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www.davideberto.it2024-10-11
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    Una perdita netta in 2 anni del 9,8%.
    E' quanto hanno "bruciato", in termini di potere d'acquisto, i capitali che sono rimasti immobilizzati sui conti correnti.
    Tutta colpa dell'inflazione, che solo nell'ultimo anno in Italia ha mostrato un aumento del 7,8%.

    La chiamano la tassa silenziosa.
    Non si vede, ma fa male.
    Tanto male.
    Ragionando in termini pratici, dei 1.635 miliardi di € che a Giugno 2020 erano parcheggiati in banca, 160 miliardi è come se fossero svaniti nel nulla.
    Una vera e propria legnata che, per chi ancora non l'ha capita, dovrebbe essere una lezione per il futuro.
    Dovrebbe...
    Ma, nonostante un costo della vita che da Gennaio 2021 ad oggi è cresciuto senza soluzione di continuità, la liquidità lasciata infruttifera sui conti correnti, piuttosto che diminuire, è andata aumentando, e in due anni è salita di oltre il 12%, raggiungendo i 1.840 miliardi di €.
    Un paradosso.

    Lo so bene: pianificare ed investire fa spesso paura.
    Molti non sanno neanche da dove (e come) partire.
    Chi non seguirà una strategia mirata, dovrà però rassegnarsi a perdere potere d'acquisto.
    Oltre a rinunciare, per non aver investito correttamente, ai rendimenti offerti negli anni dai mercati finanziari.
    Negli ultimi 20 anni, azioni e obbligazioni hanno offerto un rendimento reale (al netto dell'inflazione) annualizzato rispettivamente del 6,3% (media calcolata sul 7,20% del mercato americano e sul 5,40% del resto del mondo), e del 4,40% (4,10% gli USA e 4,70% il resto del mondo).

    Per tutelare, almeno in parte, i propri risparmi bisogna allora uscire dalla logica del materasso, e trovare una valida alternativa al conto corrente.
    Io ci sono.

    Buona lettura!
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    1 - IL PRANZO E' SERVITO!...

    Come direbbe il buon Corrado Mantoni, noto semplicemente come Corrado, il pranzo è servito!...
    A riassumere, ci troviamo in uno scenario di mercato caratterizzato da:
    - fine dell'era dei tassi negativi: le banche centrali sono avviate verso un percorso di rialzo dei tassi d'interesse;
    - inflazione come non si vedeva da decenni;
    - esponenziale aumento del costo dell'energia e delle materie prime;
    - guerra tra Russia e Ucraina;
    - crisi di governo nel nostro paese con possibili ripercussioni su spread e Btp.

    Eppure, per chi osasse pensare che non esista più futuro o possibilità di crescita, ricordo che i miei nonni vissero da protagonisti la seconda guerra mondiale, e ugualmente poi costruirono un futuro di benessere per loro e per le loro famiglie, così come i nostri genitori vissero gli anni '70, caratterizzati da un'inflazione altrettanto elevata e da prezzi energetici alle stelle.
    Ugualmente anche loro, ebbero modo di creare un futuro di benessere per le loro famiglie.

    Un corretto percorso di pianificazione finanziaria, passa quindi inevitabilmente anche attraverso terreni impervi e difficili.
    Certo, possiamo sempre cercare aiuto nell'ambito previsionale, per avere una possibile direzionalità nel breve termine, seppur difficilmente potremmo ricavarne una vera utilità operativa.
    C'è chi, ad esempio, vede ormai prossima una fine del mercato ribassista, ed elevate probabilità di assistere, da qui in avanti, a un rimbalzo delle borse.
    Chi, invece, ha fatto più volte analogie con le discese del 2000 e del 2008, ben più violente di quella attuale.
    Quindi, dove andranno i mercati da qui ai prossimi mesi?
    Nessuno lo può sapere.

    La pianificazione finanziaria è, del resto, una pianificazione di azioni e comportamenti.
    Non una pianificazione dei mercati.
    Non si può infatti pianificare la direzionalità dell'S&P500 americano, ma si può invece pianificare quanto risparmio accumulare dal nostro reddito, quanto di questo investirne, in che modo e con che arco temporale.
    Si pianifica quindi sul mercato.
    Non il mercato.
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    2 - CI FA TREMARE LE GAMBE

    Patrimoniale.
    Una parola che ogni tot di tempo torna in auge e fa tremare le gambe degli italiani.
    La patrimoniale tanto temuta sarebbe poi il cosiddetto prelievo forzoso dai conti correnti, che lo Stato potrebbe decidere di fare nel caso in cui lo ritenesse necessario per risanare, almeno in parte, il suo bilancio.
    Perché tendiamo a scordarcelo, ma il nostro governo può attuare dei decreti d'urgenza qualora lo ritenesse opportuno, e la recente crisi pandemica ce l'ha ricordato.

    Ma perché un provvedimento così estremo, e quindi teoricamente improbabile, ci fa sussultare?
    Perché, anche se lontano nel tempo, un precedente c'è stato.
    Te lo ricordi Giuliano Amato e il suo governo?
    Era il Luglio del 1992 quando venne presa una decisione senza precedenti: quella di prelevare dal conto corrente degli italiani un importo pari al 6 per 1.000.
    Un prelievo una tantum che sconvolse l'opinione pubblica, tanto che in molti lo definirono come un "furto di Stato" mascherato da imposta.

    E, a dirla tutta, di imposte patrimoniali noi italiani ne paghiamo già una bella fetta.
    Il prelievo forzoso non è infatti l'unico provvedimento che ricade sotto l'etichetta di "imposta patrimoniale".
    Con questo termine si intende infatti un'imposta la cui base imponibile è la ricchezza (ovvero il patrimonio) del contribuente, o una sua componente misurata a una certa data.
    Da che cosa è composto il patrimonio di una persona?
    Comprende, prima di tutto, i suoi soldi (liquidi sul conto, o investiti in strumenti finanziari) e i suoi beni mobili e immobili.

    Un recente studio dell'Università Cattolica di Milano, intitolato Le imposte patrimoniali in Italia, ha rilevato che nel 2020 lo Stato italiano ha raccolto la bellezza di 40 miliardi di € dalle varie imposte patrimoniali applicate.
    Quasi il 6% di un'entrata totale pari a 711 miliardi.
    Sai quali sono le imposte patrimoniali presenti oggi in Italia?
    Le prime verranno sicuramente subito in mente ai proprietari di immobili: IMU e, per chi possiede immobili all'estero, IVIE.
    Altre patrimoniali probabilmente le conoscerai già, ma sarai tentato a non identificarle come tali: l'imposta di bollo sui conti correnti (nel caso in cui il saldo di conto superi una giacenza media di 5.000€), ed il bollo Monti sugli investimenti, il canone Radio TV e il bollo dell'auto.

    Ce ne sarebbero poi delle altre, come l'imposta sulle successioni che va a colpire le eredità, l'imposta di registro e l'imposta sostitutiva (sempre legate agli immobili), imposte su imbarcazioni, aeromobili e via dicendo.
    Alcune di queste patrimoniali sono una tantum, altre invece sono ricorrenti e hanno di solito una cadenza annuale.

    Ma l'intento di questo mio articolo non vuole essere quello di spaventarti, né tantomeno di spiegarti come poterla eventualmente aggirare la prossima imposta patrimoniale.
    Non sono né un commercialista, e neppure un fiscalista.
    Non intendo quindi addentrarmi più di così in temi nei quali fanno fatica a districarsi gli stessi addetti ai lavori.
    Occorre però essere consapevoli del contesto economico nel quel viviamo.
    L'Italia è uno Stato con debiti ingenti da pagare, abitato, per contro, da un popolo con una delle più grandi ricchezze al mondo.
    Chi non vive con i paraocchi, e conosce quei pochi, drammatici, dati economici italiani che contano, è normale che si preoccupi.
    A maggior ragione se detiene nel nostro paese tutto il proprio patrimonio.

    Ciò che invece dovrebbe maggiormente preoccupare, è quel "prelievo forzoso" molto meno appariscente, ma molto più dannoso di una patrimoniale, al quale siamo tutti inevitabilmente soggetti: l'inflazione.
    Questo prelievo si può, in qualche maniera, combattere.
    E lo scopo primo dell'investimento è proprio quello di difendere il proprio patrimonio dall'inflazione.
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    3 - LONTANO DAGLI ECCESSI...

    La stagione delle trimestrali americane si è conclusa senza quel cataclisma che alcuni pronosticavano.
    I conti societari, anzi, sono andati meglio del previsto, e i segnali di rallentamento della prima economia mondiale non hanno contagiato, almeno per il momento, le aziende quotate.
    Computando 474 società sulle 500 dell'indice azionario USA, emerge che gli utili nel secondo trimestre 2022 sono cresciuti dell'8,8% annuo.
    Con il 75% degli utili, e il 63% delle vendite sopra le attese, non si può allora certo parlare di una debacle.
    Sembrano inoltre reggere i margini di profitto, un segnale di resilienza del business anche in un periodo di alta inflazione.

    In questa fase, il mercato, che aveva aspettative troppo negative sugli utili, e gli operatori finanziari, sembrano temere più l'aggressiva operatività delle banche centrali che i costi crescenti, dall'energia alla logistica, passando anche per la scarsità della manodopera.
    Certo, i rischi recessivi restano concreti.

    Alla data del 31 Luglio scorso, l'incidenza degli utili delle prime 10 più grandi società del paniere azionario USA era scesa al 20% del totale dell'indice, mentre alla fine del 2021, in concomitanza con i più recenti massimi di mercato, si attestava oltre il 30%.
    Una flessione molto netta, nell'ordine di 1/3.
    Le top 10 vanno da Apple (pesa per circa il 6,6% dell'intero S&P500), a Meta-Facebook che incide intorno all'1,2%.
    Ciò che sta avvenendo è una maggiore redistribuzione del peso degli utili tra i settori: arretra la tecnologia e salgono, ad esempio, gli energetici.

    La minore incidenza dei big tech non riguarda però solamente gli utili, ma anche la capitalizzazione di mercato.
    Nell'ultima rilevazione, il peso dei 10 principali gruppi si è attestato poco sopra al 29%, in flessione dai massimi dei mesi precedenti.
    Una discesa meno vistosa rispetto a quanto accaduto per i profitti.
    Lo smacco subito in borsa dai titoli tecnologici, con il Nasdaq che era arrivato a perdere oltre il 30% dai massimi, ha prodotto a cascata l'effetto di sgonfiamento dei multipli
    Durante la bolla tech del 2000, poi scoppiata come ben sappiamo, i 10 titoli più importanti dell'indice si erano spinti a un rapporto prezzo/utili pari a 44 volte.
    Oggi siamo attorno a 26, mentre a fine 2021 si era in area 34.
    Comunque la si voglia vedere, le odierne valutazioni di mercato appaiono decisamente più allineate verso la media.
    Lontano, pertanto, dagli eccessi.
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    4 - ETF VS FONDI COMUNI: DIFFERENZE, VANTAGGI, SVANTAGGI...

    ETF e Fondi Comuni d'investimento sono tra gli strumenti più utilizzati dagli investitori per prendere esposizione ai (diversi tipi di) mercati finanziari.
    Questi due strumenti hanno delle caratteristiche in comune: basse soglie d'ingresso, si rivolgono a una platea piuttosto ampia, e sono per natura strumenti diversificati.
    ETF e Fondi Comuni hanno però anche molti elementi di diversità, con vantaggi e svantaggi.
    Come sempre, quando si parla di investimenti, non c'è a priori una soluzione giusta e una sbagliata: tutto dipende dalle esigenze dell'investitore, dai suoi obiettivi e dall'orizzonte temporale a sua disposizione.
    Partiamo però dal capire che cosa differenzia queste tipologie di investimenti.

    FONDI COMUNI ED ETF: CHE COSA SONO
    I Fondi Comuni di investimento, anche noti come OICR, sono degli “Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio”.
    Sono cioè dei veicoli che raccolgono capitale da una platea di investitori, e lo investono in attività finanziarie come se fosse un unico patrimonio indistinto.
    I Fondi Comuni fanno sempre capo a una Società di Gestione del Risparmio (SGR), che decide, tramite il team gestionale del fondo, come allocare il capitale.
    E' sempre importante sapere che il patrimonio della SGR è separato da quello del fondo comune; ciò significa che gli investitori ricevono un numero di quote del fondo proporzionale al capitale investito, senza partecipare in alcun modo al capitale sociale della SGR.
    ETF è invece acronimo di Exchange Traded Funds: si tratta di strumenti finanziari a contenute commissioni di gestione, negoziati in borsa proprio come un normale titolo azionario.
    Gli ETF sono caratterizzati dal fatto che replicano in maniera passiva l’andamento di un indice (o un insieme di indici) di riferimento.
    Al loro interno non vi è pertanto, come avviene nei Fondi Comuni, una gestione attiva del risparmio.


    ETF: VANTAGGI E SVANTAGGI
    Gli ETF abbinano un'elevata liquidità (e liquidabilità) alla diversificazione.
    Acquistare una quota di un Exchange Traded Funds non rende l'investitore socio, ma gli permette di "puntare" su un paniere, partecipando (si spera) alla sua crescita e performance nel tempo.
    L’ETF, in altre parole, consente di investire simultaneamente su decine o centinaia di titoli (dipende dal paniere replicato dallo strumento), riducendo così il rischio dell'investimento e la sua volatilità.
    Gli ETF hanno anche il vantaggio di essere piuttosto semplici e trasparenti: pur senza avere lo stesso grado di personalizzazione di un portafoglio azionario, la scelta degli ETF è infatti definita in base alla propensione al rischio e all’orizzonte di investimento dell’investitore, che può, in ogni momento, osservare la composizione e l'andamento dello strumento, e nel caso liquidarlo.
    La gestione dietro agli ETF, si dice “passiva” o “indicizzata” perché ha l'obiettivo di replicare, pari pari, un indice di riferimento.
    L'ETF ha quindi una minore flessibilità rispetto a un Fondo Comune, e, per questo, è caratterizzato da costi di gestione più bassi.
    L'ETF ha infine un'altra caratteristica: per propria natura non può sovraperformare il mercato di riferimento.
    Al massimo, infatti, ne replicherà (in positivo o in negativo) l'andamento.

    FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO: VANTAGGI E SVANTAGGI
    Come detto, i Fondi Comuni fanno capo a delle Società di Gestione del Risparmio che decidono come allocare il capitale raccolto.
    I gestori possono metter mano al capitale del fondo, modificando e integrando in continuazione il portafoglio a seconda delle attese e delle varie fasi di mercato.
    Per fare ciò, sono ovviamente necessarie grandi competenze, nonché un continuo aggiornamento.
    Ecco spiegato il motivo per cui i Fondi Comuni hanno, rispetto agli ETF, dei costi superiori.
    Allo stesso tempo, però, la ricerca attiva di nuove opportunità di investimento apre a un'opzione preclusa agli Exchange Traded Funds: non replicando un indice, i Fondi Comuni possono anche generare delle performance superiori ai mercati di riferimento.
    Cosa certamente non facile.
    C'è infine una differenza tecnica tra i due strumenti: se gli ETF possono essere scambiati in ogni momento al preciso prezzo di mercato (come succede per le azioni), il valore di un Fondo viene definito solamente una volta al giorno, alla fine della seduta di borsa.

    Un'ultima cosa in chiusura: i Fondi Comuni possono essere di due tipi: Fondi aperti, quando sono sottoscrivibili e liquidabili in ogni momento, oppure Fondi chiusi, quando la sottoscrizione è invece limitata a un periodo di tempo definito, e la liquidazione avviene solamente alla scadenza tecnica del fondo.
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    5 - AZIONI? IO NON C'HO MAI GUADAGNATO!... (1di2)

    Gli italiani, si sa, sono da sempre degli ottimi risparmiatori.
    L'investimento è però ben diverso dal risparmio, e gli italiani sono certamente anche meno bravi nei panni di investitori, soprattutto quando parliamo di investire nell’economia reale.
    Se la presenza, infatti, obbligazionaria non è mai venuta meno nei portafogli d'investimento delle famiglie, e ha trovato spazio anche quando i tassi d'interesse hanno raggiunto i più bassi livelli di sempre, il posizionamento (anche parziale) sull’asset azionario è etichettato dai più come un azzardo che mal si sposa con la tutela e la protezione del risparmio faticosamente accantonato.
    E così, quando il Consulente Finanziario si trova a presentare questo mercato come una delle attività che, seppur in misura variabile, non dovrebbe mai mancare nel portafoglio d'investimento di ciascuna famiglia, una delle obiezioni più frequenti avanzate dal cliente è la seguente: “L’azionario, con me, non ha funzionato!”.
    Si tratta ovviamente di un’obiezione che rivela una delusione, una scottatura, un’infelice esperienza passata, quasi sicuramente innescata dalla superficialità con cui una delle parti in causa, investitore o consulente, ha agito.
    Spesso l'obiezione è accompagnata da “ho perso un sacco di soldi investendo in azioni!...”, “se li avessi lasciati in conto sarebbe stato molto meglio!...” o, nella migliore delle ipotesi, “non c'ho mai guadagnato niente!”.
    Eppure è risaputo che l’investimento azionario funziona.
    Eccome se funziona!
    Nulla, nel lungo periodo, ha performato meglio delle azioni storicamente, e lo vedremo nel dettaglio anche in una delle mie prossime 7in7...
    Se così non è stato, significa che uno degli ingredienti indispensabili per la buona riuscita dell’operazione è venuto a mancare.

    Sebbene sia sempre difficile disincagliare una persona da una convinzione nella quale si è rifugiata, è indispensabile tentare di farlo mettendo sul piatto le evidenze di cui essere consapevoli.
    Eccoti allora alcune contro-domande con cui provare a scardinare questa errata convinzione, e argomentare perché l’investimento in equity (azioni) funziona.

    . HAI INVESTITO IN SINGOLE AZIONI O IN MERCATI AZIONARI?
    L’ esperienza, oltre che l’evidenza statistica, suggerisce al Consulente Finanziario che le delusioni imputate dal cliente all’investimento azionario sono spesso figlie del rischio specifico (quella parte di rischio che può essere facilmente eliminata attraverso la diversificazione).
    Diversi depositi titoli sono ancora oggi pieni di titoli azionari tristemente noti per aver dilapidato enormi quantità di ricchezza.
    Si tratta perlopiù di azioni domestiche, titoli di società italiane, a dimostrazione di quanto sia diffuso e dannoso il concetto di home bias.
    Sul punto, occorre chiarire e ricordare continuamente che la singola azienda può imboccare il viale del tramonto e addirittura fallire, il mercato nel suo complesso sicuramente no.
    Puntare su un singolo titolo, o su più titoli, significa scommettere.
    Puntare invece su un mercato più ampio e diversificato, significa investire.
    Insomma, può non aver funzionato il titolo.
    Non tanto il mercato.

    . MA PER QUANTO TEMPO VI HAI INVESTITO?
    Già il risparmiatore medio è poco propenso al posizionamento nel mercato azionario.
    In aggiunta, quando lo fa, tende a rimanerci investito per troppo poco tempo.
    Mediamente molto meno di qualsiasi altro investitore europeo.
    Prima allora di investire in qualsiasi mercato azionario, è indispensabile conoscere non soltanto l’entità delle flessioni alle quali sarà possibile andare incontro, ma anche il tempo medio necessario a poterle recuperare.
    Così, ad esempio, è indispensabile sapere che negli ultimi 50 anni il mercato azionario americano ha subito 12 discese superiori al 10%.
    Discese che mediamente hanno richiesto poco più di 2 anni per essere riassorbite.
    Tuttavia, a fronte di recuperi anche molto rapidi (solo 4 mesi il più rapido di questi), ci sono state cadute che hanno richiesto fino a 7 anni per essere ripianate.
    Chi entra allora in questi mercati senza avere la totale consapevolezza di questi numeri, è sensibilmente esposto al rischio di cocenti delusioni.

    Ci ritroveremo poi Venerdì 23, con altre 3 contro-domande utili a comprendere meglio qual'è il modo migliore per approcciare l'investimento azionario: strumenti, strategia e momento dell'investimento.
    Non perderti allora la mia prossima 7in7!
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    6 - 5 LEZIONI DAL PRIMO CRAC ITALIANO DEL MONDO CRYPTO

    Recentemente è scoppiato il caso, soprattutto qui in Veneto, della New Financial Technology (NFT), nome altisonante di una società nata a Silea, nel trevigiano, con una sede legale a Londra e altre ramificazioni a Dubai.

    Non so se ne hai sentito parlare, ma i suoi soci promettevano ai clienti-investitori rendimenti certi mensili del 10%.
    10 mesi, in sostanza, per raddoppiare il proprio capitale, partendo da una base di partenza di almeno 10.000 € investiti.
    Sembrano ben 6.000 le persone cadute nella truffa, per 100 milioni di € che non si sa, allo stato attuale, dove siano veramente finiti.
    La società millantava investimenti legati al mondo delle criptovalute.
    Gli elevati guadagni certi (in un mondo però incerto...) dovevano arrivare da pseudo operatività di arbitraggio all'interno delle varie piattaforme esistenti di valute digitali.
    Il caso è scoppiato quando NFT ha fatto sapere che non avrebbe pagato gli interessi di Luglio.
    Ora sono ovviamente in corso gli accertamenti delle autorità giudiziarie, che indagano per truffa ed esercizio abusivo di intermediazione finanziaria.
    Ma cosa può insegnare questa ennesima vicenda di "risparmio tradito"?

    1. IL MIRAGGIO DI UN GUADAGNO CERTO ED ELEVATO
    Come detto, la New Financial Technology, dietro un investimento iniziale di almeno 10.000 €,  garantiva interessi mensili del 10%.
    Un tasso davvero allettante, soprattutto in un contesto di mercato ribassista come quello attuale, con le borse mondiali che perdono molto da inizio anno, e le obbligazioni in sofferenza per l’aumento dei tassi d'interesse.
    Proprio per queste ragioni ma non solo, quel 10% “è troppo bello per essere vero”.
    Una proposta decisamente fuori categoria.
    Potresti obiettare che il Bitcoin e le altre criptovalute ci hanno abituato ad ampie oscillazioni verso l’alto e verso il basso.
    Ma com'è possibile garantire guadagni certi in un contesto di mercato così volatile?

    2. LA TRAPPOLA MENTALE DELL'ECCESSO DI FIDUCIA
    Questo 2022, soprattutto per le criptovalute, ha tutte le caratteristiche di un “anno da dimenticare”.
    Un anno, infatti, caratterizzato da diversi shock, tra cui il crollo delle stablecoin, la bancarotta a Luglio di Celsius (piattaforma di trading e prestito di criptovalute con 1,7 milioni di clienti), e la sospensione dei prelievi in diverse piattaforme.
    Bitcoin ed Ethereum, le criptovalute di gran lunga più popolari, perdono oltre il 50% dall’inizio dell’anno contro il dollaro.
    TerraUSD ha addirittura azzerato il suo valore.
    Potrai obiettare che la capitalizzazione di mercato è esplosa negli ultimi anni, per cui sono diventate un asset troppo grande per essere ignorato.
    Ti consiglio tuttavia di stare attento a non cadere nella trappola mentale dell’eccesso di fiducia in te stesso, che ti fa dare più peso e attendibilità alle notizie che supportano la tua tesi sul potenziale delle criptovalute.
    Gli studiosi dicono infatti che "meno si sa e più si è sicuri".
    Questo detto ben si applica al mondo delle monete digitali, per le quali molti aspetti rimangono ancora oscuri.

    3. CONOSCERE LE REGOLE DEL GIOCO
    Gli operatori in valuta virtuale devono essere iscritti in un apposito registro gestito dall’Organismo Agenti e Mediatori, altrimenti l’attività è considerata abusiva.
    L’obbligo è in vigore da Maggio, e l’elenco è consultabile liberamente.
    New Financial Technology non è (ovviamente) presente in questo elenco.
    Quando ci si avvicina ad attività e realtà finanziarie che non si conoscono, è buona regola informarsi per evitare cattive sorprese.
    Internet è diventato uno degli strumenti più utilizzati per le truffe, ma ci sono segnali di allarme che ci possono aiutare a non cadere vittime di chi ci promette rendimenti da sogno.
    Non avere risposte chiare dall’intermediario, essere spinti a prendere decisioni affrettate, non trovare informazioni adeguate sul sito dell’azienda o sulla sua sede, sono tutte situazioni di cui è bene diffidare.

    4. MEGLIO AVERE UN CUSTODE
    A differenza degli intermediari autorizzati, le piattaforme di criptovalute non sono tenute ad alcuna garanzia sulla qualità del servizio, non devono rispettare requisiti patrimoniali o procedure di controllo interno e gestione dei rischi, con conseguente elevata probabilità di frodi ed esposizione ai crimini informatici.
    Gli investitori non hanno neanche la sicurezza sull'immediata conversione di Bitcoin & Co. in una moneta ufficiale a prezzi di mercato.
    Per farti meglio comprendere le differenze, facciamo l’esempio delle Società di Gestione del Risparmio.
    In Italia le SGR devono essere autorizzate dalla Banca d’Italia, sentita la Consob, e iscritte quindi in un apposito albo.
    Hanno l’obbligo di un capitale minimo non inferiore a 1 milione di €, e il patrimonio dei prodotti da loro gestiti dev'essere per legge separato da quello della stessa società di gestione.
    Per contro, oggi molti investitori in criptovalute si stanno chiedendo dove siano realmente finiti i loro soldi.
    Lo fanno quelli di NFT, ma anche quelli della più nota piattaforma Celsius, che ha “congelato” i prelievi a Giugno prima di dichiarare fallimento, e che deve ai suoi utenti qualcosa come 4,7 miliardi di $.
    4,7 m i l i a r d i   d i   $!!!...
    Nel caso di Celsius, una volta che le monete digitali sono trasferite, la piattaforma acquisisce il “titolo di proprietà”, e può quindi utilizzarle come ritiene più opportuno.

    5. PURO SENTIMENT
    Come ben sai, le criptovalute esistono solo in forma virtuale, non cartacea o metallica.
    Chiunque le può creare, e sono in effetti proliferate negli ultimi anni.
    Secondo gli esperti del settore, avrebbero addirittura superato quota 20.000 nel mondo.
    Aspetto ancora più importante dal punto di vista finanziario, è il fatto che non hanno un valore intrinseco, e sono pertanto esclusivamente soggette ai cambi di sentiment degli investitori.
    Ad esempio, un’azione ha un valore intrinseco che è possibile definire analizzando la solidità patrimoniale e la redditività dell’azienda, e questo permette di capire se il titolo è sopra o sottovalutato dal mercato.
    Non è possibile, al contrario, stabilire se il prezzo del Bitcoin è giusto per entrarvi o uscirvi, perché mosso unicamente da chi acquista e chi vende.
    Non c’è neanche un valore legato alla scarsità, perché chiunque può creare nuove valute digitali in qualsiasi momento, a differenza di quelle ufficiali la cui offerta è controllata dalle banche centrali.
    Quando non c’è un reale valore intrinseco, si hanno allora dei movimenti estremi guidati esclusivamente dal sentiment di mercato del momento.
    Movimenti che, come vediamo, possono essere anche molto pericolosi.

    Curioso di sapere quanti soldi ho investito io in questi anni in criptovalute?
    Zero!
    Mai pensato di approcciare questo mondo.
    Mi sono forse perso qualcosa?
    Può anche darsi...ma per il momento, meglio così per quanto mi riguarda...
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    7 - TWITCH GENERATION

    Hai già sentito parlare di Twitch?
    Potremmo definirla come la nuova tv dei ragazzi: una piattaforma di video streaming, di proprietà (anche questa...) Amazon, che raccoglie milioni di telespettatori (e di ricavi) attorno agli show autoprodotti da circa 8 milioni di "conduttori tv" fai da te.
    Si tratta di persone comuni, che usano il servizio di Amazon per trasmettere le proprie passioni.
    Per alcuni, i più bravi e seguiti, può diventare anche un vero e proprio lavoro.
    Un milione di loro, il 12% del totale, ha infatti beneficiato della distribuzione, nel 2021, di ben un miliardo di $ di ricavi, raccolti tramite sottoscrizioni, pubblicità e donazioni.

    Nata nel 2007 come Justin.Tv, si trasforma in Twitch nel 2011, specializzandosi in videogiochi e sport online.
    Nel 2014 entra in orbita Amazon, che ne intuisce le potenzialità e la rileva per 970 milioni di $.
    Una volta consolidata la leadership nel settore gaming, la piattaforma inizia ad aprirsi anche ad altri contenuti, sempre home made.
    Con Twitch ognuno diventa così produttore di sè stesso, imprenditore del proprio spettacolo, trasmettendo, volendo, anche a costo zero in tutto il mondo.
    Twitch, insieme a Tik-Tok, è così diventata la community social più diffusa dopo la pandemia, con almeno 2,5 milioni di spettatori contemporanei in ogni momento della giornata.
    Ben più delle tradizionali tv. 
    Ed è proprio la community a rappresentare la vera ricchezza di Twitch, un continuo interscambio tra chi produce contenuti e chi li segue.
    Lo spettacolo diventa così autentico, e l'unica regola pare quella di essere sè stessi nella corsa all'attenzione del pubblico.
    Sono poi ovviamente in pochi ad emergere, e l'obiettivo è sempre quello di catturare e mantenere l'attenzione del pubblico, anche se non esistono e non si contano i follower, come avviene invece su altri social.
    Si tratta di una scelta voluta, perché il rapporto tra conduttori e spettatori è paritario su Twitch, per uno spettacolo che diventa partecipato e non patinato come sugli altri social.
    Quello di Twitch vuole essere un mondo che normalizza i vip, non li esalta.
    Ecco allora che può capitare ad uno sconosciuto streamer di 30 anni, di ricevere in chat la richiesta di Charles Leclerc per giocare assieme in diretta ad una partita di WarZone. 

    Certo, i numeri di YouTube (2 miliardi di iscritti in tutto il mondo) sono lontanissimi, ma è ben diverso anche il modello di business.
    Mentre YouTube necessita di una base sempre più ampia di utenti per guadagnare dalla pubblicità, che invade ormai ogni suo video, Twitch punta invece sull'engagement, ovvero sul coinvolgimento dell'utente.
    I partner di Twitch sono invitati a proporre abbonamenti ai propri contenuti speciali, o a richiedere donazioni.
    Solo in ultima istanza guadagnano dalla pubblicità.
    Twitch sta così forgiando un nuovo consumatore realmente appassionato, che vuole connettersi in modo autentico e reale con gli altri utenti.
    Un consumatore fedele ai propri beniamini, e disposto anche a pagare per guardare i contenuti che più lo appassionano.
    Un identikit ben diverso da quello dell'utente social a cui siamo abituati, che è decisamente più passivo e, perlopiù, subisce un flusso continuo di contenuti spesso fuori target, che lo interessano ben poco e non lo coinvolgono affatto.

    Con Twitch, la galassia Amazon, anche dopo il recente acquisto di iRobot, e quello probabile di Electronic Arts, sembra fagocitare sempre più tutto ciò che gira intorno a noi.
    Non sembra anche a te?
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    La mia 7in7 tornerà a bussare alla tua casella mail nella mattinata di Venerdì 23 Settembre.
    Quel giorno scoprirai il nuovo argomento della rubrica dedicata allo splendido libro La psicologia dei soldi, ti parlerò del testamento e di 5 cose da tenere a mente quando lo si va a scrivere, e ti racconterò anche l'origine dei termini Orso e Toro per definire le fasi ribassiste e rialziste dei mercati finanziari.

    Ogni tua opinione ed ogni tuo consiglio in merito alla mia quindicinale newsletter, e in merito anche ai vari miei contenuti social, sono assolutamente graditi e mi saranno d'aiuto per migliorare ulteriormente la qualità del mio lavoro.

    Ti auguro un sereno fine settimana!
    Un caro saluto,

    Davide