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www.davideberto.it2024-10-11
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    Ma perché mai dovrei aver bisogno di un Consulente Finanziario?

    Dovendo affrontare una causa legale, non ci si porrebbe la domanda per il bisogno di un Avvocato, ma, forse, solo di come fare per scegliere un avvocato competente per quella specifica controversia.
    Vero?

    Dovendo costruire un ponte ... stessa cosa per un Ingegnere ...
    Per un consulto medico specialistico, è abbastanza ovvio cercare il Dottore definito migliore per l'occorrenza, secondo qualche criterio.
    Lo stesso per un Idraulico, per un Falegname, per un Meccanico ...
    Logico.

    E per un Consulente Finanziario, no? ...
    Eppure, dopo la salute e i figli, sono in molti a definire i propri risparmi come la cosa più importante.
    A volte sono quasi infastidito per come viene catalogata e percepita la mia professione.
    Ho una mia idea del perché e di chi sia la colpa, visto che per il sistema di banche e intermediazione tout court è meglio rapportarsi a risparmiatori privi di cultura finanziaria.
    Non avere neppure l'idea di cosa sia la cultura finanziaria, porta i risparmiatori a credere che un Consulente Finanziario serva solamente ad ottenere rapidi ed elevati rendimenti.
    Mentre la consulenza finanziaria serve a fornire conoscenze utili e aiutare, in primis, gli investitori a evitare irreparabili errori.

    Ti auguro una piacevole lettura.
  • 1 - NON E' UN PACCO AMAZON...

    Mi è capitato, soprattutto nel corso dei primi anni della mia professione, sentirmi dire dal potenziale cliente in fase di acquisizione la frase "Proviamo per un anno, poi vediamo...".

    Ma qual è il senso di questa affermazione?
    Molto probabilmente, quello di volermi spiegare che la fiducia riposta non è incondizionata.
    Molto probabilmente, quello di volermi dire che ci sarà una supervisione vigile sul mio operato, un monitoraggio continuo, un'attenzione maggiore rispetto alla delega troppo ampia conferita magari al precedente consulente.
    E se così fosse, sulla base di quali parametri avverrebbe questo controllo?

    Semplice.
    Sulla base dell'unico parametro considerato utile per valutare l'operato di chi gestisce i soldi: il rendimento.
    Solo questo c'è nella testa di chi pronuncia questa frase.
    Ti lascio lavorare con calma per i prossimi mesi, poi sappi però che tirerò una riga.
    Fammi vedere allora che ci sai fare, che mi porti profitto, e stai pur certo che continuerò ad essere un tuo cliente...

    Se nell'anno "di prova" i mercati salgono e permettono di portare a casa rendimento...tutto bene.
    Ma con il concreto rischio che le aspettative future crescano ulteriormente.
    Tutti i nodi verranno, invece, al pettine al primo risveglio di volatilità.
    Magari quando quel cliente sarà convinto che, dopo un buon inizio, il consulente ha poi abbassato la guardia e non gli ha più dedicato le attenzioni che gli dedicava agli albori della relazione.

    Se, invece, nell'anno "di prova" i mercati fanno cilecca, ecco che il consulente rischia di dimostrare di non valere quello che dice.
    Con il rischio che il cliente vada in cerca di un altro interlocutore, esattamente come aveva fatto in precedenza.

    Lascia allora che ti dica una cosa molto importante:
    Non c'è niente da provare nel servizio di consulenza!
    Non si tratta di un pacco Amazon, per il quale, se non va bene, si può fare il reso.
    Un servizio di consulenza è molto, molto di più.

    Ricorda sempre che nei prossimi 12 mesi il mercato può fare tutto ciò che gli pare.
    Come sempre d'altronde.
    Un (bravo) consulente finanziario ha zero potere di intervento su questo.
    Ma una buona consulenza è in grado di fare la differenza su tantissimi aspetti.
    Aspetti sui quali si agisce e si interviene oggi, per avere risultati negli anni futuri.

    Quel "proviamo, partiamo e poi vediamo" è, a mio avviso, la mortificazione della mia professione.
    Ogni (bravo) consulente finanziario va messo alla prova non su quanto sarà in grado di performare il portafoglio di un cliente nei prossimi 12 mesi.
    Ma su quanto sarà in grado di migliorare la vita di quel cliente nei prossimi decenni.
    Ricordalo sempre.
  • 2 - PERCHE' SOTTOPORSI ALLA TORTURA DEI RIBASSI?

    Investire in azioni o in fondi comuni azionari, significa anche andare incontro a momenti certi di discese e fasi altalenanti, come sta accadendo in questo periodo in Cina per citare l'attualità.
    Sono momenti di dubbi e, a volte, di grande stress per gli investitori.
    Può venire allora da chiedersi: perché sottoporsi a questa tortura?

    E' presto detto. 
    L'investimento azionario è un eccezionale generatore di ricchezza, assieme alle imprese sottostanti che esso rappresenta.
    Negli ultimi decenni il nostro concetto di "benessere" è radicalmente cambiato rispetto all'inizio del secolo scorso, o al secondo dopoguerra, periodi in cui "stare bene" significava sostanzialmente avere un tetto (anche malandato) sopra la testa, e qualcosa da mettere nel piatto.
    Ma senza andare così indietro nel tempo, basta un confronto con gli anni '90 per vedere come l'asticella si sia inesorabilmente alzata.
    Pensa, ad esempio, a ciò che gravita attorno allo sport in termini di attrezzatura, abbigliamento tecnico, integratori, o alle tipologie di vacanza a cui siamo abituati.
    Pensa a tutti quei beni "accessori" diventati, in realtà, irrinunciabili (l'auto, lo smartphone...).
    Pensa a quanto è lievitato il costo per l'acquisto o la costruzione di una casa, con i comfort attuali. 

    Questo benessere è frutto del progresso e della crescita generata dalla miriade di imprenditori e dalle loro aziende in tutto il mondo
    Molte di queste sono quotate in Borsa, e acquistandone le azioni si diventa loro soci, agganciandosi a questo volano creatore di ricchezza.
    E' molto importante rimanervi collegati, perché raggiungere e mantenere i propri obiettivi sarà sempre più costoso. 
    Serviranno cioè risorse economiche sempre maggiori per stare al passo con l'innalzarsi del livello di benessere, e per poter accedere alla sempre più ampia offerta di beni e servizi. 
    E' quindi un obiettivo ragionevole ma difficile da raggiungere, se si lasciano i soldi a sonnecchiare sul conto corrente.
    E' difficile da raggiungere se si rinuncia al potere insito degli investimenti, capaci di preservare e aumentare la ricchezza (reale) nel lungo termine.

    Ecco che allora vale certamente la pena sopportare le oscillazioni di breve periodo, tenendo lo sguardo fisso sulla linea dell'orizzonte senza farsi travolgere dalle onde.
    E se il mal di mare si fa sentire, la vicinanza e la competenza di un bravo Consulente Finanziario saprà dare quella tranquillità di cui ogni cliente, anche il più navigato, ha bisogno nel suo navigare.
  • 3 - MOLTIPLICAZIONI MOLTO POCO CONVENIENTI

    Diversificazione o moltiplicazione, ma dei costi?

    ll troppo stroppia, recita un famoso proverbio. 
    Questo vale anche negli investimenti, anche se in realtà la diversificazione del portafoglio è uno dei capisaldi da tenere sempre a mente, operando però con buon senso.
    Succede, infatti, che alcuni gestori o consulenti esagerino in questa direzione, smembrando gli investimenti dei propri clienti in una miriade eccessiva di prodotti, già di per sé diversificati nel sottostante, spesso con il solo scopo di far lievitare le proprie provvigioni.

    Ecco che allora il rischio di investire in soluzioni tra loro simili si concretizza, e la moltiplicazione dei costi è ben servita.
    Allo stesso modo, il fatto di avere il conto in più banche non significa affatto diversificare, ma porta anzi solamente ad incrementare i costi e le incombenze burocratiche. 
    Fondi, polizze, certificati, ETF ... prodotti diversi, nomi diversi, ma, molto spesso, con lo stesso investimento in pancia. 
    Tutte cose che l'ignaro investitore fatica a percepire, specialmente se l'informativa da parte del proprio consulente è vaga o carente.

    Come può evitare allora, il comune investitore, il pagamento di costi inutili e ridondanti? 
    Innanzitutto chiedendo.
    E' importante avere il coraggio di chiedere e farsi spiegare dal professionista che lo segue dove vengono realmente investite le somme affidategli.
    Naturalmente si possono consultare le brochure dei vari prodotti posseduti sottoscritti, ma spesso sono documenti lunghi e non di immediata comprensione.
    Meglio allora rivolgersi a professionisti del risparmio di cui ci si fida veramente, operando comunque un controllo costante nel tempo, e rivedendo periodicamente le posizioni in essere.

    Un mix inutile di prodotti può infatti impedire di avere la giusta agilità di manovra sui mercati, qualora fossero necessarie manovre correttive in corso d'opera.
    Sembra paradossale, ma la diversificazione, se eccessiva e fatta male, può rivelarsi un boomerang dannoso, amplificando i periodi di storno che periodicamente investono i mercati finanziari. 

    Con tutto questo, l'avrai capito, non intendo affatto mettere in discussione la validità della buona diversificazione, che si basa sul principio di ridurre i rischi suddividendo il portafoglio in più asset, in più mercati, in zone geografiche e in settori differenti. 
    E' necessario però avere un occhio vigile sugli "ingredienti" che il proprio gestore o consulente finanziario mette sul tavolo, affinché la ricetta del buon investimento produca il risultato sperato.
  • 4 - L'IMPORTANZA DELL'ORIZZONTE TEMPORALE (2DI2)

    Nella mia precedente 7in7, ho parlato in linea generale dell'importanza dell'orizzonte temporale nell'investimento e di come, in Italia, siamo purtroppo disallineati rispetto al resto d'Europa in merito a questo importante concetto.
    Oggi desidero approfondire, con qualche esempio, quali sono i concreti rischi del "cannare" l'orizzonte temporale di investimento quando si parla di obbligazioni e azioni. 

    Iniziamo dai bond, dalle obbligazioni.
    Siamo, ormai da anni, in una situazione di rendimenti negativi sul breve termine
    In tale contesto, le aziende emittenti tendono a dilatare la durata del proprio debito per attirare investitori, spostandone la scadenza anche tra molti, molti anni.
    Come rispondono e che cosa fanno, molto spesso, gli investitori affezionati a questa tipologia di investimento?
    Tendono a seguire l'operatività dell'emittente. 
    Rincorrere pertanto questo movimento, spostandosi su scadenze spesso anche molto lunghe, significa accollarsi un rischio tasso spesso trascurato che potrebbe però fare male, molto male ai propri risparmi.
    Perché cosa accade se i tassi si alzano, ad esempio, dell'1%? 
    Su un titolo di durata decennale, il valore dell'obbligazione scenderebbe all'incirca del 10%. 
    Su un titolo trentennale, scenderebbe addirittura del 30%. 
    Naturalmente a scadenza il titolo verrà rimborsato al suo pieno valore (salvo fallimento dell'emittente), ma il cliente che ha osato troppo con la durata, andando oltre al suo orizzonte temporale in cerca di rendimento, potrebbe trovarsi a dover vendere prima della scadenza, incassando perdite in conto capitale che saranno tanto più ampie quanto più lontana è la scadenza del bond.

    Spostiamoci ora sull'equity, sulle azioni.
    A differenza del mondo obbligazionario, in quello azionario i titoli non hanno scadenza. 
    Manca quindi quel "paracadute" in grado di salvare l'investitore, quantomeno dalla perdita del valore nominale investito.
    L'assenza di una data di scadenza "ufficiale", porta gli investitori azionari ad essere estremamente condizionati dall'emotività.
    Bisognerebbe invece acquisire la consapevolezza che investire in questo asset richiede l'attesa di un periodo medio nel quale, numeri alla mano, l'investimento diversificato paga sempre.
    Ma non ce la facciamo.
    Il "rumore mediatico" che accompagna i cicli finanziari è purtroppo spesso determinante nel processo decisionale degli investitori. 
    Ecco allora che le persone tendono ad entrare nel mercato quando è in crescita da tempo, quando anche i muri comprerebbero azioni.
    Così facendo, si espongono al rischio di vedere i valori ritornare verso la media, situazione che tipicamente si verifica quando da troppo tempo la borsa sale.
    Quando questo rischio diventa realtà, l'euforia che aveva contagiato anche i più scettici si trasforma in preoccupazione, paura, e infine panico.
    Si genera così l'effetto opposto: un fuggi fuggi, una valanga di disinvestimenti e uscite dal mercato, proprio quando i prezzi sono magari tornati a valori allettanti e più convenienti. 

    L'antidoto all'eccesso di emotività esiste. 
    Risiede in una corretta valutazione dei propri obiettivi, delle proprie necessità, del proprio orizzonte temporale.
    In tutto ciò è determinante l'esperienza del bravo Consulente Finanziario, che saprà guidare i propri clienti ed impostare un portafoglio d'investimento cucito su misura.
    Perché è fondamentale ragionare di testa, non "di pancia", quando si tratta di risparmi ed investimenti.
  • 5 - SONO STATI PROPOSTI ANCHE A TE?

    Voglio affrontare in questo articolo il tema dei certificati di investimento o certificates.
    Ne hai già sentito parlare?
    Non sono certo una novità nel panorama degli investimenti, essendo nati nel lontano 1989. 
    I certificates hanno però avuto, almeno in Italia, una diffusione esplosiva a partire dall'ultimo triennio.
    Per capire bene di cosa ti sto parlando, devi sapere che nel 2017 il mio settore di appartenenza ha collocato in Italia "appena" 64 milioni di € di certificati. 
    Nel 2018 il collocamento è balzato a 2,4 miliardi, per salire ancora nel corso del 2019, toccando i 4 miliardi di euro di venduto a fine anno.
    Numeri che parlano da soli.

    Ma che cosa ha dato una tale spinta a questi prodotti di investimento, fino a pochi anni fa considerati di nicchia?
    La combinazione di rendimenti quasi nulli sulle obbligazioni, e l'aumento della volatilità sui mercati azionari, ha spinto le banche a proporre questi strumenti, per dare una risposta concreta ai risparmiatori che cercavano, contemporaneamente, la tanto amata cedola e la protezione del capitale.
    L'ingrediente aggiuntivo, a favore degli istituti proponenti, sono state le laute commissioni applicate, spesso in maniera implicita, a questi prodotti.

    Ma cosa sono questi certificates?
    Per farla semplice, si tratta di "scommesse" sul futuro andamento di uno o più titoli azionari, o indici di borsa. 
    Agli occhi dell'investitore italiano possono presentare una confortante somiglianza con i titoli di stato, visto che da un lato offrono un flusso cedolare, e dall'altro permettono di godere della protezione, almeno parziale, del capitale investito.
    Sono quindi un "contenitore" composto da più elementi.
    Hanno il pregio di essere flessibili, ma sono anche strumenti molto complessi, non certo adatti a tutti, e da maneggiare con la dovuta attenzione.

    I collocatori bancari spingono molto su questi prodotti, anche perché sono strutturati in modo tale da garantire l'immediato incasso delle commissioni in fase di emissione.
    In Italia non c'è uno standard a cui far riferimento: esistono prodotti con oneri accettabili, ed altri che toccano vette astronomiche.
    L'esempio più eclatante, in tal senso, che mi è capitato di incontrare analizzando il portafoglio di un potenziale cliente, è stato quello di un certificates della durata di soli 7 mesi, che si portava appresso un costo di ingresso dell'8%.
    Nella sostanza, il collocatore ha venduto a 100 qualcosa che valeva in realtà 92.

    Anche a tale proposito va fatta attenzione alla durata del prodotto: meno dura, più pesano le commissioni pagate. 
    Una lettura (non certo semplice) del Kiid, documento esplicativo dell'offerta, evidenzia tutte le caratteristiche dello strumento.
    Occhi aperti dunque!
    Anche perché il core business del settore bancario è ormai sempre più orientato alla vendita e alla gestione dei prodotti di investimento, come visto, spesso caratterizzati da dei costi elevati...
  • 6 - 10 ANNI E 1.200% DI CRESCITA

    "Quando dovrai decidere per il futuro di Apple, non chiederti cosa avrei fatto io: segui il tuo istinto".
    E' questo l'ultimo consiglio che uno Steve Jobs ormai morente (sarebbe stato ucciso poche settimane dopo dal tumore al pancreas), diede 10 anni fa a Tim Cook al momento di trasferirgli, anche formalmente, i poteri di amministratore delegato che l'ex manager di Ibm e Compaq stava di fatto esercitando già da tempo.

    Non si può dire che Cook non l'abbia preso di parola: molti dubitavano di lui per mancanza di carisma e minore creatività rispetto a Jobs, ma nei 10 anni della sua gestione (è in carica dal 24 Agosto 2011) Apple ha continuato a vendere apparecchi di altissima qualità, ma ha anche sviluppato business del software e dei servizi (da iCloud ad Apple News, passando per lo sviluppo dell'App Store) che si stanno rivelando molto redditizi e che stanno portando all'azienda di Cupertino un'enorme base di quasi 1 miliardo di abbonati.

    Così, l'azienda creata da Jobs, oltre a rimanere la più iconica e apprezzata al mondo per qualità dei prodotti e del design, è diventata anche quella di maggior valore dell'interno pianeta.
    Oggi, con una capitalizzazione di circa 2.500 miliardi dollari (come il Pil di Italia, Grecia e Portogallo messi assieme), è in testa alle classifiche delle borse mondiali.
    La seguono Microsoft con una valorizzazione di 2.240 miliardi, ed Alphabet a quota 1.890.
    Pensa che l'80% di questo valore è stato creato da Apple nei 10 anni della guida di Cook...
    + 1.200% il titolo in borsa dell'azienda in questo arco di tempo!
    Si tratta quindi del manager che ha prodotto più valore per i suoi azionisti in tutta la storia del capitalismo mondiale.
    E proprio per questa straordinaria performance, riceverà dall'azienda l'ultima tranche del "premio di rendimento" per un valore complessivo di 750 milioni di dollari.

    Più che un'azienda di hardware, Apple oggi è un gruppo che ricava una quota consistente e sempre crescente di fatturato e profitti da una vasta gamma di servizi.
    I risultati straordinari fin qui conseguiti sono stati dovuti alla capacità di continuare ad aggiornare gli iPhone (tuttora gli smartphone più ambiti), di saper introdurre nuovi prodotti come l'Apple Watch e gli auricolari wireless Air Pods, di creare nuovi servizi redditizi, ma sono anche il frutto di alcune condizioni favorevoli che con ogni probabilità verranno meno o saranno comunque ridimensionate in futuro: possibilità di pagare poche tasse trasferendo i profitti in paradisi fiscali, abusi di posizione dominante da parte dell'App Store, una produzione basata su una catena logistica planetaria che ha al centro la manifattura cinese.
    Un sistema che rischia di essere compromesso dallo scontro politico e tecnologico tra Washington e Pechino.
    Un conflitto che Apple rischia di pagare 2 volte: con fratture della supply chain tali da ostacolare e ritardare le sue produzioni, e con la perdita di parte del mercato cinese dei suoi apparecchi che vale oggi per Apple ben 60 miliardi di dollari di vendite all'anno.
    Un business quintuplicato nell'ultimo decennio, al punto che nessuna azienda internazionale riesce oggi a ottenere in Cina risultati paragonabili a quelli del gruppo di Cupertino.

    Quanto al suo futuro, Apple continua a investire massicciamente in ricerca e sviluppo, soprattutto nella mobilità e nella realtà aumentata e virtuale.
    Celebre, infine, una frase di Tim Cook a testimonianza anche della grandezza raggiunta dalla sua azienda: "Diciamo sempre che con le nostre aziende tecnologiche vogliamo cambiare il mondo: beh, non è che lo possiamo fare stando zitti...".
    Cook, infatti, non si è mai tirato indietro davanti a battaglie su privacy, diritti, immigrati e povertà.
    Ha già devoluto in beneficenza decine di milioni di dollari del suo personale patrimonio, stimato oggi attorno a 1,4 miliardi.
    Pensa che nel 2015 ha dichiarato che avrebbe donato la sua intera fortuna a nobili cause prima di morire.

    In questi ultimi anni mi è capitato di aver personalmente investito (delle cifre contenute) nel titolo Apple.
    Vorrei averlo potuto fare 10 anni fa...
  • 7 - INVESTIRE NEL FUTURO

    La pandemia è stata una manna dal cielo per gli hacker.
    Con ampi settori dell'economia costretti a spostarsi in fretta e furia nella dimensione online, si sono aperte delle praterie in cui i criminali informatici hanno scorazzato per carpire dati sensibili, sia personali che aziendali. 
    Pensa, rispetto al 2019, nel 2020 gli attacchi di questo tipo sono aumentati del 767%.
    Un recente esempio è stato quello del blocco totale degli oleodotti americani, avvenuto lo scorso Maggio, dal Texas a New York. 
    O quello più recente, ai danni del sistema di prenotazione vaccinale della Regione Lazio a Luglio. 
    Il tutto è durato per giorni, ed è stato corredato da richieste di riscatti stratosferici, da pagarsi rigorosamente in criptovalute.
    Questi recenti eventi, impattanti sulla vita di milioni di persone, hanno messo ancora una volta in evidenza la fragilità delle istituzioni di fronte a questo tipo di criminalità.

    La spesa necessaria per proteggersi da questi cyber attacchi è stata stimata in quasi 150 miliardi di dollari a livello globale, portando il costo dei crimini informatici ad oltre 1.000 miliardi di dollari.
    Qualcosa come l' 1,3% del Pil mondiale. 
    Numeri più che raddoppiati rispetto al 2018. 
    Il trend di crescita è quindi più che evidente, e sicuramente continuerà anche in futuro. 
    Società ed istituzioni non possono abbassare la guardia davanti all'astuzia dei criminali del web, che diventano sempre più sopraffini nelle loro modalità operative.

    Tutto ciò va a naturale beneficio delle aziende che operano nel campo della sicurezza informatica.
    Gli operatori finanziari hanno colto da tempo l'importanza strategica della cybersecurity, diventato uno dei megatrend più gettonati nel mondo degli investimenti.
    Sono infatti sempre più numerosi i fondi comuni e gli ETF che consentono anche al piccolo investitore di partecipare alla forte espansione di questo settore.
    Dal 2020, le azioni delle società operative nell'ambito della sicurezza informatica hanno visto i loro valori di borsa crescere a doppia cifra, con l'indice Ise Cyber Security che ha messo a segno un +60% rispetto al +30% del più ampio azionario Msci World.
    Sono titoli che nella stragrande maggioranza dei casi hanno restituito ottime performance, superiore a quella dei listini globali, anche se realizzate con una volatilità decisamente accentuata, in media pari al 22% annuo. 
    Va detto che le quotazioni di alcuni di questi titoli appaiono, a tutti gli effetti, eccessive.
    Gli analisti ritengono comunque che le prospettive del settore, nel suo complesso, continueranno ad essere favorevoli anche nei prossimi anni.

    Il consiglio degli esperti, ancora una volta, é quello di non approcciarsi al singolo titolo azionario a mò di scommessa, ma di esporsi al settore attraverso strumenti diversificati, come gli ETF o i fondi comuni di investimento, pesando l'esposizione nel modo corretto.
    Un consiglio che, come potrai ben comprendere, mi sento di condividere in pieno.
  • Ed anche il mese di Agosto se n'è andato...
    Qualche performance sparsa da inizio anno?

    > azionario Europa +18%
    > azionario America +25%
    > azionario Paesi Emergenti +2,8%
    > azionario Mondo +21,5%

    A Dicembre in tanti pensavano a un difficile 2021.
    Siamo sempre in tempo naturalmente.
    Ma la verità è sempre la stessa: il mercato fa ciò che vuole, e ci prende in giro mentre lo fa.
    Ma tu, aspetta che scenda...
    Se anche ci prendi una volta, cento ne sbagli!

    Ti auguro un sereno fine settimana.
    Un caro saluto,

    Davide