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www.davideberto.it2024-10-11
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    Alcuni dati e numeri riguardanti il mio ambito professionale.

    34.969 sono i Consulenti Finanziari abilitati all'offerta fuori sede oggi attivi in Italia.
    Il 63% di questi, ha più di 50 anni.
    I Consulenti Finanziari over 65 rappresentano il 7,7% degli iscritti attivi, e gestiscono asset totali stimati tra i 
    70 e gli 80 miliardi di €.
    52 anni è l'età media dei Consulenti Finanziari oggi operativi nel nostro paese (io ne ho fatti da poco 42 e, almeno sotto questo aspetto, posso ancora considerarmi un giovane...).
    Il numero degli under 30 attivi è raddoppiato negli ultimi 2 anni, anche se i numeri in assoluto sono ancora esigui: da 600 a 1.200, in rappresentanza del (solo) 3,5% del totale.
    Oggi le reti di consulenza (Azimut & Co.)  coprono quasi il 15% della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane.

    Attraversando il fiume, in poco più di un decennio i bancari (ed io sono un ex bancario che indietro non ci tornerebbe più...) sono diminuiti di 70.000 unità, anche per la combinazione del flusso di assunzioni (sempre meno) e cessazioni del rapporto di lavoro (sempre più).
    Il rapporto tra entrate e uscite, nel settore, è mediamente pari a una ogni due.
    Quello bancario è un settore ancora caratterizzato dalla massima stabilità occupazionale: il 99% degli occupati è infatti contrattualizzato a tempo indeterminato.
    Questa stabilità ha però contribuito a portare all'aumento dell'età media dei bancari a 47,7 anni: 5,2 anni in più rispetto al 2008.

    Se l'ambito finanziario e bancario italiano fosse, in sostanza, un paese ... non sarebbe di certo un paese per giovani...
    Ti auguro una piacevole lettura!
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    1 - COME PHILIPPE PETIT A PASSEGGIO TRA LE TWIN TOWERS...

    Nel 1971 camminò su di una corda tra i campanili di Notre Dame.
    Nel 1973 attraversò i piloni dell'Harbour Bridge di Sidney, in Australia.
    La mattina del 7 Agosto 1974, Philippe Petit attraversò su di un cavo d'acciaio, spesso poco meno di 3 centimetri, i 60 metri sospesi a quasi mezzo chilometro di altezza da terra delle Twin Towers newyorkesi.
    Erano le 7 del mattino, e il silenzio dominava ancora sulla città.
    New York cominciava appena a rianimarsi.
    Un'asta per mantenere l'equilibrio stretta in mano, e nessuna protezione.
    Una piccola folla cominciò a riunirsi alla base delle due torri, tutti (o quasi) con il naso all'insù.
    Petit, noncurante dei poliziotti sopraggiunti che gli urlavano di smetterla, fece avanti e indietro per ben 8 volte, stendendosi sdraiato sul cavo d'acciaio e inginocchiandosi per ringraziare il pubblico sottostante.
    Alla polizia, che poi lo ammanettò, disse "quando vedo 3 arance, faccio il giocoliere, quando vedo 2 torri, ho voglia di passare da una all'altra".
    A guardarla ancora oggi, quella scena mette i brividi.
    A Philippe Petit e alla sua impresa tra le Twin Towers, è dedicato il film Man on Wire (Un uomo tra le torri) del 2008.

    Lo stesso esercizio di funambolismo, lo stanno compiendo attualmente la maggioranza delle banche centrali in giro per il mondo.
    In particolare la Fed americana e la Bce europea, impegnate nella difficilissima traversata da una politica monetaria espansiva, caratterizzata da bassi tassi d'interesse, che durava sostanzialmente dalla crisi finanziaria del 2008 (salvo la parentesi americana del 2016-2018), a una politica, invece, restrittiva, con tassi d'interesse in ripetuta crescita, che ha preso avvio nella primavera di quest'anno.
    E come il funambolo Petit, anche le banche centrali non possono permettersi errori: un passo falso e si cade, con tutte le conseguenze del caso.
    Sia la Federal Reserve che la Bce, hanno più volte confermato che la loro priorità è la lotta all'inflazione.
    Quel genio uscito dalla lampada che non vuole più rientrarci...
    Anche a costo di scatenare una recessione economica.
    Il punto è proprio questo: riuscire, alzando i tassi, a rallentare il passo dell'inflazione, senza però portare scaturire in una profonda recessione.
    Cercare quindi quel soft landing (atterraggio morbido) dell'economia, scongiurando un hard landing dalle conseguenze potenzialmente devastanti.
    Evitare, insomma, di arrivare a quella battuta che faceva: l'operazione è perfettamente riuscita, ma il paziente è deceduto...

    L'inflazione è allora oggi il vero e proprio tema dei temi.
    Tutto ruota attorno all'inflazione stessa.
    Dopo tanti, tanti anni, ci ritroviamo a fare i conti con il violento aumento dei costi dell'energia e di tanti altri prodotti.
    Proprio nelle scorse settimane, l'Istat ha annunciato che l'aumento dei prezzi rilevati ad Ottobre segna un incremento su base annua dell'11,8%.
    Ma, soprattutto, il carrello della spesa registra un +12,6%, dato che non si vedeva dal lontano 1983.
    Gli italiani (le donne in particolare), hanno compreso perfettamente la portata di questo cambiamento, mutando le proprie scelte di acquisto, diventando molto più attenti nella selezione dei prodotti da acquistare, cercando di destreggiarsi tra offerte e sconti senza possibilmente rinunciare alla qualità.
    Ma se le donne italiane stanno mostrando saggezza e pragmatismo, altrettanto non si può dire per quei risparmiatori italiani (e non sono pochi...) che continuano a detenere somme esorbitanti sui conti correnti, rispetto alle loro effettive esigenze di liquidità.

    Tutti ricordiamo ancora quell'estate del 1992, quando il Presidente del Consiglio Giuliano Amato applicò il famigerato prelievo forzoso del 6 x 1.000 sulle giacenze di conto corrente.
    A tanti anni di distanza, quel provvedimento ancora brucia sulla nostra pelle.
    Mentre non si prova dolore nei confronti di quell'altrettanto forzoso prelievo che l'inflazione compie prelevando dai nostri conti correnti non lo 0,6%, ma ben il 12%!!!
    Proprio oggi che potremmo invece, dopo tanti anni, investire in titoli obbligazionari a tassi di interesse che non si riscontravano da almeno dieci anni...
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    2 - A VOLTE RITORNANO...

    Come nella saga di 007, c'è un altro Bond (oltre a James Bond...) che, alla fine, ritorna sempre: è l'autentico Mr. Bond, il mercato obbligazionario globale.
    "Il Rinascimento delle obbligazioni dopo anni di tassi a zero", "Benvenuto Mr. Bond", "Il ritorno delle obbligazioni" sono alcuni dei titoli evocativi dei recenti report delle case d'investimento.
    In pochi mesi lo scenario dei mercati si è ribaltato, e l'impennata dell'inflazione ha prodotto un rialzo dei rendimenti dei bond che non si vedevano da anni.
    Pensa che a inizio anno il Bund decennale (titolo di Stato tedesco, vero e proprio riferimento dell'area euro) aveva rendimento negativo (-0,18%), mentre oggi paga poco meno del 2%.
    Mentre il rendimento dei Btp italiani è passato dall'1,19 al 3,9% attuale.
    Certo, sarà importante capire quanto ancora potrà durare questa inflazione...

    Nato in epoca medievale nell'Italia settentrionale di quasi 800 anni fa, il mercato obbligazionario è cresciuto fino a raggiungere dimensioni immense.
    Come disse anni fa Bill Gross, gestore all'epoca del fondo obbligazionario più grande al mondo (il Pimco Total Return Bond) "I mercati obbligazionari sono potenti perché sono la base fondamentale di tutti i mercati. Il tasso di interesse su un titolo obbligazionario determina il valore delle azioni, quello degli immobili e di tutte le classi di attività".
    Il mercato obbligazionario formula infatti ogni giorno un giudizio sulla credibilità di ogni decisione di politica monetaria o fiscale del governo.
    Ma il suo vero potere risiede nella capacità di "sanzionare" un governo (oppure anche un'azienda...), facendo di conseguenza aumentare (o, in casi positivi, diminuire) il costo del suo indebitamento.

    Ricordi a tal proposito ciò che successe all'Inghilterra solo poche settimane fa?
    L'allora premier inglese Liz Truss, che dovette di lì a poco dimettersi, annunciò una manovra finanziaria incentrata sull'aumento del debito, senza però indicare adeguate coperture finanziarie.
    Il mercato obbligazionario si scontrò immediatamente contro il provvedimento, chiedendo tassi di interesse più alti sui titoli di stato inglesi (i Gilt).
    Questo aumento del costo del debito fece fuggire gli investitori, che, impauriti, iniziarono a vendere i titoli provocando un ulteriore aumento ed il contestuale crollo della sterlina inglese, finendo quasi per provocare la bancarotta dei fondi pensione inglesi, molto investiti e fortemente esposti al debito pubblico della corona britannica.
    Solo l'intervento della banca centrale inglese, e una precipitosa marcia indietro del governo, scongiurarono il pericolo.

    In questo 2022 peraltro, come ampiamente detto e scritto nelle mie precedenti 7in7, tutto il mercato obbligazionario globale ha subito forti oscillazioni negative.
    L'elevata inflazione, e le conseguenti politiche restrittive delle banche centrali con l'aumento dei tassi d'interesse, hanno provocato forti rialzi nei rendimenti, e, di conseguenza, forti discese nei prezzi dei titoli quotati.
    Come però ripetutamente detto, il violento riprezzamento delle obbligazioni ha comportato un rialzo dei rendimenti a livelli che non si vedevano da oltre dieci anni.
    Certo, anche l'inflazione è nel frattempo esplosa.

    Tutti i gestori sono così concordi nell'affermare che nel mercato delle obbligazioni si è finalmente presentata la migliore occasione di acquisto degli ultimi 10/15 anni.
    Non è possibile ovviamente sapere se quello attuale è il minimo livello dei prezzi, ma sappiamo certamente che a questi prezzi il rendimento corrispondente è quanto mai interessante.
    Mr. Bond è ancora vivo, ed è tornato tra noi!!!
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    3 - L' INFEDELTA' PAGA! - I MIEI CONSIGLI

    Nella mia precedente 7in7, datata 2 Dicembre, ho voluto spiegarti come la fedeltà verso la propria banca molto spesso non paghi.
    Le banche tendono infatti a maltrattare (in termini di costi più elevati) i clienti storici, per applicare invece costi ed oneri più contenuti ai clienti acquisiti di recente.

    L'aumento percentuale del costo annuo dei conti correnti tradizionali (+3%) è inferiore rispetto a quello dei conti online (+13%), e a quello dei conti postali (+9%).
    Ma l'onere di un conto corrente allo sportello (bancario o postale), è ancora molto maggiore di quello dei conti ad operatività via web.
    Secondo l'annuale indagine di Banca d'Italia appena pubblicata, nel 2021 la spesa di gestione di un conto convenzionale è stata in media pari a 95 €, contro i 58 per i conti postali, e i 24 € per i conti online.

    E' il sesto anno consecutivo che si registra un aumento dei costi.
    Questo si deve sia alle spese fisse (la gran parte della spesa complessiva dei tradizionali conti, tra canoni di tenuta conto, emissione e gestione di carte di pagamento), che anche a quelle variabili.
    Le spese di gestione di un conto corrente sono diverse a seconda del profilo cliente e, com'è intuibile, inferiori per gli utenti che hanno un profilo semplificato (giovani o pensionati), e maggiori per i correntisti che necessitano di standard di consumo più sofisticati.

    Anche per i conti online, caratterizzati da un più favorevole profilo tariffario, i costi fissi di gestione sono saliti per il rincaro del canone e per i maggiori oneri relativi alle carte di pagamento.
    Nei conti online, però, la gratuità della tenuta conto è più frequente e le carte più economiche.
    Le commissioni sono inoltre inferiori per i prelievi di contante, per i bonifici e per i pagamenti automatici.

    Il divario tra i conti postali e quelli convenzionali rimane infine ampio, ed è attribuibile sia al diverso paniere di servizi utilizzati, sia al listino prezzi.
    Per esempio, solo l'1% dei correntisti postali ha un deposito titoli (il cui costo rientra nelle spese fisse), contro il 21% dei titolari di un conto bancario.
    In Posta sono anche meno i titolari di carte di credito.

    Ma veniamo ora ad alcuni consigli, utili a non cadere vittima di una banca troppo orientata ai propri interessi, e troppo poco a quelli del cliente finale.

    > Attenzione all'ICC
    L'ICC (Indicatore dei Costi Complessivi) è il costo ipotetico che dev'essere comunicato al consumatore prima della sottoscrizione del contratto di conto corrente.

    > Il profilo giusto
    Bisogna scegliere il conto corrente facendo molta attenzione al profilo.
    Spesso non è facile stabilire a priori il profilo più adatto: per chi un conto già ce l'ha, però, è utile verificare nel rendiconto di fine anno quante e quali operazioni sono state fatte nei 12 mesi precedenti.
    Il rendiconto è inviato dalla banca tra metà Gennaio e metà Febbraio, e riporta il dettaglio di quanto addebitato per ogni tipologia di operazione, per esempio i bonifici, nonché il totale del periodo.
    Famiglie e pensionati, che sono due classici profili dei conti correnti, possono così capire se il loro conto va bene o se è troppo caro per l'operatività che si ha.
    Un profilo ben delineato aiuta anche a fare i confronti con i vari comparatori online (Facile.it, Sostariffe.it ...) che sottopongono un breve questionario per meglio selezionare i prodotti.

    > Alternative per i giovani
    Le banche tendono a fare offerte convenienti agli under 30, e spesso il canone per il profilo "giovani" è azzerato.
    Per chi ha un'operatività minima, e utilizza magari il conto più che altro come piattaforma di pagamento, le carte prepagate dotate di Iban (quel codice di cifre e lettere che consente di ricevere i bonifici) possono rappresentare una valida alternativa.

    > Verifiche periodiche
    Chi è già titolare di un conto corrente dovrebbe effettuare controlli periodici (magari una volta l'anno) sui costi, e non trascurare le comunicazioni inviate dalla propria banca: le condizioni possono infatti cambiare unilateralmente con un preavviso scritto di 60 giorni.

    > Intoppi
    Nella gran parte dei casi, non si cambia conto per una questione culturale: si ritiene cioè, alla fin-fine, che banche e prodotti siano tutti uguali.
    In aggiunta, non è sempre agevole spostare utenze, stipendi e servizi vari.
    La norma sulla portabilità dovrebbe semplificare la vita ai correntisti, ma i problemi ci sono ancora.
    Oltre i 12 giorni, si può però chiedere il risarcimento di 40 € maggiorato del 24% su base annua della giacenza sul conto, a patto che si sia firmato il modulo di portabilità, separato da quello di apertura di un nuovo conto.

    Chiudo ricordandoti ancora una volta che la banca è un semplice fornitore di servizi.
    Se non si è più soddisfatti del rapporto e/o del servizio ottenuto, è utile cambiarla.
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    4 - S&P, DOW JONES, NASDAQ... CAPIRNE DI PIU' DI BORSA USA (2di2)

    Nella mia precedente 7in7, ho voluto spiegarti come la finanza made in USA rappresenti oggi circa il 70% della finanza mondiale, e ben il 20% dell'economia a stelle e strisce sia basata proprio sulla finanza stessa.

    4 sono i principali indici di Borsa americana: due settimane fa ti ho raccontato dell'S&P 500 e del DOW JONES.
    Chiudiamo oggi il cerchio con NASDAQ e RUSSEL 3.000.
    Allaccia le cinture: voliamo oltre oceano!

    NASDAQ
    NASDAQ è l'acronimo di National Association of Securities Dealers Automated Quotation (in italiano Quotazione Automatizzata dell'Associazione Nazionale degli Operatori in Titoli).
    Si tratta del primo mercato borsistico al mondo completamente ed esclusivamente elettronico.
    Istituito a Wall Street l'8 Febbraio 1971, i computer servivano originariamente solamente per diffondere le informazioni dei prezzi dei titoli in via continua, non pertanto a connettere gli operatori.
    Fino al 1987, il passaggio degli ordini avveniva infatti via telefono.
    La trasmissione interamente telematica, anche degli ordini, venne istituita a fine 1987.
    Durante il crollo del mercato avvenuto nell'Ottobre di quell'anno, apparve infatti evidente l'insostenibilità della raccolta ordini via telefono: visti i numerosissimi ordini in arrivo, gli operatori non riuscivano fisicamente a rispondere a tutte le telefonate, e le linee spesso cadevano.
    In questo mercato sono attualmente quotate più di 3.000 diverse società, molte delle quali appartenenti al comparto tecnologico (è l'indice, infatti, di riferimento per tutti i titoli legati al mondo della tecnologia).
    La sua capitalizzazione totale si aggira attorno ai 9.700 miliardi di $.
    La stessa società che gestisce il mercato, The Nasdaq Stock Market Inc., è quotata nel listino con il simbolo NDAQ.
    L'indice Nasdaq Composite non fa riferimento ad aziende che risiedono solamente negli Stati Uniti d'America, ed è questa una caratteristica che lo distingue notevolmente dagli altri indici USA.
    Tra i big del listino troviamo Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet (Google) e Meta (Facebook): tutte società che vantano una capitalizzazione tra le maggiori in assoluto a livello mondiale.

    RUSSELL 3.000
    Questo indice di Borsa americana è elaborato dalla Russell Investment Group, e comprende le 3.000 più importanti società quotate in America per capitale di mercato.
    Questo paniere rappresenta circa il 98% del mercato azionario americano, e la sua composizione viene rivista una volta all'anno, solitamente nei mesi di Maggio o Giugno.
    Il Russell 3.000 si può dividere a sua volta nei 2 sottoindici Russell 1.000, dedicato alle mille large cap (aziende più grandi e importanti), e Russell 2.000, che raggruppa invece le società più piccole o small cap.
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    5 - 7 CONSIGLI PER FARE SCELTE FINANZIARIE MIGLIORI (1DI2)

    Ogni giorno facciamo delle scelte in merito al denaro e alle nostre personali finanze.
    Alcune di queste sono scelte grandi ed importanti, altre invece decisamente minori: dal prendere un caffè al bar, a investire in Borsa.
    Ma, per la maggior parte delle persone, alcune delle decisioni finanziarie più importanti della loro vita saranno probabilmente l'acquisto di una casa, il pagamento dell'istruzione dei propri figli, o il risparmio per la pensione.
    Per questi grandi obiettivi vale decisamente la pena rimboccarsi le maniche e pianificare in anticipo.
    Eccoti allora alcuni suggerimenti per affrontare al meglio il processo decisionale.

    CONSIGLIO 1: VALUTA BENE LA TUA REALTA' FINANZIARIA
    Non c'è niente di sbagliato nel sognare in grande, ma quando si tratta di pianificare le tue personali finanze è utile sostenere i tuoi sogni con una quantità di denaro realistica.
    Prima di fissare degli obiettivi relativamente al tuo tasso di risparmio mensile (o prenotare la tua prossima crociera ai Caraibi), buona idea sarebbe quella di avere una panoramica di quali sono i tuoi guadagni mensili e le tue spese.
    Così facendo, potresti anche trovare dei modi per modificare il tuo budget.

    CONSIGLIO 2: IDENTIFICA I TUOI OBIETTIVI E STIMANE I COSTI
    Ora che hai una migliore comprensione di quanti soldi puoi mettere da parte, è tempo di focalizzarsi sugli obiettivi finanziari.
    Come primo passo, è utile raggruppare i propri obiettivi in base all'orizzonte temporale.
    Avrai allora degli obiettivi di breve termine (raggiungibili in massimo cinque anni), di medio termine (dai 5 ai 15 anni), e degli obiettivi di più lungo termine (dai 15 anni in su).
    Cerca di essere il più specifico e dettagliato possibile.
    Questo processo, di solito, diventa più difficile con il secondo passaggio: stimare il costo di ogni obiettivo.
    Il problema è che non tutti gli obiettivi finanziari hanno un prezzo chiaramente indicato.
    Anche le spese a breve e medio termine non sono così semplici da stimare, soprattutto in periodi come questo con tassi di inflazione a due cifre.
    Stimare il costo di obiettivi pluriennali, come le spese universitarie e la pensione, è ancora più complicato.
    I costi per le abitazioni poi, variano da una regione all'altra, tanto quanto il costo di mandare un figlio all'università.
    Le spese pensionistiche dipendono invece dallo stile di vita che si intende condurre e dalla sua durata.

    CONSIGLIO 3: NON DIMENTICARE IL TUO DEBITO E IL TUO FONDO DI EMERGENZA
    Potrebbe essere facile lasciarsi trasportare da desideri, speranze e sogni, ma dai peso a ciò che ha senso dal tuo punto di vista finanziario.
    Pensa allora a quei mutui ipotecari ad alto tasso d'interesse, o agli altri debiti che ti mangiano reddito mese dopo mese: prima li paghi e li estingui, migliore sarà la tua situazione finanziaria nel lungo termine.
    Ma tieni anche a mente che raramente la vita segue alla perfezione il tuo piano.
    Da piccoli contrattempi (una lavatrice rotta), ad altri più grandi (la perdita del lavoro), è buona idea essere preparati in caso di emergenza.
    In generale, accantonare una somma di denaro che può variare dai 3 ai 6 mesi delle tue spese generali (alloggio, assicurazioni, cibo, utenze...) potrebbe essere un buon punto di partenza.
    Conti correnti e conti di risparmio sono generalmente delle valide opzioni per conservare questi fondi di emergenza.

    Nella mia prossima 7in7, datata 13 Gennaio, concluderò la carrellata di questi miei 7 consigli con gli ultimi 4, e ti parlerò anche proprio dei conti di deposito tornati recentemente d'attualità.
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    6 - RUBRICA: LA PSICOLOGIA DEI SOLDI (IL PARADOSSO DELL' UOMO IN AUTO)

    Nel corso di questo 2022 ho iniziato ad esplorare per te i capitoli del bellissimo libro di Morgan Housel intitolato "La psicologia dei soldi".
    Un libro che regala importanti riflessioni sulla ricchezza, l'avidità e la felicità, permettendoci anche di fare un'auto-analisi di come viviamo il rapporto col denaro.
    In questo ultimo appuntamento dell'anno con la mia 15nale 7in7, siamo arrivati al capitolo 8: "Il paradosso dell'uomo in auto (nessuno si lascia impressionare più di voi dalle cose che possedete)".
    Scopriamolo come sempre assieme.
    Ti anticipo già che sarà (stranamente) piuttosto breve! 

    Il sogno di molte persone è quello di possedere un'auto di lusso.
    Ferrari, Lamborghini, Rolls-Royce...
    Tendiamo infatti a pensare che oggetti di un certo tipo abbiano il potere di trasmettere agli altri quanto siamo intelligenti, ricchi ed importanti.
    Possedere una fuoriserie equivale a dire: "guardami, ce l'ho fatta!!!".
    Ti invito però a riflettere: quando vedi qualcuno che guida una bella macchina ti soffermi su di lui pensando "wow, l'uomo al volante di quel bolide è proprio figo!...", o ti ritrovi a pensare a qualcosa come " wow, se avessi quella macchina tutti direbbero che sono fighissimo e ricchissimo!"?
    E' un'assurdità: vogliamo la ricchezza per segnalare agli altri che devono amarci ed ammirarci.
    Ma spesso gli altri, in realtà, non ci ammirano affatto: non perché non pensino che la ricchezza sia ammirevole, ma perché usano la nostra ricchezza come fonte di ispirazione per il loro desiderio di piacere e di essere ammirati.

    Chi compra una Lamborghini pensa di guadagnarsi l'ammirazione di tutti, senza però rendersi conto che la maggior parte delle persone rimane certamente impressionata dalla macchina, ma non si cura minimamente del suo conducente. 
    Lo stesso accade spesso a chi vive in grandi ville, a chi possiede gioielli e abiti d'alta moda. 

    Inconsciamente o meno, è così che ragioniamo tutti. 
    Quello che vogliamo veramente è il rispetto altrui, e pensiamo che oggetti costosi come auto, orologi e gioielli possano procurarcelo
    Peccato che non vada quasi mai così. 
    Questo non significa che sia necessario abbandonare la ricerca della ricchezza o l'amore per le belle auto; è piuttosto un invito a riflettere sul fatto che usare il denaro per comprare belle cose può fruttarci meno rispetto e ammirazione di quanto pensiamo. 
    Se il rispetto e l'ammirazione sono il tuo obiettivo, fai attenzione al modo in cui li ricerchi. 
    Umiltà, gentilezza ed empatia ti procureranno più rispetto del rombo di una fuoriserie

    Non sarà questa l'ultima volta che ci troveremo a parlare delle Ferrari nell'esplorazione di questo libro: anche nel prossimo capitolo incontreremo infatti una storia sul paradosso delle auto veloci.
    Appuntamento allora al nuovo anno!
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    7 - IL GRANDE VECCHIO DELL' ISOLA CHE NON C'E'

    Parlare di Taiwan, per certi versi è un pò come parlare dell'isola che non c'è.
    Taiwan non è infatti riconosciuta dalla Cina (che con Xi Jinping vorrebbe però prenderne il controllo), ma nemmeno dagli altri 4 membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu (ovvero Stati Uniti, Russia, Regno Unito e Francia), nonché dal Canada e dagli altri stati dell'UE. 
    Taiwan intrattiene tuttavia con tutto il mondo rapporti di collaborazione e di commercio, ed è anzi fondamentale per l'economia globale, visto che fornisce il 92% dei microchip più sofisticati, e produce il 22% dei wafer semiconduttori, oltre a vantare una grande sapienza tecnologica che ha spinto in alto la sua industria.
    L'uomo che ha dato il là a questo miracolo è il 91enne Morris Chang, fondatore di Tsmc, quella Taiwan Semiconductor Manufacturing Company che da sola controlla il 53% della produzione mondiale di microchip di ultima generazione.

    La storia dell'ingegnere Chang è uno spaccato sulla questione taiwanese.
    Nato in Cina nel 1931, si trasferì con la famiglia prima ad Hong Kong e poi negli States
    Entrò ad Harward nel 1949, in un'epoca nella quale i cinesi in America lavoravano perlopiù nelle lavanderie o nei ristoranti.
    Pochi cinesi erano infatti professori o ingegneri, ma Chang scelse di osare e seguì la sua passione per le materie scientifiche.
    Harward gli divenne poi stretta, e dopo il primo anno riuscì a passare al famoso MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, dove si laureò in ingegneria meccanica. 

    Fu esattamente un dollaro a decretare il suo futuro successo (e quello di Taiwan...) quando si trattò di scegliere il primo lavoro: la grande Ford gli offriva 479 $ al mese, mentre la piccola Sylvania, che iniziava a produrre i primi semiconduttori, gliene offriva 480, e Chang lì si diresse. 
    Era il 1955, i chip erano ancora una cosa da pionieri. 
    Nel 1958 passò alla Texas Instruments di Dallas, dove a 27 anni fu impegnato nello sviluppo di transistor per la IBM.
    Qui rimase per ben 25 anni, diventando vicepresidente responsabile per la divisione semiconduttori.
    Il suo sogno americano si era realizzato.

    Nel 1985 la svolta: fu chiamato dal governo di Taiwan che gli offriva di diventare capo dell'istituto di ricerca per la tecnologia industriale.
    Taiwan, a quei tempi, era ancora famosa per produzioni a basso costo e scarsa qualità.
    La moglie lo lasciò, gli amici americani gli sconsigliarono il rientro in patria, ma lui decise di buttarsi a capofitto in questa nuova avventura: riuscì a rivoluzionare l'istituto statale di Taipei, grazie anche ad importanti investimenti privati.
    Nel 1987 l'ultimo balzo, quello finale dentro la storia: Chang fonda la Tsmc con un capitale di 220 milioni di $, messi metà dal governo di Taiwan, e l'altra metà da investitori privati.
    Con la tecnologia concessa su licenza dall'olandese Philips, la neonata industria elettronica cominciò a fabbricare semiconduttori per tutte le grandi tech company del nuovo mondo globalizzato.

    Trentacinque anni dopo, gli Stati Uniti conservano una contenuta capacità produttiva nel settore (12%), mentre l'Europa conta ancor meno (solo il 9%).
    Taiwan, con il suo 22%, è allora il primo paese al mondo nell'ambito dei semiconduttori, e Tsmc il primo fornitore mondiale. 
    Senza il colosso fondato da Chang non funzionerebbero i telefonini, le auto, gli aerei, i missili progettati dalle grandi potenze industriali...

    Per ridurre la propria dipendenza dall'estero, le maggiori potenze mondiali hanno oggi una nuova parola d'ordine sulla loro scrivania: "reshore", ovvero riportare in patria produzioni strategiche, e rendersi il più possibile indipendenti.
    La guerra in Ucraina ha dato una significativa accelerazione a questo processo, ma Taiwan e la Tsmc stanno resistendo con tutte le loro forze, anche perché l'industria dei semiconduttori viene considerata una protezione, una sorta di "scudo di silicio": se la Cina attaccasse l'isola, il governo di Taipei saprebbe di poter contare sul soccorso americano, finalizzato al non perdere le vitali forniture di microchip dell'isola che non c'é.

    Morris Chang ha lasciato 3 anni fa la guida operativa della sua creatura.
    Ma dietro le quinte continua ancora ad esercitare una grande influenza. 
    Il suo pensiero è quello che a Pechino sanno bene che, in caso di guerra, l'industria tecnologica taiwanese andrebbe distrutta, con gravissime e dirette conseguenze sul benessere cinese.
    Questo innescherebbe la spirale del "caos economico globale", esattamente il contrario della stabilità tanto predicata da Xi Jinping.
    C'è allora da sperare che il grande vecchio Chang abbia ancora una volta ragione, e che lo "scudo di silicio" eviti al mondo una nuova drammatica guerra dalle parti del mar cinese orientale.
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    La mia 7in7 si prenderà nelle prossime settimane un (contenuto ma necessario...) periodo di riposo.
    Tornerà però a bussare alla tua casella mail nella mattinata di Venerdì 13 Gennaio.
    Tieniti pronto ad aprirle!

    Ti auguro un sereno fine settimana.
    Un caro saluto.

    Davide