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www.davideberto.it2024-10-11
  • Quanto mancherà alla fine di questa proiezione?
    Sembra davvero di essere al cinema.
    La dimensione è così surreale che quasi non sembra vero ciò che stiamo vivendo.
    Nel giro di pochi giorni tutto è cambiato.
    Tutto quello che era normale, oggi non lo è più.
    Siamo entrati in una sorta di realtà virtuale.
    Virtuale anche perché sono diventati virtuali i nostri rapporti, con incontri e riunioni fatte dallo schermo di un computer, o semplicemente in conference-call attraverso la voce di un cellulare.
    Mascherine, guanti, il numero dei contagiati, quello dei morti, il vuoto delle piazze, delle strade, delle vetrine spente, di bar e ristoranti chiusi.
    Forse avevamo bisogno, in questa impossibile frenesia delle nostre vite, di fermarci un pò e comprendere con quanta facilità e fragilità tutto quello che abbiamo costruito, attorno a una visione di globalità e globalizzazione, rischi di rendere labili le nostre vite e le nostre individualità.

    Il Coronavirus probabilmente ci sta concedendo quel tempo che avevamo perso.
    Il tempo da passare in più a casa, con i nostri affetti e con le nostre famiglie.
    Il tempo per tornare a riscoprire valori e ideali che fanno parte delle nostre identità, che non possono essere espressi attraverso semplici percentuali.
    Non siamo numeri, siamo persone, siamo individui.
    La percentuale non somma le nostre singole capacità.
    La percentuale non tiene conto della forza emotiva e propulsiva che ognuno di noi è capace di esprimere.
    Il Coronavirus ci sta allora dimostrando che molte cose si possono fare.
    Sono bastati pochi giorni per abbassare i livelli delle polvere sottili.
    Si può combattere l'inquinamento e vivere meglio le nostre vite in un ambiente sostenibile.
    La tecnologia a nostra disposizione può essere utilizzata di più e meglio di quanto non avessimo fatto finora.
    Quel maledetto virus ci sta dimostrando che possiamo unirci in sforzi comuni, e che quando siamo chiamati a dare il massimo, il massimo non sappiamo nemmeno quale limite abbia verso l'alto.

    Questo è il tempo delle scelte che un domani ci faranno sentire migliori e più forti.
    E' il tempo in cui fermarsi vuol dire capire che non sta finendo tutto.
    E' il tempo in cui fermarsi vuol dire imparare anche ad essere più razionali.
    Quante volte, da grande amante dello sport e del calcio in particolare, mi sono sentito dire "Davide, ricorda sempre che la miglior difesa è l'attacco!".
    Passiamo allora all'attacco, il virus lo sconfiggeremo.
    Possiamo all'attacco consapevolmente anche con i nostri risparmi e investimenti.
    Impariamo a farlo guardando alla storia, sempre grande maestra di vita.
    Usiamo la storia anche in campo finanziario, che poi, come sapete, è quello di cui mi occupo.

    Il mondo non è certo finito.
    Il mondo dentro ciascuno di noi è fatto di progetti, di crescita, di voglia di fare e di vivere.
    Quanto durerà il film di cui siamo attori protagonisti?
    Questo non lo possiamo sapere, ma sappiamo che le luci in sala presto si riaccenderanno e la proiezione ci avrà lasciato emozioni forti, forse anche dolore.
    Il film ci avrà fatto capire, spero, come comportarci in tanti aspetti della nostra vita.
    Ma se restiamo solo a guardare, tra qualche settimana, tra qualche mese, quando tutto questo sarà finito, rischiamo di vivere di rammarichi.
    Il rammarico per non essere entrati in scena e aver recitato al meglio la nostra parte.
    E la nostra parte da protagonisti la viviamo gestendo correttamente le nostre vite anche dal punto di vista finanziario, imparando dal passato e ripercorrendolo nel progetto del nostro percorso di vita.
    Il passato ci racconta sempre e solo la stessa storia: le crisi passano, il mondo va avanti e pù profonda è la crisi, più grande sarà la ricchezza che verrà prodotta negli anni a venire.
    Ecco perché, con metodo e nel modo corretto, è il momento di ANDARE ALL'ATTACCO anche con i nostri risparmi, con i nostri investimenti.

    Mi sono dilungato troppo, ci sono ancora le 7 Notizie da leggere ...
    Il film è finito, le luci si accendono, la sala si svuota.
    Le persone escono tenendosi per mano, si abbracciano, si baciano, si toccano, ridono, con gioia della vita che, se vissuta, non ci deluderà mai.
    Facciamone tesoro.

    Buona lettura!

  • 1 - DOVE ANDRANNO I MERCATI? CE LO DICE GOOGLE TRENDS!

    Cogliere l’umore degli investitori attraverso i motori di ricerca sul web.
    Gli eventi legati a Covid-19 stanno confermando la centralità di questo indicatore per capire dovrà andranno in futuro i mercati finanziari.
    Le strategie di investimento legate ai big data non sono certamente una novità dell’ultima ora.
    Da anni ci sono infatti case di investimento che impostano le loro scelte di portafoglio scandendo milioni e milioni di dati che transitano sulla rete (Facebook, Twitter, Google …) per carpire gli stati d’animo degli investitori.
    Nei giorni scorsi, attraverso Google Trends, è stata pubblicata un’analisi in cui si evidenzia che nel mese di Marzo negli States, le ricerche con le parole “stock market” hanno raggiunto record importanti con dinamiche molto elevate anche nei primi giorni di Aprile.
    I livelli di ricerca hanno superato quelli toccati durante la crisi finanziaria del 2008-2009, doppiando le ricerche di allora.
    D'altra parte, negli ultimi anni la rete ha avuto una forte diffusione, e oggi è un termometro più capillare.
    Andando ancora più nel dettaglio, sono state analizzate anche altre due frasi per capire se il sentiment degli utenti del web è più orientato al rialzo o al ribasso dei mercati.
    Le due frasi che sono state confrontate con il numero di volte in cui sono apparse, sono “how to buy stock” (come comprare azioni) e “how to short stock” (come vendere azioni allo scoperto).
    Ambedue le voci hanno avuto un’impennata molto vistosa nel mese di Marzo, con gli utenti del web che sono andati alla ricerca di opportunità di investimento sul mercato sia al rialzo, che anche al ribasso.
    La forza delle ricerche finalizzate però all’acquisto di titoli è stata più intensa rispetto a coloro che puntano invece al ribasso.
    Ergo, il sentiment degli investitori nelle ultime settimane è stato più a favore di un rimbalzo dopo il netto calo iniziale, diventando più ottimista.
    Insomma, per capire dove andranno i mercati, il termometro del sentiment diventa sempre più importante, e la ricerca attraverso i motori web può certamente aiutare.
    Un quadro che deve far riflettere soprattutto gli addetti ai lavori, e che dimostra quanto sia prezioso poter controllare in anticipo questi flussi.
  • 2 - MOLTI PENSANO ANCORA ALL'ARABIA SAUDITA ...

    Non è certamente una novità.
    Da sempre il petrolio è una componente fondamentale di condizionamento dell’economia mondiale, strettamente legata alla geopolitica.
    Il petrolio è anche lo strumento che, più di ogni altro, rispecchia le condizioni future dell'intera economia globale.
    Per la prima volta nella storia, nei giorni scorsi un contratto su una commodity (materia prima) ha perso valore al punto da registrare un prezzo negativo.
    Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia sono oggi gli attori principali sulla scena globale del mercato del petrolio.
    Nel 2019, i 3 paesi garantivano insieme il 42% della produzione mondiale: 19% gli USA, 12% l’Arabia Saudita e 11% la Russia.
    Poi viene il resto del mondo con Canada, Cina, Iraq, Iran, Emirati Arabi Uniti, Brasile, Kuwait e una miriade di altri paesi produttori.
    A molti, quando si parla di petrolio, viene naturale pensare ai paesi arabi e all’Arabia Saudita su tutti.
    Ricordo a tal proposito che Aramco, la compagnia petrolifera nazionale saudita, si è parzialmente quotata in Borsa nei mesi scorsi (ne ho parlato nella 7 Notizie in 7 Minuti del 5 Novembre 2019).
    In realtà il principale paese produttore di petrolio oggi al mondo è rappresentato dagli Stati Uniti d’America con 19,5 milioni di barili al giorno estratti, seguito ai numeri attuali dall'Arabia Saudita e dalla Russia quasi appaiate (rispettivamente 11,8 e 11,5 milioni di barili giornalieri).
    In America petrolio fa soprattutto rima con Shale Oil, olio di scisto, prodotto frammentando le rocce di scisto bituminoso e provocando purtroppo seri danni ambientali.
    I frackers hanno infatti restituito agli Stati Uniti il primato mondiale come produttori e fornitori di greggio, con una produzione di molto superiore agli altri paesi.
    Diciamo che negli ultimi anni in America hanno prodotto Shale Oil come se non ci fosse un domani, inondando il mercato e contribuendo così ad abbassare il prezzo del greggio.
    Il problema è quello che molte delle aziende produttrici americane non sono mai state in grado di generare flussi di cassa positivi, nemmeno quando il barile costava più di 100 dollari, il quintuplo e oltre rispetto ai valori attuali.
    I loro costi di produzione sono infatti molto elevati, e hanno pertanto bisogno di un prezzo più alto della concorrenza al barile estratto.
    Anni di denaro facile hanno fatto accumulare al settore dello Shale Oil 175 miliardi di dollari di debiti spazzatura (i cosiddetti junk bonds), per cui molti operatori faticano ormai a pagarne anche solo gli interessi.
    Le pianure del Texas sono oggi piene di “zombie che camminano”, aziende che rischiano di infettare altri settori di un’economia già debilitata dal virus.
    I licenziamenti già si contano a decine di migliaia, annunciati sia dalle compagnie che dalle società di servizi petroliferi.
    A Houston sta già entrando in crisi anche il settore immobiliare.
    I problemi riguardano ovviamente anche le banche, che all’Oil & Gas (shale oil e compagnie tradizionali) hanno concesso prestiti per 300 miliardi di dollari, per un indebitamento complessivo del settore pari a 1.900 miliardi.
    L’amministrazione USA sta cercando in ogni modo di salvare il settore petrolifero, anche con possibili tagli di produzione in stile Opec.
    Ai frackers ormai nessuno scuce più un soldo.
    La fiducia nei loro confronti sta a zero.
    Uscendo dagli Stati Uniti, l’Arabia Saudita possiede invece il 18% delle riserve mondiali accertate di petrolio, ed è il più grande esportatore al mondo di greggio.
    Petrolio e gas rappresentano circa il 50% del Pil del paese, e circa l’85% dei suoi proventi da esportazione.
    Per quanto riguarda invece la Russia, la maggior parte delle sue riserve si trovano nella Siberia occidentale, nonché nella regione degli Urali-Volga fino al Mar Caspio.
    La Russia dipende per circa la metà dei suoi conti dall’industria petrolifera e dal gas.
    Ecco spiegato perché quello che veniva definito oro nero ha ancora oggi un impatto così importante nelle economie e nella geopolitica mondiale.
    Oggi i depositi di petrolio al mondo sono vicini alla loro massima capienza e, come se non bastasse, il Covid-19 ha abbassato drasticamente il suo utilizzo in un'economia a dir poco fiaccata dal suo impatto.
  • 3 - CHI CRESCE E CHI INVECE LOTTA PER SOPRAVVIVERE

    Come in tutte le guerre, c'è chi lotta per la sopravvivenza e chi va invece a gonfie vele.
    L'Italia e non solo, comincia a fare la conta dei danni da Coronavirus.

    > Lotta per sopravvivere in questo periodo il settore dell'automobile.
    A Marzo si sono vendute in Italia appena 20mila auto, un decimo del solito.
    E' andato bene invece nel mese il settore delle vendite al dettaglio.
    Il comparto alimentare, rispetto allo stesso mese del 2019, ha registrato un +9,6%.
    Le famiglie hanno fatto scorte di cibo e hanno mangiato di più a casa.
    Più 4% anche la vendita di prodotti farmaceutici e terapeutici.
    Più 8% i servizi di telecomunicazione, dato che internet è l'unico mezzo che consente di lavorare da casa e di restare in contatto con parenti e amici.

    > La multinazionale americana Procter&Gamble (P&G) ha presentato i conti del trimestre appena concluso Venerdì scorso: +6% nelle vendite, grazie ad Europa e Nord America.
    Ha venduto soprattutto prodotti per l'igiene, ma ha un subito un crollo nei suoi rasoi Gillette in quanto molti si radono di meno se non vanno al lavoro.

    > Il mercato dei notebook a Marzo in Italia si è impennato del 43%.
    Richieste importanti sono arrivate anche per le stampanti domestiche con scanner.
    Scelta dettata dalle necessità delle aziende, nell’emergenza, di dotare i propri dirigenti e dipendenti di strumenti adatti a siglare documenti per inviarli poi in sede.
    E’ un mondo in movimento con un impatto evidente dello smart working.
    Alla domanda di aziende e famiglie, si è aggiunta anche quella del Governo che ha acquistato molti tablet da distribuire nelle scuole.

    > Marzo record per Glovo.
    La piattaforma multi delivery per le consegne a domicilio ha registrato un +900% nelle spedizioni tra privati.
    Balzo anche della spesa online (+300%), dei farmaci da banco e di tutti quei prodotti diventati essenziali o di difficile reperibilità nei giorni della pandemia.
    Aumentano anche gli esercenti che utilizzano Glovo (+46%), con una forte predominanza dei piccoli ristoranti.

    > Amazon può ora investire in Deliveroo.
    Lo ha stabilito la Cma (l’Antitrust inglese), dopo aver preso in considerazione nuove proposte d’urgenza presentate dalla start up britannica, leader nel food delivery.
    Sul piatto c’è un aumento di capitale (per la modica cifra di 575 milioni di dollari …) per Deliveroo, annunciato a Maggio 2019 da Jeff Bezos, numero uno di Amazon.
    Il via libera è arrivato soltanto nei giorni scorsi, dopo che la stessa Deliveroo ha provato che l’impatto del Coronavirus sulla sua attività prefigura un fallimento finanziario senza nuove iniezioni di liquidità.
    Entrambe le aziende lo hanno definito come un investimento di minoranza per migliorare la posizione di Deliveroo nel mercato globale delle consegne di cibo a domicilio.
    A Dicembre Cma aveva visto l’accordo come una minaccia alla leale concorrenza bloccandolo.
    L’investimento di Amazon si è ora trasformato in una necessità per la sopravvivenza di Deliveroo durante la pandemia.

    > Rispetto soltanto a Gennaio 2020 in Italia, le navigazioni di siti online a fine Marzo sono aumentate del 68%.
    L’uso dei social media del 36%.
    Molte aziende stanno scommettendo sull’intrattenimento virtuale.
    Così, dagli Stati Uniti, anche Airbnb ha deciso di diversificare il suo business puntando sull’intrattenimento e dando il via alla sezione dedicata alle esperienze digitali.
    L’utente può collegarsi con Zoom e partecipare a sessioni di cucina, yoga, disegno, con incontri tenuti da host in tutto il mondo.
    Nella grande distribuzione, Coop ha promosso una campagna anche sui quotidiani per veicolare i suoi servizi gratuiti di intrattenimento.
    Se la casa comincia a stare stretta, fate largo all’intrattenimento con “A casa con Coop” recita il messaggio.
    Molte aziende stanno allora ripensando i consumi digitali della clientela, con una moltiplicazione di prodotti multimediali.
    La permanenza a casa ci abitua d’altronde a fruire i media in modo pervasivo e trasversale.
  • 4 - IL CORONAVIRUS SPINGE IL BUSINESS DI AMAZON

    Amazon ha annunciato che a stretto giro assumerà altri 75mila dipendenti, che si andranno ad aggiungere ai 100mila dichiarati tempo fa.
    L'intento è quello di rafforzare le attività di logistica in un momento in cui, complice il lockdown globale, gli acquisti online sono diventati una delle principali fonti di approvvigionamento delle famiglie.
    Più nel dettaglio, Amazon ha fatto sapere di aver già occupato le 100mila posizioni temporanee a tempo pieno precedentemente annunciate, e di aver dunque bisogno di nuova forza lavoro.
    I nuovi assunti, in aggiunta a un aumento temporaneo dei salari di 2 dollari all'ora, costeranno ad Amazon circa 500 milioni di dollari, più quindi dei 350 precedentemente stimati.
    D'altra parte, come detto, lo shopping online è considerevolmente aumentato, e Amazon e i suoi corrieri sono diventati un punto di riferimento chiave per tutti coloro che non possono avventurarsi di persona nei negozi, peraltro chiusi per lo più.
    Anche se alcune aziende, giganti tecnologici rivali del colosso di Jeff Bezos, hanno di recente ritirato le linee guida sugli utili annunciate nei mesi scorsi, perché temono comunque un effetto sulla domanda causato dalla pandemia, gli analisti sono invece convinti che Amazon trarrà vantaggio dalle tendenze degli acquisti generate dal virus.
    E il titolo azionario dell'azienda quotata al Nasdaq di New York vola verso nuovi massimi storici in controtendenza, un pò come Zoom, rispetto ai mercati finanziari.
    Nonostante tutto, anche Amazon deve comunque fare i conti con l'epidemia di Covid-19 all'interno dei propri centri di smistamento.
    Secondo quanto riferito dai media americani e dai lavoratori stessi, ci sono già dozzine di casi negli Stati Uniti.
    Tanto che, secondo alcuni dipendenti, parte delle nuove assunzioni servono proprio a coprire i posti lasciati vuoti da chi ha smesso di andare al lavoro perché malato, o per paura di contrarre il virus.
    Amazon, a riguardo, ha fatto sapere che i dipendenti possono rimanere a casa senza paura di essere licenziati.
    Ha inoltre anche assicurato di aver implementato un protocollo per evitare il diffondersi del virus nei luoghi di lavoro, adottando misure di igiene e pulizia più profonde presso le proprie strutture, compresi gli screening della temperatura e la riorganizzazione delle postazioni di lavoro per favorire il necessario distanziamento sociale.
    Nonostante questo i dipendenti si ammalano, e alcuni scioperando hanno sollevato dubbi sul fatto che l'azienda non stia facendo realmente abbastanza per tenerli al sicuro.
  • 5 - ZOOM: L'APP PIU' IN VOGA VOLA AL NASDAQ

    La tua felicità è la mia felicità”.
    Questo il motto di Eric Yuan, il 50enne fondatore cinese CEO di Zoom, l’app delle videoconferenze online.
    In questo triste periodo caratterizzato dal Covid-19, la sua azienda sta aiutando le persone di tutto il mondo a connettersi e a "guardarsi negli occhi", anche se solo virtualmente.
    Zoom può essere usata da chi è costretto a casa non solo per studiare e lavorare, ma anche per ritrovarsi con amici e familiari lontani, alleviando così, almeno in parte, le difficoltà dell’isolamento.
    Intanto le quotazioni in Borsa dell’azienda (Zoom Video Communication Inc. è quotata al Nasdaq di New York) si stanno impennando in controtendenza rispetto a tutta Wall Street.
    Negli ultimi mesi, da quando è scoppiato l’allarme globale per il Coronavirus, il prezzo delle azioni Zoom è infatti raddoppiato, contro una perdita di circa il 20% dell’indice generale S&P500 e del Nasdaq, il mercato sul quale l’azienda ha debuttato solo un anno fa (era il 18 Aprile 2019).
    E dal prezzo della Ipo (offerta pubblica iniziale di emissione azioni) fissato a 36 dollari, la performance è stata superiore al 300%.
    Il fenomeno Zoom nasce, come il suo fondatore, in Cina.
    A metà degli anni 90 Yuan decise di trasferirsi negli Stati Uniti perché “in America c’era il boom di Internet, che invece in Cina non era ancora partito, e io immaginavo che quello fosse il futuro”.
    Per un anno e mezzo però, niente da fare.
    La sua richiesta di visto venne respinta per ben sette volte dalle autorità USA.
    Finalmente nel 1997 il suo arrivo nella Silicon Valley dove inizia a lavorare per WebEx Communications, startup che sviluppava videoconferenze via Internet.
    Nel Luglio 2000 la società si quota in Borsa, e nel 2007 viene acquisita per 3,2 miliardi di dollari da Cisco, colosso delle infrastrutture per le connessioni web quotato anch'esso al Nasdaq.
    Yuan è promosso vicepresidente di Cisco per l’ingegneria, nonché responsabile del software per i prodotti di collaborazione online.
    Prodotti che presentavano però parecchi problemi.
    Poiché Cisco non gli dava gran retta, nel Giugno 2011 Yuan lascia il suo incarico per creare la soluzione di comunicazione video che aveva sognato fin da quando era studente in Cina.
    Una quarantina di ingegneri lo seguirono, lanciando con lui la piattaforma Zoom nel 2011.
    Inizialmente pensata per le aziende, per le videoconferenze e per il lavoro di squadra a distanza, presto Zoom viene adottata dalle scuole per le lezioni online, così come da molte altre categorie di utenti: sviluppatori di software che scrivono programmi insieme, dottori che fanno diagnosi di pazienti, avvocati che intervistano testimoni, attori e musicisti che fanno prove virtuali.
    E ora, anche amici e parenti usano Zoom per tenersi in contatto.
    Zoom consente di condividere un evento in gruppi fino a 100 persone, ognuna delle quali appare in video sullo schermo del pc, del tablet o dello smartphone, in maniera gratuita per 40 minuti.
    Nelle scorse settimane il New York Times titolava “adesso viviamo tutti in Zoom”, notando come l'app sia diventata la numero uno fra quelle scaricate sullo store di Apple.
    A Marzo, in un solo giorno, è stata scaricata da 343mila persone …
    Un successo sorprendente, anche perché non mancavano prodotti simili già offerti dai giganti dell’hi-tech: Skype esiste dal lontano 2003, Google Hangsout, FaceTime di Apple …
    Zoom è semplice da usare e affidabile su qualsiasi apparecchio.
    Il suo CEO di definisce primo cliente dell'applicazione, di cui sperimenta personalmente la qualità, tanto che l’ha usata anche per incontrare virtualmente quasi tutti i venture capitalist che l’hanno finanziato nella crescita aziendale.
    Pensa, il suo volo a New York per l’Ipo è stato soltanto il suo ottavo viaggio di lavoro in cinque anni ...
    Fatturato e profitti di Zoom (rispettivamente 662 milioni di dollari e 21,7 milioni netti nel bilancio annuale chiuso il 31.01.2020) vengono dalle grandi aziende che pagano il suo servizio.
    Samsung, Walmart (catena americana di ipermercati), Capital One (settore bancario), Tesla, Uber, sono tra questi.
    Ma Yuan è convinto di essere solo all’inizio della crescita del suo business, finora realizzato prevalentemente negli USA, ma in forte espansione nel Regno Unito, in Giappone, in Francia, Germania, Australia, e anche in Italia.
    Con la pandemia in corso, le conferenze giornaliere su Zoom sfiorano le 350 mila ...
  • 6 - ADDIO AL VOLANTE OPPURE NO?

    Senza mani e senza piedi!
    Ecco come (non) guideremo in futuro.
    Di guida autonoma si parla da tempo, ma a che punto siamo?
    Quando ci muoveremo su un veicolo senza che a bordo ci sia qualcuno con la patente?
    Quando potremo vivere in un mondo senza traffico, emissioni e incidenti?
    Da tempo ormai si ripete che l’automazione alla guida è il futuro.
    Un futuro prossimo.
    Solo che si dice questo da anni, e qualcuno aveva già indicato il 2020 come l’anno della possibile svolta.
    Nonostante le tecnologie ci siano, e le case automobilistiche investano cifre esorbitanti, è il mercato a non esserci ancora.
    Mancano infrastrutture e normative, tanto che qualcuno inizia a chiedersi se mai si arriverà realmente alla driverless car.
    L’AI (intelligenza artificiale) funziona in determinate circostanze:in un’autostrada a tre corsie con linee divisorie ben evidenti potremmo anche forse immaginare di togliere le mani dal volante, ma su una vecchia strada di montagna, tra i tornanti, o nel centro storico di Roma, l’impresa sembra impossibile anche per le telecamere, i radar e i sensori più precisi.
    Nel 2014 la SAE (Society of Automotive Engineers) , il più importante ente al mondo di normazione nel campo dell’industria automobilistica e aerospaziale, stilò una classifica immaginando i livelli di automazione possibili: da 0 a 5.
    I visionari come Elon Musk che si sono esposti con progetti all’avanguardia, hanno poi dovuto tirare un tradizionale freno a mano sulle loro ambizioni.
    Tesla è sì full electric, ma non in grado di guidare da sola in qualsiasi circostanza (casomai fa parte del cosiddetto livello 2), e ora si avanzano anche fortissimi dubbi che Musk riesca effettivamente a consegnare entro l’anno un milione di robotaxi elettrici con cui intendeva far concorrenza a Uber.
    L’unica auto arrivata oggi al livello 3 è l’Audi con la sua A8 (monta il Traffic Jam Pilot).
    Ma questo non vuol dire che il conducente potrebbe guardarsi un film mentre l’ammiraglia dei quattro anelli è in viaggio ...
    Ci sono infatti alcuni aspetti da considerare: un’auto guida da sola perché l’hardware utilizza telecamere, radar millimetrici, sensori a ultrasuoni laser, mentre il software sfrutta gli algoritmi di intelligenza artificiale “insegnando” alla macchina, per esempio, come non centrare semafori o pali.
    Ragion per cui le prime vetture di serie simili hanno circolato inizialmente in autostrada, dove non spuntano pedoni all’improvviso e dove mancano complicati incroci.
    Nessun paese al mondo, inoltre, permette al semplice utente di togliere definitivamente le mani dal volante, nonostante in alcuni (Italia compresa) siano state autorizzate sperimentazioni.
    A Parigi si sono fatti test con i taxi autonomi Delphi nel quartiere hi-tech Saclay.
    A Goteborg la Volvo ha attivato il programma Drive me, con clienti normali che hanno provato auto di livello 2.
    In Italia si deve invece citare l’esempio della VisLab, spin off dell’Università di Parma, finito poi nel 2015 nella Silicon Valley dopo essere stato rilevato da Ambarella.
    Pioniere nel settore, VisLab ha ottenuto dal ministero dei trasporti il permesso di effettuare test su strade private.
    La sperimentazione si svolgerà su tratti di strada prestabiliti in ambito urbano a Parma e Torino, garantendo la presenza di una persona a bordo pronta a intervenire in caso di necessità, come già avviene nel resto d’Europa.
    Vedremo allora quale e quando sarà il futuro dell'auto senza volante.
    Ma in tutto questo occorre anche considerare il fatto che il Covid-19 ha avuto un impatto molto forte nel settore dell'automotive, facendo probabilmente slittare ulteriormente i tempi.
  • 7 - A BREVE DRONI E ROBOT PER LA SPESA A DOMICILIO

    Le consegne a domicilio crescono velocemente.
    E’ sotto gli occhi di tutti in questo periodo l’assalto virtuale alla spesa, con il sistema di delivery di catene e aziende di logistica al collasso perché non riesce a far fronte alle richieste.
    Dove il problema non sono gli approvvigionamenti, ma proprio l’ultimo miglio, ovvero il sistema di distribuzione al consumatore finale.
    Anche senza l’emergenza Coronavirus, comunque, l’andamento dell’e-commerce sta alimentando una rapida crescita dei volumi di consegna dei pacchi.
    Un mercato che, si stima, dovrebbe raggiungere i 665 miliardi di dollari nel mondo entro il 2030.
    I consumatori si aspettano che i colli vengano consegnati sempre più rapidamente.
    Questa richiesta sta spingendo le aziende a esplorare tecnologie di consegna automatizzate per coprire l’ultima tappa del viaggio.
    Automatizzare l’ultimo miglio prevede che le consegne automatizzate genereranno entrate fino a 48 miliardi di dollari entro il 2030, anche se questa tecnologia riguarderà solo il 20% di tutte le consegne possibili.
    Nel food si prevede la crescita maggiore.
    I ricercatori hanno infatti previsto un drastico aumento di oltre il 65% della domanda di food delivery, sempre entro il 2030.
    Anche in Italia, ad esempio, il Food&Grocery online è il settore cresciuto con il ritmo più sostenuto nel 2019: +39%, a fronte del +15% dell’e-commerce nel suo complesso.
    La componente più rilevante è rappresentata dall’alimentare, a sua volte suddivisibile in 3 segmenti principali: Grocery Alimentare (prodotti da supermercato), Enogastronomia (prodotti di nicchia) e Food Delivery (piatti pronti).
    Le nuove tecnologie di consegna automatizzata rientrano a loro volta in quattro categorie chiave: droni, robot con gambe, robot con ruote e veicoli autonomi.
    Tra queste, i veicoli autonomi abbinati ai droni sembrano la più promettente, tanto che si prevede arriveranno a consegnare più di 20 miliardi di pacchi all’anno entro il 2030.
    I droni, già sperimentati in America da Amazon, Flirtey, Wing e altri, sono attualmente limitati a un piccolo raggio di consegna, ma possono acquistare maggiore autonomia se abbinati a un veicolo autonomo in movimento.
    Più immediato invece l’utilizzo di robot su ruote, più facili da sviluppare, sebbene possano essere impegati solo in zone poco congestionate.
    La startup Starship Technologies ha implementato una flotta di 30 robot alla Purdue University, il più grande campus universitario americano, per offrire la consegna automatizzata di cibo.
    Starship ha collaborato con ristoranti e negozi locali per consegnare prodotti alimentari e bevande in un’area limitata del campus.
    Questi robot a guida autonoma hanno effettuato oltre 100mila consegne in soli due anni, e si prevede raggiungeranno 1,5 miliardi di consegne entro il 2030.
    Il robot si reca presso una porta dedicata del ristorante, attende che l’ordine venga inserito e bloccato, quindi viaggia autonomamente verso la destinazione.
    Una volta arrivato, il cliente riceve un avviso e può quindi incontrarlo e sbloccarlo tramite l’app.
    I robot usano una combinazione di apprendimento automatico, intelligenza artificiale e sensori per viaggiare sui marciapiedi e superare gli ostacoli.
    Gli stessi robot sono stati sperimentati anche da Just Eat a Greenwich per le consegne a domicilio a partire dal 2016.
    Domino’s Pizza, dopo aver sperimentato le consegne via drone, è convinta invece che il futuro della consegna a domicilio della pizza sia Dom: un veicolo a quattro ruote con scomparti costruiti per mantenere calde le vivande, e fresche le bevande, mentre viaggia sul marciapiede a una velocità sicura dal negozio alla porta del cliente.
  • Recentemente mi è capitato di leggere un'intervista fatta a Robert Shiller, economista americano considerato come uno dei padri della finanza comportamentale, nonché anche premio Nobel per l'economia nel 2013 grazie alle sue analisi empiriche sui prezzi delle attività finanziarie.
    Shiller sostiene nel suo nuovo libro (Economia e narrazioni il titolo) che non siamo molto bravi a capire le fluttuazioni dell'economia legate ai cambiamenti di umore della gente.
    La grande depressione iniziata nel '29 negli Stati Uniti è stata anche il frutto della perdita di fiducia degli americani.
    Come disse il presidente Franklin Delano Roosevelt nel 1933: "l'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa".
    La crisi scoppiata nel 2008-2009 è stata rinominata Grande Recessione con un richiamo agli anni Trenta: la gente ha avuto di nuovo paura di scenari terribili, e il calo dell'economia è stato esagerato dalla perdita di fiducia nel Paese.
    Alla domanda "come può difendersi un risparmiatore dai rischi di nuovi crolli?", Shiller ha risposto "la diversificazione degli investimenti, fra azioni e obbligazioni e su diversi mercati nel mondo, resta il più potente strumento per ridurre i rischi".

    Ti auguro un sereno fine settimana!
    Un caro saluto,

    Davide