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www.davideberto.it2024-10-11
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    Il Bitcoin ha fatto la sua comparsa nei mercati internazionali nel 2009, in piena crisi post Lehman Brothers.
    Il suo valore di emissione era di 0,003 $.
    Con un dollaro si compravano quindi 333 Bitcoin.
    Oggi il valore di questa criptovaluta si attesta a 47.000 $.
    333 Bitcoin per i circa 47.000 $ di oggi, darebbero una cifra che fa tremare i polsi.
    Quel dollaro investito nel 2009, lasciato là in tutti questi anni, ci porterebbe ad avere più di 15 milioni di dollari!
    Un dollaro, un misero dollaro, per cambiare (potenzialmente...) completamente la nostra vita.
    Ma perché non ho, perché non hai, investito un dollaro all'epoca nel Bitcoin?
    Semplice, nessuno poteva sapere quello che sarebbe poi accaduto.
    Oggi, con il senno di poi, è facile riavvolgere le linee del tempo, rileggere il passato e rammaricarsi per ciò che non è stato fatto...

    Ma ci sono ambiti in cui la macchina del tempo, per andare avanti e conoscere in anticipo ciò che accadrà, ce l'abbiamo già.
    La demografia ci sta raccontando il nostro futuro, e ce lo racconta in anticipo, per cui ci mette in condizione di fare le scelte più appropriate.
    Sappiamo che il nostro mondo sta invecchiando, e che invecchiando rallentano le attività produttive.
    Sappiamo anche delle difficoltà dei conti pubblici, e che tutto questo avrà un effetto dirompente in maniera particolare sui sistemi previdenziali.
    Conoscere in anticipo ciò che accadrà e non occuparsene per tempo, è al limite del delinquenziale.
    Chi sa e non fa, domani potrebbe pagarne care le conseguenze.
    Io, possibilmente, mi occupo di tutto questo per te in ambito finanziario.

    Ti auguro una buona lettura ... e ovviamente un buon anno nuovo!
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    1 - LA PIANIFICAZIONE FINANZIARIA E LE SUE SFIDE

    Anche i più recenti sondaggi in merito sono impietosi: buona parte degli italiani pensano a tutto, tranne che a garantirsi un futuro sereno e sostenibile.
    Siamo capaci di passare ore a scrutare gli scaffali al supermercato per cercare il prezzo più conveniente, ma quando si tratta di pianificare il proprio futuro finanziario...un grande vuoto. 
    Senza dubbio siamo un popolo di risparmiatori, visto che ben il 60% di noi mette da parte qualcosa ogni mese, ma, per lo più, si accantonano risorse senza una vera logica di fondo.
    Senza strategia e senza chiari obiettivi.  
    Spesso, invece, basterebbe una corretta analisi e pianificazione assicurativa, con il preciso scopo di fronteggiare possibili eventi inattesi.
    Si libererebbero così notevoli risorse economiche, da dedicare ad altri progetti di vita.

    Solo il 40% dei risparmiatori pianifica e ha il controllo delle proprie scelte finanziarie, ancor meno sono coloro che pensano alla pensione.
    Addirittura il 35% degli over 50 non si è mai informato su quando ci andrà in pensione, e solo il 33% di chi attualmente lavora ha aderito ad un fondo di previdenza integrativa.
    In tutto questo siamo ostacolati dalla struttura della nostra mente, che ha la tendenza a valutare tutto sulla base della situazione presente, sia a livello personale che a livello generale, sottostimando le necessità future.
    Si fa inoltre una gran fatica ad avere una visione a 360 gradi.
    Nei ragionamenti sulla gestione delle nostre risorse si fatica ad includere il patrimonio immobiliare, i debiti, l'evoluzione del reddito, le possibili coperture assicurative.

    E' necessario quanto prima invertire questa diffusa tendenza, partendo dal presupposto che la pianificazione non è riservata ai soli ricchi, o a chi è già in età avanzata.
    Pianificare è essenziale ad ogni età, e per ogni patrimonio.
    Diventa allora fondamentale il ruolo del (bravo) Consulente Finanziario, che può mettere a disposizione conoscenze, competenze ed esperienza fatta nel tempo, per guidare il risparmiatore a un'accurata analisi della propria situazione, e a seguire una corretta pianificazione per il futuro, sia di breve che di più ampio respiro.
    L'occhio di un professionista permette di cogliere al meglio le lacune e i bisogni inespressi, suggerendo le azioni più opportune e guidando verso scelte consapevoli e calibrate per la situazione personale di ognuno. 
    La pianificazione non è un'azione una tantum, quanto piuttosto un percorso continuativo e condiviso di analisi, con revisioni periodiche sulla base del mutare delle esigenze di chi investe, e del contesto economico e finanziario in cui inevitabilmente si opera. 
    L'obiettivo è univoco: rispondere alle esigenze e ai bisogni del risparmiatore, suggerendo gli strumenti e gli ambiti di volta in volta più adatti al raggiungimento degli obiettivi di vita.
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    2 - LA REGOLA DEL 20

    Una delle leggi cardine dell'investitore lungimirante è quella di evitare di vendere, ed uscire dai mercati, quando tutti lo fanno.
    Anzi, sarebbe opportuno fare il contrario: effettuare possibilmente degli acquisti proprio durante le fasi più turbolente dei mercati stessi.
    Tanto facile da dirsi, quanto difficile da farsi, mentre il panico travolge i mercati e fa tremare le mani anche ai traders più incalliti...

    Si può però avvicinare questa regola teorica alla realtà di ogni investitore.
    Sarebbe infatti sufficiente stabilire un livello di discesa, statisticamente ragionevole, raggiunto il quale c'è da entrare senza indugi nel mercato finanziario di riferimento. 
    Nel proseguo di questo articolo ti spiegherò allora la "regola del 20".
    Una regola comportamentale, che insegna il potenziale di rendimento da sfruttare se si ha la lucidità di acquistare ogni volta in cui c'è un crollo del mercato del 20%. 

    Ma perché proprio il 20?
    Perché statisticamente si è rivelato nel tempo, un livello particolarmente interessante e generatore di profitti in ottica futura. 
    Non è affatto detto che una violenta crisi dei listini si fermi a quel livello, anzi, potrebbe anche proseguire oltre.
    Ma ricercare e individuare il livello minimo del mercato diventa logorante a livello psicologico, oltre che essere una vera e propria chimera.
    Questo accade perché si tratta di un'informazione chiara solo una volta che quel minimo sarà abbondantemente superato, senza ulteriori ricadute.
    Sembra una cosa ovvia, ma ce ne dimentichiamo puntualmente ogni volta in cui viviamo in prima persona gli storni di mercato. 
    I mercati hanno questa capacità: banalizzano e rendono evidente dopo, tutto quello che appare inimmaginabile prima.

    Ripensando ai principali indici azionari, da inizio millennio fino ai giorni nostri abbiamo vissuto diversi importanti storni: partendo dalla bolla di internet e le torri gemelle, passando per la crisi finanziaria del 2008 e la crisi dei debiti sovrani del 2011, fino alle cadute innescate dai listini asiatici nel 2015 e dalla pandemia nel 2020. 
    Sono stati 20 anni costellati da diversi eventi shock, e la performance media dei principali indici mondiali ne ha risentito. 
    L'S&P500 americano ha consegnato un rendimento medio annuo del 4,76%, l'MSCI World del 3,10% e l'Eurostoxx50 è stato addirittura negativo dello 0,59%.
    Ci tengo a farti notare che sto parlando di rendimenti da applicare ad ogni anno, per 20 anni. 
    Chi avesse avuto il sangue freddo di entrare in questi mercati seguendo la regola del 20, avrebbe visto i suoi rendimenti crescere quasi in modo incredibile.
    Un esempio su tutti?
    Chi avesse acquistato nel Novembre del 2011, durante la crisi del debito sovrano, avrebbe oggi consolidato un rendimento annuo medio del 17,62% per l'americano S&P500, del 13,06% per il globale MSCI World e del 5,57% per l'europeo Eurostoxx50.
    Sottolineo ancora che si tratta di un rendimento annuo, ovvero portato a casa ogni anno, per 10 anni! Notevolissima la differenza con la media precedente...
    Anche prendendo come riferimento altri momenti in cui i mercati hanno segnato un sonoro -20%, i numeri sarebbero eloquenti, e vanno nella stessa importante direzione.

    La conclusione è allora una sola.
    Quando si investe in mercati adeguatamente diversificati e con buone potenzialità di generare valore nel medio-lungo periodo, come quelli citati in questo articolo, ogni caduta porta con sé innegabili opportunità per incrementare le performance del proprio portafoglio d'investimento.
    Dopo questa lettura confido che in te si possa consolidare la consapevolezza che gli storni di mercato sono periodici e inevitabili, e che quindi sia necessario trovarsi pronti e preparati quando arriverà la prossima turbolenza finanziaria.
    Con la regola del 20, si potrà così trasformare in un'opportunità da cogliere per il futuro!
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    3 - I MERCATI CROLLERANNO? INVESTO O ATTENDO?

    Sono anni ormai, che sento parlare di un imminente crollo dei mercati.
    Qualcosa di importante, effettivamente nel 2020 si è verificato.
    Ma la ripresa poi è stata tanto rapida, quanto inattesa.
    Pensa che ho avuto modo di parlare, in questi anni, con persone che non investono dal lontano 2007-2008, in attesa ancora dell'uscita dalla crisi... 
    E' certamente vero che, guardando al mercato borsistico italiano, solamente nelle ultime settimane sono stati raggiunti i livelli di borsa di ormai 15 anni fa, ma questa visione miope e ristretta ha legato le mani per oltre un decennio a molti risparmiatori del Bel Paese, che non si sono accorti di come, nel frattempo, l'economia e la finanza a livello mondiale abbiano invece fatto registrare crescite record

    Negli ultimi mesi sono state insistenti le voci sui valori troppo elevati raggiunti, in particolare, dalla Borsa americana, che ha macinato (e continua a macinare) record su record.
    C'è stata la crisi immobiliare cinese con forti storni, e il ritorno dell'inflazione, inizialmente definito transitorio ma, nei fatti, divenuto elemento caratterizzante.
    Ha fatto capolino pure il tema dell'ufficiale rialzo dei tassi di interesse. 
    Eppure, nonostante le tante ipotesi e gli scossoni, i mercati hanno continuato a salire nel medio-lungo periodo, pur con rallentamenti, oscillazioni e fasi laterali nel breve.
    Wall Street ha ritoccato ulteriormente i suoi massimi storici in questa riapertura d'anno, evento ripetutosi per ben 70 volte nel corso del 2021.
    Anche la stessa Piazza Affari non ha sfigurato: nel corso del 2021 da poco concluso, ha segnato una crescita del 23% sulla chiusura del 2020.
    Insomma, non sappiamo come andranno i mercati domani, ma possiamo ben dire che tutti quelli che hanno paventato un crollo dei mercati hanno solamente perso tempo, e grandi opportunità, nel corso dell'anno appena concluso.

    La domanda che può sorgere allora spontanea, può essere benissimo questa: qual'è il momento migliore per investire?
    La risposta è disarmante da quanto semplice: SEMPRE!
    Ovviamente con le più corrette strategie alla base, e guardando bene ai personali progetti di vita ed obiettivi d'investimento.
    Il tempo è il primo alleato, e la diversificazione temporale è la strategia che aiuta a mitigare le possibili, anche eventualmente forti, oscillazioni dei mercati. 
    Investire anche piccole cifre, però con costanza, nel corso di mesi e anni, è il modo migliore per evitare di rimanere fermi col gruzzoletto stretto in mano, attendendo il momento più propizio per investire. 
    Ti svelo un segreto: il momento perfetto, quando i mercati sono ai minimi e pronti per ripartire alla grande, sarà chiaro solo a posteriori.
    Nel durante non si saprà mai se quello che si sta vivendo è davvero il minimo storico, o solo l'inizio di una nuova, ulteriore fase di ribasso!

    Venendo al titolo di questa news: i mercati cresceranno ancora o scenderanno? 
    Nessuno può saperlo davvero.
    Non c'è guru finanziario, o trader su YouTube, che possa davvero prevedere l'andamento borsistico di domani.
    Oggi è allora più che mai necessaria la competenza, da sviluppare nel quotidiano.
    Non c'è spazio per l'improvvisazione o per le persone non preparate.
    Questo vale ovviamente in ogni ambito della nostra vita. 
    Seneca diceva "non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare"
    I mercati sono allora come il vento.
    Se le vele sono le nostre emozioni, i nostri obiettivi sono i porti da raggiungere
    Arrivarci dipenderà molto da come orienteremo quelle vele, da come ci predisporremo emotivamente.
    Non dobbiamo ammainarle, ma, visto che non siamo capitani o marinai di professione, dobbiamo affidare la navigazione ad uno skipper di fiducia. 
    E continuare il viaggio anche quando il mare si ingrosserà, perché, dietro l'ennesima onda, potremmo trovare il nostro porto di destinazione.
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    4 - QUOTA ZERO?

    Ad ogni cambio di Governo, in Italia, si sente parlare di riforma delle pensioni.
    Puntualmente viene messo mano al sistema, per lo più complicando e spostando in avanti nel tempo le soglie di accesso all'agognata quiescenza dal lavoro. 
    In tutto questo si fa un gran parlare di chi alla pensione vi è prossimo, ma nessuna strategia politica viene messa in atto a favore delle categorie più fragili e scoperte: i giovani.
    Molti di loro già sanno che non avranno mai una pensione adeguata, o perlomeno non riceveranno le generose cifre mensili che vedono arrivare a genitori e nonni. 
    Per loro, potremmo tristemente parlare di "quota zero".

    Tra l'altro, l'auspicato ricambio generazionale non sta avvenendo, visto che i posti lasciati vacanti dai pensionati o dagli esodati vengono spesso lasciati decadere, con le aziende che sfruttano i pensionamenti per sfoltire l'organico aziendale.
    Senza contare che le profonde trasformazioni del mondo produttivo non sembrano riservare molto spazio agli over 60, almeno nella dimensione di un rapporto diretto, a tempo indeterminato.
    E si prospetta sempre più la necessità di colmare i drammatici periodi vuoti tra la fine del lavoro a tempo pieno e l'età di quiescenza.
    Se aggiungiamo la disastrosa situazione demografica italiana, è evidente che il primo pilastro previdenziale, cioè l'INPS e le casse previdenziali, sia alquanto traballante.
    Entro il 2050 saremo forse riusciti a raggiungere il traguardo di emissioni zero, ma con un rapporto stimato di 1,1 lavoratori stabili per ogni pensionato, il sistema faticherà ad emettere gli assegni mensili.
    Si respirerà una brutta aria previdenziale.
    I ricordi di Quota 100 saranno allora simili ai fasti di una sorta di irresponsabile "età dell'oro".
    Ed è dunque assolutamente inconcepibile che nella discussione politica sulle pensioni non si sia ancora mai parlato di come incentivare e rafforzare la previdenza integrativa, e non si sia fatta un'adeguata informativa sugli importanti rendimenti che questa parte del risparmio previdenziale, se ben investita, può consegnare a chi vi aderisce. 
    Traducendo in numeri, dal 2011 a fine Settembre scorso il rendimento medio annuo composto della previdenza complementare è stato del 3,8% per i fondi pensione aperti, a fronte di una rivalutazione del TFR pari solamente all'1,9%.
    In questo non va mai dimenticato che il primo pilastro previdenziale, quello pubblico, è molto più esposto al rischio Italia, mentre i fondi complementari agiscono a livello globale, con le logiche di mercato del risparmio gestito.
    Le future erogazioni pensionistiche private, potranno così essere più consistenti, e meglio potranno colmare il divario fra l'importo della pensione e gli ultimi stipendi percepiti. 

    Il difficile decollo delle forme complementari di previdenza non è però solamente l'effetto di un'eccessiva fiducia nella pensione pubblica, né si possono addossare tutte le colpe ai governi succedutisi negli anni.
    Sul tavolo c'è, è giusto dirlo, anche l'ingordigia di molti soggetti del mondo finanziario e assicurativo, che propongono spesso prodotti dai costi talmente elevati da annullare i vantaggi fiscali agli aderenti.
    In un contesto sempre più globalizzato, sarà però una strada difficilmente perseguibile a lungo, se consideriamo che nell'Unione Europea sono in fase di lancio i cosiddetti Pepp, fondi pensionistici personali europei, emessi nei paesi con le fiscalità più favorevoli.
    Potranno, probabilmente in futuro, essere sottoscritti online, e saranno trasferibili da un paese all'altro all'interno dell'Unione.
    I costi dovranno rimanere entro l'1%, ed in questo molti operatori italiani faticheranno ad essere competitivi con l'offerta estera, innegabilmente meno ingorda di quella made in Italy.
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    5 - RISCHIO SPECIFICO E RISCHIO SISTEMICO

    Sempre, quando si parla di "investimento", occorrerebbe associarvi la parola "rischio". 
    Investire comporta inevitabilmente dei rischi, ma spesso nella testa dei risparmiatori si fanno spazio paure irrazionali e immotivate, quasi sempre dettate dalla mancata conoscenza degli argomenti in questione.
    E' però molto importante conoscere i rischi reali a cui va incontro chi decide di investire il proprio gruzzoletto, e agire di conseguenza per ridurli o neutralizzarli quasi del tutto. 
    Tra questi, oggi ti racconterò del rischio specifico e del rischio sistematico.

    Il rischio generico, detto anche rischio sistematico, perché di fatto ineliminabile, rappresenta quella quota di variabilità nel valore degli investimenti che dipende dalle fluttuazioni dei mercati, le quali hanno un impatto su qualsiasi titolo a prescindere dalla sua qualità.
    La congiuntura economica mondiale, i saliscendi delle borse, e le inefficienze che caratterizzano il sistema finanziario nel suo complesso, alimentano questo tipo di rischio.
    Se si verifica un momento di storno dei mercati, è probabile che un tale scenario impatterà anche sull’andamento del singolo titolo azionario, seppur accuratamente selezionato e con ottimi fondamentali.
    Per quanto riguarda invece le obbligazioni a tasso fisso, l'aumento dei tassi di interesse rappresenterebbe un rischio sistematico, perché avrebbe un impatto diretto, impossibile da evitare.
    Diverso sarebbe invece per le obbligazioni a tasso variabile, il cui rendimento è sempre aggiornato in base ai tassi vigenti. 

    Si parla invece di rischio specifico, quando i “pericoli” derivano dalle caratteristiche del singolo titolo, e quindi dell’emittente. 
    Se quest’ultimo si trovasse in difficoltà, potremmo subire una mancata distribuzione dei dividendi o una riduzione del valore dell’investimento, magari legata a una vendita massiva in Borsa da parte degli azionisti. Per le obbligazioni ed i titoli di Stato, può avvenire un declassamento e una riduzione del rating, oppure l'allungamento della scadenza originaria del titolo obbligazionario, o, ancora, la mancata erogazione delle cedole previste.

    Se il rischio generico e sistematico non è evitabile, è invece possibile contrastare gli effetti di quello specifico ricorrendo alla diversificazione. 
    In questo modo si riduce l’esposizione all’andamento del singolo titolo, o del singolo emittente, controbilanciandola con quella di altri investimenti presenti in portafoglio. 
    La diversificazione è fondamentale sia a livello di singolo titolo, sia anche a livello di asset class.
    Da una parte può indubbiamente ridurre il rendimento atteso di un portafoglio titoli, ma dall'altra aumenta in maniera esponenziale la possibilità di generare rendimenti anche al mutare degli scenari di mercato. 
    Ed è molto meno rischioso incrementare con calma e costanza il proprio patrimonio, piuttosto che ricercare il 6 al SuperEnalotto!
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    6 - EURO E PREZZI, 20 ANNI DOPO

    Anche se le nostre percezioni possono essere diverse, i freddi numeri raccontano che dall'inizio del millennio abbiamo trascorso anni di relativa calma sul fronte dell'aumento dei prezzi di beni e servizi.
    Certo, gli aumenti non sono mancati, ma sono stati per lo più modesti, e il prezzo di 2/3 dei beni è salito meno dell'inflazione.
    Alcuni settori hanno addirittura conosciuto una diminuzione dei prezzi, grazie all'ampliamento dell'offerta che ha permesso di rendere tutto più accessibile con modelli a basso prezzo.
    In particolare, tutto ciò che riguarda la tecnologia.
    Notebook (-48%), macchinette del caffè e lavatrici (-31%), forni a microonde (-51%), lavastoviglie (-13%), sono tutti beni durevoli che arrivano oggi a costare anche meno della metà rispetto ai primi anni Duemila.
    I frigoriferi, al contrario, sono rincarati mediamente del 67%, il doppio dell'inflazione che nel 2001-2021 è stata del 33%.
    Per il settore degli alimentari, pane fresco a parte aumentato in vent'anni dell'82%, ci siamo abituati a una situazione di calma, con i prezzi aumentati, parlo sempre mediamente, sotto la soglia dell'inflazione, dal latte (+14%) alla pasta (+21%).
    Questa è la fotografia dell'Italia dei consumi negli ultimi 20 anni, dall'introduzione dell'euro, secondo le rilevazioni che Altroconsumo ha condotto per L'Economia del Corriere della Sera.

    Le recenti notizie sugli aumenti del costo della vita, ci stanno colpendo in modo particolare proprio perché non ne eravamo più abituati.
    Per il settore dell'energia abbiamo, al contrario, vissuto una violenta impennata nell'ultimo biennio, che ha portato i prezzi a salire del 173% per il gas, e addirittura del 360% per l'energia elettrica, sempre rispetto ai dati di inizio millennio.
    Anche in questo caso, comunque, fino a due anni fa i prezzi erano sostanzialmente sotto controllo. 
    Discorso altalenante per i carburanti, ma in generale un pieno di benzina, o gasolio, costa quasi il doppio ai nostri giorni, e pure muoversi con i mezzi o con il treno ha subito la stessa sorte. 
    Anche ciò che riguarda il tempo libero e lo svago, ha conosciuto decisi aumenti.
    Se il biglietto del cinema è cresciuto in vent'anni solo del 17%, la classica cena con pizza e bibita (+76%), e il caffè al bar (+124% da 46 centesimi a oltre un euro), sono saliti alle stelle.
    Pure hotel e ristoranti hanno ritoccato i prezzi all'insù, in maniera anche decisa dopo l'ondata pandemica che ci ha colpito da inizio 2020.

    Per natura siamo piuttosto abituati a lamentarci del caro-vita, ma se ci guardiamo indietro con obiettività dobbiamo riconoscere che, nell'ultimo ventennio, l'introduzione dell'euro ci ha protetti da incrementi che avrebbero potuto essere decisamente più pesanti.
    L'appartenenza a un sistema monetario più ampio, guidato dalla Bce, ha portato tassi stabili e contenuti.
    In assenza della moneta unica, i rincari sarebbero stati drammatici per molti degli articoli e dei servizi sopra menzionati.  
    Ci troviamo però ora in una fase di passaggio, dove tassi e rendimenti obbligazionari sono ancora eccessivamente bassi, mentre i prezzi registrano una rapida ascesa (+3,9% annuale a Novembre 2021).
    Una combinazione che riduce ancor più velocemente il potere d'acquisto di quei denari lasciati sul conto corrente, circa 1.800 miliardi nel nostro paese, che giorno dopo giorno permettono di acquistare sempre meno
    Ecco allora che si palesa sempre più la necessità di fare un uso migliore e più mirato del risparmio, investendolo nell'economia reale attraverso gli strumenti finanziari più adatti, così da rimanere collegati alla capacità dell'economia italiana, europea e mondiale, di tenere adeguatamente testa all'aumento dei prezzi.
    Perché se, come diceva giustamente l'economista americano Milton Friedman, "l'inflazione è una forma di tassazione che può essere imposta senza bisogno di una legge", la protezione del potere d'acquisto è fondamentale.
    E' questa l'unica strada possibile per assicurarci crescita, senza pagare un conto troppo pesante per le tensioni inflattive.
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    7 - ASSI PIGLIATUTTO

    +33%.
    +43%.
    +49%.

    Sono questi gli incrementi dei ricavi pubblicitari fatti registrare, solamente nell'ultimo trimestre, rispettivamente da Facebook, Google ed Amazon. 
    Nomi più che noti, ormai, per le loro performance stellari, che si allargano ad ogni campo dell'economia e della finanza.
    Sarebbe forse più opportuno parlare di oligopolio, o ancora meglio di "triopolio", se andiamo ad analizzare il sempre più strategico campo della pubblicità.
    Questi 3 players, infatti, assorbono l'80-90% delle quote di pubblicità digitale a livello mondiale (Cina esclusa), e comunque oltre il 50% di tutte le forme pubblicitarie.
    La loro penetrazione nel mercato è salita del 10% solo negli ultimi 2 anni. 

    Il loro primario punto di forza è la mole di dati in loro possesso, costantemente aggiornata.
    Ogni volta in cui accediamo a Facebook o a Whatsapp, quando compriamo un oggetto su Amazon o accettiamo distrattamente un "cookie" su un sito web veicolato da Google, ecco che le nostre preferenze vengono registrate e memorizzate.
    Le pubblicità possono essere così personalizzate e cucite su misura di ogni utilizzatore, garantendo un ritorno molto maggiore, in termini di acquisti effettivi, di una generica pubblicità fatta anche tramite radio, giornali o cartelloni stradali. 
    Inoltre la pubblicità digitale corre sul web, un mezzo ormai pervasivo e irrinunciabile per la quotidianità di ognuno di noi. 

    Oltre ai ricavi delle 3 aziende che si impennano, per la gioia dei loro azionisti, ci sono anche delle zone d'ombra
    Per chi si occupa di digital marketing, rimane infatti una esigua fetta di mercato in cui operare, e sono sempre meno gli utenti raggiungibili senza passare attraverso le piattaforme social e-commerce proposte dai 3 giganti tecnologici, entrati ormai nelle scelte strategiche di comunicazione di tutti gli investitori pubblicitari. 
    A giudicare dal trend, l'avanzata di questi assi pigliatutto non sembra conoscere ostacoli.
    Dando uno sguardo d'insieme, il mercato pubblicitario globale è attualmente stimabile in circa 750 miliardi di $; ci si attende lo sforamento di quota 1.000 miliardi nel 2026, con il digitale, governato dai "big three", che arriverà a pesare per oltre il 70%. 
    Tutto oro che luccica, allora, per Amazon, Google e Facebook, come già si evince dall'incremento dei ricavi pubblicitari di cui ti ho parlato in apertura di questa news.
    Pensa che Amazon, solo nell'ultimo trimestre, ha raccolto oltre 8 miliardi di $.
    Una cifra pari agli investimenti pubblicitari di tutto un anno sul mercato italiano.
    Cifre, insomma, da capogiro!

    Nella mia prossima 7in7 ti parlerò ancora di questo tema di grande attualità, con un approfondimento sulle nuove frontiere dello shopping social, e sull'impatto che inevitabilmente avrà su ognuno di noi.
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    In conclusione di questa mia 7in7, la prima del nuovo anno, ti ricordo l'appuntamento con la mia prossima newsletter di Venerdì 28 Gennaio.
    Posso già anticiparti che tra 2 settimane tratterò molto di consapevolezza, con notizie relative al rischio consapevole, e alle buone regole che fanno di un investitore, un investitore consapevole.
    A presto allora.
    Ti auguro un sereno fine settimana!

    Davide