Fino a poche settimane fa, il piccolo
Libano si reggeva su di un paradosso.
Lato politico era uno dei Paesi più instabili del Medio Oriente, lato finanziario era invece il più stabile, un modello.
Tutto merito di un dinamico settore bancario, su cui si reggeva l’intera economia, che da sempre finanziava buona parte dell’ingombrante debito pubblico (già 10 anni fa superava il 120% del Pil).
Di crisi il Libano ne ha vissute tante, lunghe e drammatiche.
Eppure ha sempre onorato i suoi debiti.
Perfino durante il periodo della guerra civile (1976-90), quando 15 anni di scontri fratricidi si lasciarono dietro 200mila vittime e un paese in macerie, quello che restava delle istituzioni aveva provveduto a rimborsare i debiti.
Stavolta ha dovuto arrendersi.
Il 9 Marzo passerà alla storia per essere la data del primo default.
Il giorno in cui non è stato pagato un Eurobond da 1,2 miliardi di $ in scadenza.
“Come possiamo pagare i creditori quando la gente è in strada senza nemmeno i soldi per comprare una pagnotta?” aveva spiegato in precedenza il neo premier Hassan Diab.
Salito al potere lo scorso 21 Gennaio, era l’uomo cui era stato affidato l’arduo compito di trovare una soluzione alla grave crisi economica.
Poteva fare ben poco.
I conti erano drammatici, con un debito pubblico al 170% del Pil, un’inflazione oltre le due cifre, e un deficit che a fine 2018 aveva superato il 10%.
Sono ore frenetiche quelle di questi giorni nei palazzi del potere di Beirut e nei corridoi delle principali banche, alla ricerca di negoziare una ristrutturazione con i creditori.
Tutto pur di evitare azioni legali dalle conseguenze potenzialmente disastrose.
Ma torniamo al recente passato.
Nel 2010, quando le economie occidentali si leccavano le ferite per la crisi finanziaria mondiale iniziata nel 2008, le banche libanesi macinavano profitti.
I numeri erano impressionanti.
L’attività consolidata delle 54 banche aveva raggiunto i 129 miliardi di $ (il 12% in più del 2009 che a sua volta aveva registrato un +22% rispetto al 2008).
Sempre nel 2010, i depositi privati erano arrivati a 107 miliardi (+12% sul 2009).
Quanto al Pil, il +9,4% coronava un periodo di forte crescita in cui, nonostante l'instabilità, il sistema bancario libanese attraeva depositi da tutto il mondo.
In verità i problemi del Paese che importa tutto e vive di soli servizi erano già seri.
La guerra civile nella vicina Siria ha dato solo il colpo di grazia.
Un milione e mezzo di profughi si è riversato in Libano, trasformandolo nel Paese con il più alto tasso al mondo di rifugiati per abitante.
Le infrastrutture, già insufficienti, non hanno retto alla pressione.
I depositi bancari, vera spina dorsale su cui si reggeva il boom finanziario, avevano iniziato a ridursi.
Era l’inizio della mancanza di fiducia verso un Paese costruito sulla fiducia.
I conti pubblici, d’altronde, versavano da tempo in una grave situazione.
Alla fine i nodi sono arrivati al pettine.
Complice la corruzione endemica, i servizi di base per i cittadini sono crollati.
Il caro vita ha creato un esercito di poveri.
La classe media si è quasi estinta.
La situazione è molto seria.
Le banche, che già avevano imposto grossi limiti ai prelievi, hanno cominciato a rifiutarsi di convertire la lira libanese in $.
Tali misure hanno inferto un duro colpo alla capacità di importare beni.
Il governo si è così trovato nella situazione di dover decidere se usare le riserve per ripagare il debito, o saltare il pagamento in scadenza e conservarle per le importazioni.
Le più colpite dal default sarebbero proprio le banche (detengono 12 dei 31 miliardi di Eurobond emessi).
Ora il governo spera di trovare un accordo anche con i detentori stranieri di titoli non rimborsati.
Intenderebbe ristrutturare l’intero debito.
Grossa parte del debito scaduto è controllato dal fondo britannico Ashmore, e non è scontato che sia disponibile ad accettare proposte di ristrutturazione.
Si aprirebbe così la strada delle azioni legali.
Pur di evitarle il Libano proverà a invocare l’aiuto dell'FMI, ma il prezzo da pagare rischia di essere molto alto.
In cambio di un prestito, Beirut dovrà presumibilmente negoziare un pacchetto di dolorose riforme che metterebbero ancor più in difficoltà una popolazione già stremata.
Come non bastasse la crisi, ora anche il Covid-19 crea ulteriore panico e preoccupazione tra i cittadini che in buona parte già vivono sotto la soglia di povertà.