Menu
www.davideberto.it2024-11-21
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    Vado semplice e diretto in apertura di questa mia nuova 7in7.
    Stiamo attraversando un periodo bello tosto in questo 2022.
    Bello tosto per l'economia globale.
    Bello tosto per i mercati finanziari.
    Bello tosto, in molti casi, per la stessa economia delle famiglie. 
    Un periodo decisamente denso di nubi all'orizzonte.

    Lato finanziario, da un pò ormai, siamo con entrambi i piedi dentro a un Bear Market (mercato orso - mercato ribassista) di tutto rispetto.
    Ma come si supera un Bear Market?
    Il consiglio è uno: cercare di sopravvivere.
    Sopravvivere alle nostre paure.
    Sopravvivere alla nostra voglia di cercare di capire quale possa essere il momento giusto per vendere e poi per rientrare.
    Sopravvivere all'impulso di cambiare in modo netto e improvviso, modo e metodo d'investimento.

    L'orso fa male quando colpisce.
    Ma è normale incontrare periodi di ritracciamento, più o meno decisi, lungo il percorso d'investimento.
    Quando succede, quindi, come in questo 2022, che tutte le asset class virano contemporaneamente in territorio negativo, è importante che sia la nostra mentalità ad essere positiva, per fare la differenza e permetterci così di raggiungere i prefissati obiettivi di lungo periodo.
    Perché a creare sovraperformance o sottoperformance, molto spesso non sono i costi, le commissioni, le soluzioni d'investimento, le capacità o incapacità dei gestori, quanto i nostri stessi comportamenti.
    Ricordatelo: I NOSTRI STESSI COMPORTAMENTI.

    Ti auguro una piacevole lettura!
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    1 - DIMENTICA LE ALLEGRE ARGOMENTAZIONI CON AMICI E PARENTI

    Per evitare di cadere nell'imbuto previsionale, e nell'illusoria ricerca della sovra-performance, il consiglio che mi sento di darti è quello di annoiarti investendo.
    Stay Invested, Stay Bored.

    Questo implica il non poter partecipare ad allegre argomentazioni con amici e parenti, e vantarci di essere sopra il treno più performante del mercato, così come assistere, giusto da spettatori, al circo dei venditori di rendimento e alle loro giostre.
    Già ottenere nel tempo quanto il mercato stesso ha da offrire, resta particolarmente complesso.
    Cercare poi di superarlo, giocando al suo stesso gioco e scommettendo in chiave previsionale sul settore che, riteniamo, saprà crescere meglio, o sui singoli titoli che potranno trasformarsi in oro, è assai complesso, salvo dotarsi di una macchina del tempo o di poteri divinatori.
    Pensare di poter selezionare nel tempo le azioni migliori, ed escludere al contempo quelle peggiori, solletica da una parte la nostra emotività, dall'altra impoverisce però il nostro portafoglio.
    Meno negoziamo compulsivamente, meno costi commissionali e comportamentali sosteniamo.
    Certo, è semplice a dirsi, ma complicato a farsi.
    Le variabili che tendono a spingerci verso l'iper-attività sono molteplici.
    Oggi, ad esempio, si parla delle manovre restrittive operate dalle banche centrali, così come delle tensioni Russia-Europa in merito al tema del gas.

    Ed ecco che, con l'intento di cercare di ottimizzare i rendimenti futuri, c'è chi magari pensa a proteggere il capitale liquidando posizioni, o ruotando il portafoglio verso determinati settori, comportandosi esattamente come i gestori attivi specializzati nell'attività d'investimento da lungo tempo, e fatica ad eguagliare quanto maturato dal mercato.
    Piuttosto che cercare di battere il mercato, meglio allora pensare a non farci abbattere dal mercato...
    Non trovi?
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    2 - I SULTANI DEL CONTO CORRENTE

    Gli italiani (perlomeno i più fortunati...) hanno tra le mani una ricchezza finanziaria davvero notevole.
    Una ricchezza cresciuta fra il 2011 e il 2021 (decennio, tra le altre cose, costellato di crisi economiche e finanziarie, durante il quale la povertà è aumentata) del 50%, che ha raggiunto oggi la cifra monstre di oltre 5.200 miliardi di €.
    Una ricchezza finanziaria che vale quasi 3 volte il Pil del paese.
    Certo, in questi 10 anni la società si è sempre più polarizzata e spaccata in due: tra chi fatica ad arrivare a fine mese e chi aumenta invece i propri capitali.

    C'è però un dato che considero allarmante: sempre gli italiani hanno oggi qualcosa come 1.630 miliardi liquidi, sui conti correnti.
    Un importo pari circa all'80% del Pil nazionale.
    Una cifra media pro capite di 25.000 €.
    Perché vedi, è proprio la liquidità la forma di "investimento" da noi più amata.
    La scelta, ovviamente, di non investire.
    Purtroppo anche quella che più soffre quando sale l'inflazione, come sta accadendo ora.
    Considerando infatti un'inflazione al 9%, e un saldo zero tra interessi bancari e spese, questo significa perdere (o farsi mangiare...) 146 miliardi di € all'anno di ricchezza.
    Metà del PNRR, l'equivalente di 5-6 manovre di bilancio.
    Non è ammissibile.
    Rasenta la follia finanziaria.

    La politica (ma non solo) dovrebbe fare di tutto per spingere questa enorme massa di denaro verso investimenti produttivi o verso l'economia reale.
    Serve anche più educazione finanziaria (ed io in questo cerco da sempre di fare la mia parte), per spostare questi soldi dal burrone dell'inflazione verso parcheggi più utili e sicuri per l'intera collettività.

    Certo, in questi ultimi mesi l'inflazione ha subito un'accelerata spaventosa, raggiungendo un livello che non vedevamo da oltre 40 anni.
    Ma guardando al passato, nel decennio prima menzionato (2011-2021) l'inflazione media nell'Eurozona è stata circa del 3% all'anno, e chi, sempre nel decennio, ha tenuto i soldi fermi in conto corrente ha già perso il 30% del suo potere d'acquisto.
    Accettare in partenza di perdere valore.
    Poco da fare, il denaro fermo e dormiente non giova a nessuno.

    Passando ora agli investimenti produttivi, negli ultimi 10 anni qualcosa si è mosso.
    Gli italiani possiedono infatti mediamente più azioni (+5%) e meno obbligazioni (-67%!).
    Ma anche più fondi comuni d'investimento (+227%!!!) e più polizze assicurative (+78%!). 
    I vecchi "Bot people", in sostanza, non esistono più, e le obbligazioni nei portafogli degli italiani hanno lasciato posto ad altre tipologie di investimento, con le forme di risparmio gestito (fondi e polizze appunto) a far la parte del leone, e a rappresentare oggi il 40% degli investimenti degli italiani.

    Tornando sull'enorme massa di denaro che cerca riparo dai colpi dell'inflazione, come realmente ci si può proteggere? 
    Facendo, prima di tutto, il primo e più difficile passo necessario: cambiare le proprie abitudini di risparmiatori
    E' fondamentale imparare a fare progetti di investimento.
    Bisogna saper superare anche i timori che molti italiani nutrono verso il mondo degli investimenti finanziari, visto che azioni, fondi e polizze, sono ancora visti con scetticismo e diffidenza. 

    Per meglio comprendere tutto questo, ti riporto un esempio fatto di dati storici reali.
    Ipotizzando di aver depositato su un conto corrente 10.000 € nel 2002, tralasciando i costi di gestione che comunque ci sono, si avrebbe oggi un valore reale di 6.854 €.
    Una perdita secca e inappellabile superiore al 30%.
    Lo stesso importo investito invece nel mercato azionario globale, ci avrebbe restituito oggi 42.000 €.
    Il capitale sarebbe stato così più che quadruplicato in 20 anni, nonostante il -19,5% del 2002, il -40% del 2008, e il -19% di quest'anno.
    Anche applicando a questo valore la componente inflazionistica, otteniamo un valore reale di 30.827 €.
    Servono forse ulteriori commenti?
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    3 - CHI STA SOFFIANDO SUI PREZZI DELL' ENERGIA?

    Lo choc energetico è sotto gli occhi di tutti, ma sulle sue reali origini c'è molta disinformazione e demagogia. 
    Ci sono, in particolare, due fuorvianti luoghi comuni che impediscono di capire ciò che realmente sta accadendo: uno attribuisce la crisi alla guerra in Ucraina e alle sanzioni comminate alla Russia, l'altro demonizza le multinazionali occidentali del petrolio e del gas.
    Il conflitto in Ucraina è in realtà successivo allo scoppio della crisi energetica: i prezzi del gas erano già impazziti più di un anno fa, molto prima dell'invasione russa.

    Per capire l'iperinflazione di gas e petrolio, bisogna infatti guardare a oriente, e bisogna risalire al 2021.
    Il motore dominante dietro l'aumento dei consumi e dei prezzi delle energie fossili è la Cina.
    Non a caso, le quotazioni del greggio hanno subito qualche flessione quando l'economia cinese ha dato segnali di rallentamento.
    Al di là delle variazioni di breve periodo, siamo dentro ad un ciclo ventennale segnato dal boom della domanda cinese.
    Nel 2019 il consumo di energia della Cina era più di 5 volte quello del 2000, e molto superiore ad ogni altro paese al mondo, Stati Uniti inclusi.
    L'impronta energetica del Dragone Rosso è quella di un mastodonte senza eguali, in grado di sconvolgere tutti gli equilibri. 
    Dal 2010 in poi, lo sconvolgente boom dei consumi cinesi è stato soddisfatto, in buona parte, dal corrispondente boom americano dell'estrazione di petrolio e gas naturale dalle rocce (shale oil e shale gas) attraverso la tecnica del fracking.
    La produzione americana è infatti raddoppiata dal 2010 al 2019, e solo questo ha consentito al mondo di non restare intrappolato in uno choc energetico già ben visibile nelle fiammate dei prezzi del 2005-2007. 
    Ma le vele spiegate della produzione energetica americana si sono impigliate nei venti contrari dell'ambientalismo, che hanno portato allo stop degli investimenti nel settore.
    E senza investimenti la produzione di energie fossili declina. 
    Non abbiamo avvertito subito il problema perché, nel frattempo, è piombata sulle nostre teste la pandemia, che ha chiuso le fabbriche cinesi e depresso la domanda.
    Ma appena la produzione cinese è ripartita, e con essa i consumi energetici del "pachiderma" dagli occhi a mandorla, i prezzi sono impazziti.
    Ecco allora spiegato come la crisi del gas abbia avuto origine nella ripresa cinese del 2021, un anno prima della guerra in Ucraina.

    Questo scenario geopolitico era stato capito dai russi, che attraverso il loro gigante dell'energia Rosneft, già dal 2004, avevano avviato una torsione verso oriente, guardando alla Cina come partner privilegiato.
    Da allora si è andata rafforzando l'alleanza tra Rosneft e China National Petroleum Corporation (Cnpc), la principale azienda energetica di Pechino.
    Abbondanti pre-pagamenti e finanziamenti dalla Cina hanno consentito a Rosneft di diventare una delle più grandi compagnie petrolifere quotate nel mondo.
    Dopo le sanzioni occidentali contro il petrolio di Putin, le esportazioni di greggio da Mosca a Pechino sono cresciute al punto che la Russia ha superato l'Arabia Saudita come primo fornitore della Cina.
    La Rosneft, per ridurre la sua dipendenza dai mercati occidentali, ha investito anche in una compagnia indiana di raffinazione petrolifera, la Nayara Energy. Questo ha permesso alle esportazioni di greggio russo verso l'India di balzare da zero a un milione di barili esportati al giorno.
    Il tutto a prezzi scontati. 
    La nuova geopolitica dell'energia vede allora affermarsi un "blocco orientale", con Cina e India nel ruolo di grandi consumatori, e la Russia come fornitrice.
    Questi tre paesi hanno un impatto smisurato sul futuro energetico e ambientale del pianeta, e le loro classi dirigenti non hanno mai creduto alla possibilità di un passaggio rapido e deciso alle energie rinnovabili. 
    E non solo loro...

    Anche in altre parti del mondo emergente si assiste allora a questa tendenza, con gli stati sovrani sempre più protagonisti e le energie fossili che affiancano e accompagnano le rinnovabili (per ogni centrale solare ce ne vuole una tradizionale che la affianchi di notte, in buona sostanza).
    Ecco che anche in America Latina sta avanzando una nuova generazione di leader di sinistra che sta rilanciando le nazionalizzazioni di tutto ciò che ancora non è pubblico: terre rare e minerali strategici per le energie rinnovabili.
    L'odierna geopolitica dell'energia è dominata dalle aziende di stato, controllate da paesi emergenti.
    La regina indiscussa è Aramco, azienda pubblica dell'Arabia Saudita che recentemente ha avuto un incremento del 90% dei suoi profitti, ed ha la capitalizzazione di borsa più alta.
    Proprio perché sono proprietari delle maggiori aziende energetiche al mondo, gli stati del Medio Oriente accumuleranno nei prossimi 4 anni altri 1.300 miliardi di $ di ricchezza aggiuntiva.
    Un immenso trasferimento di risorse Nord-Sud del mondo, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale.

    Chi oggi parla ancora delle compagnie energetiche occidentali come di attori di primo piano nella crisi energetica globale, parla di un mondo che non esiste più.
    Di questo mondo e delle cosiddette "sette sorelle", le multinazionali petrolifere che hanno dominato la scena economica mondiale dagli anni 40 in poi, ti parlerò più dettagliatamente nella mia prossima 7in7.
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    4 - 5 CONSIGLI DA DARE AI FIGLI IN MATERIA DI GESTIONE DEL DENARO

    Che i tuoi figli siano ancora in età da asilo, o stiano frequentando l'università, non è mai troppo presto (o troppo tardi) per dare loro questi 5 consigli su budget, risparmio e investimenti.

    Il modo in cui gestisci le tue finanze quando sei con i figli, può essere addirittura più importante di quello che insegni loro sul denaro.
    Lavati i denti tre volte al giorno, attraversa la strada solamente quando il semaforo è verde, mangia le verdure che fanno bene...
    Se vuoi che i tuoi figli sviluppino delle buone abitudini, devono vederti fare scelte intelligenti.
    In altre parole: pratica ciò che predichi.
    Se vuoi che i tuoi figli sviluppino delle buone abitudini di spesa, di risparmio e di budget, devono vederti fare delle scelte intelligenti.
    Ma attenzione, ci vorrà del tempo.
    Tuttavia, se ti impegni e comunichi costantemente un messaggio chiaro, instillerai buone abitudini che aiuteranno i tuoi figli a diventare finanziariamente esperti.

    1. CHE FARE CON IL REGALO DI COMPLEANNO DELLA NONNA?
    Cercare di convincere i tuoi figli a non sperperare i soldi ricevuti per il loro compleanno può essere snervante.
    Ma stai tranquillo, non sei certo l’unico.
    Sei sicuro di voler spendere quei soldi per questo?'” è una frase che tutti i genitori, prima o poi, pronunceranno nei confronti dei loro figli.
    Ricorda loro che, solo perché possono permettersi di acquistare quel giocattolo, quella racchetta da tennis o quell’ultimo modello di smartphone, non significa che debbano comprarlo per forza.
    Mostrare allora ai tuoi figli come tenere a freno quei piccoli impulsi, può tradursi in obiettivi molto più grandi nel tempo.
    Nel corso degli anni vedranno crescere i loro risparmi, invece di vederli svanire in cose inutili.
    Sperimenteranno così una successiva, più grande, gratificazione.

    2. PAGHETTA
    Le paghette insegnano ai bambini il valore del denaro.
    Dare ai bambini un budget a cui attenersi, può aiutare a influenzare un processo decisionale intelligente, e a imparare a prendere le proprie decisioni finanziarie in termini di costi e benefici.

    3. PIANI A LUNGO TERMINE
    Noi Consulenti Finanziari siamo molto orientati agli investimenti di lungo termine.
    Questa logica potrebbe essere però difficile da digerire per un ragazzo adolescente, che pensa probabilmente che 10 giorni siano già "a lungo termine".
    Ma quando i tuoi figli si renderanno conto che pianificare in anticipo aiuterà a far crescere i loro soldi, allora ti ascolteranno.
    Ricorda loro di stabilire aspettative realistiche, e di trovare una strategia che funzioni durante i saliscendi del mercato.
    Non controllare, ad esempio, il saldo del conto corrente ogni singolo giorno, potrebbe essere un buon suggerimento.
    Se sei tu a gestire direttamente il tuo portafoglio, è meno probabile che tu possa apportare dei cambiamenti di cui potresti pentirti in seguito, come vendere tutta la componente azionaria in pieno mercato ribassista.
    E ricorda che gli ultimi 152 anni del mercato azionario statunitense, sono stati disseminati di fasi orso.
    Il mercato, alla fine, si è comunque sempre ripreso, raggiungendo poi dei nuovi massimi.

    4. NON PARAGONARTI AGLI ALTRI
    Non tutti partono con gli stessi mezzi, e anche se i tuoi coetanei iniziano prima, ciò non significa necessariamente che finiranno davanti a te.
    Ammettiamolo, è un esercizio difficile da fare e i social media non vengono di certo in aiuto.
    Snapchat, Instagram e TikTok sono pieni di influencer che mostrano il loro stile di vita da nababbi, o che danno consigli discutibili in materia di investimento.

    5. L'IMPORTANZA DEL DARE
    Una volta che i tuoi figli sono abbastanza grandi da guadagnarsi da vivere, assicurati di insegnare loro a dare.
    Che sia un ente benefico o un'organizzazione no-profit, in questo modo sperimenteranno come il dare non faccia bene solo a chi lo riceve, ma anche a chi dona.
    Consiglia inoltre ai tuoi figli di ricercare un equilibrio in ambito di allocazione del tempo sulla terra.
    Trova un equilibrio nel modo in cui spendi tempo e denaro, così che ti porti gioia e faccia del bene.
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    5 - UN PASSO NELLA STORIA: LA NASCITA DI WALL STREET

    230 years old...
    Happy Birthday Wall Street!!! 

    Era il 17 maggio del 1792, quando 24 agenti di borsa si riunirono sotto ad un platano a New York, per stabilire e sottoscrivere delle regole standardizzate finalizzate alla compravendita di titoli finanziari.
    Regole che confluirono nel cosiddetto "Buttonwood Agreement", documento divenuto poi un pilastro della storia finanziaria degli Stati Uniti.
    Buttonwood significa proprio platano. 
    L'albero, e successivamente il Tontine Coffee House, con spazi più adatti al crescente numero di operatori finanziari, erano situati proprio a Wall Street.

    L'accordo fu il tentativo di stabilire delle regole di buon comportamento dopo il panico finanziario del 1792, scatenato dalla spregiudicata condotta dello speculatore William Duer.
    Duer prese ripetutamente denaro in prestito per condurre i suoi scambi finanziari, scommettendo su un ribasso del mercato mentre tutti gli altri stavano scommettendo sul rialzo. 
    Continuò a speculare finché scoprì di non poter più accedere a nuovi finanziamenti.
    A corto di liquidità, smise così di onorare i suoi debiti e fallì.
    La voce iniziò a diffondersi, e i cittadini di New York iniziarono ad allargare il cerchio, chiedendosi chi, a sua volta, avesse prestato soldi a Duer, capendo che quelle stesse persone non avrebbero più potuto onorare i loro debiti.
    Il panico si diffuse, e tutti iniziarono a vendere.
    Più vendevano, più i prezzi scendevano, alimentando l'angoscia tra la gente.
    Se vogliamo, successe qualcosa di simile a quanto accaduto in tempi recenti con il fallimento di Lehman Brothers.
    La storia tende a ripetersi nel tempo.
    I broker newyorkesi firmarono allora l'accordo di Buttonwood, con lo scopo di ristabilire la fiducia e far tornare ad investire le persone.

    Proprio queste sono considerate le origini della "New York Stock & Exchange Board", anche se la borsa fu formalmente organizzata e costituita solo un quarto di secolo dopo.
    All'epoca gli scambi riguardavano per lo più le materie prime. 
    Alla fine del 1700, le azioni disponibili erano poche, ed erano limitate alle compagnie assicurative, alla Bank of New York, alla First Bank of the United States, e agli Hamilton Bonds, titoli che Alexander Hamilton (primo Segretario del Tesoro americano) aveva deciso di emettere per far fronte al debito della guerra rivoluzionaria americana.
    Gli scambi avvenivano nei caffè e nelle taverne.
    Ma anche per strada con il bel tempo.
    I venditori depositavano i titoli che volevano vendere, gli acquirenti partecipavano all'asta, e i banditori prendevano una commissione sul prezzo di vendita.
    Anche i broker partecipavano alle aste pubbliche, ma nel tempo iniziarono a presenziare solo per scoprire i prezzi degli scambi, offrendo poi i titoli a una commissione inferiore, facendo così crollare il sistema.

    L'accordo di Buttonwood era allora anche un accordo utile a fissare le commissioni tra i broker, per non sottoquotarsi a vicenda.
    Le commissioni fisse sono poi rimaste una caratteristica del mercato finanziario di Wall Street fino al 1975, quando vennero abolite, costringendo i broker a competere in termini di prezzo.
    Il risultato fu una notevole riduzione delle commissioni, e, di conseguenza, un grande aumento del volume degli scambi che diede vita all'odierna Wall Street.
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    6 - IL PROFONDO ROSSO DEL CALCIO IN BORSA ITALIANA

    Chi mi conosce, lo sa che sono un grande appassionato di calcio.
    Ma calcio e finanza, almeno in Italia, è ad oggi un binomio che ha causato grandi perdite a chi ha provato a crederci.
    Investire nelle azioni quotate in borsa delle società calcistiche italiane, è infatti classificabile come una cosa da tifosi più che da lungimiranti investitori.
    Le performance in questi anni si sono infatti rivelate a dir poco deludenti, e il recente delisting dell'AS Roma da Piazza Affari è la conferma ulteriore della mala gestione e del declino del settore. 

    Fino a metà Settembre, erano 3 i titoli di squadre calcistiche quotate in Borsa Italiana.
    Tutti sul listino da oltre 20 anni.
    Quello dell'SS Lazio SpA è stato il primo titolo quotato nel 1998.
    Da allora, in termini rettificati, il titolo ha perso il 95% del suo valore, con un'azione scambiata oggi intorno a 1 €.
    Il titolo della Roma, quotato fin dal 2000, è stata delistato il 14 Settembre scorso con un corrispettivo di 0,45 € per azione.
    A valori rettificati, la perdita dalla quotazione è circa dell'85%, ed ora il club giallorosso appartiene in toto alla famiglia americana dei Friedkin.
    Infine la Juventus Football Club SpA, che quotata nel 2001 vede il suo titolo perdere da allora circa il 70%.

    Titoli che nel corso della loro storia hanno dovuto subire una serie di aumenti di capitale: 2 operazioni nel caso della Roma (2014 e 2018), una sola per la Lazio nel lontano 2004, e ben 4 nel caso della Juventus (2007, 2012, 2019 e 2021).
    Tutte realtà che avevano imboccato la strada della quotazione in Borsa per raccogliere fondi da utilizzare per coprire perdite, o utili al rimborso di debiti pregressi.
    Oppure anche per investire, senza ricorrere a nuovo debito, soprattutto bancario, con obiettivi di crescita futura.
    Ma se il business sottostante è fiorente, ci si autofinanzia senza dover accedere al mercato dei capitali...
    Certo, l'arrivo della pandemia ha dato il colpo di grazia a un modello societario non sostenibile nella stragrande maggioranza dei casi, con costi troppo elevati e margini ridotti al lumicino.

    Allargando lo sguardo allo scenario internazionale, sono solamente due le società calcistiche quotate che hanno saputo creare valore negli anni: il Lione (+24% dal primo prezzo post quotazione), e soprattutto l'Ajax (+84% dallo sbarco in Borsa del club di Amsterdam).
    Il club olandese è stato particolarmente premiato dai mercati finanziari, perché da sempre è stato in grado di impostare un business model sostenibile, che poggia su 2 punti cardine: 
    - un vivaio fiorente, ben costruito e strutturato nel tempo, pieno di talenti da valorizzare e successivamente vendere a prezzi elevati;
    - entrate sostanzialmente costanti dall'UEFA Champions League.
    Proprio la vendita di calciatori, in particolare, consente di realizzare importanti plusvalenze che rappresentano un elemento cardine della gestione caratteristica, senza il quale molte società sarebbero in stato di dissesto.
    E' con questa voce che si riesce a sostenere la variabilità e, in certi casi, la debolezza dei ricavi.

    Anche questo focus sui titoli calcistici quotati in Borsa, per concludere, consente di ricordare che sì il mondo azionario può creare importante valore sul lungo periodo, ma questo non vale certo per tutti i titoli che compongono un indice.
    Concentrare i propri investimenti su singole azioni, e "fare il tifo" quando si investe, può rivelarsi molto pericoloso.
    Sempre meglio allora comprare il mercato nel suo complesso, o affidarsi alla selezione professionale di chi sa ben gestire un fondo comune d'investimento.
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    7 - ASCENSORI SMART: STORIA DEL BIG DELL' ELEVAZIONE

    Prova a farci caso.
    Molto spesso, quando si entra in un ascensore, si mette piede in un prodotto Otis.

    Otis è una società americana con 169 anni di storia, quotata in borsa a New York dal 2020.
    Ha una presenza globale, ramificata in ben 200 paesi al mondo, con 1.400 uffici e 18 fabbriche produttive, per una forza lavoro totale che arriva a 70 mila persone, di cui 1.700 in Italia dove vengono gestiti circa 1 milione di ascensori.
    Il fatturato totale dell'azienda ammonta a 14,3 miliardi di $.
    Un vero e proprio colosso dell'ascensoristica.

    L'azienda prende il nome da Elisha Otis, artigiano e autista che il 20 Settembre del 1853 presentò a New York il suo primo carrello elevatore.
    La prima sede legale di Otis nel nostro paese risale a ben 100 anni fa.
    Era infatti il 16 Gennaio del 1922, quando venne aperta in Galleria Umberto I a Napoli.
    La tecnologia Otis in Italia è stata usata per la torre Isozaki a Milano, ma anche, al di fuori della nostra penisola, per la Torre Eiffel a Parigi e per l'Empire State Building a New York.

    Nonostante le notevoli difficoltà del periodo, la presidente del gruppo, Judy Mark, vede un futuro roseo per il settore.
    Queste le sue recenti, e molto interessanti parole: "Con l'avanzata dei processi di urbanizzazione, molte persone continueranno a muoversi nelle città, mentre l'invecchiamento della popolazione è un dato di fatto.
    Le città si sviluppano sempre di più in modalità smart, e anche l'ascensore diventerà parte di questo viaggio.
    Noi puntiamo a migliorare i nuovi impianti spingendo su innovazione, ricerca e sviluppo.
    Vogliamo portare al pubblico nuovi prodotti come l'ascensore connesso (già 1/3 dei 2,1 milioni di elevatori Otis nel mondo è connesso) e puntiamo a espandere l'assistenza".
    Condensati in poche frasi due megatrend già attuali, e sempre più importanti guardando al futuro: quello delle smartcity con le città sempre più intelligenti e connesse al suo interno, e quello della silver economy riguardante l'inesorabile invecchiamento della popolazione.

    Otis One è, ad esempio, il sistema che tramite sensori e cloud, permette di ricevere informazioni in tempo reale, e consente così al cliente di vedere da remoto cosa succede all'interno dell'ascensore.
    Otis Line è invece la linea dedicata che, tramite telefonino, permette ai meccanici di individuare problemi e malfunzionamenti, e intervenire addirittura prima che se ne accorga il cliente.

    La storia di questa e di tante altre aziende, deve allora insegnarci che, nonostante le difficoltà del mondo d'oggi, innovazione e sviluppo continuano imperterrite a fare passi avanti.
    Ed è proprio a questo che deve guardare un bravo investitore.
    Perché investire significa avere sempre speranza e fiducia nel futuro, anche quando si attraversano fasi di incertezza e di instabilità, come quella attuale, che sembra non presentino vie d'uscita.
  • play_arrow
    volume_up
    volume_down

    Visto che stiamo vivendo un periodo denso di nubi all'orizzonte, e di importanti difficoltà nel quotidiano, ci tengo a condividere con te, in chiusura di questa mia 7in7, una straordinaria frase del grande Winston Churchill, inerente proprio a periodi come quello che stiamo attraversando.

    "L'ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità".
    Ricordalo sempre!

    Con questo è tutto, ci riaggiorniamo Venerdì 21 Ottobre.
    Ti auguro un sereno fine settimana!

    Davide