Se l’avvento di Internet ha cambiato il mondo,
l’arrivo del 5G rappresenta una nuova rivoluzione.
Siamo infatti davanti a una vera e propria digitalizzazione dell’economia e Donald Trump è consapevole che sta perdendo questa battaglia.
Se un alleato storico come la Gran Bretagna non gli dà retta e decide di aprire le porte alle forniture tecnologiche di Huawei, significa che la campagna per bloccare l’espansione del colosso hi-tech cinese rischia di finire nella sabbia.
Trump non ha però intenzione di arrendersi, anzi: la leadership nella costruzione delle reti 5G, quelle che permetteranno il cosiddetto Internet delle cose (IoT - Internet of Things), per il presidente americano è il cuore della strategia
di contenimento alla Cina.
Washington ritiene che Huawei lavori in stretto rapporto con l’esercito cinese (ovviamente la società nega questo), e che quindi installare in Occidente la sua tecnologia sia un pericolo altissimo per la sicurezza nazionale.
Gli esperti del settore assicurano però che, al momento, il modo più vantaggioso in termini di velocità, qualità e costo, è proprio quello di affidarsi a Huawei.
L’importanza del 5G va enormemente oltre l’aspetto tecnologico ed economico.
Le reti superveloci a banda larga saranno il sistema nervoso globale che permetterà alle macchine di comunicare tra loro, di moltiplicare la dimensione delle comunicazioni globali, di far viaggiare messaggi e video a una velocità cento volte superiore
a quella attuale.
Gran parte della vita e dell’economia dei prossimi decenni convergerà lì, e passerà per le reti 5G.
Possedere la chiave di questo sistema nervoso, vitale per ogni Paese, permetterà di influenzare, se non di controllare, economie, culture e forse anche governi.
Per questo è il cuore dello scontro geopolitico tra la potenza dominante, gli Stati Uniti, e quella emergente, la Cina.
Finora Huawei ha firmato contratti 5G con 65 compagnie di telecomunicazioni nel mondo.
Più di 30 di queste in Europa.
E’ una leadership mondiale aiutata dal fatto che in molti Paesi anche la tecnologia 4G, sulla quale l’azienda interviene per creare il 5G, è stata realizzata dal colosso cinese.
Cambiarla completamente aumenterebbe notevolmente i costi di realizzazione delle nuove reti.
Huawei, in più, ha già lanciato gli smartphone 5G, e anche qui è leader (Apple, ad esempio, non è ancora entrata nel mercato).
L’amministrazione Trump ha di fatto espulso Huawei dal mercato americano, mettendola nella lista nera che impedisce alle società USA di venderle tecnologie sofisticate.
Washington ha poi iniziato a fare pressioni su altri Paesi affinché mettano, anche loro, al bando l’azienda cinese.
La recente decisione di Londra di aprire le porte, anche se parzialmente, a Huawei ha deluso la Casa Bianca.
Il governo canadese ha invece sostenuto che quando deciderà in merito “terrà in considerazione gli aspetti geopolitici” della scelta.
Australia e Nuova Zelanda (con Stati Uniti, Regno Unito e Canada riunite nell’alleanza d’intelligence Five Eyes) hanno bloccato Huawei.
Complicata è invece la posizione dei Paesi europei.
Angela Merkel sembra avere tutte le intenzioni di far entrare il gruppo cinese nelle reti della Germania, soprattutto perché teme ritorsioni di Pechino contro l’export di auto tedesche.
In Italia, il ministro dello sviluppo economico ha detto lo scorso Dicembre che la possibilità di accesso a Huawei è garantita.
Parigi non escluderà il gruppo cinese dalla lista dei fornitori, anche se “darà la priorità a un operatore europeo”.
In Giappone, Huawei è stata bandita.
In Corea del Sud, uno dei tre operatori 5G usa invece la sua tecnologia.
In India, la situazione è ancora da definire.
In Russia, le porte sono aperte al gruppo cinese.
Tirando allora le somme, stiamo forse vivendo un curioso cambio di posizioni: nella geopolitica del 5G sembra infatti la potenza dominante a inseguire quella emergente.
Con uno scenario da non sottovalutare: che il pianeta si avvii a dividersi in due mondi separati, uno a egemonia americana e uno a dominio cinese.