presente, nelle batterie per le auto elettriche.
    E' usato negli impianti di energia solare, nelle caldaie, nelle tubature dell'acqua potabile e del gas, nella copertura di tetti e grondaie.
    Dalla sua lavorazione si ottengono inoltre leghe metalliche come il bronzo, l'alluminio e l'ottone.
    In futuro Dr Copper sarà sempre più richiesto.
    Sarebbe allora buona cosa, di tanto in tanto, controllarne il valore, per comprendere in anticipo che aria tira per l'economia globale...
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    3 - LE PAGELLE DELLE TRE SORELLE

    Negli ultimi anni ci siamo abituati a sentir parlare di rating, termine inglese che equivale a "voto", "giudizio".
    Il rating è la valutazione sulla solidità e solvibilità di imprese e paesi, cioè la loro capacità di far fronte ai debiti contratti.
    E' questo un giudizio che influenza l'andamento del mercato, i portafogli dei gestori con le relative scelte d'investimento, e il costo del capitale.
    Un giudizio espresso da agenzie specializzate che analizzano le caratteristiche economico-finanziarie dei soggetti esaminati, studiandone i bilanci, la redditività e i flussi di cassa.

    Le più famose agenzie, conosciute come "le tre sorelle del rating", sono tutte americane, e controllano assieme più del 90% delle valutazioni di credito al mondo.
    La più importante è Moody's, fondata (e con sede) a New York nel 1909, è diffusa in 26 paesi.
    Il suo primo azionista è Warren Buffet con la sua Berkshire Hathaway, ma nel capitale troviamo anche Capital world investment, T.Rowe, Vanguard, State Street e BlackRock.
    Segue Standard & Poor's, nata nel 1860 e sempre con sede nella Grande Mela, non quotata in Borsa.
    Vi è infine Fitch, creata nel 1913 e posseduta dal colosso dei media Hearst Corporation.

    S&P formula giudizi che vanno dalla massima sicurezza Aaa, fino alla D di default, ovvero lo stato di insolvenza del debitore che comporta la perdita, totale o parziale, del capitale investito.
    Moody's indica invece il rating più basso con la lettera C. 
    In genere, un investimento può essere valutato sicuro fino alla tripla B, ed è su questo livello-limite che sono oggi valutati i titoli di stato italiani.
    Oltre al rating, le agenzie valutano anche l'outlook, ovvero la visione di medio-lungo periodo in merito al debitore analizzato.

    Il potere delle "tre sorelle" è oggi enorme, ma viene piuttosto naturale chiedersi se si tratti sempre di "arbitri" imparziali, o di "giocatori" di parte. 
    Le prime perplessità sul loro comportamento emersero nel 2001, con il fallimento di Enron: le agenzie di rating rilasciarono valutazioni positive all'azienda sino a pochi giorni prima del collasso. 
    I dubbi furono confermati quando si accertò la loro responsabilità sulla bolla dei mutui subprime, che determinò la crisi del 2008.
    Anche nel caso di Lehman Brothers, i rating rilasciati dalle agenzie parlavano di massima sicurezza fino al giorno stesso del default, dichiarato il 15 Settembre del 2008.
    Alcuni bond della banca americana vantavano addirittura la tripla A, massima votazione possibile.
    In seguito furono ovviamente introdotti dei correttivi per evitare il ripetersi di eventi simili.

    Nonostante tutto, il rating rimane un importante strumento di indirizzo e controllo, capace di scombinare gli equilibri finanziari, ed anche di dirigere le azioni della politica, sempre sottoposta all'occhio vigile e spesso severo delle "tre sorelle".
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    4 - IL TRUST E LA SUCCESSIONE DI PIERO FERRARI

    E' notizia di un mese fa circa: Piero Ferrari, 77 anni, secondo maggiore azionista della casa di Maranello e figlio secondogenito, unico vivente, del fondatore Enzo, ha creato un Trust per gestire la sua quota aziendale e delineare i piani di successione in merito alla struttura azionaria del gruppo.
    Beneficiari del Trust sono la figlia e i due nipoti.
    La partecipazione azionaria, pari circa al 10% delle azioni totali, vale attualmente circa 4 miliardi di €.
    Il figlio del grande Drake conserverà comunque i diritti di voto nella società (superano il 15%) e incasserà l'80% dei dividendi.
    Il Trust è stato istituito ai sensi della legge di Jersey, e ha sede a Modena.

    Ma che cos'è un Trust?
    Il Trust è uno strumento fantastico, certamente non per tutti, che corrisponde ad una sorta di "cassaforte giuridica", riconosciuto in Italia nel 1992 ma con una storia antichissima nel mondo anglosassone.
    Prevede lo spossessamento e la segregazione del patrimonio al suo interno conferito, e consente di dare un'ampia garanzia di protezione al tutto.
    All'interno di un Trust possono essere inseriti diversi beni (immobili, investimenti finanziari, proprietà di aziende, opere d'arte, cavalli da corsa, auto d'epoca...), e questi beni non diventano di proprietà del trustee che li amministra in linea con i desideri del disponente, ma sono una "massa distinta".
    I conferimenti possono anche avvenire in step diversi.
    La finalità del Trust è quella di far giungere i beni in oggetto a favore dei beneficiari designati, e un Trust può essere istituito per svariati motivi (protezione di matrimoni familiari, mantenimento dei figli, pianificazione successoria, tutela di soggetti deboli, separazione dell'impresa dai beni di famiglia, continuità generazionale...).
    Molto spesso un Trust ha anche scopi benefici e caritatevoli.
    Chi sceglie di conferire all'interno di una simile cassaforte giuridica i propri possedimenti, lo fa per risolvere anticipatamente potenziali problemi o conflitti, ricordando sempre che l'istituzione di un Trust è irrevocabile, e non si può pertanto tornare poi indietro.
    Nella lettera dei desideri (letter of wishes) il disponente del Trust può comunque dare delle direttive non vincolanti al trustee, curatore del patrimonio oggetto dell'operazione.
    Il trustee deve gestire i beni in totale autonomia giuridica e senza intromissioni da parte del disponente, il tutto senza ottenere personali vantaggi dall'amministrazione dei beni, salvo ovviamente il suo compenso prestabilito.

    Quello del passaggio generazionale è un tema molto, molto importante, spesso però sottovalutato nel nostro paese.
    Ovvio che Piero Ferrari, con il fior fiore dei professionisti che può avere al suo fianco, c'abbia pensato per tempo e abbia messo ogni singola carta al suo corretto posto in ottica futura.
    Se, come già detto, il Trust indubbiamente non è strumento per tutti, la pianificazione successoria dovrebbe essere considerata, invece, da tutti.
    A tempo debito naturalmente, e con gli strumenti più adatti ad ogni specifica situazione.
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    5 - DOGS OF THE DOW

    Li chiamano "Dogs of the Dow": sono letteralmente "i Cani del Dow Jones", ovvero i 10 titoli azionari che nell'ultimo anno hanno pagato i dividendi più elevati.
    La "muta" viene scelta, più precisamente, tra le azioni che presentano il più elevato dividend yield, ovvero il rapporto tra l'ultimo dividendo distribuito e il prezzo di chiusura in Borsa al 31 Dicembre.

    Si tratta di una strategia di investimento nata 30 anni fa negli Stati Uniti, e molto diffusa tra i piccoli risparmiatori ma anche tra gli investitori professionali.
    Le regole sono semplici: i titoli devono essere 10, e devono avere lo stesso peso all'interno del portafoglio investimenti.
    Vanno poi mantenuti senza interruzioni per almeno 12 mesi. 
    A fine anno si tirano le somme, per scoprire se hanno performato meglio questi titoli o il loro indice finanziario di riferimento.

    E' una strategia applicabile a qualsiasi listino azionario, particolarmente adatta ai "cassettisti", ovvero a quegli investitori maggiormente interessati allo stacco cedola periodico del titolo più che alle sue oscillazioni di prezzo in Borsa, disponibili a tenerli nel loro deposito titoli anche per lunghi periodi.
    La selezione, che predilige azioni di pregio con profitti generosi e stabili nel tempo, tende a dare maggiori soddisfazioni agli investitori pazienti, soprattutto negli anni di maggior turbolenza.
    All'interno dell'universo azionario, è questo l'approccio più prudente. 

    Guardando al listino di Borsa Italiana, il 60% circa di questi titoli proviene oggi dall'ambito finanziario.
    Titoli come Mediobanca, Intesa San Paolo, Poste Italiane ed Unipol, società favorite dal rialzo dei tassi operato dalla Bce a partire dallo scorso anno, e che proseguirà anche nei mesi a venire.
    Buona parte del restante riguarda invece l'ambito delle utility (aziende come Enel, A2A, Eni), che, nonostante le difficoltà del settore, resteranno generose con i loro azionisti.
    Per il 2023 il dividend yield della "muta" tricolore è atteso attorno al 7%, contro una media storica intorno al 4%.
    Ma attenzione: in tutto questo pesa molto il forte calo delle quotazioni 2022, e il fatto che le stime sui profitti non sono ancora state riviste al ribasso nonostante i venti di recessione.
    Tre titoli italiani (Stellantis, Enel e Intesa) sono presenti anche nella selezione dei "Cani" dell'Eurostoxx 50, l'indice di riferimento europeo, dove il dividend yield medio è del 7,5%.

    L'Europa si conferma più attrattiva degli Stati Uniti dal punto di vista dei dividendi erogati.
    La "muta" americana ha infatti cedole attese più basse, attorno al 5% medio, e per gli investitori europei va considerata l'incognita del dollaro che può giocare contro, ma anche a favore.
    Negli Usa però le statistiche partono dal 2000, e fanno ben comprendere come, su base ventennale, gli investitori che hanno seguito questa strategia sono riusciti a portare a casa un rendimento medio annuo del 9,5%, mentre nello stesso periodo la performance media del Dow Jones è stata dell'8,4%, e quella dell'S&P 500 del 7,7%.
    La tendenza ha trovato conferma anche nel 2022 appena concluso: i Cani statunitensi hanno infatti chiuso al rialzo del 2,2%, mentre l'indice ha perso il 6,7%.
    I tioli che hanno performato meglio negli States sono stati Chevron (+58% addirittura), Merck (+50%), Amgen (+21%) e Coca Cola (+11%).
    Titoli di società appartenenti al settore energetico, all'ambito sanitario ed ai beni di consumo, che nel 2022 sono stati i più resilienti.
    In questo nuovo anno la muta sarà invece trainata da Verizon, Dow Chemical e Intel.

    Vinceranno i Cani anche quest'anno, o assisteremo ad una rivincita del Dow Jones?
    In Italia ed in Europa, come andranno le cose?
    A fine anno avremo tutte le nostre risposte...
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    6 - IL MALE OSCURO DI PIAZZA AFFARI

    L'Italia è l'ottava economia mondiale e la quarta europea, ma il suo peso nel paniere complessivo delle borse internazionali è minuscolo: Piazza Affari rappresenta appena lo 0,5% del panorama finanziario globale.

    Il continuo "restringimento" della nostra Borsa, deriva in particolare da tre fattori: il delisting, cioè la rimozione di una società quotata dalla piazza azionaria, lo shopping listing, cioè la decisione di quotarsi all'estero, e lo shopping forum, cioè la scelta di società quotate in Italia di trasferire all'estero la sede legale. 
    Quest'ultimo fenomeno, alimentato dal dumping fiscale praticato da quei paesi (Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Malta...) che attraggono aziende offrendo imposte più basse, si traduce per il nostro paese in una perdita di gettito fiscale pari a circa 7,5 miliardi. 
    Mentre, per quanto riguarda i freddi numeri, nel corso degli ultimi 20 anni le ammissioni a Piazza Affari sono state circa 450, mentre i delisting sono stati quasi 340 di cui ben 268 sul listino principale.

    Anche negli ultimi mesi Piazza Affari ha perso quasi 50 miliardi di capitalizzazione, non per effetto dei mercati turbolenti, bensì proprio in seguito alle operazioni di delisting.
    A dare l'addio alla Borsa sono stati grandi gruppi privati, che hanno così lasciato un listino dominato da società pubbliche, da banche e da assicurazioni.
    Al contrario, il mercato finanziario che accoglie le PMI (piccole medie imprese), ha attratto oltre 260 aziende e conosciuto solo 68 cancellazioni.

    Ma qual'è il male oscuro di Piazza Affari?
    Perchè un paese che può contare su un risparmio di oltre 5mila miliardi non investe sul suo listino?
    Da noi manca purtroppo sia l'attrattività, che la credibilità.
    Manca trasparenza e c'è poco rispetto per le regole (vedi i casi Tim, Saipem e Generali).
    La nostra è inoltre una Borsa legata a vecchi schemi e con una governance d'altri tempi.
    Il settore della moda, ad esempio, vede le operazioni di quotazione anche come un modo per pubblicizzare il marchio.
    Va da sè che ci sono allora piazze finanziarie più prestigiose dove quotarsi.
    Pioniera in tal senso fu Luxottica, che quando decise di sbarcare in Borsa nel 1990 scelse Wall Street, perché la strategia del compianto Del Vecchio era quella di rendere noto il suo brand negli Stati Uniti.
    Più recentemente, anche Zegna ha seguito la stessa via, mentre Prada aveva in precedenza fatto rotta su Hong Kong, sebbene stia ora valutando la doppia quotazione anche su Milano. 

    Per tentare allora di invertire la rotta, dallo scorso autunno sono in vigore nuove regole che permettono alle società di quotarsi più velocemente.
    Una possibile boccata d'ossigeno per il nostro mercato finanziario, ma nulla di più.
    Occorrerebbe ben altro per rilanciare una macchina bella ma priva (o quasi) di motore.
    La vera cura avrebbe il nome di "incentivi fiscali", attualmente possibili solo per le PMI.

    Oltre cent'anni fa, l'ex presidente della Repubblica Luigi Einaudi diceva: "la Borsa è un mercato dove i clienti accorrono se credono di aver a che fare con gente onesta e rispettabile, e donde fuggono se opinano di cadere in un covo di banditi. Purtroppo l'opinione più diffusa oggi in Italia è la seconda"
    Oggi molte cose sono cambiate da allora, ma evidentemente non abbastanza da riuscire a rendere il nostro tra i paesi leader della finanza mondiale.
    Anzi.
    Attenzione quindi a non investire solo (o prevalentemente) sulle azioni "di casa", perché, come abbiamo visto, contiamo gran poco!
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    7 - LA SVOLTA SMART ENTRA IN CASA

    Lavatrice a noleggio e bucato in abbonamento.
    Scarpiere tech in grado di pulire, igienizzare e proteggere dall'umidità le nostre calzature preferite.
    Fantascienza?
    Servizi rivolti ad alberghi o aziende?
    Niente di tutto ciò.
    Alla fiera dell'elettronica recentemente svoltasi a Berlino, sono state presentate novità che riguardano prodotti e servizi molto utili alla quotidianità, pronte ad entrare nelle case di tante famiglie.
    Piaccia o no, sempre più stiamo andando verso le smart home.

    Di casa intelligente se ne parla da anni, ma ora più che mai sembra sentirsene il bisogno per avere più tempo per sé, per ridurre gli sprechi e contenere le bollette, per limitare anche l'impatto ambientale.
    Gli oggetti sono rivisti allora in un'ottica di flessibilità nell'accezione di multiuso: il tavolino da salotto funge, ad esempio, anche da purificatore d'aria e combatte virus e batteri.
    Ma flessibilità va intesa anche in senso fisico e materiale, come i nuovi schermi OLED Flex di LG che, mentre si guarda la tv o si gioca con un videogioco, si piegano automaticamente per offrirci la visuale migliore.
    In cucina e lavanderia possiamo poi trovare le novità di Samsung, con frigo, forno e lavatrice guidati dall'intelligenza artificiale.
    Il frigorifero è progettato senza maniglie e si apre solo toccandolo, il forno riconosce da solo le pietanze presenti al suo interno e le cuoce al meglio, la lavatrice da 11 kg punta invece all'ottimizzazione e riduzione dei consumi, offrendo ben 20 anni di garanzia.
    Il tutto armonizzato da un'app che consente agli elettrodomestici di dialogare tra loro (chissà poi cosa si diranno...), e con l'utilizzatore finale.
     
    Non tutto è semplice, e i problemi da superare non mancano, perché è pur vero che la casa diventa sempre più smart, ma parla ancora troppe lingue diverse
    Ogni marchio ha infatti la sua gamma di prodotti, che non interagisce con quelli di altri brands.
    Ma qualcosa si sta smuovendo anche in quest'ambito, con i big della tecnologia che si sono presi l'impegno di supportare un unico protocollo (il suo nome è Matter), il quale si pone l'obiettivo di abbattere la torre di Babele della smart home, diventando la lingua universale della domotica domestica.
    A questo progetto hanno già aderito nomi del calibro di Amazon, Apple, Sky, Google, Ikea, Huawei e Samsung, una coalizione di colossi che sta lavorando sui dettagli di Matter, il cui debutto è previsto il prossimo autunno. 
    Nel migliore degli scenari, si arriverà ad utilizzare un'unica app e un unico assistente vocale per controllare tutti i dispositivi, dalle lampadine al termostato, dalla lavatrice al condizionatore, per arrivare così ad una visione d'insieme, e far dialogare gli elettrodomestici di casa con i fornitori di energia per ottenere tariffe personalizzate e sconti.

    In questo scenario di grande fermento innovativo troviamo anche Haier, multinazionale cinese cui fanno capo anche Candy e Hoover, con la sua lavatrice innovativa dal nome Washpass, già in vendita dallo scorso mese di Dicembre.
    Perché c'è chi sostiene che la lavatrice del futuro sarà pay per use: non compreremo più il detersivo perché incluso in un più ampio canone (dai 18 ai 28 € al mese) comprensivo di assistenza e copertura assicurativa.
    Per averla è necessario pagare una fee di ingresso pari a 150 €.
    Con questa innovativa lavatrice, gli utenti possono usufruire delle migliori performance in termini di lavaggio, grazie anche ai 4 principali detergenti disaggregati che, comodamente, vengono inviati a casa al bisogno per avere sempre il giusto dosaggio senza sprechi.
    Con Washpass é sufficiente fotografare il bucato, e la lavatrice lo riconoscerà facendo tutto il resto, dal programma più adeguato, al mix del detersivo su misura.
    Haier ritiene che questa tecnologia cambierà il mercato anche in un'ottica di risparmio, soprattutto perché la lavatrice non sbaglierà un lavaggio.

    Da qui in avanti, anche le famiglie saranno allora chiamate a familiarizzare con l'idea che gli elettrodomestici non saranno più dei beni, per forza di cose, da possedere, ma piuttosto dei fornitori di servizi.
    In quest'ottica si potranno allora noleggiare, come già siamo abituati a fare con stampanti e fotocopiatrici per l'ufficio, ma a volte anche con le auto.
    E tu, sei pronto alla rivoluzione smart anche dentro casa?
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    Anche per questa 7in7 è tutto.
    Appuntamento a Venerdì 10 Febbraio con altri 7 articoli economico-finanziari d'attualità.
    Ti auguro un sereno fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide