Il nostro Stato spende moltissimo in pensioni.
Noi italiani, al contrario, dedichiamo mediamente alla costruzione della nostra prestazione integrativa risorse molto, molto residuali.
Ma quali sono i principali motivi che allontanano le persone ai Fondi Pensione e alla previdenza complementare?
Per rispondere a questa domanda mi viene in soccorso uno studio recente intitolato "Rapporto sullo stato dell'arte delle pensioni italiane 2017" che ha indagato in tal senso.
Il primo sconfortante dato, conferma il dilagante analfabetismo previdenziale (oltre che finanziario), soprattutto tra i più interessati all'argomento, gli under 35.
3 giovani su 4 non hanno conoscenze nemmeno basiche sul funzionamento delle forme di previdenza complementare.
Vediamo di seguito quali sono le principali obiezioni portate dagli intervistati e, per ciascuna di esse, cercherò di motivare le ragioni per cui queste resistenze risultano deboli se non addirittura infondate.
Perché non ha ancora sottoscritto un Fondo Pensione Complementare?
1. E' troppo caro
Sembra che al primo posto della classifica siano i costi a tener lontano gli italiani dal pilastro integrativo privato.
In realtà, le forme di previdenza complementare costano in media molto meno rispetto ai tradizionali fondi comuni.
Naturalmente ci sono da fare dei distinguo, perché la differenza tra fondi pensione negoziali, fondi pensione aperti e PIP assicurativi è sensibile.
Ricordando che l'ISC (Indicatore Sintetico di Costo), reperibile nella nota informativa di ogni prodotto, considera l'insieme dei costi sostenuti dal cliente nella fase di accumulo, su un orizzonte decennale il costo medio annuo è dello
0,35% per i fondi pensione negoziali, dell'1,28% per i fondi pensione aperti, e del 2,12% per i PIP.
Se allunghiamo l'orizzonte a 35 anni, perfettamente coerente per chi pianifica in giovane età, il costo medio annuo è rispettivamente dello 0,25%, dell'1,17%, e dell'1,75% per i PIP.
Come sempre, si tratta dunque di scegliere con cura la soluzione più adatta.
Ma le soluzioni efficienti ed economiche sul mercato non mancano.
2. Sarà sufficiente la pensione pubblica
In questo caso siamo purtroppo totalmente discostati dalla realtà.
Figlia dell'elevato tasso di sostituzione (differenza tra l'ultimo reddito da lavoro e il primo da pensione pubblica) che ancora oggi c'è in Italia, non si considera il cambio strutturale in corso dovuto al sistema di calcolo contributivo che
sostituirà presto il più vantaggioso retributivo, e dello scenario demografico contraddistinto da un innalzamento delle aspettative di vita.
Secondo la Ragioneria generale dello Stato, il tasso di sostituzione dovrebbe ridursi fino al 60% nel 2040 per i lavoratori dipendenti del settore privato, e fino al 45% già nel 2030 per i lavoratori autonomi.
Capitolo poi a parte per i liberi professionisti: per loro le stime sono ancora più penalizzanti e scendono anche al 35%.
In definitiva la pensione pubblica sarà totalmente insufficiente a garantire un dignitoso tenore di vita.
3. E' presto ora, ci penserò più avanti
Si tratta, in questo caso, della famosa "rimandite", abitudine naturale ma molto dannosa, che procrastina ciò che andrebbe invece intrapreso quanto prima se non subito.
Chi ci pensa e agisce ora, e non più avanti, ottiene due enormi vantaggi.
1° avrà bisogno di un accantonamento minore, dedicando così il risparmio rimanente ad altre importanti esigenze.
2° potrà sfruttare appieno i benefici dell'ottava meraviglia del mondo, l'effetto della capitalizzazione composta che nel lungo termine consente di ottenere un inatteso e importantissimo aiuto.
4. Non credo nel prodotto
Argomentiamo la risposta con i fatti e con la storicità.
Gestione professionale del risparmio + elevata diversificazione degli investimenti + politiche di investimento più prudenti rispetto ai tradizionali fondi comuni.
Nel decennio 2008-2017, il TFR lasciato in azienda ha reso mediamente su base annua il 2,11%.
Ricordo che il TFR in azienda si rivaluta per legge ogni anno dell'1,5% fisso + il 75% dell'inflazione.
Nello stesso periodo, il rendimento medio annuo è stato del 2,22% per le linee garantite dei fondi pensione, del 2,69% per le linee obbligazionarie, del 3,79% per le linee bilanciate, e del 4,21% per quelle azionarie.
Questi rendimenti sono al netto dei costi e delle commissioni.
In che cosa esattamente bisogna credere?
Nella solidità dell'INPS?
5. Nessuno me l'ha proposto
Questo è difficile da credere vista l'importanza dell'obiettivo finale.
Il fondo pensione, assieme ad altri strumenti di protezione, dovrebbe essere un'opzione di default.
Non si dovrebbe parlare di altre tipologie di investimenti se prima non si è smarcata la questione.
Il tema non ammette superficialità e approssimazione, va affrontato e risolto quanto prima.
A queste principali obiezioni, è possibile aggiungerne un'altra che, per mia esperienza, percepisco essere abbastanza radicata: "poi non posso più cambiare idea".
La risposta è molto semplice: non si deve tornare indietro e cambiare idea.
L'unico cambiamento contemplato è il rafforzamento della consapevolezza che non si può aspettare, e che, come dico sempre ai miei clienti che sottoscrivono il loro Fondo Pensione, bisogna benedire il momento in cui si è deciso di partire.
Gli stessi limiti al disinvestimento sono in realtà un'autentica salvezza: dare infatti la possibilità alle persone di attingere in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo al capitale accumulato nel fondo pensione stesso equivale a far sì che quella
somma, alla pensione, non ci arriverà mai.
Mai come in questo caso la tentazione rende l'uomo ladro.
Ladro del proprio futuro e della propria sicurezza finanziaria.