E' da poco trascorso il ventesimo anniversario del crollo delle Torri Gemelle, un evento che ha scosso l'intero mondo, mercati finanziari inclusi.
Nei 20 anni alle nostre spalle ci sono stati anche altri accadimenti di notevole impatto, come la crisi dei mutui subprime, nel 2008-2009, e la pandemia, nel 2020.
Nonostante ciò, se tiriamo una linea, le performance dei mercati finanziari sono state strabilianti.
Per renderci bene conto di cosa stiamo parlando, serve qualche numero.
Analizzando per decenni, salta all'occhio come nel periodo 2001-2011 i paesi emergenti abbiano messo a segno uno strabiliante +351%, a cui è seguito un +75% nei 10 anni successivi.
Riallargando l'orizzonte sui 20 anni, la progressione sfiora il +700%.
Sorte opposta per l'indice azionario americano S&P500, che ha registrato un +28% nella prima decade analizzata (2001-2011), e un +381% nei 10 anni più recenti, segnando complessivamente nel ventennio un +517%.
Anche in Italia il copione è stato lo stesso, con numeri più contenuti: -35% nel periodo 2001-2011, seguito da un +161% nei 10 anni seguenti, con un modesto +69% sull'orizzonte dei 20 anni.
Dalle stelle alle stalle, invece, per l'oro, bene rifugio per eccellenza: quasi +600% fino al 2011, la miglior performance di tutte le asset class analizzate, per finire poi in territorio negativo (-2%) nel periodo 2011-2021.
Nel complesso ha comunque realizzato 20 anni da protagonista, con una performance positiva del 570%.
Indubbiamente il settore maggiormente "esplosivo" è stato quello tecnologico.
Pensa che Amazon valeva 5,51 $ nel 2001, e supera ora i 3.300, mentre Apple è passata da 0,31 a più di 140 $, con un progresso superiore al 58.000%!
Si tratta naturalmente di casi limite, ma che danno una idea di cosa sia accaduto sui mercati.
Tutto ciò ha portato a veder ribilanciati i pesi dei vari settori sugli indici: mentre i titoli finanziari sono passati a rappresentare il 13% dei listini mondiali (contro il 20% del 2001), le azioni tech hanno raddoppiato il loro peso,
passando dal 14% al 29% dell'indice americano.
Nel vecchio continente il progresso è stato per lo più scandito dai gruppi industriali, il cui peso è balzato dal 9% al 22%.
Purtroppo le famiglie italiane hanno preso poca parte a questo lauto banchetto: le ripetute sollecitazioni alle coronarie degli investitori hanno generato un aumento delle paure, frenando la propensione agli investimenti.
Basti pensare che nel 2001 le azioni erano l'asset maggiormente presente nei portafogli, il 23% del totale.
Oggi invece quasi il 30% della ricchezza è ferma sui conti correnti.
Una massa enorme di denaro, pari a più di 1.100 miliardi di €, a rendimento negativo.
Le azioni sono scese al 19% del totale.
Di conseguenza, anche il peso del nostro paese nei mercati finanziari globali è diventato (ancora più) irrisorio: eravamo il 2,10% della capitalizzazione mondiale nel 2001, mentre oggi rappresentiamo solamente lo 0,7%.
Nulla.
L'America, invece, vale da sola quasi il 70%.
Davide contro Golia...
Cito in chiusura, pari pari un passo de Il Sole 24 Ore Plus proprio dell'11 Settembre scorso, che evidenzia l'importanza del lavoro che, come Consulente, svolgo quotidianamente: "In un lungo arco temporale caratterizzato da ansie e paure, solo chi ha affrontato gli stress dei mercati con una corretta pianificazione finanziaria, precisi obiettivi ed orizzonti temporali, è riuscito a mantenere i nervi saldi, magari con l'aiuto di un buon Consulente Finanziario di cui fidarsi e appoggiarsi specialmente nei momenti difficili. [...]
In ogni caso occorre ragionare in termini di portafoglio e non del singolo prodotto, e avere un Consulente di fiducia potrebbe aiutare a mantenere sui mercati la dovuta calma.
Una fiducia fra investitore e Consulente che va conquistata nel tempo, e che viene messa alla prova proprio soprattutto quando i mercati vacillano".