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www.davideberto.it2024-10-11
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    "Le azioni europee sono meno costose di quelle americane".
    Questo titola un recente articolo del Financial Times.
    Bella scoperta!!!
    Difficile trovare oggi titoli azionari più costosi di quelli USA...
    E allora?
    Dovremmo forse acquistare a mani basse le azioni europee solo perché costano meno?

    Siamo alle solite, e questa volta è l'autorevolissimo Financial Times a perdere la bussola e a confondere i lettori.
    La pianificazione finanziaria parte dal valore, non dal prezzo.
    Il fatto che le azioni europee siano meno costose non significa che sia più conveniente acquistarle.
    Anzi, potrebbe essere anche il contrario.
    Le azioni (e, di conseguenza, le aziende rappresentate) esprimono il loro valore attraverso la capacità prospettica di produrre utili, innovare e conquistare nuove quote di mercato attraverso prodotti e servizi competitivi.
    Non si deve guardare allora solamente al prezzo di un titolo o di un mercato, ma principalmente alle sue prospettive di crescita.

    Tutto questo spiega anche il fatto che, in questi ultimi 12 anni, i gestori a più riprese erano pronti a scommettere sull'Europa, perdendo però sistematicamente.
    Perché?
    Perché non sappiamo più dare valore ai mercati, ma tendiamo a guardare solo ed esclusivamente ai prezzi.
    Tipico atteggiamento di chi preferisce speculare, piuttosto che investire.

    Ti invito allora ad INVESTIRE, non a speculare.
    A ricercare VALORE, e non a guardare solamente al prezzo.

    Buona lettura!
  • 1 - GIOVANNA, IL TORO DIMENTICATO, E LA SUA "GIUNGLA DELLA SPECULAZIONE"

    Nelle scorse settimane Fabio, un mio nuovo cliente, mi ha fatto conoscere la sua compagna Giovanna.
    Giovanna è, almeno fino ad oggi, come tanti altri in Italia, una NON investitrice.
    Giovanna ha tanta paura di farsi del male ogni volta che deve prendere qualche decisione in merito ai suoi risparmi.
    Per questo ha sempre deciso di NON farli lavorare quei risparmi.
    Non ce la fa proprio a pensare che i suoi sudati soldi debbano andare, anche solo in piccola parte, nella "giungla della speculazione" del mercato azionario.

    A Fabio e Giovanna ho cercato di spiegare le cose non con le mie convinzioni, ma con i fatti e con i dati di quanto accaduto nei mercati finanziari negli ultimi anni.
    Fabio ha ascoltato, capito e agito.
    Giovanna rimane per ora delle sue idee: zero rischio, non investo!
    Pazienza, non fa nulla.
    Con il tempo capirà sicuramente di aver perso tempo e denaro.

    Perché Giovanna, immaginiamo di investire una parte del tuo patrimonio mobiliare (100.000 € supponiamo, per semplicità di calcolo) nei mercati azionari globali.
    Hai presente a fine 2020, quando tutti pensavano a un 2021 piuttosto difficile sui mercati azionari, perché "non era possibile veder salire le azioni in periodo di pandemia"?
    Bene, oggi quei 100.000 € sarebbero diventati oggi 121.660.

    Ma si sa, è sbagliato ragionare in un'ottica di breve periodo, in quanto sarebbe un po' come scommettere...
    Allunghiamo allora l'orizzonte temporale.
    Hai presente nel 2018 Giovanna, quando quasi tutti i mercati finanziari del mondo hanno chiuso l'anno con un pesante segno meno davanti alla loro cifra percentuale?
    100.000 € investiti 3 anni fa sarebbero diventati oggi 142.460.

    Ma andiamo ancora indietro nel tempo, fino al 2016.
    Giovanna, ricordi il periodo della Brexit?
    Dopo il referendum, tutti a sparare sentenze su un'apocalisse che avrebbe coinvolto i mercati finanziari.
    Ebbene, sempre quei 100.000 €, sempre investiti nei mercati azionari globali 5 anni fa, sarebbero diventati oggi 172.100.

    Ti chiedo un ultimo sforzo Giovanna.
    Andiamo con la mente a 10 anni fa, a quel 2011 caratterizzato dalla crisi del debito sovrano.
    Proprio di questi tempi stavamo entrando in un autunno rovente, con lo spread italiano a 600 punti base e con il default del paese ad un passo.
    Eravamo costretti a pagare rendimenti stellari, ai sottoscrittori dei nostri titoli di Stato, per raccogliere fondi, e le borse giù a picco.
    100.000 € investiti 10 anni fa sarebbero diventati oggi 323.400.

    Hai letto bene Giovanna.
    100.000 € all'inizio, oltre 323.000 € oggi, 10 anni dopo, sul mercato azionario mondiale.
    Un rendimento cumulato del 223,49%.

    Perché nella "giungla della speculazione" convivono tanti animali, e la sopravvivenza è difficile per tutti.
    Eppure, anche se in mezzo a molte inevitabili difficoltà, munito di pazienza e di perseveranza, alla fine vince sempre lui: il toro dimenticato.
    Non dimenticarlo Giovanna!
  • 2 - VOLATILITA' E RISCHIOSITA': DUE CONCETTI DI NON SEMPLICE COMPRENSIONE

    Nei giorni scorsi, leggendo il Sole 24 Ore, sono incappato nell'interessante lettera di un risparmiatore che chiedeva come si può misurare la volatilità di un investimento, e che differenza ci sia tra la volatilità stessa e il rischio dell'investimento.
    Vorrei allora mettere a fattor comune la spiegazione di tutto questo, anche perché mi trovo spesso a parlare di volatilità di una soluzione d'investimento, soprattutto in fase di proposta di portafoglio.

    La VOLATILITA' di un titolo, o di una soluzione di investimento, è essenzialmente una misura dell'incertezza relativamente ai rendimenti che quel titolo può generare in futuro.
    Semplicemente, pertanto, la variabilità dei rendimenti attesi in futuro.
    Dal punto di vista matematico, la volatilità viene definita come la deviazione standard dei rendimenti nel corso di un anno, ossia la dispersione dei rendimenti stessi attorno al suo valore medio.
    Se, per esempio, i suoi rendimenti giornalieri nel corso di un anno si allontano molto dal rendimento giornaliero medio annuale, il titolo avrà una volatilità alta perché le sue deviazioni dalla media sono di entità rilevante.
    Bassa volatilità significa minori perdite potenziali, ma anche contenuti rendimenti positivi.

    Talvolta capita che volatilità e rischio vengano confusi, ma non sono la stessa cosa.
    Il RISCHIO, infatti, viene comunemente definito dai gestori come la possibilità di perdita permanente di capitale, e dipende dal materializzarsi dei rendimenti negativi e dalle scelte che vengono fatte in quel momento nell'ambito del portafoglio.
    Un titolo con volatilità del 15%, può avere in un anno un rendimento di +15 o di -15% rispetto alla sua media storica.
    Il rischio è invece il materializzarsi di quel -15%, combinato al nostro comportamento in quel momento, che può portare ad uscire dal mercato e a vendere il titolo proprio nel momento in cui si manifesta la parte negativa della sua volatilità.
    Ecco perché, se non si è in grado di gestire il rischio, anche dal punto di vista psicologico, è consigliabile scegliere asset meno volatili.
    In tal modo, diminuiscono le probabilità di prendere decisioni sbagliate quando la volatilità ci rivela il suo lato peggiore.

    La volatilità non va allora vista necessariamente come un fattore negativo.
    Va semplicemente gestita con strumenti adeguati.
    Il corretto approccio è quello di assegnare i giusti pesi alle asset class a costruzione del portafoglio d'investimento, utilizzando come input la volatilità stessa, e sfruttando successivamente, strada facendo, la varie fasi al rialzo o al ribasso per togliere o aggiungere peso.
    Questo porta ad assecondare la volatilità, non a subirla.

    Per investire in maniera consapevole è quindi, ancora una volta, fondamentale l'assistenza di un bravo professionista.
    In tal modo si riuscirà a fronteggiare un livello di rischio adeguato, e si potrà guardare alla volatilità come all'opportunità di accrescere il proprio patrimonio nel tempo.
  • 3 - MANCANO SEMPRE ALTERNATIVE

    A Luglio e Agosto le borse europee e Wall Street non sono andate in vacanza.
    Anzi.
    Questi due mercati hanno proseguito la loro corsa e continuano a segnare nuovi massimi storici, con l'indice americano S&P500 che negli ultimi due mesi ha guadagnato poco più del 5%, e l'Eurostoxx circa il 4%.
    Anche il nostro FTSE MIB si è spinto sopra i 26.000 punti, livelli che non vedeva da Settembre 2008.
    La prudenza ha lasciato lo spazio alla convinzione di una ripresa economica robusta, e i timori scaturiti dalla variante Delta del coronavirus sono presto rientrati nella seconda parte di Luglio, dopo un timido tentativo di correzione.

    Ma cosa c'è alla base di questa scia di rialzi? 
    Il motivo principale è da ricercare nella sostanziale mancanza di vere alternative alle azioni.
    Il rendimento delle obbligazioni aziendali e dei titoli di stato è ancora al palo, con tassi negativi e timori legati alla ripresa dell'inflazione.
    Analizzando più nel dettaglio, i listini di Europa e America sono stati trainati da "motori" diversi.
    Ciò è dovuto anche alla diversa composizione degli indici stessi, con l'indice azionario americano che vede in pole position sempre le stesse big corporate, a differenza dell'Europa che non ha una predominanza di grandi capitalizzazioni nei vari ambiti azionari.

    Gli investitori stanno, insomma, puntando su cavalli diversi, ad eccezione del settore tecnologico che va a gonfie vele sia nel vecchio continente che negli States.
    Ma mentre in Europa le performance sono state spinte più dai settori "aggressivi", negli USA si sono messi in luce i settori tradizionalmente difensivi, come i servizi di pubblica utilità (utility come energia, gas...) e l'ambito salute (healthcare).
    Questo potrebbe preludere a un ribilanciamento dei portafogli a stelle e strisce in chiave più prudente o, più semplicemente, la diversa risposta dei mercati europei e americani si può spiegare con il diverso avanzamento del ciclo economico.
    L'America è stata infatti più proattiva nei confronti della pandemia, e l'effetto sulla ripresa è stato immediato, mentre l'Europa è stata (ed è tutt'ora) più lenta nel fornire risposte convincenti alla crisi sanitaria ed economica.
    Il picco di ripresa potrebbe allora essere già alle spalle in America, mentre nel vecchio continente è atteso più in là nel tempo.

    L'Europa potrà allora performare meglio degli Stati Uniti?
    Molto dipenderà dalla liquidità presente nel sistema.
    Se le banche centrali, a partire dalla Fed, cominceranno a drenarla, sarà difficile che il nostro continente possa fare meglio degli States.
  • 4 - LA PARABOLA DISCENDENTE DEI FONDI FLESSIBILI "DI COMODO"

    Azionari, obbligazionari, flessibili, bilanciati...
    Sono queste le diverse categorie in cui vengono divisi i fondi comuni di investimento, con l'ottica di indirizzare i risparmiatori a scegliere e porre confronti fra tipologie omogenee.
     
    Tutti i fondi hanno quindi una specie di etichetta, che dovrebbe consentire un'immediata percezione delle scelte operate dal gestore del fondo stesso. 
    Se parliamo di "azionario America", o di "obbligazionario inflation-linked", l'intuito ci aiuta facilmente a capire quello di cui stiamo parlando. 
    Diventa però più complicato orientarsi quando si entra nella superpopolata categoria dei fondi flessibili, che da anni ormai non è più esaustiva e non consente agli investitori di comprendere le differenze funzionali e qualitative dei prodotti presenti al proprio interno. 

    La Consob aveva sollecitato già 10 anni fa una maggior chiarezza in merito, ma nulla è cambiato in questo decennio: tra le fila dei flessibili continuano ad affluire prodotti non omogenei e manca sempre trasparenza.
    A differenza delle altre tipologie, infatti, i comparti flessibili possono spaziare liberamente fra tutti i segmenti di mercato, perché non hanno l'obbligo di seguire un preciso benchmark di riferimento.
    Questo regala ampi margini di manovra ai gestori, che possono metterci molto del loro nella diversificazione del portafoglio, con l'obiettivo di contenere le oscillazioni negative dei mercati e cogliere più prontamente le opportunità di rialzo.

    Le case di investimento dimostrano di amare questa tipologia di fondi, che lascia loro ampio mandato operativo.
    Ma pur davanti a un'offerta sempre più ampia, i risparmiatori stanno invece dimostrando di non crederci più molto.
    Nel 2021 sono infatti defluiti 4 miliardi di € da questa categoria, mentre i fondi azionari, i bilanciati e gli obbligazionari hanno fatto tutti segnare il segno positivo nella loro raccolta.
    La parabola discendente è iniziata a fine 2018, quando i risultati hanno cominciato a scarseggiare in un contesto difficile di mercato.
    Proprio i fondi flessibili avrebbero invece dovuto garantire una maggiore reattività in presenza di segnali di storno, riducendo l'esposizione azionaria.
    Così, almeno in generale, non è stato.
    Ecco che da allora i disinvestimenti non si sono più arrestati: -11 miliardi nel 2019, -18 miliardi nel 2020.
    Anche le (molto spesso) elevate commissioni di gestione, rappresentano uno dei motivi per cui il mercato predilige altre categorie di fondi.
    La flessibilità ha il suo costo, a fronte, come visto, di rendimenti spesso poco lusinghieri.
    Non mancano però i fondi flessibili veramente efficienti e di grande qualità.
    Sarò ben lieto di parlartene nel dettaglio, se desideri approfondire questa tematica.
  • 5 - UNA CRISI CHE PERDURA

    L'Italia è da sempre un paese innamorato degli investimenti immobiliari.
    Anche fin troppo, oserei dire, visto che il mattone rappresenta l'80% del patrimonio investito dalle famiglie italiane.

    La crisi del settore perdura da tempo, e quello che in passato era ritenuto un investimento solido, rassicurante e redditizio, ora non lo è più, almeno non in maniera così marcata.
    Sia per i costi fiscali e di periodica manutenzione che il mattone porta con sé, sia per la scarsa liquidabilità che si palesa nel momento del bisogno.
    Il fatto che la casa sia un bene illiquido è infatti percepito come un "non-argomento", fino a quando non ci si scontra con la necessità di venderla.
    Ecco allora che scopriamo sulla nostra pelle che nel nostro paese ci vogliono in media 7 mesi per vendere un immobile, contro i 60 giorni degli Stati Uniti.
    Questo anche perché il 73% degli italiani è già proprietario di un immobile, e le nuove generazioni non sembrano più così interessate a possedere la casa in cui vivere.

    Se negli anni 60' l'acquisto di una casa era indubbiamente un obiettivo a cui puntare, nei decenni successivi la convenienza è stata via via soffocata dall'escalation di riforme fiscali che ha colpito l'immobiliare.
    Per loro definizione, infatti, case e appartamenti sono proprio "immobili".
    Ecco quindi che difficilmente possono sfuggire al radar dello Stato, che da tempo li ha messi nel proprio mirino.
    Rappresentano una base imponibile certa e prevedibile, una sorta di bancomat a cui attingere. 
    E con le casse dell'erario che languono in continuazione, incombe sempre la riforma del catasto
    Come sappiamo, le rendite catastali sono per lo più obsolete e non hanno seguito l'evoluzione dei reali valori di mercato. 
    E'  quasi sempre ampio il divario fra il prezzo pagato e l'irrisorio valore al Catasto, base di calcolo per tutta la tassazione inerente la compravendita e l'Imu. 
    Non mancano però le eccezioni che confermano la regola: a Padova, ad esempio, importante città universitaria, la base imponibile catastale è mediamente più elevata rispetto ai prezzi di mercato correnti.

    Più volte siamo stati sollecitati dall'Europa a rivedere il sistema di prelievo erariale che si basa su dati anacronistici, ma i vari governi hanno sempre rinviato la riforma.
    Politicamente sarebbe infatti per loro una sorta di autogol.
    Meglio allora non svegliare il can che dorme, e mantenere le vecchie e comprovate iniquità e distorsioni sociali...
  • 6 - IL NASDAQ A KM ZERO

    Sicuramente hai già sentito parlare dell'indice FTSE MIB, che raggruppa i 40 titoli più importanti di Borsa Italiana e raccoglie circa l'80% della capitalizzazione totale del mercato azionario italiano.
    Meno conosciuto è invece l'indice STAR, acronimo di Segmento Titoli ad Alti Requisiti, che sta però facendo registrare performance di eccellenza, paragonabili a quelle del Nasdaq americano.

    Questo segmento di mercato borsistico, nato 20 anni fa, raggruppa società di piccole e medie dimensioni, con capitalizzazione fino a 1 miliardo di €.
    Con i 6 nuovi ingressi avvenuti da Giugno 2020 ad oggi, l'indice Star conta oggi 80 titoli ed è in continua crescita.
    Per esservi ammesse, le aziende devono presentare caratteristiche di eccellenza, in particolare per quanto riguarda la trasparenza, la liquidità del titolo e la buona governance aziendale.
    Le aziende presenti in questo mercato sono inoltre caratterizzate da alcuni tratti comuni: una chiara visione strategica, un buon posizionamento competitivo, solidi dati economico-finanziari, e una forte attenzione ai temi di sostenibilità.
    Il segmento Star ospita principalmente società industriali, ma anche del settore finanziario, salute, e ad elevato contenuto tecnologico.

    Queste "chicche" italiane non sono certo passate inosservate agli occhi degli investitori internazionali, che a partire dal 2009 vi hanno investito in maniera massiccia, portando l'indice ai suoi massimi storici, arrivando oggi a definirlo come "il Nasdaq italiano".
    Tutto ciò è avvenuto in netta controtendenza rispetto all'indice principale, con le blue chips che, nonostante i buonissimi rendimenti (+17%) di questo 2021, viaggiano ancora a un -40% rispetto ai migliori periodi risalenti al pre 2007.
    Pensa che lo Star sta guadagnando da inizio anno il 37%.
    Allargando lo sguardo, rispetto a 12 mesi fa, il risultato è altrettanto brillante con un +62% contro il +31% del FTSE MIB.
    Segnale del fatto, allora, che anche in Italia abbiamo delle aziende di eccellenza, che (dimensioni a parte) nulla hanno da invidiare a quelle americane.

    Mentre nel listino USA il forte rialzo è concentrato su pochi titoli, i cosiddetti FANG (Facebook, Alphabet, Netflix e Google), da noi è più diffuso.
    Un freno all'ulteriore crescita futura potrebbe venire dall'impronta ancora troppo "padronale" che molte aziende made in Italy hanno, e che potrebbe limitarne l'inevitabile e necessario salto tecnologico.
    Nel 2021, a tal proposito, si sono messe in evidenza Alkemy, Tinexta e Reply, realtà di spicco nell'ambito della consulenza tecnologica, spinte dalla trasformazione digitale avviata da imprese e pubblica amministrazione a causa anche della pandemia.
    Il potenziale di crescita dell'indice, nonostante il rally già avvenuto, è ancora significativo.
    Manca però il supporto del sistema Paese, che non sostiene abbastanza queste aziende brillanti e riconosciute a livello internazionale, con imprenditori capaci di guardare avanti in maniera innovativa.

    Per scovare il valore ancora inespresso è bene quindi affidarsi a gestori professionali che, all'interno di soluzioni diversificate, sono certamente in grado di introdurre i titoli più meritevoli, rappresentativi di aziende con importanti potenzialità di sviluppo future.
    Azimut, in tutto questo, è la società italiana che più di tutte le altre sta attualmente investendo in Italia, nello Star e nell'AIM, altro interessante segmento di mercato di cui ti parlerò nella mia prossima 7in7.
  • 7 - CULTURA + EDUCAZIONE = MENO TRUFFE!

    Nella mia 7in7 di inizio Settembre, ti ho parlato dell'importanza della cyber-security per proteggere aziende e istituzioni dai criminali del web
    Anche chi utilizza siti e app varie deve però fare la sua parte, per evitare di cadere nelle trappole informatiche. 
    Queste ultime si sono moltiplicate di pari passo con la diffusione di internet, e sono letteralmente esplose con la pandemia. 

    Le truffe più gettonate riguardano oggi il mondo delle criptovalute, con risparmiatori che sono invogliati ad investirvi, salvo poi scoprire che, quando vogliono ritirare le loro somme non lo possono fare.
    Tutto volatilizzato nel tempo di un click.
    Si è poi diffuso il social trading, cioè acquistare e vendere titoli seguendo l'esempio di traders bravi nel comunicare e nel proporsi, ma spesso di dubbia professionalità.
    Ecco che, allora, ricalcare alla cieca le orme tracciate da altri può causare ingenti perdite. 
    Anche la classica telefonata è ancora molto utilizzata per agganciare persone da truffare, con una convincente parlantina e con promesse di guadagni mirabolanti.
    Credimi, ne ricevo in continuazione anch'io.
    Sono migliaia in Italia le persone coinvolte in inganni di questo tipo, partendo da poche centinaia di € e finendo poi con ingenti capitali letteralmente spariti nel nulla. 

    Per evitare questi tranelli è necessario investire in cultura finanziaria, fondamentale per proteggersi nei periodi di incertezza e di rapidi cambiamenti come quello attuale. 
    Ma in Italia, come ormai ben saprai, il livello di conoscenza in ambito finanziario è ancora piuttosto basso.
    Una recente indagine sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, ha messo in evidenza che circa la metà degli intervistati non è in grado di rispondere correttamente a domande su inflazione, mutui, diversificazione, rapporto rischio-rendimento...
    Al contempo, siamo particolarmente attratti dal canto delle sirene del web. 
    C'è allora chi ne approfitta, e ne fa un vero e proprio business.
    Sedicenti guru finanziari ammaliano i risparmiatori più "furbi" su YouTube, su TikTok e su Instagram.

    Ecco che quindi è necessario acquisire maggiori conoscenze, prima di lanciarsi in esperienze di investimento che possono lasciare cicatrici profonde. 
    E' anche urgente farlo, poiché sta aumentando la propensione degli italiani verso gli investimenti che sempre più spesso vengono condotti anche "fuori sede", ovvero comodamente presso il domicilio del cliente.
    E quando si è a casa propria, le difese tendono ad abbassarsi e si è più vulnerabili. 
    L'anno scorso sono stati 40 i soggetti segnalati alla Consob per aver effettuato attività di consulenza fuori sede senza essere iscritti all'Albo dei Consulenti Finanziari.
    Mentre, dal 2019, sono stati quasi 500 i siti abusivi oscurati dalla Consob. 

    Io da sempre cerco di fare la mia parte in questa direzione.
    Ho istituito questa newsletter quindicinale proprio per aiutare i miei clienti (e non solo) a saperne di più, traducendo e semplificando il linguaggio tecnico della finanza e proponendo concetti e nozioni di base, per far aumentare la consapevolezza.
    Spero sempre allora che le mie informative vengano lette e comprese, e che il mio impegno sia riconosciuto e apprezzato.
  • Voglio concludere questa mia 7in7 condividendo una frase molto interessante scritta dal grande saggista, nonché esperto di matematica finanziaria e teoria della probabilità, Nassim Taleb.
      
    "Il vero successo è tirarsi fuori dalla corsa al successo, per modulare le proprie attività in vista della pace mentale".

    Ti auguro un sereno fine settimana!
    Un caro saluto,

    Davide