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www.davideberto.it2024-10-11
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    Sempre più, svolgendo il mio lavoro, mi rendo conto che molte persone (la larga maggioranza oserei dire) sono spaventatissime dalla finanza, dai mercati finanziari, dagli investimenti in generale.
    E ti sto parlando ovviamente di non clienti.
    Qualsiasi tipo di sollecitazione, durante il loro percorso, le coglie di sorpresa, impreparate, le intimorisce di fronte all'investire.
    Troppa è la paura di pregiudicare il risultato.
    Meglio trovare alternative o, al più, star fermi.

    Il punto, però, è proprio questo: non ci sono alternative.
    Chi, per paura, non investe, decide di arrivare in forte ritardo, o di non arrivare affatto a precisi traguardi.
    A precisi obiettivi.
    Un pò come chi, sempre per paura, non vola e preferisce non prendere l'aereo.
    Una parte di mondo gli è preclusa.

    Aver paura di investire è un timore rispettabilissimo, anche perché le oscillazioni (lo vediamo bene quest'anno) appaiono sempre più numerose e destabilizzanti: guerre, crisi energetiche, pandemie...
    Non ci facciamo mancare proprio niente.
    Bisogna però trovare il modo, la forza anche, di gestire e superare questo limite.
    Mai da soli: meglio affidarsi al pilota esperto che riesce ad atterrare anche in condizioni di maltempo, proprio quando sembra impossibile farlo.

    Investire non dev'essere per forza un piacere, ma è di fatto una necessità.
    E quando poi si atterra per vedere cosa c'è un pò più in là...potrebbe non essere affatto male...

    Ti auguro una piacevole lettura!
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    1 - PIANIFICAZIONE (E GESTIONE) DEI RISCHI

    La pianificazione finanziaria è sempre una pianificazione dei rischi.
    Non certo dei rendimenti.
    In questo senso, i rischi sono tipicamente di 2 tipi:

    . Rischi esogeni, ovvero dettati dall'incertezza del mercato.
    Nell'attuale contesto, ad esempio, la guerra fra Russia e Ucraina, la stretta monetaria avviata dalle Banche Centrali con il rialzo dei tassi d'interesse finalizzato alla lotta all'inflazione, i timori recessivi all'orizzonte...

    . Rischi endogeni, dettati quindi dall'incertezza delle nostre azioni e reazioni all'incertezza del mercato.
    Ognuno di noi ha i propri bias, ancore mentali, giudizi e pregiudizi, fattori di contabilità mentale, e altri fattori comportamentali che riguardano tanto i professionisti, quanto i novizi investitori.

    Da una parte, la risposta alla gestione del rischio di mercato la si può trovare nel metodo d'investimento, tradotto sia in una logica di Piano di Accumulo del Capitale, quanto anche di una corretta diversificazione degli asset (per quanto in questo 2022 abbia funzionato ben poco, ma vediamo di non fare di un'eccezione una regola).
    Dall'altra, la risposta alla gestione del rischio comportamentale diventa a volte più complessa, soprattutto perché domande come "Meglio vendere ora?", "Quando conviene comprare?", tendono a ricorrere spesso lungo il nostro percorso d'investimento.

    Per mantenere allora il controllo, può essere utile stipulare in partenza un contratto con noi stessi.
    Un contratto che il grande Benjamin Graham, padre del Value Investing e mentore dell'altrettanto grande Warren Buffett, ha proposto nel suo noto libro "The Intelligent Investor" (L'Investitore Intelligente).
    Chiedimelo se ti fa piacere riceverlo, te lo inoltrerò ben volentieri!
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    2 - IN CONTINUA RITIRATA

    Ho lasciato la banca ad Agosto del 2013, e il trend era già ben chiaro ed evidente...
    In meno di 10 anni le banche italiane hanno chiuso 11.231 filiali (-34%).
    Erano 32.881 a fine 2012, per poi diventare 23.480 nel 2020, e 21.650 a fine 2021.
    E, considerati gli ultimi piani dei grandi gruppi (da Intesa a UniCredit, da BPER fino a MPS), si continuerà su questa strada.

    Per le banche italiane si tratta di una questione di sostenibilità, di spinte regolatorie, di innovazione, di tassi di interesse che impattano sulla redditività, di filiali che si trasformano e diventano negozi finanziari.
    Per i sindacati si tratta invece di desertificazione e perdita del rapporto con il territorio, di scarsa attenzione alle fragilità del paese, come quelle degli anziani meno avvezzi all'uso del digitale o come quelle dei territori poco coperti dalla rete di filiali.
    Oltre che di impatto sull'occupazione.

    Guardando la cartina geografica della nostra penisola, sono i campani i più penalizzati.
    Sono infatti ben 700mila quelli senza sportello bancario nel proprio territorio comunale.
    Il Sud è sicuramente un'area molto colpita, ma la situazione è a macchia di leopardo.
    Dopo la Campania, vengono infatti la Calabria col 29% dei cittadini residenti in territori non coperti da agenzie e, a seguire, il Piemonte (14%) e l'Abruzzo (12,6%).
    Facendo i conti, la FABI (maggior sindacato del settore) rileva oltre 3.062 comuni senza sportelli bancari, dove vivono 4.131.000 persone, ossia il 7% della popolazione italiana.

    Si trasforma anche la funzione dalla filiale bancaria, sempre meno luogo dove si svolgono operazioni di incasso e di pagamento, e sempre più luogo dove viene offerta "consulenza" (più o meno...) personalizzata a imprese e famiglie.
    Parallelamente è in continua discesa anche il numero dei bancari: erano 315.238 a fine 2012, 275.433 a fine 2020 e 269.625 a fine 2021.
    In 10 anni la riduzione è stata di ben 45.613 lavoratori, pari al 14,50%.

    Se mi offrissero oggi il triplo di stipendio che percepivo nel 2013 per tornare in banca?
    Anche no.
    Grazie.
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    3 - L' ORIGINE DEI TERMINI ORSO E TORO IN BORSA

    Orso e Toro rappresentano delle vere e proprie allegorie delle fasi di ribasso e rialzo dei mercati finanziari.
    Nel gergo finanziario, l'Orso rappresenta infatti le fasi di discesa dei prezzi come quella attuale, mentre il Toro incarna le fasi di rialzo.

    MERCATO ORSO
    Questo animale, considerato placido e protettivo, indica allora la tendenza ribassista.
    Il mercato Orso (o Bear market) rappresenta infatti le fasi di calo dei prezzi azionari, e bearish sono gli investitori che si posizionano in modo tale per trarre profitto dai ribassi del mercato.
    Sono bearish anche i segnali nei grafici tecnici dei prezzi che indicano possibilità di ripiegamento.

    MERCATO TORO
    Il toro è, al contrario dell'orso, una creatura vigorosa e spesso aggressiva.
    Per questo, nel mondo della finanza, il mercato Toro (o Bull market) incarna la fase di rialzo dei mercati con il corollario di investitori e segnali bullish.
    In questo caso, è diventato un vero e proprio simbolo degli stessi mercati finanziari mondiali il toro di bronzo (Charging Bull) posto a New York, vicino alla Borsa di Wall Street, realizzato dallo scultore siciliano Arturo Di Modica.

    ORIGINE DEI SIMBOLI
    Se si cerca però l’origine di questi termini tanto diffusi, si sprofonda in una storia plurisecolare fatta di diverse teorie e poche certezze, sostanzialmente ai confini del mito.
    La prima e più importante spiegazione di questi due diversi simboli del mercato, è spesso individuata nel modo in cui i due animali conducono il proprio attacco: mentre il toro attacca con le corna in un movimento dal basso verso l’alto, come i prezzi dei titoli che salgono, l’orso colpisce con i suoi artigli per mezzo di movimenti dall’alto verso il basso, come le quotazioni di un titolo che scendono in picchiata.
    Questa spiegazione, forse arbitraria, ha in realtà un’origine storica che si affianca alla nascita di questi due termini per la descrizione delle diverse fasi dei mercati.
    Si tratta, in particolare, di spettacoli che oggi definiremmo barbari, e che erano in voga al tempo della Regina Elisabetta I (1558–1603) nel neonato Regno Unito.
    Orsi e tori, in particolare, venivano incatenati al centro di un ring e gli si aizzava contro un branco di cani con i quali erano costretti a combattere, mostrando di conseguenza al pubblico le proprie tecniche di assalto.
    Già allora nel Regno Unito si scommetteva un pò su tutto, e questi spettacoli erano attorniati da un pubblico che puntava il proprio denaro sui possibili esiti degli scontri.
    Secondo alcuni interpreti, è proprio da queste sfide che le espressioni sul toro o l’orso passarono al gergo popolare fino a giungere agli odierni broker dei mercati finanziari.
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    4 - TESTAMENTO: 5 COSE DA SAPERE

    Certo, la morte fa paura.
    Ma, a mio avviso, fa paura anche il pensiero che i tuoi cari possano litigare a causa della mancanza di chiarezza nel definire le tue ultime volontà.
    Non trovi?

    Scrivere un testamento è allora il modo migliore per risparmiare ai tuoi familiari ulteriori sofferenze e difficoltà, in un momento già difficile di suo.
    Trovo sia inoltre in qualche modo rassicurante sapere cosa accadrà ai tuoi effetti personali post mortem.
    Ecco 5 cose da tenere a mente quando si fa la stesura di un testamento.

    1. NON E' MAI TROPPO PRESTO
    Molti importanti eventi della vita possono far pensare alla necessità di redigere un testamento.
    L’acquisto della tua prima casa, ad esempio, vincolerà gran parte del tuo denaro in un asset molto poco liquido.
    A parte l'acquisto di una casa, qualsiasi accumulo di ricchezza significativa è un ottimo motivo per fare testamento.
    Questo è allora un terreno fertile per brutte controversie sull'eredità, che potrebbero aumentare il dolore della tua scomparsa.
    Meglio "mettere le mani avanti" e chiarire le cose quando si è ancora in vita.

    2. SEI SPOSATO?
    Il matrimonio è un grande cambiamento nelle relazioni interpersonali e, di conseguenza, nell’ordine nel quale verrà distribuita l’eredità.
    Se ci sono persone care, oltre al tuo coniuge e ai figli, di cui vorresti prenderti cura, redigere testamento è l'unico modo per assicurartene.

    3. ASSICURATI CHE SIA VALIDO
    A meno che tu non sia un esperto di diritto, dovresti avvalerti di un legale per tradurre al meglio le tue volontà in un testo legalmente valido.
    Ci sono diverse tipologie di testamento.
    I più comuni sono quello olografo, valido se viene redatto integralmente a mano da chi fa testamento (testatore).
    Il testamento olografo non può essere pertanto scritto a computer, deve contenere la data (giorno, mese e anno), e dev'essere firmato dal testatore.
    Vi è poi il testamento pubblico, redatto e firmato in presenza del notaio, dei testimoni e del testatore, conservato dal notaio stesso.

    4. MASSIMA PRECISIONE
    Non lasciare spazio all'interpretazione.
    Questo non significa solamente nominare le persone e le istituzioni coinvolte con i loro nomi e con gli indirizzi completi, ma includere anche accurate descrizioni degli oggetti che intendi lasciare in eredità.
    Formule del tipo: "gioielli da distribuire equamente tra i miei figli" sono una vera e propria dinamite per le relazioni familiari, poiché le interpretazioni del valore di ogni oggetto saranno inevitabilmente diverse.
    Quello che invece devi fare, è descrivere con precisione ogni articolo e nominare la persona che dovrebbe riceverlo.
    Classificare i tuoi beni renderà questo processo più semplice, e ti permetterà di non dimenticare nulla di importante.

    5. NOMINA PIU' DI UN ESECUTORE
    Nel testamento va nominato almeno un esecutore testamentario.
    L'esecutore testamentario è quella persona di fiducia del testatore, al quale viene dato l'incarico di curare che siano esattamente seguite le ultime volontà scritte nel testamento.
    L'esecutore testamentario può essere un caro amico o un parente, e va bene se sono anche tra i beneficiari del testamento stesso.
    Il compito dell'esecutore testamentario è quello di ottenere scritto il tuo testamento, e di eseguire le tue istruzioni con tutto ciò che comporta: vendere un immobile, saldare conti, pagare le tasse e distribuire beni ai beneficiari da te indicati.
    Sarebbe buona idea nominare più di un esecutore.
    Le relazioni tendono infatti a cambiare, le persone muoiono e non vorrai aggiornare costantemente i dettagli delle tua volontà.
    Il lavoro dell'esecutore testamentario è inoltre impegnativo, di solito non retribuito, e dev'essere svolto in un momento già difficile di suo.
    Meglio quindi dividere i compiti.
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    5 - AZIONI? IO NON C'HO MAI GUADAGNATO!... (2di2)

    Nella mia precedente 7in7, quella del 9 Settembre, ho iniziato a spiegarti perché molto spesso chi si approccia agli investimenti azionari (storicamente sono quelli che hanno restituito il maggior valore agli investitori) non è riuscito ad ottenere dei risultati apprezzabili.
    Se due settimane fa ho voluto toccare allora il tema del rischio specifico (Hai investito in singole azioni o in mercati azionari?), e quello del tempo dell'investimento in quest'asset class (Ma per quanto tempo vi hai investito?), oggi voglio concludere il discorso parlandoti di strumenti, di strategia, e di momento dell'investimento.
    Seguimi! 

    . ATTRAVERSO QUALI STRUMENTI ESATTAMENTE VI HAI INVESTITO?
    La scelta del mezzo con il quale salire a bordo del mercato azionario è tutt’altro che trascurabile.
    Anche al fine di comprendere l’efficacia e l’efficienza dell’investimento, che potrebbe “non aver funzionato” per una serie di motivi.
    Se, ad esempio, si utilizzano strumenti complessi come i certificati, è imprescindibile comprenderne il funzionamento, mai banale per i meno esperti.
    L’esito negativo dell’operazione, in questo caso, potrebbe essere figlio di un titolo sottostante che è andato particolarmente male, mettendo così in discussione l’intero investimento (torniamo al discorso relativo al rischio specifico).
    Altre volte, nel caso dell'investimento attraverso un fondo comune, la causa potrebbe essere riconducibile ad una cattiva gestione da parte del gestore del fondo, abbinata magari anche a dei costi di gestione dello strumento piuttosto elevati.
    Questa è una possibilità molto concreta e riscontrabile in diverse situazioni.
    Inutile, anzi dannoso e controproducente, fingere il contrario.
    Quindi, nel caso in cui lo strumento si sia rivelato palesemente mal gestito, oppure anche inefficiente, va cambiato.
    Senza se e senza ma.
    Ma ancora una volta è qualcos’altro a non funzionare, non certo l’investimento azionario in sé.

    . CHE STRATEGIA DI INVESTIMENTO HAI UTILIZZATO?
    Può capitare talvolta che un investitore abbia correttamente evitato il rischio specifico, abbia investito attraverso degli strumenti efficienti, e abbia anche condiviso l’idea di rimanervi investito per un corretto orizzonte temporale.
    Cosa c’è, in tutto questo, a risultare comunque disfunzionale?
    Probabilmente nulla, se solo quell’investitore avesse optato per una semplicissima strategia buy & hold (compra e attendi), mantenendo così ferma la sua posizione per il tempo statisticamente suggerito.
    Eppure, a questa strategia se ne preferisce molto spesso un’altra: rimane infatti assai diffusa la convinzione che entrare ed uscire dal mercato (applicare quindi il cosiddetto market timingsia non soltanto una buona cosa, ma che consenta addirittura di cavalcare le fasi migliori ed evitare al contempo le peggiori.
    È “grazie” a questa convinzione che, al contrario, si procurano seri danni al proprio portafoglio.
    Lo ricorda bene una delle regole del Manifesto dell’Investitore Consapevole: più ti muovi, peggio è.
    Le uniche due strategie che producono valore quando si investe, sono il ribilanciamento periodico dell’asset allocation strategica, e la progressiva accumulazione di quote di capitale attraverso un PAC.
    Tutto il resto rischia di non far funzionare qualcosa che in realtà funziona benissimo.

    . IN QUALE MOMENTO VI HAI INVESTITO?
    Un ultimo aspetto per concludere.
    E' vero che la correzione degli errori fin qui descritti, e il rispetto delle consuete, noiose, ma indispensabili regole, assicurano l’esito positivo dell’investimento azionario.
    E' tuttavia altresì chiaro che l’ingresso nel mercato azionario effettuato in particolari momenti storici, rallenta bruscamente la velocità con cui ottenere i risultati.
    Aver investito in azioni nel 2000 piuttosto che nel 2003, o nel 2007 piuttosto che nel 2009, non avrebbe pregiudicato la performance positiva e soddisfacente riscontrata qualche anno dopo.
    Avrebbe però costretto l’investitore a munirsi di maggiore pazienza.
    Elemento troppo spesso latitante, in assenza del quale si tende ad abbandonare frettolosamente l’investimento.
    Ecco perché serve sempre ricordare ciò che Benjamin Graham disse oltre 70 anni fa: se c’è una fase di mercato di cui preoccuparsi è quella dell’esuberanza, dell’euforia, quando l’asset azionario, in particolare, raggiunge livelli di prezzo oggettivamente alti e pericolosi.
    Affidarsi a un (bravo e preparato) Consulente Finanziario, è il modo migliore per riconoscere questi momenti e per gestirli correttamente.
    E per capire, ancora una volta, che non c’è niente che non funzioni nell’investimento azionario.
    A patto che si seguano però quei pochi principi dai quali non si può mai prescindere.
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    6 - RUBRICA: LA PSICOLOGIA DEI SOLDI (DIVENTARE RICCHI, RESTARE RICCHI)

    L'intero libro "La psicologia dei soldi" di Morgan Housel è a mio avviso estremamente interessante, ma trovo che questa parte sia particolarmente adatta ai tempi che stiamo vivendo.
    Diventare ricchi, restare ricchi è il titolo del capitolo che oggi tratterò per te.
    In questa parte del libro si affronta il tema di come mantenere la ricchezza acquisita. 
    Piccola anticipazione: milioni sono i modi per arricchirsi, ma per rimanere ricchi è fondamentale la costanza nel non compiere sciocchezze!
    Una combinazione di parsimonia e paranoia.
    Perché guadagnare soldi è un conto.
    Conservarli è tutta un'altra storia.

    Una parola che va a braccetto con il successo economico è sicuramente "sopravvivenza", ovvero la capacità di rimanere in gioco a lungo, senza rovinarsi o alzare bandiera bianca.
    Pensa che il 40% delle aziende che, nel tempo, hanno riscosso abbastanza successo da quotarsi poi in borsa, hanno perso in seguito tutto il loro valore nel corso del tempo.
    Allo stesso tempo, la classifica Forbes 400 degli americani più ricchi ha un tasso medio di ricambio del 20% al decennio, per cause diverse dalla morte o dal trasferimento del patrimonio a un altro membro della famiglia.
    Già, il capitalismo è difficile...
    Ma lo è anche perché guadagnare denaro e conservarlo sono due talenti diversi.
    Per guadagnare bisogna infatti correre dei rischi, essere ottimisti e sapersi mettere in gioco.
    Ma per conservare il denaro guadagnato serve l'esatto opposto della propensione al rischio.
    Serve umiltà, e bisogna avere paura che il denaro possa esserci tolto con la stessa rapidità con cui ci è arrivato.
    Serve parsimonia, serve la capacità di accettare che almeno una parte del nostro successo sia attribuibile alla fortuna, e quindi che i successi del passato potrebbero non ripetersi in futuro.
    Non "crescita" o "cervello" o "buone idee".
    La capacità di restare in gioco per molto tempo, senza rovinarsi o essere costretti ad arrendersi, è il fattore che fa la differenza.
    E questo, sia per i tuoi investimenti che per la tua carriera o azienda.

    L'interesse composto, che abbiamo ben approfondito due settimane fa, sprigiona tutta la sua potenza solo se possiamo lasciare al denaro anni e anni di tempo per crescere.
    Possiamo sforzarci per anni di capire come Warren Buffett sia riuscito ad ottenere quei rendimenti stellari: come ha scovato le aziende migliori, i titoli meno costosi sul mercato, i manager più bravi...
    E' difficile.
    Meno difficile, ma altrettanto importante, è capire cosa NON ha fatto.
    Il buon Warren NON si è indebitato a dismisura.
    NON si è fatto prendere dal panico e NON ha venduto tutto durante le 14 recessioni che ha attraversato (e la quindicesima è probabilmente in corso...).
    NON ha infangato la sua reputazione nel mondo degli affari.
    NON ha aderito a un'unica strategia, una sola visione del mondo, una tendenza passeggera.
    NON si è bruciato rapidamente per chiudere bottega e andare in pensione.
    Warren Buffett è sopravvissuto, e la sopravvivenza gli ha garantito longevità.
    E la longevità, a sua volta, con il suo investire con costanza dall'età di 10 anni fino ad almeno 89, è ciò che ha permesso all'interesse composto di compiere miracoli.
    Questo è stato il fattore cruciale del suo successo.

    Applicare la mentalità della sopravvivenza al mondo reale significa allora 3 cose:
    1. Più che ottenere alti rendimenti, è importante essere finanziariamente invulnerabili, così da restare in gioco abbastanza a lungo affinché l'interesse composto possa compiere il suo miracolo.
    L'interesse composto non richiede rendimenti elevati.
    E' preferibile infatti avere un buon rendimento medio, mantenuto per periodi di tempo molto lunghi.
    Soprattutto nelle fasi di caos e stravolgimento.
    Ecco allora che impedire anche una sola vendita sbagliata, dettata magari dalla disperazione del periodo, è più importante che selezionare dozzine di titoli redditizi.
    E per non essere costretti a vendere quando magari è sconveniente farlo, l'unico modo è tenere un adeguato (non certo eccessivo) tesoretto di liquidità a disposizione.

    2. Pianificare è importantissimo (e lo sostengo da sempre), ma è fondamentale anche sapere cosa fare se le cose vanno storte.
    Pochi piani finanziari sopravvivono al primo impatto con il mondo reale. 
    Un buon piano accetta la realtà e lascia spazio all'errore.
    Perché il futuro, sotto tutti gli aspetti, è pieno di incognite per ognuno di noi.
    Più avrai bisogno che certi elementi di un piano vadano per il verso giusto, più fragile diventa il tuo futuro.
    Il margine di errore, spesso chiamato "margine di sicurezza", è una delle forze più sottovalutate in finanza.
    E non è eccesso di prudenza.
    Un investitore conservatore o prudente evita di superare un certo livello di rischio.
    E' questione di comprendere che più è alto il margine di sicurezza e più piccolo dev'essere il rischio per ottenere un risultato positivo nel tempo.
    Se nel tuo tasso di risparmio c'è abbastanza margine di errore da consentirti di dire: "sarebbe fantastico se il mercato rendesse l'8% annuo per i prossimi trent'anni, ma se anche dovesse rendere solo il 4% andrebbe comunque bene", il tuo piano sarà più efficace.

    3. E' necessaria una personalità a bilanciere: ottimista sul futuro, ma paranoica su ciò che potrebbe impedirle di raggiungere il futuro stesso.
    Possiamo essere ottimisti in finanza, e credere che la traiettoria di crescita a lungo termine sia orientata verso l'alto.
    Ma dobbiamo essere altrettanto sicuri che quel percorso sarà costellato di mine.
    Le due cose non si escludono a vicenda.
    L'idea che una grandezza possa crescere nel lungo periodo, pur oscillando vistosamente nel breve, non è di immediata intuizione, ma è così che funzionano molte cose nella vita.
    E' il normale percorso del progresso.
    Le economie, i mercati e le carriere, seguono spesso un andamento simile: crescono nel lungo periodo nonostante le perdite di breve.
    Un esempio?
    Ecco cos'è successo in America negli ultimi 170 anni:
    - 1,3 milioni di americani sono morti combattendo in 9 grandi guerre;
    - il 99,9% delle aziende fondate nel periodo è fallito;
    - 4 presidenti degli Stati Uniti sono stati assassinati;
    - 33 recessioni sono durate in totale 48 anni; 
    - il mercato azionario ha perso almeno il 10% da un recente massimo almeno 102 volte;
    - le azioni hanno perso 1/3 del loro valore per almeno 12 volte;
    - l'inflazione annua ha superato il 7% in 20 diversi anni.
    Nonostante tutto questo e molto altro, dal 1850 al 2010 il tenore di vita degli americani è cresciuto di 20 volte, sebbene non sia quasi passato giorno che non offrisse motivi tangibili per essere pessimisti. 
    Avere una mentalità paranoica e ottimista allo stesso tempo non è certo facile, ma abbiamo bisogno della paranoia di breve termine per restare vivi abbastanza a lungo, così da poterci godere i frutti dell'ottimismo di lungo termine.

    Nel prossimo capitolo dal titolo Eventi di coda, vedremo come la perfezione serve se si è un pilota di aerei o un chirurgo, ma nel mondo degli investimenti non è richiesta.
    Si può infatti sbagliare addirittura una decisione su due, e diventare ugualmente ricchissimi.
    A Venerdì 7 Ottobre allora!
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    7 - QUANDO LE AUTO SI PARLANO (IN 5G)

    La mobilità high-tech del futuro è già qui, e la cara e vecchia utilitaria si sta trasformando in una sorta di Enterprise, la mitica astronave di Star Trek. 
    Al Lingotto di Torino sono già stati sperimentati sistemi di guida semi-autonoma, basati sui "colloqui" tra auto.
    Il loro linguaggio è fatto di bit, impulsi lanciati dalla rete 5G, ma è così chiaro, preciso e veloce, da riuscire ad evitare incidenti stradali, guasti e pedoni imprudenti.
    Se una di queste vetture super-tecnologiche passa con il rosso o manca uno stop, parte un avviso in codice che viene interpretato dalle auto vicine, che capiscono così l'errore e si adeguano.
    Il sistema si chiama V2V (da veicolo a veicolo), e, si stima, quando funzionerà su tutte le auto, gli incidenti saranno ridotti addirittura del 75%. 

    Ma questa è solo una delle novità che gravitano attorno al mondo delle 4 ruote, coinvolto in una rivoluzione digitale che vede protagonisti l'intelligenza artificiale, la robotica, la realtà aumentata, e perfino un  ologramma proiettato sul sedile del passeggero, che come un amico lo tiene sveglio e, in caso di sonno o di malore, ferma l'auto, la parcheggia e avverte i soccorsi.
    Un'automazione che sempre più sta entrando anche nei segmenti più economici, utilitarie comprese.
    Non solo quindi riservata alle sole auto top class.
    La smart auto sta, di conseguenza, diventando un affare planetario, con un giro che nel 2021 ha sfiorato i 60 miliardi di $, e con la previsione di superare i 150 miliardi entro il 2027.
    Un business che vola anche in Italia, con un fatturato di quasi 2 miliardi di € nel 2021, e con 18,4 milioni di veicoli connessi.
    Grazie alla spinta data dai fondi europei del PNRR, il 60% dei comuni italiani ha inoltre elaborato progetti sulla mobilità smarthigh-tech, per una gestione ottimale e sicura del traffico.
    Certo, non basta la progettualità, bisogna anche realizzare il tutto, ma i segnali incoraggianti non mancano. 

    I sistemi che danno un aiuto attivo al conducente, chiamati Adas (Advanced driver assistance systems), sono diventati un importante sistema per la valutazione delle auto in ambito di sicurezza.
    Automazione e connessione hanno già oggi un ruolo importante, destinato a diventare fondamentale e obbligatorio per il codice della strada in futuro. 
    Parcheggio assistito, sorpasso controllato, mantenimento della carreggiata, frenata automatica: sono tutti elementi di sicurezza stradale, parte di un elenco di una trentina di sistemi di sicurezza high-tech che l'Unione Europea ha deciso di rendere progressivamente obbligatori, come già accaduto in passato per i sistemi passivi quali cinture di sicurezza, airbag, seggiolini per bambini ecc. 
    Nell'elenco sono stati inclusi, ad esempio, sistemi di videocamere capaci di leggere i cartelli stradali, ed è stato introdotto il filone legato al monitoraggio real time dello stato di salute del veicolo.

    Bmw è già operativa da tempo in tal senso, con una sim integrata e il computer di bordo in grado di segnalare eventuali anomalie non solo al proprietario, ma anche all'assistenza meccanica del concessionario, che può dunque prevenire guasti anche gravi.
    Grazie alla banda 5G sono stati poi sperimentati sistemi che permettono di intervenire da remoto per cercare di risolvere guasti e problemi.
    Mentre un meccanismo di sensori collegato a volante e videocamere, nel caso in cui percepisca segnali di stanchezza del guidatore, avverte che continuare a guidare può essere pericoloso. 

    Siamo comunque solo all'inizio. 
    Anche il classico tachimetro sta scomparendo, sostituito da display ad altissima risoluzione, già installati sulle auto "più economiche" dei brand tedeschi Mercedes, Bmw e Audi.
    Ma nell'immediato futuro anche gli schermi scompariranno, facendo spazio alla realtà aumentata.
    Anche i sistemi di navigazione misti sono già sui banchi di prova, con indicazioni virtuali che si mixano a quelle reali, in una sorta di metaverso ibrido dove i confini tra il tangibile ed il virtuale sono sempre più sfocati.
    Un mondo nuovo ma già presente quindi.
    Che sempre più impatterà nelle nostre abitudini di guida e di acquisto, e che potrà impattare anche nell'economia reale e nel mondo del lavoro, con lo sviluppo di nuovi e specifici ruoli, per un settore in continuo fermento, sempre e comunque sotto i riflettori.
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    Voglio concludere oggi questa mia newsletter dicendoti a chiare lettere che la razionalità, in questo momento, porta timore e preoccupazione.
    Ricerca di soluzioni sicure e granitiche.
    Se solo ce ne fossero...

    Ti ricordo però anche che, chi fosse stato talmente folle da investire sull'indice di borsa ad oggi più rappresentativo dell'intera economia mondiale (l'S&P500 americano), esattamente nel momento peggiore degli ultimi vent'anni, ossia prima dello scoppio della bolla del 2008, e fosse poi stato altrettanto folle da mantenere l'investimento e non mollare il colpo durante la forte onda d'urto, avrebbe ad oggi maturato un rendimento medio annuo del +11% circa, al netto del calo di questo 2022.
    Un +162% totale negli ultimi 15 anni.

    Certo, il passato non è sinonimo di futuro, e anche per questo diversificare il proprio portafoglio d'investimento resta fondamentale.
    Fondamentale quanto restare folli, e andare a volte anche controcorrente...

    Ti auguro un sereno fine settimana!
    Un caro saluto,

    Davide