, nell'anno del Covid, ha visto aumentare le sue vendite del 37%, i posti di lavoro del 63% e la sua capitalizzazione di Borsa quasi del 60%.
Nonostante questi ottimi dati, la sua
performance reputazionale è stata ben diversa: è scesa infatti al 92esimo posto, perdendo circa 40 posizioni, nel
Global RepTrak 100, la classifica delle top 100 aziende per reputazione globale.
Una classifica guidata, anche quest'anno, da Lego, seguita da Rolex e Ferrari.
Un calo ancora più significativo quello di Amazon, se si pensa che, fino a 5 anni fa, la società fondata da Jeff Bezos era stabilmente fra il 20esimo e il 25esimo posto.
E il calo fa pensare, soprattutto perché è controcorrente rispetto al boom dell'e-commerce registrato nell'anno della pandemia, con in testa proprio Amazon, e all'ascesa diffusa nell'indice globale RepTrak delle aziende hi-tech.
Evidentemente le notizie relative ai comportamenti aziendali nei confronti dei diritti dei lavoratori non favoriscono la fiducia dei clienti.
The RepTrak Company è una società internazionale che studia e monitora la reputazione delle imprese, analizzando i dati di oltre 2.000 aziende con fatturato globale superiore ai 2 miliardi di $, e di oltre 68.000 interviste raccolte nelle
15 maggiori economie mondiali.
La classifica che annualmente realizza, riserva molti spunti di riflessione in merito ai macrotrend sociali, oltre che economici.
Spunti che possono provenire anche dall'assenza, apparentemente paradossale, di protagonisti del nostro tempo.
Uno su tutti Facebook.
Il numero 1 assoluto dei social network, che nel solo 3° trimestre 2020 ha aumentato il suo fatturato del 20% e gli utenti attivi del 12% a 1,82 miliardi, e che negli ultimi 12 mesi ha quasi raddoppiato il suo valore in Borsa.
Ebbene, l'azienda fondata da Mark Zuckerberg non ce l'ha fatta a classificarsi fra i primi 100 di RepTrak.
Così come Amazon, rischia di uscire definitivamente dai radar se non investe nella revisione delle proprie policy sulle risorse umane.
Facebook sconta ancora lo scandalo Cambridge Analytica e la sfiducia conseguente sull'utilizzo dei dati personali.
Sono queste le tracce che rimangono profondamente, anche considerando la sensibilità verso i temi ESG (ambiente, sociale e governance) dei maggiori utilizzatori di social come Facebook o Instagram.
E qui veniamo a un punto importante: nel rapporto di RepTrak, la top 10 cambia molto secondo le fasce d'età.
Chi ha fra i 18 e i 25 anni (generazione Z) colloca infatti ai primi tre posti Netflix, Spotify e Nike, con Nintendo al quarto posto.
I Millennials (26-40 anni), preferiscono invece Microsoft, Lego e Bosch.
La Generazione X (41-55 anni) Lego, Harley-Davidson e Rolex.
I Boomers (56-64), infine, Lego, Ferrari e Harley.
Se le generazioni "digitali" hanno più fiducia nelle aziende tech, queste sono invece pressoché assenti nelle preferenze delle generazioni successive.
Viene però da chiedersi: perché reputazioni percepite come poco lusinghiere non spingono all'abbandono del prodotto, o del servizio, offerto dal quella stessa azienda?
Facebook ha perso qualcosa nel seguito fra i più giovani, che si sono per lo più trasferiti su Instagram (comprata a suo tempo dalla stessa Facebook, che ora è nel mirino dell'Antitrust).
Amazon non ha subito contraccolpi, anzi.
Non ci sono abbandoni significativi probabilmente perché mancano oggi reali alternative sul mercato.
E tutto questo dovrebbe far riflettere le aziende sul valore di un asset intangibile come la reputazione, alla quale, per forza di cose, bisogna dedicare investimenti e attenzione nel lungo periodo.