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www.davideberto.it2024-10-11
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    La media di rendimento, dal 1926 ad oggi, di un portafoglio d'investimento composto per il 60% da azioni, e per il restante 40% da obbligazioni, è del 9%.
    In questo 2022 l'asticella negativa è sconvolgente.
    In questo 2022 si sta verificando qualcosa di mai visto prima.

    Nei mercati il ritorno alla media è sempre impressionante, e si basa sul fatto che nel breve periodo il mercato si muove sui sentimenti, mentre nel lungo guarda ai fondamentali.
    E' allora piuttosto evidente che qualcuno, correttamente, sfrutterà il momento e la debolezza degli impauriti investitori che, terrorizzati, consegneranno la loro merce scontata.

    Tempo
    Disciplina
    Tolleranza

    Ti auguro una piacevole lettura!
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    1 - QUANDO GLI STRUMENTI NON BASTANO

    Molti investitori ritengono che i prodotti finanziari siano l'unica cosa che conta per poter guadagnare con i loro investimenti.
    Grave, grave errore.
    Certo, con un prodotto assicurativo che costa il 5-6% medio annuo è sicuramente complicato guadagnare, soprattutto quando sul mercato ci sono alternative molto più economiche, come i fondi comuni d'investimento, o, ancor di più, gli ETF.

    Ma c'è un ma.
    Non c'è strumento d'investimento che tenga, quando manca una solida strategia di base.
    E quando manca una conoscenza, almeno approssimativa, di come si comportano i prodotti finanziari.

    Non ci credi?
    Recentemente mi sono imbattuto in alcune recensioni relative a Moneyfarm, un robot-advisor italiano che colloca varie linee di gestioni patrimoniali in ETF.
    La soluzione perfetta, sulla carta.
    Portafogli d'investimento con sottostanti prodotti finanziari efficienti e a basso costo, proposti in differenti linee di rischio.
    Poi, però, ecco arrivare un anno come quello che stiamo vivendo.
    Un anno complicatissimo su tutti i fronti del mercato, dalle azioni alle obbligazioni.
    E giù recensioni di clienti scontenti e insoddisfatti di quanto fatto da Moneyfarm.

    Ma scontenti di cosa esattamente?
    Scontenti dei rendimenti, ad oggi molto negativi, soprattutto in merito alle linee più a "basso rischio".
    Linee che, nella testa di molti, possono forse suonare come un qualcosa "privo di rischio".
    Ma, come devono saper bene gli investitori, quando si maneggiano azioni e obbligazioni c'è sempre una volatilità sottostante di cui tener conto, che può scatenarsi in qualsiasi momento.

    Altri clienti sono poi stupiti dalle oscillazioni della loro linea d'investimento Moneyfarm.
    Per qualche ragione, mai si sarebbero aspettati perdite come quelle che stanno sperimentando in questo 2022.
    Purtroppo, però, "mai" è una parola che non esiste sui mercati finanziari.

    Altri ancora, rimpiangono di non aver messo i loro soldi in BTP, per potersi proteggere almeno parzialmente dall'inflazione.
    Ignorando completamente il rischio Italia, e il fatto che, con il rialzo in corso dei tassi d'interesse, anche i BTP hanno perso tanto valore e ancora ne perderanno.

    Non saprei allora dire se questi clienti non siano stati correttamente informati dei rischi che potevano correre.
    Oppure, anche, se hanno fatto finta di niente.
    Una cosa però è certa: nonostante avessero investito in portafogli costruiti su prodotti super efficienti e a basso costo, in grado di aiutarli, nel tempo, a raggiungere i loro obiettivi finanziari, la mancanza di una strategia di base e di partenza ha reso tutti questi clienti negativi e sfiduciati.
    Negatività e sfiducia che li potrebbe portare, in totale assenza di consulenza, a vendere tutto nel momento sbagliato, credendo che i mercati finanziari abbiano il solo scopo di fregar loro soldi, decidendo poi successivamente di non investire mai più un € per tutto il resto della loro vita.
    Perdendoci così soldi oggi, e tutti i possibili rendimenti futuri di mercato.

    Perché fondamentalmente è sempre così: quando i mercati salgono, tutto sembra facile.
    Ma è proprio quando i mercati scendono che, se si sa mantenere la rotta, si possono consolidare dei risultati veramente interessanti e si possono cogliere enormi opportunità.
    Certo, non è cosa facile, e i momenti di sconforto, per svariati motivi, possono capitare anche ai migliori investitori.
    Per questo il (bravo) Consulente Finanziario ha l'obiettivo di fare tutto ciò che può per evitare che i suoi clienti prendano decisioni sbagliate, o si facciano prendere dallo sconforto.
    Mettendoci la faccia, quando necessario, e rispondendo in breve tempo a dubbi e richieste di chiarimento.
    Questa è la mia filosofia.
    E non ho certo intenzione di cambiarla.
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    2 - IL TESTAMENTO DI BENJAMIN FRANKLIN E L' INTERESSE COMPOSTO

    Prendi un normale foglio di carta A4 e piegalo una volta.
    Diventerà 2 volte più spesso.
    Piegalo di nuovo, hai raddoppiato nuovamente lo spessore della carta.
    Due pieghe rendono la carta 4 volte più spessa.
    Piegalo una terza volta, ora la carta è 8 volte più spessa.
    Sfortunatamente non è possibile piegare un pezzo di carta più di 8 volte (provare per credere), ma la matematica alla base del ripetuto raddoppio dello spessore della carta è entusiasmante quando si applica la stessa esponenziale crescita ai tuoi risparmi.
    Questo semplice esempio per farti comprendere la potenzialità dell'interesse composto, in grado di aumentare più velocemente la ricchezza degli investitori, guadagnando anche sulla valorizzazione dei rendimenti passati.

    Per comprendere come una buona pianificazione finanziaria può massimizzare il beneficio dell'interesse composto, possiamo attingere dal piano di Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d'America, il cui volto è raffigurato sulle banconote da 100 dollari.
    Alla sua morte datata 1790, Franklin lasciò 1.000 sterline (circa 9.000 dollari di allora) alle sue due città: Filadelfia, sua città adottiva dove morì, e Boston, sua città Natale.
    Franklin volle che gli amministratori di quel denaro lo prestassero agli apprendisti.
    Il suo testamento prevedeva anche che gli interessi raccolti da quei prestiti dovessero rimanere investiti, in modo tale che potessero crescere esponenzialmente nel tempo.
    Dopo 100 anni, entrambe le città avrebbero potuto ritirare il 75% dei fondi, per utilizzarli in progetti infrastrutturali che potessero migliorare la qualità della vita di coloro che vivevano a Filadelfia e Boston.
    Quindi, dopo altri 100 anni, avrebbero potuto ritirare il saldo residuo per ulteriori infrastrutture e progetti di miglioramento delle stesse città.
    Franklin stimò un tasso annuo di rendimento dei prestiti del 5%.

    Filadelfia e Boston fecero allora i primi prelievi nel 1890, 100 anni dopo la morte di Benjamin Franklin.
    In quei 100 anni il fondo è cresciuto dai 9.000 dollari iniziali fino a 500.000 dollari (circa 13 milioni in dollari di oggi).
    Quando le città hanno potuto effettuare il secondo ritiro, nel 1990, del 25% rimanente dei fondi, hanno ottenuto l'accesso ad altri 6,5 milioni di dollari (12 milioni oggi).
    Franklin comprendeva il potere dell'interesse composto, e sapeva che una buona pianificazione di base e il tempo erano gli ingredienti essenziali per farlo funzionare al meglio.

    Io, di certo, non potrò ragionare con un orizzonte temporale di 100 anni avanti a me, ma avrò, spero, alcuni decenni per consentire ai miei risparmi investiti di guadagnare rendimenti composti, passo dopo passo.
    Il modo in cui Benjamin Franklin ha strutturato il suo testamento, fornisce allora un'ottima illustrazione di come una pianificazione ponderata unita al tempo, possono catturare al meglio il potere dell'interesse composto.
    Più tempo hai, più la tua ricchezza può beneficiare di questo effetto combinato.
    Una volta creato allora un piano finanziario ben congegnato, incentrato sulla massimizzazione della tua ricchezza come mezzo per raggiungere i tuoi obiettivi, puoi sederti e lasciare che il tempo faccia il suo lavoro.
    Affrontando anche periodi difficili come quello che stiamo attraversando ora.
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    3 - QUANDO EMERGENTE FA RIMA CON (RENDIMENTO) ATTRAENTE...

    Se nel corso del 2022 i rendimenti delle obbligazioni dei paesi sviluppati sono finalmente tornati a farsi interessanti, c'è da dire che il debito dei paesi emergenti (governativo o aziendale) ha sempre pagato rendimenti maggiori.
    In virtù ovviamente di un rischio maggiore.
    Quello del debito emergente è oggi un mercato complessivo da 35mila miliardi di dollari, con rendimenti medi attuali all'8% circa.
    Si tratta di un segmento molto attrattivo per gli investitori, un mercato cresciuto enormemente negli anni.
    Oggi pesa infatti per 1/4 delle emissioni globali, mentre alla fine degli anni 80 raggiungeva a malapena poco più dell'1%.

    Quando si parla di obbligazioni dei mercati emergenti, ci si riferisce ad un'ampia asset class che va geograficamente dalla Cina all'America Latina, passando per l'Africa, per il Medio Oriente e per l'Est Europa, con tutto il corollario di peculiarità e diversità che si possono incontrare. 
    Troviamo rappresentati titoli di Stato emessi in valuta forte (principalmente il dollaro americano) e in valuta locale, oltre a obbligazioni societarie emesse principalmente in dollari. 
    C'è infine una nicchia che riguarda i mercati di frontiera, un eterogeneo gruppo di paesi emergenti di ridotte dimensioni, con un mercato dei capitali meno sviluppato, in grado di offrire rendimenti ancor più interessanti seppure con un grado di rischio più elevato.

    Si tratta di un mondo molto complesso di economie che si stanno sviluppando, progredendo verso livelli più elevati di industrializzazione e di apertura economica.
    E' proprio il maggior rischio intrinseco che porta i rendimenti di questo debito ad essere più alto di quello offerto dagli emittenti dei paesi già sviluppati, perché bisogna fare i conti con valute più fragili, rischi politici, economie meno diversificate ecc.
    Ricorda sempre: in finanza non esistono pasti gratis.
    Maggior rendimento offerto significa sempre un maggior rischio sottostante all'investimento.

    Anche questo segmento di mercato non è rimasto immune dal generale rialzo dei tassi sui mercati finanziari, e gli strumenti collegati hanno sofferto non poco.
    Oggi però i titoli sono ancora più attrattivi, e si possono acquistare a prezzi veramente appetibili.
    Il Cile, ad esempio, offre tassi sopra al 10%, la Polonia attorno al 6,5%, il Brasile addirittura sopra il 13%.
    Ma bastano questi numeri certamente interessanti per pensare di inserirli nel proprio portafoglio?

    Le emissioni in valute locale sono quelle dominanti e valgono circa 3/4 del mercato, ma in molti casi non sono facilmente accessibili agli investitori esteri, e sono poco liquide.
    Non va poi sottovalutato il rischio cambio, perché la nostra valuta è l'euro ed è quella a cui dobbiamo far riferimento.
    Qualora ci fosse una forte svalutazione delle valute locali in cui si investe, anche il capitale investito ne uscirebbe ridotto.
    Infine, uno dei principali fattori di rischio dei paesi emergenti è che sono indebitati in dollari, e tendono di conseguenza ad andare in sofferenza quando il dollaro è forte, come in questo periodo storico.
    Questo accade perchè il costo del loro debito pubblico aumenta a causa del cambio sfavorevole, fino a creare delle vere e proprie crisi valutarie.

    Anche in questo segmento di mercato, il "fai da te" è allora sempre poco auspicabile, specialmente quando si intrecciano tante variabili da tenere costantemente monitorate.
    I gestori attivi professionali dei fondi comuni di investimento puntano sempre sulla diversificazione, evitando pesi eccessivi rivolti a singoli paesi o settori, oltre a seguire costantemente le evoluzioni economiche, politiche e finanziarie di questi paesi e dei soggetti emittenti.
    Tutte cose impossibili per i comuni risparmiatori.
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    4 - IN OSTINATA CONTROTENDENZA

    Una sola grande banca centrale al mondo vuole continuare a vivere nell'era dei tassi a zero o negativi.
    Si tratta della Bank of Japan (BoJ), ostinata a tenere i rendimenti dei titoli di stato decennali giapponesi (i nostri Btp in Giappone sono denominati Jgb) sotto lo 0,25%.

    Da mesi i mercati finanziari stanno scommettendo contro la BoJ stessa, la cui politica sta causando l'estrema debolezza della valuta nipponica.
    Lo yen, da inizio Marzo, ha perso infatti il 22% nei confronti del dollaro americano, e quasi il 10% nei confronti dell'euro.
    Gli investitori sono infatti convinti che, presto o tardi, la banca centrale del sol levante sarà costretta a gettare la spugna, e dovrà abbandonare la sua politica monetaria che, caso ormai raro al mondo, è rimasta ultra-espansiva.

    Ma andiamo con ordine...
    Come detto, la Bank of Japan è una delle poche banche centrali al mondo che ha mantenuto, anche in questo 2022, una politica monetaria espansiva caratterizzata dal contenimento dei tassi d'interesse.
    Ormai da tempo, questa banca centrale fa della politica di "controllo della curva dei tassi" il suo mantra, impedendo ai rendimenti dei titoli di stato decennali di salire oltre lo 0,25%.
    Ogni volta che i titoli del debito pubblico si affacciano oltre quella soglia, la Bank of Japan compra i titoli e ne abbassa i rendimenti per farli tornare in "riga".
    Questa politica contromano rispetto a tutte le altre banche centrali, ha però avuto un effetto boomerang: ha fatto collassare lo yen a causa del differenziale tra i tassi giapponesi (che restano bassissimi) e quelli statunitensi ed europei (che salgono invece al galoppo).
    Un gap così ampio crea infatti un naturale deflusso di capitali dal Giappone (dove i rendimenti sono appunto troppo bassi), verso gli Stati Uniti in primis e anche verso l'Europa.
    Un paio di volte la BoJ è intervenuta a sostegno della valuta nipponica, senza però un grande successo.

    Il mercato rema allora contro perché da mesi gli investitori pensano che la Bank of Japan non riuscirà a mantenere così a lungo i tassi dei titoli di stato, visto e considerato che questa politica sta penalizzando eccessivamente la valuta del paese.
    Per una banca centrale difendere il cambio è costoso, perché consuma riserve.
    E molto spesso neppure si raggiunge il risultato sperato.
    La Banca centrale del sol levante ha pertanto poche armi per evitare l'ulteriore caduta dello yen, se non quella di fare mea culpa e mettere la retromarcia in merito alla sua politica monetaria.

    Nonostante il Giappone sia un grande importatore netto di energia, l'inflazione nel paese viaggia per ora al 3%.
    La curva dei rendimenti del debito pubblico, che nei principali paesi al mondo si sta appiattendo, in Giappone si sta invece irripidendo: la parte del debito fino ai 10 anni, controllata dalla BoJ e quindi del tutto artificiale, si ferma allo 0,25%, mentre quella a 30 anni, lasciata fluttuare senza interventi di sostegno, segna tassi all'1,5%.

    Vincerà allora il mercato, costringendo così la banca centrale del Giappone ad abbandonare la politica di controllo dei rendimenti decennali dei titoli di Stato?
    Oppure vincerà la Bank of Japan, e sarà il mercato a dover fare marcia indietro?
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    5 - LA VIA CRUCIS DELLE DUE CIFRE PERCENTUALI

    I più attempati ricorderanno quel 2 Dicembre del 1973: la prima di una lunga serie di domeniche senz'auto, dovute all'embargo sul petrolio deciso dall'Opec, in seguito alla guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur.
    Il prezzo del barile aumentò dai 3 ai 12 $ in pochi giorni, rimanendo poi pressoché quello fino al 1978.
    Il governo, presieduto allora da Mariano Rumor, varò il decreto sull'austerity: domeniche a piedi, chiusura anticipata per i negozi, riduzione del 40% della pubblica illuminazione.
    La nostra economia dipendeva dalle importazioni di oro nero per l'80% del suo fabbisogno. 
    Gli esecutivi che si succedettero dal quel giorno tentarono di intervenire, peraltro senza molto successo, per correggere gli effetti di questa variabile esogena che produceva effetti devastanti sul potere d'acquisto degli italiani.
    Come?
    Controllando (o tentando di controllare) i prezzi.

    Negli anni dell'austerità arrivò la stagnazione dei consumi, con una pesante recessione nel 1975, per la prima volta dal secondo dopoguerra.
    Partì poi la pericolosa spirale "prezzi/salari", che infiammò l'inflazione. 
    Gli stipendi erano infatti agganciati al costo della vita grazie alla cosiddetta "scala mobile", ma questo meccanismo automatico, apparentemente equo e tutelante, finiva per alimentare esso stesso l'aumento dei prezzi, in una spirale crescente e dannosa. 
    L'incremento del costo del lavoro veniva infatti riversato sul prodotto (o servizio) finale, facendone aumentare i prezzi, i quali facevano aumentare i salari, che facevano aumentare i prezzi ... in un cortocircuito insostenibile per l'economia.
    La scala mobile fu dura da smantellare, per le resistenze dei sindacati e del partito comunista: risale al 1984 il decreto di San Valentino che provò ad arginare l'indicizzazione automatica dei salari all'aumento dei prezzi e dunque all'inflazione, ma la vera svolta avvenne solo nel 1993, con l'accordo sulla politica dei redditi redatto dall'allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi.

    In quegli anni si creò, parallelamente, l'illusione monetaria di potersi arricchire con i titoli di Stato, i cui rendimenti salirono alle stelle arrivando a toccare anche il 15% annuo.
    Peccato che il loro valore reale finisse per essere interamente annullato per effetto di quella sorta di "tassa occulta" che è l'inflazione, e che era appunto superiore a questi, seppur astronomici, rendimenti. 
    Ma ancora adesso mi capita di sentire persone ricordare quegli anni, e quegli elevati rendimenti, nella percezione, privi di rischio.
    "Aaahhh, che belli quegli anni in cui i Btp rendevano il 12-13%..."...

    L'inflazione accompagnò quindi la vita degli italiani per almeno due decenni, nonostante le misure restrittive al credito, la stretta sui prezzi imposta dai governi, e il congelamento delle tariffe dei servizi pubblici.
    I numeri di quel tempo sembrano ora vicini: 17,2% nel 1975, 16,5% nel 1976, 18,1% nel 1977.
    Il massimo storico dell'inflazione (21,1%) si toccò nel 1980, mio anno di nascita, per poi scendere gradualmente nel corso del decennio, ma rimanendo sempre a due cifre ancora fino al 1987, con la lira che continuava ad essere svalutata, senza però riuscire ad arginare il deterioramento della bilancia in conto corrente provocato dall'impennata del prezzo del petrolio.
    E la spesa pubblica volava, passando in un solo ventennio (1960-1980) dal 29 al 42% del Pil, per poi raggiungere nel 1990 il 53,5%.
    Il vero spartiacque fu però la crisi del 1992, la più violenta e drammatica degli ultimi decenni, e dal 1996 l'inflazione iniziò a scendere seriamente, finendo poi nel dimenticatoio con l'avvento dell'euro. 
    Questo almeno fino ai giorni nostri. 

    Oggi stiamo vivendo allora un tipico ricorso storico.
    Abbiamo avuto una pandemia che ha provocato rincari nella logistica, nei microchip, nell'energia.
    Anche oggi abbiamo una guerra in corso.
    La fotografia dell'Istat a fine Ottobre è impietosa: il costo del "carrello della spesa" è aumentato all'11,9%, apprestandosi ad eguagliare i tristi record degli anni Settanta e Ottanta, quando il nostro paese si risvegliò bruscamente dal florido periodo di crescita economica e gli italiani dovettero sacrificare parte delle comodità acquisite, in primis l'automobile. 
    Ma qual'é la differenza tra oggi e allora?
    Che, almeno in Italia, l'ascensore sociale si è bloccato tra un piano e l'altro da 30 anni.
    La classe media sta erodendo le fortune costruite negli anni del boom.
    I salari non sono indicizzati al costo della vita, perché la "scala mobile" non esiste più.
    L'economia sommersa cresce, ed è destinata a crescere ancora.

    Siamo solo all'inizio della crescita inflattiva.
    Per quanto tempo dovremo farci i conti?
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    6 - RUBRICA: LA PSICOLOGIA DEI SOLDI (LA LIBERTA')

    Siamo giunti con la 7in7 odierna al 7° capitolo del libro "La psicologia dei soldi" di Morgan Housel.
    Un libro che, fin dall'inizio, sa regalare almeno una frase per capitolo sulla quale riflettere attentamente.

    La forma più alta di ricchezza è potersi svegliare ogni mattina e dire: "oggi posso fare tutto quello che voglio".

    Le persone vorrebbero diventare più ricche per diventare, di conseguenza, più felici.
    In realtà, è la possibilità di fare ciò che vogliamo quando vogliamo, con chi ci pare e per tutto il tempo che ci pare, la quintessenza della felicità.
    E' questo il dividendo più elevato che il denaro possa fruttare. 
    Avere la percezione di controllare la nostra vita, è il fattore che ci ritorna le maggiori sensazioni positive di benessere.
    Più dello stipendio.
    Più delle dimensioni della casa.
    Più del prestigio del proprio lavoro.

    Il più grande valore intrinseco del denaro non è quello di possederlo in un modo fine a sé stesso, ma è il fatto che ci permette di ottenere, un pezzo alla volta, l'indipendenza e l'autonomia, la libertà di scelta, il controllo del nostro tempo.
    Possedere un pò più di soldi ci permette di aspettare la giusta offerta di lavoro dopo un licenziamento, anziché dover accettare la prima offerta che riceviamo.
    Questo può cambiarci la vita.
    Se possediamo un patrimonio personale più cospicuo, possiamo decidere di lavorare part time, o con orari flessibili, o, ancora, più vicino a casa. 
    Potremo poi affrontare una spesa medica imprevista, senza doverci preoccupare eccessivamente.
    C'è ancora la possibilità di andare in pensione quando vogliamo, non quando dobbiamo.
    Usare il denaro per comprare tempo e opportunità in sostanza.
    Tutto questo ha un effetto molto positivo sullo stile di vita.
    Un effetto con il quale ben pochi beni di lusso possono competere.

    Gli Stati Uniti sono la nazione più ricca nella storia del mondo.
    Ma ci sono scarse indicazioni del fatto che i suoi cittadini siano mediamente più felici oggi che negli Anni 50, quando ricchezza e reddito erano molto più bassi.
    Uno dei motivi di tutto ciò, è che abbiamo usato la ricchezza per comprare più cose, cose più grandi, cose migliori.
    Ma simultaneamente abbiamo rinunciato a una fetta maggiore di controllo sul nostro tempo.
    Se tutto va bene, questi due vantaggi si annullano a vicenda.
    Se invece va male, ci troveremo ad avere tanti oggetti e benessere materiale, ma poca felicità reale.

    Sul fronte del lavoro, l'era dell'informatica e della tecnologia ha liberato gli strumenti della produttività dall'ufficio.
    Se il vostro lavoro è costruire automobili, non potrete far nulla una volta usciti dalla fabbrica.
    Ma se siete un esperto di marketing, il vostro attrezzo di lavoro è la vostra testa, dalla quale non vi separate mai.
    Il lavoro pervade allora la vita privata, tanto più dopo l'esperienza della pandemia che ha definitivamente sdoganato lo smart working, ovunque e comunque.
    Fare però una cosa che amiamo, con dei ritmi che non possiamo sostenere e controllare, finirà per assomigliare molto al fare una cosa che detestiamo.
    Rispetto alle generazioni precedenti, esercitiamo allora meno controllo sul nostro tempo.
    E poiché il controllo del tempo è un fattore importantissimo per la felicità, non c'è da stupirsi se le persone non si sentano molto più felici, pur essendo storicamente più ricche di sempre.
    Ciò a cui gli anziani attribuiscono mediamente più valore, sono le amicizie, la sensazione di far parte di qualcosa di più grande di loro, la possibilità di passare più tempo con figli e nipoti.
    Bisognerebbe allora trarre insegnamento dalle esperienze di chi ha vissuto a lungo, e prendere anche esempio dalla purezza dei bambini: loro non vogliono soldi o ciò che con i soldi si compra, loro vogliono te.
    Nello specifico, vogliono che tu stia con loro. 

    Se avere allora il controllo del proprio tempo è il dividendo più alto che il denaro possa fruttare, nel prossimo capitolo scopriremo quello che è invece uno dei dividendi più bassi.
    Ci rileggiamo quindi il 16 Dicembre, per trattare del capitolo numero 8 "Il paradosso dell'uomo in auto (nessuno si lascia impressionare più di voi dalle cose che possedete)".
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    7 - UNA FINANZA DECENTRALIZZATA ... MA CON I BUCHI

    Che sia necessario regolamentare maggiormente il mondo delle criptovalute, è stato recentemente sottolineato anche dalla presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, che a Bruxelles ha già presentato un piano per stabilire delle regole univoche di mercato.
    A sottolineare l'urgenza e la necessità di questi provvedimenti ci sono anche i numeri: da inizio anno i criptopirati hanno sottratto oltre 3 miliardi di $ al mondo della finanza decentralizzata.
    Se pensi che ci sono circa 53 miliardi di capitali complessivamente investiti in questo particolare ambito, le cifre rubate sono davvero rilevanti...

    Vero è che la cryptoeconomy può contare su protocolli sempre più sofisticati, ma i sistemi di controllo non sono ancora abbastanza solidi né affidabili, perché non vengono testati a sufficienza soprattutto a causa della fretta.
    La richiesta di moneta virtuale cresce infatti a dismisura alla ricerca del guadagno facile, e i sistemisti non riescono a stare al passo.
    In questo contesto, per chi ha le giuste competenze informatiche, è piuttosto facile violare i sistemi.

    Ma vediamo di capire perché è così facile che tutto questo accada. 
    La finanza decentralizzata crea dal nulla prodotti e servizi finanziari grazie a un insieme di applicazioni che sfruttano piattaforme blockchain.
    La loro operatività si basa sui cosiddetti smart contract, ovvero contratti costituti da stringhe di software che eseguono in automatico l'operatività per cui sono stati impostati, al verificarsi di determinate condizioni. Queste piattaforme hanno avuto una crescita esponenziale nell'ultimo anno, il che ha inevitabilmente attirato l'interesse dei cyber bucanieri.
    Nella tradizione del mondo cripto, i sistemi sono spesso basati sull'opensource, ovvero chiunque può contribuire a crearli.
    E' un approccio fortemente democratico e trasparente, ma se i codici non sono sviluppati in modo impeccabile, se vi è un difetto nel codice del protocollo della piattaforma, si presta il fianco ad eventuali attacchi.
    I più importanti furti sono infatti avvenuti a causa del cosiddetto code exploit, ovvero lo sfruttamento di un difetto, di un buco nei codici utilizzati.
    Non è infatti difficile, per i malintenzionati, passare al setaccio le stringhe di software per cogliere eventuali falle, e insinuarvisi. 
    Non di rado le somme sottratte vengono restituite dopo il pagamento di una "ricompensa", richiesta dai pirati per aver fatto scoprire la falla nel sistema.
    Se vogliamo, è questo anche un modo per fare selezione naturale: a fronte del boom della domanda di criptovalute e servizi correlati, non tutti quelli che si sono buttati nella mischia sono attrezzati per fornire servizi adeguati, e sono così destinati, nel tempo, a soccombere.
    Resistono i più solidi ed efficienti, in modo tale che l'evoluzione tecnologica possa procedere.
    Nel frattempo, però, sono assolutamente auspicabili maggiori regole e regolamentazioni, perché il mondo dei crypto-asset è, a tutti gli effetti, parte del mondo della finanza, e come tale necessita di paletti entro cui stare per tutelare in primis gli investitori.

    Se intendi allora salire sull'ottovolante delle criptovalute (o se ci sei già salito da tempo...), tieni in considerazione anche il fatto che, oltre all'estrema volatilità di questi asset finanziari, dalla sera alla mattina i tuoi capitali potrebbero volatilizzarsi a causa di una falla del sistema.
    Motivo per cui, molto francamente, io mai mi sono sognato di approcciare questo mondo...

    P.S. E' di alcuni giorni fa la notizia del fallimento di Ftx, secondo exchange globale di criptovalute.
    Stando al documento di bancarotta, sono oltre 100 mila gli investitori incagliati che, in questi giorni, temono di restare con il cerino acceso in mano.
    Ennesima pagina nera di chi ha utilizzato le criptovalute per perpetrare dei magheggi finanziari, rischiando di gettare discredito all'interno di tutto il comparto, danneggiando così anche quella parte sana che ogni giorno sperimenta seriamente, provando ad innovare.
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    Anche per questo Venerdì, con la mia 7in7 è tutto...
    A te e famiglia il mio augurio di un sereno fine settimana!
    Un caro saluto.

    Davide