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www.davideberto.it2024-10-11
  • Secondo le neuroscienze, nasciamo con due paure endemiche: la paura di cadere e la paura dei rumori forti.
    Durante la nostra crescita, ci portiamo dietro queste due paure per un pò di tempo.
    Poi, il più delle volte, scompaiono.
    Quando investiamo, invece, c'è una paura non solo assai frequente, ma che spesso tende a non scomparire mai: la paura di perdere.
    Al contrario del pensiero comune, per superare questo freno non serve essere investitori amanti necessariamente del rischio, o dell'azzardo morale.
    Né è una condizione correlata al patrimonio personale.
    Pensare che ci si possa permettere di "rischiare di più" perché si possiede maggior denaro, non corrisponde a verità.
    Spesso, anzi, accade esattamente il contrario.
    L'ingrediente fondamentale per superare (anche) questa paura è la consapevolezza.
    Un ingrediente al quale anch'io, nello svolgere la mia Professione, provo a dare un quotidiano contributo anche con queste newsletter.
    Il mio contributo odierno sta tutto in questi semplici dati, relativi ai rendimenti minimi e massimi dell'indice azionario mondiale MSCI World negli ultimi 50 anni, per diversi orizzonti temporali:
    - a 1 anno il rendimento massimo accumulato è stato del 43%, con un minimo, al contrario, del -40%;
    - a 3 anni il rendimento massimo accumulato è stato del 33%, con un minimo diminuito invece al -13%;
    - a 5 anni il massimo si assottiglia al +28%, con un minimo, anche lui, assottigliato al -1,80%;
    - a 10 anni il massimo si attesta al +20%, con un minimo in territorio non più negativo ma positivo dello 0,90%.
    Perché indici sufficientemente diversificati ed efficienti hanno solo bisogno di tempo (orizzonte temporale) per annullare la percentuale statistica di perdita.
    Al passare del tempo poi, rendimento e rischio non si muovono in egual maniera: mentre il rendimento cresce almeno proporzionalmente, il rischio cresce meno che proporzionalmente.
    Questo significa che l'allungamento del periodo di detenzione del buon investimento determina una riduzione tra migliore e peggiore caso, rendendo così più prevedibile lo scenario atteso.

    Investimento allora, e non scommessa!
    Processo, e non evento!
    Eccola qui la consapevolezza.
    Tutto il resto viene da solo...

    Buona lettura!
  • 1 - PIU' DEBITI CHE REDDITI: ALCUNI CONFRONTI

    Le prossime settimane saranno decisive per scegliere (o meno) una strada di crescita per il nostro paese.
    I progetti che dovremo mettere sul tavolo per poter accedere alle risorse del Recovery Fund, daranno un'impronta indelebile e forte alla nostra economia.
    Se guardiamo al Pil, i dati della Commissione Europea per le previsioni di fine anno offrono un quadro che mette l'Italia agli ultimi posti, con una caduta attesa pari al 9,9%, vicina solo a quella della Spagna (-9,4%).
    Ben lontane invece la Germania (-6,5%) e la frugale Olanda (-6,8%), per una media dell'Eurozona del -7,8%.
    Se volessimo quantificare cosa significhi questa caduta del Pil per i nostri cittadini, anche usando il termine di Pil pro capite, il nostro paese si trova decisamente indietro: 29.350 € il Pil medio di ogni singolo cittadino italiano a fine 2019, che diventeranno presumibilmente 26.400 a fine anno.
    Anche in questo caso il confronto è con la Spagna, che si troverà ad avere a fine anno un Pil pro capite di 23.200 €, ben distante da quello francese (32.245 €), tedesco (37.665) e olandese (41.745).

    Ma sulle spalle dei cittadini italiani, già prima del Covid, non pesa solo un Pil più leggero, ma anche il sempre più pesante fardello del debito, che la crisi ha spinto ad aumentare.
    I dat italiani vedono una crescita attesa del debito a fine anno del 6,4%.
    Ciò significa superare la soglia dei 2.500 miliardi di € di debito (che qualcuno vorrebbe non pagare...), raggiungere un rapporto debito/Pil del 159%, e vedere soprattutto un ammontare di debito per cittadino che passa da 39.562 a 42.078 €.
    Fatta eccezione per gli Stati Uniti (in cui i cittadini si troveranno l'equivalente di 64.319 € a testa di debito pubblico, oltre a quello privato anch'esso di grandi dimensioni), il confronto europeo ci vede nelle ultime posizioni, e pertanto con minori futuri spazi di manovra.
    Come può competere un paese come il nostro, in cui i cittadini hanno a testa 26 mila euro di reddito e 42 mila di debito?
    Oltre al recupero del Pil perduto, occorrerebbe avere a mente l'esigenza di superare le debolezze strutturali che hanno reso quel Pil così fragile di fronte alla crisi del Covid-19, e a lavorare, una volta per tutte, sulla componente di debito, per avere in futuro quegli spazi di manovra che gli altri paesi hanno avuto in questi mesi, altrimenti veramente altri choc non saranno più tollerabili per noi.

    Il denominatore comune sarebbe quello di spingere a sviluppare progetti con un chiaro orizzonte temporale, capaci di attrarre investitori e generare stabili ritorni.
    Nelle infrastrutture, nel real estate, nei trasporti, nell'energia e nell'ambiente.
    Equitisation significa convogliare le risorse finanziarie dei risparmiatori, degli imprenditori, dei proprietari, verso le imprese.
    Inserire capitale di rischio vuol dire anche creare per i risparmiatori delle diffuse opportunità di investimento, come si è iniziato a fare con i Pir alternativi e con gli Eltif.
    Contattami per informazioni in merito!.

    Se nei prossimi mesi forse nessuno chiederà conto del nostro debito, passata l'emergenza, per rispetto dei cittadini di oggi e soprattutto per quelli di domani, dovremo provare a ridurre la forbice imbarazzante fra reddito e debito pro capite, impostando e seguendo seriamente una strada di efficienza.
    Se delle variabili sfuggono ovviamente al nostro controllo (sviluppo futuro del virus e conseguenti effetti economici e sociali), ciò che conta è la capacità di esprimere una volta per tutte la capacità di progettazione di lungo termine, con la coerenza dello scegliere un percorso che faccia credere, soprattutto per noi stessi, che l'Italia possa essere veramente un paese diverso.
  • 2 - PROSCIUGATI I DIVIDENDI AZIONARI

    Il Covid ha inevitabilmente prosciugato i dividendi azionari, che quest'anno si sono molto ridotti.
    Nel 2020, i dividendi globali sono stimati in calo di oltre 200 miliardi di $, a 1.200 miliardi complessivi.
    Lo riporta un recente studio della casa di investimento americana Janus Henderson.
    Un calo simile, di oltre il 15%, non si registrava da anni.
    Europa, Regno Unito e Australia sono state le regioni più colpite, con il Giappone che si posiziona a metà strada.
    Hanno invece resistito meglio i mercati emergenti, grazie alla ripresa in Cina, e il Nord America.
    A livello settoriale, si sono evitati tagli tra i farmaceutici, gli alimentari e i rivenditori al dettaglio.
    L'industria dell'auto e quella del tempo libero, viceversa, hanno registrato molte cancellazioni dei dividendi.

    A Piazza Affari, i dividendi distribuiti dalle società appartenenti al Ftse Mib ammontano a 11,2 miliardi di €.
    Quelli invece revocati a 8,6 miliardi.
    Da sempre la Borsa italiana è caratterizzata da dividendi generosi, grazie alla presenza di aziende che possono contare su costanti flussi di cassa, che facilitano la distribuzione degli utili.
    La strategia dell'azionario a reddito fa infatti parte del portafoglio di molti risparmiatori "cassettisti" del nostro paese, e ha in parte compensato la penuria delle cedole obbligazionarie scese drasticamente con il calo dei rendimenti.
    Degli 8,6 miliardi di dividendi non distribuiti dalle società quotate a Milano, 6 miliardi appartengono a banche e assicurazioni, che hanno ricevuto disposizioni di non remunerare gli azionisti da parte delle autorità di vigilanza, al fine di preservare il capitale necessario a fronteggiare una crisi che potrebbe durare ancora molto tempo.
    I restanti 2,6 miliardi fanno invece capo ad aziende di diversi altri settori.
    Anche aziende come Fca, Cnh, Amplifon, Moncler e Pirelli, hanno preferito non distribuire dividendi agli azionisti come misura precauzionale.
    Prysmian ha invece dimezzato il pagamento inizialmente previsto, mentre Tenaris ha revocato solo il saldo del dividendo pagando invece l'acconto.

    Si sente però parlare di un possibile imminente passo indietro della Banca centrale europea sul divieto alle banche di distribuire dividendi.
    Al settore finanziario appartengono oggi realtà societarie molto differenti tra loro: banche innovative, banche tradizionali che hanno subito un severo impatto dal Covid, società di gestione del risparmio (come Azimut il cui dividendo da 1€ ad azione è stato confermato) che hanno mantenuto una buona raccolta di capitali dei clienti e non hanno pertanto sofferto.
    Poi, il riavvio delle aggregazioni bancarie con l'operazione Intesa-Ubi darà certamente luogo in futuro a un settore più concentrato e con aziende più solide e forti finanziariamente.

    E' bene in ogni caso ricordare che, sebbene alcune imprese abbiano una lunga tradizione di remunerazione degli azionisti, la sottoscrizione delle azioni è sempre in capitale di rischio.
    La restituzione dell'investito non è pertanto garantita.
    Il dividendo è parte integrante del portafoglio azionario.
    Dev'essere sostenibile nel lungo termine, a vantaggio della solidità dell'azienda e di tutti i portatori di interesse, dagli azionisti alla comunità in cui opera, ai regolatori, al governo stesso.
  • 3 - COME CAMBIA IL PASSAGGIO GENERAZIONALE

    Il mondo sta cambiando velocemente ed è palpabile il rischio di non riuscire a sintonizzarsi adeguatamente.
    Le avvisaglie sono numerose: in un'epoca di tassi negativi, la remunerazione degli asset parcheggiati in strumenti liquidi, titoli a breve o conti correnti, corrisponde a un segno negativo.
    Se si aggiunge quel pò di inflazione che c'è alla tassazione e ai costi, la certezza del cash porta con sé la certezza di una perdita secca.

    Il recente rapporto Censis sulla distribuzione della ricchezza media degli italiani, fa emergere che nel giro di 10 anni è cambiata notevolmente, penalizzando quella dei capofamiglia giovani, fino ai 34 anni, più che dimezzata (-54%), ma non molto meglio è andata ai 45-54enni (-39%).
    Solo gli ultra 64enni hanno visto aumentare il loro patrimonio in asset mobiliari e reali per un buon 7%.
    Non è certo una novità in assoluto che i nonni abbiano risorse di molto maggiori di quelle dei figli e dei nipoti.
    La novità sta nella misura di questa crescita, che rende ancora più problematica una fase che da sempre è di difficile soluzione per noi italiani, ossia il passaggio generazionale di imprese e patrimoni.

    Un'indagine realizzata qualche mese fa, interpellando persone che possiedono un patrimonio di almeno 2 milioni di euro, ha evidenziato l'ansiosa caccia allo strumento ideale per il trasferimento a figli e nipoti delle ricchezze nel tempo accumulate.
    Le donne sembrano più decise degli uomini ad affrontare per tempo il problema, soprattutto con strumenti come il lascito testamento, mentre gli uomini sembrano più inclini a strumenti come il trust, i patti di famiglia, le fiduciarie.
    Si tratta di strumenti indicati per lo più in caso di esigenze articolate.
    In molti casi, per trasmettere agli eredi il proprio patrimonio, è decisamente più efficiente utilizzare strumenti meno raffinati e più basici come le polizze o, meglio ancora, i fondi pensione vista la loro natura.
    Opportunità da considerare attentamente, prima che gli eredi abbiano in futuro da sindacare sulle scelte pregresse dei loro genitori e nonni.
    Se ti va, parliamone assieme!
  • 4 - IL BALLO DEL MATTONE

    Nei giorni scorsi, un agente immobiliare che conosco ormai da diversi anni mi ha detto: "in questo periodo stiamo vendendo un sacco di case perché la gente ha paura della patrimoniale e, per evitarla, investe nel mattone".
    Le case, per gli italiani, tendono ad esprimere valori culturali e simbolici che vanno oltre quelli monetari.
    Le famiglie del nostro paese continuano a voler investire nel mattone, nonostante sia considerato in generale uno degli asset finanziari più illiquidi sul mercato nazionale, con l'esclusione di alcune rare eccezioni.
    In Italia gli investimenti in immobili sono oggi pari a 1,7 volte la ricchezza disponibile in forma liquida o investita sui mercati mobiliari o in assicurazioni.
    Questo asset rappresenta l'80% del patrimonio investito dalle famiglie del nostro paese, superando abbondantemente i 6 mila miliardi di € complessivi.
    In questo contesto, aggiungere altri asset immobiliari nei portafogli degli italiani non è facile, non fosse altro perché l'86% degli intervistati, in una recente indagine sulla ricchezza degli italiani pubblicata da Intesa Sanpolo e dal Centro Luigi Einaudi, è già proprietario di una casa.
    In Francia sono proprietari della loro abitazione il 65% dei francesi.
    In Germania il 52% dei tedeschi.
    I tedeschi vivono infatti più in affitto.
    Il nostro è un retaggio del passato.
    Eppure oggi, con i tassi sui mutui ai minimi storici e con gli investimenti finanziari a "basso rischio" che rendono zero o sono addirittura in territorio negativo, sono molte le famiglie italiane che si stanno facendo due conti per capire se conviene comprare casa per darla ai figli, o per metterla a reddito.

    Il fatto che la casa sia un bene "illiquido" nei portafogli delle famiglie, è percepito come un non-argomento sino a quando non ci si confronta con la necessità di vendere l'immobile.
    Diversamente è considerato "patrimonio", quindi "ricchezza", anche se, sempre più frequentemente, la percentuale di valore del proprietario è sensibilmente diversa rispetto alla realtà del mercato.
    L'eccesso di immobili in portafoglio ha raggiunto in diversi casi soglie di attenzione, rispetto all'equilibrio generale del patrimonio oggi disponibile.
    In Italia ci sono attualmente 1,5 milioni di abitazioni in vendita, contro 1,4 milioni negli Stati Uniti.
    Ma da noi vivono 60 milioni di persone, contro i 330 milioni di residenti oltre oceano.
    Nel nostro paese, su tre case offerte in vendita, se ne cede una in circa 7 mesi e mezzo. 
    Negli USA una casa si vende mediamente in meno di 60 giorni.
    L'offerta immobiliare in Italia, in particolare di abitazioni, è tre volte superiore alla domanda, in un contesto in cui i prezzi continuano a scendere (-20% dal 2011).
    L'Italia, escluse alcune città, è l'unico paese europeo in cui i prezzi delle case sono ai minimi storici.
    L'abbondante offerta di case, l'aspettativa nella ripresa dei prezzi e la presenza di tassi d'interesse molto bassi per finanziare l'acquisto, potrebbero far sembrare appetibile l'investimento nel mattone.
    Ma occorre farsi due conti, valutare i costi complessivi e soprattutto distinguere se l'acquisto è di una prima o di una seconda casa.
    Ci sono differenze importanti legate alla normativa fiscale.
    A parità di prezzo d'acquisto di una abitazione, le imposte applicate con l'opzione seconda casa sono più che doppie rispetto all'opzione prima casa, a cui vanno aggiunte Imu e Tasi che la prima casa non prevede.

    Oggi, sul mercato, i mutui a tasso fisso o variabile sono un affare.
    Ma se si guarda alla casa come investimento, non sempre basta un mutuo basso a giustificarne l'acquisto.
    Su 550mila transazioni immobiliari in Italia ogni anno, oltre il 70% di queste avviene in autonomia, senza neanche l'intervento di un agente immobiliare.
    Un fai da te pericolosissimo.
    L'improvvisazione, anche in quest'ambito, non è mai una buona idea, e non permette di cogliere le opportunità interessanti del mercato, magari anche all'estero.
  • 5 - RADDOPPIO AL DEBUTTO

    Airbnb fa subito boom il giorno del debutto sul Nasdaq (indice dei titoli tecnologici alla Borsa di New York).
    Le 51 milioni di azioni della società californiana di affitti brevi vendute, sono più che raddoppiate, salendo in apertura del 125%, per chiudere poi a 144,7 dollari dagli iniziali 68, con una performance giornaliera del 113%, per una valorizzazione aziendale pari circa a 100 miliardi.

    La rivincita allora di un anno molto difficile a causa della pandemia da Covid, che ha fermato i viaggi in tutto il mondo, lasciando sfitte molte location sulla piattaforma fondata 12 anni fa a San Francisco.
    Ad Aprile scorso le prenotazioni su Airbnb erano in calo del 72%, e la società era stata costretta a chiedere ad alcuni grandi fondi un'iniezione di capitali per una valutazione all'epoca di "soli" 18 miliardi di dollari.
    Il vento è girato rapidamente: il management ha tagliato i costi bloccando tutte le iniziative di marketing e licenziando un quarto del personale.
    La strategia aziendale è stata poi rivista, focalizzando il business sulla richiesta di appartamenti non lontana dalle grandi città, ricercatissimi da chi può fare smart working in mezzo al verde.
    La scelta, almeno nel breve termine, sembra aver pagato, tanto che nel terzo trimestre è tornato l'utile (219 milioni di $ contro una perdita di 674 nel 2019), e a Settembre le notti "vendute" sono state "solamente" del 23% in meno rispetto allo scorso anno.
    "Sono senza parole per il valore che oggi ci attribuisce Wall Street - ha detto l'amministratore delegato dell'azienda - visto che solamente sei mesi fa eravamo valutati a circa 30 dollari per azione!...".

    Attenzione!
    Il modello Airbnb, cresciuto dalle 72 milioni di notti prenotate nel 2015 alle 326 del 2019, espone a molti rischi gli investitori.
    La società non ha mai chiuso in attivo i conti, e diverse città e paesi stanno mettendo in discussione la formula degli affitti a breve che ha finito per stravolgere la realtà urbana di molti centri storici.

    I mercati continuano quindi a festeggiare, a dispetto di una crisi economica ancora attuale.
    Il copione ripete quello di DoorDash, società di consegne pasti a domicilio, sempre basata a San Francisco, che Mercoledì 9, giorno del debutto anche lei sul Nasdaq, ha chiuso in rialzo dell'86%.
    L'entusiasmo per la quotazione di Airbnb cresce insieme all'ottimismo che i vaccini faranno presto ripartire i viaggi e gli affitti brevi di conseguenza, grazie anche alla liquidità sempre garantita dalle banche centrali.

    L'innovazione del modello di business cambia anche i rituali.
    Invece del tradizionale suono della campana prima delle negoziazioni, Airbnb ha mostrato un video di ospiti che suonano i campanelli delle loro case ospitanti.
    I numeri sono straordinari: con 3,7 miliardi di $ raccolti, Airbnb è la maggiore Ipo americana dell'anno, seguita dalla stessa DoorDash con 3,4 miliardi.
    Wall Street è forse convinta che il semi-monopolio conquistato dalla piattaforma Airbnb consoliderà sempre più il suo dominio sul mercato turistico, un pò come successo con Amazon negli acquisti online.
  • 6 - GLI "ALT DATA" PER NUOVE IDEE DI INVESTIMENTO

    Ogni due giorni creiamo più informazioni di quante ne siano state prodotte nella storia dell'umanità fino agli inizi degli anni 2000.
    Questo è stato di recente calcolato.
    Però c'è un però: meno dell'1% di questi dati viene analizzato, archiviato, trasmesso e utilizzato.
    Tutto il resto diventa spazzatura, ed è uno spreco imperdonabile.
    Perché, si calcola, il 37% di quelle informazioni potrebbe tornare utile se solo venisse elaborato correttamente.

    Tutto questo vale anche per chi lavora nei mercati finanziari.
    Tra gli investitori professionali sta crescendo rapidamente l'uso di dati alternativi (alt o alternative data) a quelli tradizionali.
    Dalle immagini satellitari che catturano l'andamento del traffico, ai trend di ricerca su Google, dai post pubblicati su Instagram e Facebook, ai volumi di spesa registrati sulle carte di credito per determinate categorie merceologiche.
    Gli alt data consentono la fotografia istantanea di un fenomeno, integrano le informazioni già disponibili e provengono da fonti non tradizionali.
    Tutto questo non vuol dire che i numeri presi in esame dalla tradizionale analisi finanziaria (ricavi e utili, parametri valutativi, leva finanziaria ...) siano da mandare in soffitta.
    Si parla di tasselli di informazioni di un mosaico più ampio, utili a rafforzare un segnale, un'idea.
    Affinare l'analisi quindi, restituendo una più completa visione di una certa tendenza.
    Alcuni di questi dati alternativi sembrano mostrare una buona capacità predittiva.
    Ma in genere sono poco strutturati e poco facilmente accessibili.
    E proprio qui sta il loro valore.
    Ecco perché molte aziende tecnologiche hanno iniziato a elaborare e impacchettare flussi di informazioni che derivano dal proprio core business, per venderli poi al sistema finanziario che può combinarli con altri input per generare nuove idee di investimento.
    Un esempio? I dati raccolti da un social network basato sulla geolocalizzazione hanno permesso di prevedere con precisione ricavi e performance finanziaria di Chipotle Mexican Grill, una catena di ristoranti statunitense quotata a Wall Street.
    C'è chi da tempo ha iniziato a consultare i trend degli annunci di lavoro pubblicati su piattaforme specializzate per tastare il polso dell'attività economica delle aziende quotate all'S&P500.

    Altri interessanti esempi di alt data sono poi quelli sul traffico aereo, che offrono in tempo reale e su base giornaliera uno spaccato sullo stato di salute dei settori aerospaziale e turistico, e possono aiutare a comprendere la solidità della ripresa economica.
    Anche l'analisi dei social media, come visto, può essere utilissima per comprendere, ad esempio, la resilienza dei brand del lusso durante il lockdown.
    C'è una sola controindicazione: l'importanza di questi dati alternativi tenderà a ridursi con il passare del tempo.
    Più infatti migliora l'accesso a tali informazioni, più queste tenderanno a essere trasformate in una materia prima senza alcun valore, compromettendo così la loro capacità di creare un possibile extra-rendimento.
  • 7 - PENDOLARI VOLANTI

    Era il 1940 quando Henry Ford disse: "Segnatevi queste parole: automobili e aeroplani si combineranno tra loro. Potete sorriderne ma avverrà".
    Esattamente ottant'anni dopo, possiamo dire che la profezia non è proprio così fantascientifica come sembrava fino a poco tempo fa.
    Mentre la pandemia virale ha infatti costretto i grandi marchi automobilistici a rallentare, se non a rivedere, i propri piani di sviluppo nella transizione alla mobilità elettrica a causa del generale crollo delle vendite nel primo semestre dell'anno (-38% secondo l'Associazione dei costruttori automobilistici europei), c'è tuttavia un settore, seppur ancora di nicchia, che sta registrando un vero e proprio boom di investimenti.
    Si tratta del comparto degli aeromobili e-Vtol, acronimo inglese di Vertical Take-Off and Landing, in italiano "decollo e atterraggio verticale".
    Mini elicotteri (anche se la loro forma li avvicina più che altro a mega droni ad ala rotante) destinati al nascente mercato del trasporto pubblico e privato di passeggeri nelle città congestionate dal traffico.
    Taxi volanti elettrici, in pratica, capaci di spostarsi in silenzio a bassa quota, dotati di un'autonomia crescente grazie al mix di tecnologia dei materiali (sempre più leggeri) e di batterie di nuova generazione (sempre più potenti).

    L'ultimo rapporto di ricerca sul mercato globale e-Vtol, prevede che il settore crescerà a doppia cifra da qui al 2026.
    Le ragioni di questo sono anche ambientali: nell'Unione europea i trasporti rappresentano il 30% delle emissioni totali di gas serra.
    Il 72% di queste proviene dal trasporto su strada.
    A Londra si è stimato che il pendolare medio trascorre 227 ore l'anno bloccato nel traffico, viaggiando a una velocità media di 11 km/h.
    La conquista dello spazio aereo può avere allora le carte in regola per configurarsi come un game-changer capace di tagliare contemporaneamente le emissioni di gas serra e i tempi di viaggio.
    Un esempio: un aerotaxi elettrico potrebbe trasportare passeggeri dall'aeroporto internazionale Charles de Gaulle di Parigi direttamente sul tetto di un palazzo di Orleans, a 160 km di distanza su strada, in 35 minuti al posto delle due ore che oggi se ne devono impiegare in auto.

    Naturalmente il progresso non è mai una linea retta, specialmente nelle tecnologie trasportistiche legate all'evoluzione normativa di un settore che vede la compresenza di questioni assicurative e di responsabilità civile non secondarie, nonché al potenziale di connettività in ottica smart city che il 5G deve ancora dimostrare di saper esprimere appieno.
    Indicativa la lista di player attivi in questo nuovo business, che vede delle aziende new entry sostenute dai potenti venture capital statunitensi (Lilium, Pipistrel Group, Volocopter, Joby Aviation ...), passa dagli attori della nuova mobilità (Uber), per completarsi con i nomi che hanno fatto la storia del trasporto aereo e che oggi si dividono il traffico internazionale tradizionale (dallo spin-off di Airbus A3, a Bell Helicopter, fino a Boeing).
    Ad oggi, a livello globale, fra mezzi multirotore per viaggi entro i 100 chilometri, e convertiplani capaci di coprire distanze fino ai 250 chilometri, sono un centinaio i progetti di e-Vtol attivi e finanziati.
    A Giugno, anche il colosso automobilistico giapponese Toyota ha annunciato che investirà 394 milioni di dollari nella start up americana Joby Aviation, che, grazie anche all'interessamento di Intel e Capricorn Investment, ha raccolto finora un totale di 655 milioni.
    All'inizio di Settembre, la tedesca Lilium ha annunciato una partnership con gli aeroporti di Colonia e Dusseldorf, che hanno recentemente raccolto 275 milioni di dollari per un progetto da quasi un miliardo di dollari che vede coinvolto anche il gigante cinese Tencent.
    Anche la sudcoreana Hyundai ha confermato a Gennaio l'apertura di una collaborazione con Uber per fornire componentistica all'e-Vtol che Uber sta sviluppando.
    Proprio grazie a questa partnership industriale, Uber ha assicurato la disponibilità commerciale di aero-taxi a partire dal 2023.
     
    Se è vero allora che investire è guardare al futuro, e che i progetti migliori guardano sempre al domani, occorre avere anche un occhio a questi nuovi sviluppi della futura mobilità.
    Alcuni pendolari del futuro potrebbero essere allora proprio dei pendolari volanti!
  • Questa è stata la mia 25esima e ultima 7 Notizie in 7 Minuti del 2020.
    La chiudo augurandoti delle SERENE FESTIVITA' NATALIZIE!
    La mia newsletter tornerà ad informarti nella mattinata di Venerdì 8 Gennaio 2021.
    Un caro saluto.

    Davide