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www.davideberto.it2024-10-11
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    Quanto pesa la paura nelle nostre decisioni?
    Tanto.
    Negli investimenti ancora di più.
    Se consideriamo che il denaro è percepito come mezzo di sopravvivenza e sussistenza, pensare di separarsene per poi vederlo oscillare, e perdere magari anche temporaneamente valore, genera nella nostra mente uno stato emotivo di pericolo.
    Emozioni negative che possono spingerci a fare scelte nocive per il nostro futuro benessere.

    L'altro elemento che inganna il nostro agire, è l'incapacità di differire la soddisfazione dei nostri bisogni.
    Tra 5€ oggi e 10€ un domani, quasi tutti preferiamo i 5€ oggi.
    Questo perché non riusciamo a vedere con chiarezza il nostro futuro.
    Non riusciamo mettere a fuoco i benefici che potrebbe darci il rinunciare a qualcosa oggi per goderne in quantità maggiore un domani.
    Certo, è un paradosso.
    Ma proprio così funziona la nostra mente: si aggrappa alla sopravvivenza giornaliera evitando di affrontare l'incertezza futura.

    Ecco allora spiegato perché quando ci sono importanti crolli di mercato, sono solo in pochi ad approfittarne.
    Lo stato di pericolo, i mercati che scendono e l'incertezza del futuro, ci spingono a scappare e a scegliere così il peggio.
    All'opposto, quando i mercati sono in piena crescita, la sicurezza percepita che continueranno a guadagnare, unita alla certezza che in poco tempo potremmo liquidare i nostri investimenti (si spera) in utile, ci fa assumere posizioni, spesso inconsapevolmente, rischiose, di gran lunga oltre la nostra reale capacità di sopportazione.
    Il peso delle emozioni non va allora nascosto.
    Va guidato!

    Buona lettura.
  • 1 - VENTI DOPO

    E' da poco trascorso il ventesimo anniversario del crollo delle Torri Gemelle, un evento che ha scosso l'intero mondo, mercati finanziari inclusi.
    Nei 20 anni alle nostre spalle ci sono stati anche altri accadimenti di notevole impatto, come la crisi dei mutui subprime, nel 2008-2009, e la pandemia, nel 2020.
    Nonostante ciò, se tiriamo una linea, le performance dei mercati finanziari sono state strabilianti.

    Per renderci bene conto di cosa stiamo parlando, serve qualche numero.
    Analizzando per decenni, salta all'occhio come nel periodo 2001-2011 i paesi emergenti abbiano messo a segno uno strabiliante +351%, a cui è seguito un +75% nei 10 anni successivi.
    Riallargando l'orizzonte sui 20 anni, la progressione sfiora il +700%.
    Sorte opposta per l'indice azionario americano S&P500, che ha registrato un +28% nella prima decade analizzata (2001-2011), e un +381% nei 10 anni più recenti, segnando complessivamente nel ventennio un +517%. 
    Anche in Italia il copione è stato lo stesso, con numeri più contenuti: -35% nel periodo 2001-2011, seguito da un +161% nei 10 anni seguenti, con un modesto +69% sull'orizzonte dei 20 anni.
    Dalle stelle alle stalle, invece, per l'oro, bene rifugio per eccellenza: quasi +600% fino al 2011, la miglior performance di tutte le asset class analizzate, per finire poi in territorio negativo (-2%) nel periodo 2011-2021.
    Nel complesso ha comunque realizzato 20 anni da protagonista, con una performance positiva del 570%.

    Indubbiamente il settore maggiormente "esplosivo" è stato quello tecnologico.
    Pensa che Amazon valeva 5,51 $ nel 2001, e supera ora i 3.300, mentre Apple è passata da 0,31 a più di 140 $, con un progresso superiore al  58.000%! 
    Si tratta naturalmente di casi limite, ma che danno una idea di cosa sia accaduto sui mercati. 

    Tutto ciò ha portato a veder ribilanciati i pesi dei vari settori sugli indici: mentre i titoli finanziari sono passati a rappresentare il 13% dei listini mondiali (contro il 20% del 2001), le azioni tech hanno raddoppiato il loro peso, passando dal 14% al 29% dell'indice americano. 
    Nel vecchio continente il progresso è stato per lo più scandito dai gruppi industriali, il cui peso è balzato dal 9% al 22%.

    Purtroppo le famiglie italiane hanno preso poca parte a questo lauto banchetto: le ripetute sollecitazioni alle coronarie degli investitori hanno generato un aumento delle paure, frenando la propensione agli investimenti.
    Basti pensare che nel 2001 le azioni erano l'asset maggiormente presente nei portafogli, il 23% del totale.
    Oggi invece quasi il 30% della ricchezza è ferma sui conti correnti.
    Una massa enorme di denaro, pari a più di 1.100 miliardi di €, a rendimento negativo.
    Le azioni sono scese al 19% del totale. 
    Di conseguenza, anche il peso del nostro paese nei mercati finanziari globali è diventato (ancora più) irrisorio: eravamo il 2,10% della capitalizzazione mondiale nel 2001, mentre oggi rappresentiamo solamente lo 0,7%.
    Nulla. 
    L'America, invece, vale da sola quasi il 70%.
    Davide contro Golia... 

    Cito in chiusura, pari pari un passo de Il Sole 24 Ore Plus proprio dell'11 Settembre scorso, che evidenzia l'importanza del lavoro che, come Consulente, svolgo quotidianamente: "In un lungo arco temporale caratterizzato da ansie e paure, solo chi ha affrontato gli stress dei mercati con una corretta pianificazione finanziaria, precisi obiettivi ed orizzonti temporali, è riuscito a mantenere i nervi saldi, magari con l'aiuto di un buon Consulente Finanziario di cui fidarsi e appoggiarsi specialmente nei momenti difficili. [...] 
    In ogni caso occorre ragionare in termini di portafoglio e non del singolo prodotto, e avere un Consulente di fiducia potrebbe aiutare a mantenere sui mercati la dovuta calma.
    Una fiducia fra investitore e Consulente che va conquistata nel tempo, e che viene messa alla prova proprio soprattutto quando i mercati vacillano".
  • 2 - ANDIAMO ALL-IN SULL'AZIONARIO?

    Da anni, ormai, le obbligazioni e la liquidità in conto corrente rendono pochissimo, se non nulla, e in ogni caso rendono sempre meno delle azioni nel lungo periodo.
    Sempre.
    Non è allora forse il caso di investire completamente in azioni l'intero portafoglio?
    La risposta è NO, naturalmente.
    Ma questa domanda non è così banale e ingenua come può sembrare.

    Come ricordo spesso nel corso delle mie newsletter e informative varie, è statisticamente dimostrato che l’investimento azionario rende molto di più di qualsiasi altra forma di investimento finanziario.  Perché allora non andare all-in?
    Innanzitutto, perchè gli investimenti vanno fatti in base ai propri obiettivi.
    Ogni obiettivo ha un suo differente orizzonte temporale, quindi con un differente grado di rischio e una differente composizione di portafoglio.
    E ti ricordo che l'investimento azionario richiede un orizzonte di lungo periodo, dai 5 anni in su, ma possibilmente anche dai 10 anni in su…

    Ma il vero problema di tutto questo è che molti andrebbero all-in con i mercati ai massimi.
    Al contrario, nel 2001, dopo il crollo delle torri gemelle, o nel 2008-2009, nessuno desiderava essere esposto al 100% ai mercati azionari globali.
    Tutti preferivano rimanere liquidi, o andare ad acquistare titoli obbligazionari ritenuti più sicuri.
    Ecco allora il vero rischio: comprare sui massimi e vendere magari sui minimi, giocati dalla propria emotività.
    Avere un portafoglio composto solamente da singole azioni, o comunque da soluzioni puramente azionarie, richiede consapevolezza della volatilità a cui si può andare incontro.
    In altri termini, si possono subire ribassi anche del 30-40-50%!
    Senza questa consapevolezza si può andare incontro a un finale già scritto: vendere in perdita, presi dal panico, su valori più bassi dei valori reali.

    I rendimenti obbligazionari sono, da tempo ormai, ai loro minimi storici, certo.
    Ma dalle obbligazioni ci dobbiamo aspettare stabilità, non particolari rendimenti.
    La volatilità delle azioni, è il prezzo da pagare (e da sopportare) per godersi il guadagno di lungo termine.
    La noia delle obbligazioni e della liquidità, è invece il prezzo da pagare per avere la tranquillità di poter sopportare quelle montagne russe, e assistere così allo spettacolo fino alla fine.
    Detenere troppe azioni porterà probabilmente ad uscire a metà del primo tempo, leccandosi le ferite e maledicendo chi vi ha convinti ad investire in questo modo.
  • 3 - LA POTENZA DELL'INTERESSE COMPOSTO

    "L'interesse composto è l'ottava meraviglia del mondo: chi lo comprende, lo guadagna; chi non lo capisce, lo paga".
    Questa citazione viene attribuita al sommo Einstein, ma non vi è assoluta certezza.
    Che sia vero o meno, resta il fatto che capitalizzare gli interessi è una tra le strategie finanziarie più redditizie in assoluto, anche se spesso trascurata. 
    Perchè l'interesse composto è così magico?
    La risposta è semplice: perchè viene reinvestito. 
    Il capitale genera capitale, perché la cifra di base sarà, si spera, tempo dopo tempo sempre maggiore. 

    Facciamo un esempio supponendo un rendimento costante annuo del 5%. 
    Investendo 100 €, dopo un anno ti troverai ad avere 105 €.
    Facile.
    Hai ora 5 € in più che "lavorano" per te.
    La tua base è cresciuta e, alla fine del secondo anno, guadagnerai sempre la stessa percentuale del 5%, applicandola però a un capitale maggiore. 
    E così via, di anno in anno, sviluppando una crescita esponenziale. 
    Chi incassa invece ogni anno il suo rendimento, alla fine avrà certo guadagnato il 5%, ma calcolato sempre e solo sui 100 € iniziali.
    Traducendo in numeri: dopo 10 anni, chi lascia lavorare capitale e rendimenti si troverà ad avere un tesoretto di 163 €, mentre chi ha ritirato la sua cedola avrà conservato i 100 € di capitale, e ottenuto 50 € dalle 10 cedole annuali.
    Un 13% di ricchezza in meno pertanto.
    Non è poco.
    Naturalmente, allungando il periodo di investimento, il divario fra il comportamento da cicala e quello da formica aumenta.

    E' però tendenza comune, tra gli investitori, quella di cercare "il contentino".
    La goccia che scende in conto.
    E' sicuramente appagante toccare con mano i frutti dei propri investimenti, vedere che in conto arrivano periodicamente i guadagni o le cedole.
    Però, dal punto di vista finanziario, si tratterebbe di un comportamento inefficiente.

    Lasciar, invece, consolidare i guadagni è il modo più veloce per amplificarli nel tempo, anche perché il guadagno, finché investito, non viene tassato.
    Ecco che allora anche la parte destinata a finire nelle casse dello Stato (solitamente oltre un quarto del guadagno totale) genera a sua volta ricchezza.
    Tutti dettagli da non trascurare, alla fine di una gestione professionale e profittevole dei propri risparmi.
    Non trovi?
  • 4 - IL PICCOLO GENIO DELLA FINANZA

    C'è chi si ostina continuamente ad entrare e ad uscire dal mercato, fare pertanto market timing.
    E chi, invece, preferisce semplicemente guardarlo crescere nel tempo quel mercato.
    E tu, come preferisci agire nei tuoi investimenti?
    Leggi un po' qui di seguito.

    Un mercato al rialzo, come quello che abbiamo avuto negli ultimi 12 anni, può trarre in inganno molti piccoli risparmiatori, che continuano a giocare con il market timing con la convinzione di poter battere il mercato, di poter far meglio.
    L'inganno consiste nel fatto che, quando un mercato si trova all'interno di in un trend rialzista, molto probabilmente il saldo delle varie operazioni di acquisto e vendita, fatte nel tempo, è positivo per quell'investitore.
    Questo fa pensare a molti risparmiatori-trader di essere stati anche più bravi del mercato stesso...

    Peccato però che, molto spesso, non si consideri un dato importante.
    Il confronto con ciò che invece ha fatto il mercato.
    Se prendiamo, ad esempio, l'S&P500 (azionario USA), il 20 Febbraio 2009 valeva 770 punti, mentre oggi vale 4.360 punti: è cresciuto quasi 6 volte!
    Chi ha saputo restare fermo davanti all'impressionante crescita del mercato, ha quasi sestuplicato il suo valore.
    Certo, non è facile restare fermi davanti ad una simile moltiplicazione di valore. 
    La tentazione di portare a casa, di concretizzare i guadagni, è forte.

    La domanda mi sorge però spontanea:
    Chi si è intestardito a fare il piccolo genio della finanza, sarà riuscito a fare meglio?
  • 5 - CINA OGGI: RISCHIO GLOBALE O ECCESSIVO ALLARMISMO?

    Come ho già avuto modo di condividere anche via mail, la scorsa settimana ho partecipato ad una conferenza online (noi la chiamiamo Investment Lounge Room, o più semplicemente ILR) con Stefano Chao, gestore Azimut del comparto azionario Cina, che vive e lavora direttamente nel Celeste Impero.
    Voglio oggi portarti anche nella mia 7in7 i contenuti salienti, di strettissima attualità ed estremamente interessanti, che ho avuto il vantaggio di ascoltare direttamente dalla voce di chi ci è "dentro".

    Avrai sentito parlare in queste settimane del caso Evergrande, la seconda società immobiliare cinese per importanza, prossima probabilmente al fallimento. 
    I media italiani ed esteri, hanno cavalcato l'onda, rievocando lo spettro di uno shock sistemico mondiale, come accadde quando fallì la banca d'affari Lehman Brothers nel 2008, portando ad una crisi finanziaria ed economica molto profonda e duratura.
    Sembra però che tutto questo allarmismo non trovi conferma nei dati.  

    I tassi interbancari cinesi, che misurano la fiducia all'interno del sistema finanziario, sono rimasti invariati.
    Stessa sorte per il cambio valutario tra dollaro americano e yuan, segnale che non ci sono timori sulla tenuta dell'economia cinese.
    L'indice che misura la fiducia nel settore immobiliare è addirittura salito, perchè il mercato è ritenuto fiorente e le difficoltà del big player Evergrande significano, di riflesso, maggiori spazi per i suoi competitors
    Non si ravvisano, quindi, indici di possibili crisi sistemiche come avvenne nel 2008, quando le banche smisero di fare credito e di prestarsi liquidità a vicenda, facendo schizzare in alto i tassi e crollare il valore del dollaro. 

    Evergrande può essere piuttosto paragonata, come proporzioni, a Parmalat, il cui fallimento danneggiò purtroppo molti risparmiatori, ma non ebbe particolari ripercussioni sul sistema finanziario mondiale. 
    Il suo debito impagato ammonta infatti a 80 miliardi di dollari, cifra impressionante, che si ridimensiona però quando si apprende che rappresenta solo lo 0,6% degli asset presenti nel sistema bancario cinese. 

    Per quanto riguarda la Cina, lo scenario di fondo rimane favorevole nonostante la volatilità dei listini, particolarmente vivace in questi mesi, comunque tipica di questa asset class.
    La crescita del paese e della sua economia non è messa in discussione, e gli attuali fondamentali sono piuttosto attrattivi per gli investitori.

    E' allora il caso di uscire dagli investimenti fatti nell'azionariato cinese?
    Assolutamente no!
    Ma è fondamentale affrontarli con la corretta ottica di investimento: necessariamente pluriennale, allocandovi le corrette risorse, ed eventualmente anche a piccoli passi, preferibilmente quindi tramite una strategia PAC (Piano di Accumulo del Capitale), tenendo sempre d'occhio il peso complessivo dell'asset class sull'intero portafoglio d'investimento.

    Se desideri ricevere anche tu il documento di approfondimento che ho preparato su questo argomento dopo la riunione con il gestore Azimut, scrivimi: sarà un piacere condividere queste preziose informazioni!
  • 6 - AIM: IL LISTINO DELLE PMI ITALIANE

    Nella mia precedente 7in7 ti ho parlato dell'indice STAR di Borsa Italiana, e di come si stia mettendo in luce con ottime performance e prospettive per il futuro.
    In Italia abbiamo però un ulteriore mercato borsistico, più giovane e forse ancora più rampante: è l'AIM, un indice che raggruppa piccole e medie imprese dinamiche e competitive
    Nato nel 2009, ad oggi racchiude oltre 150 società, di cui ben 21 giunte in borsa nel corso di questo 2021, a fronte di sole 4 uscite.
    Un mercato molto vitale, grazie anche ad un processo di ammissione piuttosto snello, che in soli 10 giorni è in grado di portare a quotarsi le realtà ritenute meritevoli.
    Ad oggi vi sono rappresentati 11 diversi settori, con quello tecnologico a far la parte del leone con un peso del 26% sul totale. 
    La capitalizzazione complessiva ha superato gli 8 miliardi di €, con una media di 56 milioni per azienda, anche se ci sono dei big players.
    E' il caso, ad esempio, di Digital Value, che da sola capitalizza oltre 1 miliardo. 
    C'è spazio però anche per titoli legati all'economia tradizionale, come il turismo: Portale Sardegna è uno di questi, e sta guadagnando da Gennaio poco meno del 170%.

    Con un progresso del 56% registrato fino a metà Settembre, l'indice AIM sta facendo meglio delle blue chips (+17%), ed anche del "fratello maggiore" STAR (+41%).
    Scorrendo il listino ci si può imbattere perfino in rialzi a tripla cifra, come il caso di EdiliziAcrobaticache ha fatto registrare addirittura un +271%.
    Si tratta di un'azienda che si occupa di ristrutturazioni edilizie e che sta beneficiando del bonus 110% e dei capitali freschi che stanno affluendo, in particolare, grazie ai fondi PIR che investono proprio in piccole e medie imprese italiane. 
    Ne stanno beneficiando anche molte altre aziende, tra le quali spiccano Clabo, leader nel settore delle vetrine espositive professionali (+269%), e Doxee, high tech digitale (+234%). 

    Ti starai probabilmente chiedendo se, nonostante queste performance stellari, le valutazioni sono destinate a crescere ancora.
    La risposta è sì, ma con selettività.
    Bisogna saper puntare sulle imprese che eccellono in leadership, capacità di creare margini e liquidità di cassa. 
    Non mancano certamente soluzioni di investimento che permettono di posizionarsi adeguatamente anche in questo eccellente mercato, grazie all'esperienza pluriennale maturata direttamente sul campo dai gestori.
    Possiamo volentieri parlarne assieme!
  • 7 - IN BORSA CON I CUSCINETTI AI PIEDI...

    I piedi sono sacri, specialmente per chi è sportivo di professione. 
    Sulle orme di Michael Jordan, che ha fatto la storia con le celeberrime Nike Air, troviamo ora un altro astro dello sport internazionale che mette piede nel business delle calzature.
    Sto parlando di Roger Federer, leggendario tennista e socio della svizzera On Running, giovane società nata nel 2010 su spinta e ingegno di Olivier Bernhard, triatleta che volle creare delle calzature più confortevoli e performanti per gli sportivi.
    Le On Running sono così diventate note per i loro caratteristici cuscinetti sulla suola, e già sono un culto tra gli innumerevoli fans.

    Roger è diventato azionista dell'azienda nel 2019, investendovi la ragguardevole cifra di 50 milioni di franchi svizzeri (circa 46 milioni di €).
    Ma la notizia ha preso risalto in queste settimane, a seguito del debutto della società a Wall Street avvenuto a metà Settembre. 
    Un debutto, oltretutto, stellare, con i titoli partiti da 24 $ e conclusosi a 35 $, con un rialzo del 45,83% alla fine del primo giorno di contrattazione.
    L'azienda è così arrivata a capitalizzare oltre 1 miliardo di $, ma gli analisti stimano che possa arrivare a valere addirittura fra i 6 e gli 8 miliardi. 

    Parlando dei fondamentali dell'azienda, nel primo semestre del 2021 il fatturato è già quasi raddoppiato rispetto all'anno precedente, nonostante On Running avesse già conosciuto una forte spinta durante il lockdown, con un incremento del 300% delle vendite online, complice anche il fatto che, in quel nefasto periodo, la corsa solitaria era una delle poche attività concesse fuori casa. 
    Nell'estate del 2020 è stato lanciato il modello total white della scarpa, battezzato proprio "The Roger", vendute a 200 $.
    Dal punto di vista commerciale, la presenza di Federer ha dato all'azienda il lustro delle star e maggior credito nel mondo della moda, anche se non calcherà ancora a lungo i campi da tennis con queste calzature ai piedi.
    Federer infatti ha ormai 40 anni, e il suo ritiro è probabilmente vicino, ma come testimonial non tramonterà certo in fretta.
    Basti pensare, appunto, a Michael Jordan, che da atleta ha indossato meno della metà dei 36 modelli di Nike Air prodotti dal 1985 ad oggi, ma ciò non ha minato il successo senza eguali di questo modello di scarpe.

    Riuscirà allora On Running a raggiungere gli straordinari successi di Nike?
    Al momento il fatturato, seppur in forte espansione, è su piani decisamente diversi.
    La giovane azienda svizzera si aggira sui 500 milioni di €, mentre il colosso americano porta a casa ben 44 miliardi in più.
    Ma 30 anni fa anche Nike era solamente agli albori.
    Ai posteri, allora, la sentenza!

  • Da oggi siamo entrati nel mese di Ottobre, dal 2018 definito come il "Mese dell'Educazione Finanziaria" dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria.

    A proposito di Educazione Finanziaria, noi ci riaggiorniamo presto, Venerdì 15 Ottobre, con la mia prossima 7in7.
    Ti racconterò anche di alcune cose che, la scorsa settimana a Lampedusa, mi hanno fatto collegare il lavoro dei pescatori a quello dei (bravi) investitori.
     
    Concludo augurando, a te e alla tua famiglia, un sereno fine settimana.
    Un caro saluto,

    Davide