Annualmente l'Istat diffonde dei contenuti in materia di pensioni.
Un argomento ultra sensibile per tutti i lavoratori di questo mondo, e in modo particolare per quelli italiani.
Ecco allora una breve analisi del 7° rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano.
Nell'analizzare le pensioni, la situazione si presenta sfavorevole anche per quelle medie e medio alte che da tempo hanno le prestazioni non indicizzate all'inflazione, e che oltre i 100 mila euro sono state "tagliate" senza un metodo scientifico.
Su 16 milioni di pensionati, circa la metà è totalmente o parzialmente assistita dallo Stato, e quindi da tutti noi, attraverso le tasse che paghiamo.
Circa 800 mila pensionati (il 5,12%) usufruiscono della pensione o assegno sociale.
Che cosa vuol dire?
Che fino a 66 anni sono stati sconosciuti al fisco nel senso che non hanno mai pagato né contributi sociali e neppure le imposte dirette.
Poi si sono palesati richiedendo l'assegno mensile in assenza di redditi.
Uno Stato di diritto aiuta i più deboli, ma in altri paesi europei dopo una certa età (33/36 anni) si chiede al soggetto sconosciuto di che cosa vive, prendendo i relativi provvedimenti, come succede in Svizzera e Germania.
Da noi no.
E così, senza fare troppe domande, a presentazione di un ISEE che può essere anche discutibile, si paga a piè di lista senza conferire parola.
Anzi, qualcuno propone pure di aumentare queste prestazioni assistenziali a danno delle pensioni più alte.
Ci sono poi altri 2,9 milioni di pensionati (il 18,2%) che beneficiano dell'integrazione al minimo di 513 euro al mese.
Questi ex lavoratori sono stati parzialmente sconosciuti al fisco, in quanto in 67 anni di vita non sono riusciti nemmeno a versare 15/17 anni di contribuzione.
Che hanno fatto nei trent'anni precedenti?
Anche qui nessuna domanda, ISEE e pagamento a piè di lista.
Poi ci sono circa 800 mila altri pensionati (il 5%) che sono in una situazione uguale a quella precedente, ma che per legge prendono la maggiorazione sociale di 630 euro al mese per 13 mesi.
Anche qui stesso discorso: pagamento a domanda.
Siamo così arrivati al 28,3% dei pensionati che, come si sarà capito, non hanno subito un'ingiustizia sociale, ma beneficiano di un sussidio, perché per 66 anni di vita non hanno pagato tasse e contributi.
Poi abbiamo ancora circa 160 mila pensioni di guerra (l'1%), relative al conflitto finito nel 1945.
Ovviamente sono pensioni basse, anche perché molte sono a beneficio dei superstiti.
A buona parte di questi pensionati, circa 2,4 milioni con una prevalenza di donne, viene erogata la cosiddetta 14° mensilità che, assieme ad altre prestazioni assistenziali, aumenta un pochino le pensioni di cui sopra.
Ci sono infine 2.743.988 prestazioni di invalidità civile (17%), di cui oltre 582 mila che hanno solo la pensione di invalidità, oltre 1.764.000 con la sola indennità di accompagnamento, e 397 mila percettori di entrambe le prestazioni, che si sommano
ai circa 1,158 milioni di invalidi previdenziali Inps (7,2%) e alle 716 mila prestazioni Inail per le inabilità o invalidità da infortuni sul lavoro.
Sono tutte pensioni modeste, anche se spesso integrate con l'indennità da accompagnamento per i non autosufficienti: totale generale delle pensioni sotto i mille euro, 53%.
L'Istat dovrebbe anche spiegare ai cittadini che per circa 8 milioni di pensionati su 16 milioni, non ci sono pensioni ma benefici assistenziali sui quali non gravano imposte.
L'Irpef, circa 50 miliardi, grava sul 40% dei pensionati che prendono più di 1.200 euro al mese, e soprattutto su quel 24,7% di ex lavoratori con prestazioni da 2 mila euro in su; cioè sulle pensioni vere, pagate con tasse e contributi da chi le percepisce.
Poiché sono in pagamento circa 23 milioni di prestazioni per 16 milioni di pensionati, significa che ogni pensionato prende in media 1,42 prestazioni, e che l'importo medio è pari a oltre 18 mila euro l'anno.
Se poi escludiamo le pensioni assistenziali, l'importo medio delle pensioni vere passa a 25.590 euro annui lordi.
Identiche considerazioni per le donne: è vero che hanno redditi mediamente più bassi(non solo in Italia per la verità), ma se consideriamo che l'80% delle pensioni di reversibilità è rosa, sapendo che nel migliore dei casi l'importo di queste prestazioni
è il 60% della pensione originaria, la media non può che essere più bassa.
Peccato che tutte queste cose non si sentano alla tv in prima serata.
Alla luce di tutto questo, è inutile dire che il sistema previdenziale italiano è quanto mai precario.
Urge, quanto prima, pensarci privatamente.