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www.davideberto.it2024-10-11
  • Parlare di rischio a un investitore, attiva nella sua mente una sola idea: che il capitale (in parte o tutto) possa andare perduto.
    Soprattutto poi in periodi come quello che stiamo vivendo ...     
    Quello che servirebbe invece fare, è sostituire nel dialogo con il risparmiatore al discorso sul rischio, quello sull’orizzonte temporale.
    Perché se il punto centrale è l’analisi dei bisogni, allora occorre parlare di un tempo sufficiente all’investimento per rispondere ai bisogni dell’investitore.
    Anche perché, di per se, il rischio in finanza non è necessariamente legato alla perdita, ma indica piuttosto che si tratta di un sistema aleatorio, in cui concentrarsi eccessivamente sul rischio può far perdere opportunità e valore agli investimenti.
    Il sistema finanziario è un sistema che, da sempre, oscilla mentre sale.
    Questo è difficile coglierlo se si resta focalizzati sul breve periodo.
    Il cliente va accompagnato a non commettere errori di prospettiva e a fissare dei punti di riferimento che possano evitare di sbandamenti nel percorso.
    Il primo passaggio per evitare errori comportamentali da parte dell'investitore, è quello che ci sia una corretta consulenza comportamentale prima di tutto.

    Che ne pensi?

    Buona lettura!
  • 1 - LA STAMPANTE DI PELLE UMANA

    Una stampante 3D portatile è recentemente stata messa a punto dall’Università di Toronto per produrre strati di pelle con un bio-inchiostro, che vanno a ricoprire grandi ferite, come quelle da ustioni, accelerandone la guarigione.
    L’inchiostro è composto da cellule staminali, in particolare da stroma mesenchimale, che favorisce la rigenerazione della pelle e riduce le cicatrici.
    Il dispositivo, che include una testina di stampa microfluidica monouso per garantire la sterilizzazione, forma e deposita strati di pelle in meno di due minuti direttamente sulle ferite.
    Attualmente il metodo di cura per le ustioni prevede l’innesto di cute autologa, cioè il trapianto di pelle sana da altre parti del corpo.
    Un intervento invasivo a volte non possibile.
    I ricercatori ritengono che questa tecnologia, ancora in prototipo, possa essere introdotta in un contesto clinico entro i prossimi 5 anni.
    La stampa 3D sta apportando un impulso innovativo di tale calibro, da essere considerata da molti come l’inizio dell’industria 4.0, la quarta rivoluzione industriale.
    Nel settore medico, ma non solo ovviamente, sta conoscendo una diffusione capillare con un sempre più crescente numero di applicazioni che racchiudono tutte le prerogative per rivoluzionare su scala mondiale l’assistenza sanitaria.
    Dalla stampa di protesi e dispositivi medici, ai farmaci stampati in 3D, complessi e ottimizzati in base alle specifiche esigenze del paziente, al bioprinting per scopi di ricerca e per fabbricare tessuti umani come la pelle e la cartilagine.
  • 2 - CIBO AVARIATO? TE LO DICE LA BIOPELLICOLA!

    Oggi la sostenibilità ambientale è una delle principali preoccupazioni degli italiani e non solo, e il consumatore è sempre più coinvolto su questo tema, con riscontri tangibili anche nei comportamenti d’acquisto giornalieri.
    Sebbene a oggi quasi il 60% dei prodotti non presenti alcun riferimento alla riciclabilità delle confezioni, è inevitabile che il settore vedrà sempre più protagonisti materiali di origine vegetale, provenienti da filiere tracciabili certificate e interamente riciclabili.
    Secondo una recente fotografia, la sostenibilità nei prodotti confezionati vale qualcosa come 6,5 miliardi di euro.
    Rispetto per l’ambiente e sostenibilità del prodotto, anche nel food&beverage, rappresentano oggi il secondo fattore di acquisto dopo la qualità.
    A tracciare la strada sono i big dell’industria.
    Il caso più eclatante è il recente investimento (circa 1,9 miliardi di euro fino al 2025 a livello globale, di cui 150 milioni solo in Italia) da parte di Nestlé per passare alla plastica riciclata per uso alimentare.
    Tetra Pak ha invece messo in campo importanti azioni proprio sul versante dell’economia circolare: dagli investimenti per lo sviluppo di cannucce di carta che sostituiranno quelle di plastica, alla produzione di polimeri a base vegetale da canna da zucchero.
    Nel nostro paese, il centro ricerche Enea di Brindisi ha sviluppato, grazie agli zuccheri contenuti nel mais e nelle barbabietole, e agli additivi naturali, “biopellicole intelligenti” in grado di cambiare colore in caso di deterioramento del cibo, prolungandone inoltre la durata.
    Poi, con l’inserimento di alcuni altri elementi provenienti da scarti di lavorazione agroalimentari, le bioplastiche diventano 100% compostabili e biodegradabili.
    Il film delle “biopellicole intelligenti e antimicrobiche”, messo a punto all’interno di un programma di collaborazione con l’Università del Salento, viene reso “bioattivo” grazie all’uso di sostanze naturali.
    Oltre a essere biodegradabili e compostabili, e a svolgere la tradizionale funzione di contenimento e protezione degli alimenti, queste pellicole sono in grado di fornire una risposta specifica all’ambiente con cui il film contenitivo viene in contatto, e hanno spiccate proprietà antiossidanti e antifungine, oltre ad essere in grado di segnalare il deterioramento del prodotto alimentare che avvolgono.
    La confezione, in pratica, reagisce attivamente con la sua atmosfera interna, cambiando colore a seconda dell’ambiente acido-base con cui viene a contatto.
    Inoltre, utilizzando ossido di zinco e alluminio, sono state sviluppate biopellicole dalle proprietà antimicrobiche particolarmente adatte per prolungare la scadenza dei prodotti, in linea con gli obiettivi di riduzione degli sprechi alimentari dell’Agenda Onu 2030.
  • 3 - LA PIU' GRANDE ENOTECA DI VINI ITALIANI

    Sai dove si trova la più grande enoteca di vini italiani?
    Ma ovviamente online!
    Il suo nome è Tannico, e dispone di oltre 14mila etichette provenienti da 2.550 diverse cantine, tutte facilmente ordinabili con pochi click di mouse o pochi tocchi sullo schermo dello smartphone.
    Tannico infatti non è la classica enoteca fisica, ma un sito di e-commerce che nel 2019 ha venduto e spedito in tutto il mondo a più di 100mila clienti, un milione e mezzo di bottiglie, garantendo consegne entro le 24 ore in tutta Italia (in giornata a Milano), e in due settimane negli Stati Uniti.
    Numeri da capogiro per un’azienda, nata nel 2013, che ha saputo massimizzare la propensione dei consumatori agli acquisti da dispositivo mobile, con il 40% del fatturato proveniente oggi da questo canale rispetto al 20% di tre anni fa.
    A proposito di fatturato, nel 2016 i ricavi avevano raggiunto i 6,8 milioni di euro, mentre a fine Dicembre 2019 le vendite, cresciute su base annua del 36%, hanno toccato i 20,3 milioni, grazie anche alla spinta del business internazionale che rappresenta oggi il 10% del totale ed è cresciuto del 40% nel 2019.
    Assortimento del catalogo, disponibilità del prodotto a magazzino, posizionamento, attività di branding e comunicazione, efficienza del servizio di consegna, customer care attivo 7su7 h24.
    Queste le varie componenti che fanno oggi il successo di Tannico, azienda in linea con il suo piano industriale e sempre più vicina al punto di pareggio dopo gli importanti investimenti dei primi anni.
    Per continuare a crescere si punta alla continua evoluzione del modello di business.
    Da una parte, un catalogo che viene arricchito da servizi a valore aggiunto come il personal sommelier a disposizione degli utenti, o i corsi dedicati al mondo del vino dalla Tannico Flying School. 
    Dall’altra, le iniziative in fase di forte sviluppo in ambito B2B (business to business, transazioni commerciali tra imprese).
    Ma la vera grande novità di Tannico per il 2020 sarà il suo ingresso nel mondo del retail fisico, grazie all’apertura, intanto a Milano, di due enoteche.
    Spazi in cui verrà proposto l’assortimento e le iniziative aziendali, come le serate di degustazione, rispettando sempre e comunque la filosofia legata al vino.
    Raccontarlo cioè con un linguaggio nuovo e accessibile a tutti, soprattutto divertendosi.
  • 4 - Il 5G E LA NUOVA POSSIBILE DIVISIONE DEL PIANETA

    Se l’avvento di Internet ha cambiato il mondo, l’arrivo del 5G rappresenta una nuova rivoluzione.
    Siamo infatti davanti a una vera e propria digitalizzazione dell’economia e Donald Trump è consapevole che sta perdendo questa battaglia.
    Se un alleato storico come la Gran Bretagna non gli dà retta e decide di aprire le porte alle forniture tecnologiche di Huawei, significa che la campagna per bloccare l’espansione del colosso hi-tech cinese rischia di finire nella sabbia.
    Trump non ha però intenzione di arrendersi, anzi: la leadership nella costruzione delle reti 5G, quelle che permetteranno il cosiddetto Internet delle cose (IoT - Internet of Things), per il presidente americano è il cuore della strategia di contenimento alla Cina.
    Washington ritiene che Huawei lavori in stretto rapporto con l’esercito cinese (ovviamente la società nega questo), e che quindi installare in Occidente la sua tecnologia sia un pericolo altissimo per la sicurezza nazionale.
    Gli esperti del settore assicurano però che, al momento, il modo più vantaggioso in termini di velocità, qualità e costo, è proprio quello di affidarsi a Huawei.
    L’importanza del 5G va enormemente oltre l’aspetto tecnologico ed economico.
    Le reti superveloci a banda larga saranno il sistema nervoso globale che permetterà alle macchine di comunicare tra loro, di moltiplicare la dimensione delle comunicazioni globali, di far viaggiare messaggi e video a una velocità cento volte superiore a quella attuale.
    Gran parte della vita e dell’economia dei prossimi decenni convergerà lì, e passerà per le reti 5G.
    Possedere la chiave di questo sistema nervoso, vitale per ogni Paese, permetterà di influenzare, se non di controllare, economie, culture e forse anche governi.
    Per questo è il cuore dello scontro geopolitico tra la potenza dominante, gli Stati Uniti, e quella emergente, la Cina.
    Finora Huawei ha firmato contratti 5G con 65 compagnie di telecomunicazioni nel mondo.
    Più di 30 di queste in Europa.
    E’ una leadership mondiale aiutata dal fatto che in molti Paesi anche la tecnologia 4G, sulla quale l’azienda interviene per creare il 5G, è stata realizzata dal colosso cinese.
    Cambiarla completamente aumenterebbe notevolmente i costi di realizzazione delle nuove reti.
    Huawei, in più, ha già lanciato gli smartphone 5G, e anche qui è leader (Apple, ad esempio, non è ancora entrata nel mercato).
    L’amministrazione Trump ha di fatto espulso Huawei dal mercato americano, mettendola nella lista nera che impedisce alle società USA di venderle tecnologie sofisticate.
    Washington ha poi iniziato a fare pressioni su altri Paesi affinché mettano, anche loro, al bando l’azienda cinese.
    La recente decisione di Londra di aprire le porte, anche se parzialmente, a Huawei ha deluso la Casa Bianca.
    Il governo canadese ha invece sostenuto che quando deciderà in merito “terrà in considerazione gli aspetti geopolitici” della scelta.
    Australia e Nuova Zelanda (con Stati Uniti, Regno Unito e Canada riunite nell’alleanza d’intelligence Five Eyes) hanno bloccato Huawei.
    Complicata è invece la posizione dei Paesi europei.
    Angela Merkel sembra avere tutte le intenzioni di far entrare il gruppo cinese nelle reti della Germania, soprattutto perché teme ritorsioni di Pechino contro l’export di auto tedesche.
    In Italia, il ministro dello sviluppo economico ha detto lo scorso Dicembre che la possibilità di accesso a Huawei è garantita.
    Parigi non escluderà il gruppo cinese dalla lista dei fornitori, anche se “darà la priorità a un operatore europeo”.
    In Giappone, Huawei è stata bandita.
    In Corea del Sud, uno dei tre operatori 5G usa invece la sua tecnologia.
    In India, la situazione è ancora da definire.
    In Russia, le porte sono aperte al gruppo cinese.
    Tirando allora le somme, stiamo forse vivendo un curioso cambio di posizioni: nella geopolitica del 5G sembra infatti la potenza dominante a inseguire quella emergente.
    Con uno scenario da non sottovalutare: che il pianeta si avvii a dividersi in due mondi separati, uno a egemonia americana e uno a dominio cinese.
  • 5 - 17 BREVETTI SOTTO LE SCARPE

    Alle code notturne davanti agli Apple Store per accaparrarsi prima di tutti l’ultimo iPhone uscito, qualcuno forse c’è anche abituato ...
    A quelle invece per acquistare un paio di scarpe da running dalla forma di banana, ancora no ...
    Ma questo è quello che solo il Coronavirus ha scongiurato poche settimane fa.
    La ressa per comprare le Alphafly Next, calzatura specialistica da corsa in vendita dal 29 Febbraio (prima negli USA e una settimana dopo anche in Europa) ad un prezzo attorno ai 300 dollari, il 50% in più dei più costosi modelli della concorrenza.
    Ok, lo ammetto: mi piace molto seguire le strategie di marketing e l’operatività aziendale di Nike.
    Con gli ultimi ribassi di Borsa ho anche acquistato (spero a buon mercato) titoli azionari dell'azienda di Portland.
    Avevo parlato di Nike anche nella 7 NOTIZIE IN 7 MINUTI del 9 Dicembre 2019, quando Kipchoge, con le Nike Vaporfly ai piedi, riuscì a stare sotto le 2 ore per la prima volta al mondo correndo la maratona di Vienna.
    Mai prima, attorno a un prodotto sportivo, ci sono stati tanta attesa, polemiche feroci, e una corsa all’acquisto tipici dell’high-tech di culto.
    Quando in un garage di Beaverton, nel 1964, Bowerman e Knight fondarono Nike, l’idea era quella di disegnare delle scarpe buone e un po’ trasgressive per soddisfare l’emergente popolo dei runner americani.
    Sfuggendo, se possibile, al duopolio tedesco (Adidas) e giapponese (Tiger/Asics) che imponeva modelli basici e austeri.
    Nike è sempre stata innovazione e trasgressione, un tocco di colore in un settore grigio, delocalizzazione produttiva, spietatezza commerciale, grande attenzione a ricerca e sviluppo.
    Se vogliamo, una sorta di sorellina maggiore di Apple (nata dieci anni dopo, mille chilometri più a nord) nel settore dell’abbigliamento sportivo.
    Poi, spot pubblicitari entrati nella storia, ricerca di testimonial-icona di fama planetaria da abbracciare a vita (da Michael Jordan a LeBron James) e, sul piano del mercato consumer, l’invenzione della “serialità” che ha contribuito a fidelizzare in maniera quasi religiosa i clienti al brand: le leggendarie Pegasus (le più vendute del marchio col baffo) arrivarono ai piedi dei runner nel 1982 per esserlo ancora oggi, quasi 40 anni dopo, nella versione “36”.
    Nessuno aveva mai pensato all’idea che una scarpa da running potesse sensibilmente migliorare le performance.
    A Portland decidono allora di rivoluzionare la forma stessa della scarpa, inserendo una zeppa di 5 centimetri nel tacco e una lastra di carbonio nella suola.
    Dietro tutto questo c'è un lavoro mostruoso.
    Piede più inclinato in avanti e reattività estrema hanno prodotto secondi, anzi minuti, guadagnati nelle distanze più brevi e in maratona.
    Per arrivare alle Vaporfly prima, e ad Alphafly Next dopo, Nike si è mossa in assetto da guerra.
    In assenza di particolari vincoli normativi, le regole le ha scritte lei costringendo la federazione internazionale ad adeguarsi di conseguenza.
    Il “tacco” di Nike ha rilanciato sul mercato un oggetto commercialmente depresso da centinaia di modelli simili e una concorrenza spietata.
    In negozi dove il prezzo parte già da sconti del 30-40% sul listino, Nike non si schioda dai 250 euro (o dollari) del modello base, che diventeranno 300 con la Next.
    Nel podista-maratoneta della domenica, la tentazione di investire 100 euro in più sulle scarpe per partire con 3-5 secondi al chilometro di vantaggio sul collega d’ufficio (magari più dotato e allenato) diventa allora irresistibile.
    Le Vaporfly del presente e del futuro sono descritte e protette da 41 grafici di dettaglio che identificano ben 17 brevetti inviolabili, per circa 400 diverse soluzioni realizzative.
    Per identificare inequivocabilmente questi dettagli, i progettisti Nike hanno scritto 48 cartelle di testo usando 42mila parole: praticamente un romanzo.
    Rimane per ora de verificare se, oltre agli effetti positivi (col tacco si va più forte, lo ammette anche la concorrenza), una scarpa così estrema non provochi qualche problemino muscolare o tendineo su un quarantenne un po’ sovrappeso che corre a meno di metà della velocità di Kipchoge.
    Nike giura di no.
    Altra questione ad oggi irrisolta, la diffidenza-invidia vicina al livore con cui alle corse vengono guardati i (per ora rari) runner col tacco.
    Un atteggiamento che il quotidiano inglese The Guardian ha recentemente definito “come inserirsi con una pistola in una rissa a colpi di coltello”…
  • 6 - LA NUOVA VIA DELL'EDUCAZIONE: L'ONLINE.

    Lezioni online causa Coronavirus.
    Se ne parla molto in queste settimane dopo la chiusura delle scuole in tutte le regioni italiane.
    La didattica digitale, non solo in Italia, sta diventando un importante fattore di sviluppo.
    Un’immensa libreria online di testi universitari da noleggiare agli studenti, con la possibilità di un tutor sul web che li affianca per quella specifica parte di volume da approfondire.
    Oppure una serie tv con medici e attori che insegnano come diagnosticare alcune malattie.
    Il primo caso è quello della californiana Chegg, quotata anche al NYSE di Wall Street, con 1.087 dipendenti, tre milioni di abbonati e 321 milioni di dollari di ricavi.
    Lo scorso anno ha messo a segno una crescita dei ricavi del 25%, con un ebitda del 30%.
    Il suo titolo azionario dal 2016 ad oggi è volato.
    Le serie televisive sono invece prodotte dalla brasiliana Afya Educacional, da Luglio 2019 quotata sul Nasdaq.
    Questi due sono soltanto un paio di esempi di aziende specializzate nell’educazione online, aziende su cui ragionano e investono alcune grandi case di gestione internazionali.
    Segno che qualcosa sta cambiando nell’e-learning.
    Su 8,1 miliardi di dollari di capitale di rischio investiti in educazione digitale a livello globale nel 2018, la metà ha riguardato la Cina.
    Sono soldi che affluiscono soprattutto da fondi di venture capital.
    Addirittura 200 le società cinesi di formazione online che hanno raccolto questi capitali.
    Di questi importi, soltanto il 20% è affluito nei tecnologici Stati Uniti, e appena l’8% in Europa.
    I soldi investiti nell’e-learning sono veramente poca cosa però rispetto ai circa 11mila miliardi di dollari spesi per l’educazione nel mondo nel 2018, stimati dagli analisti di Goldman Sachs nello studio “Transforming Education in the digital era”.
    Istruzione che costa tantissimo!
    Negli Stati Uniti, ad esempio, dal 1978 i costi dell’educazione sono cresciuti del 1.225%, a fronte di un sistema inefficiente visto che il 37% degli studenti americani non raggiunge la laurea.
    In compenso però, al termine degli studi si ritrovano in media con un debito di 37mila dollari a testa.
    L’educazione online è allora diventata un megatrend, e, come tale, si inserisce bene nell’agenda Onu al 2030.
    Un obiettivo da sviluppo sostenibile.
    E poi ci sono enormi potenzialità ancora da esplorare, tanto che, si stima, entro il 2022 il mercato dell’e-learning dovrebbe generare ricavi per più di 243 miliardi di dollari.
    La didattica digitale è scalabile ed economica rispetto al sistema incentrato sull’insegnante in aula.
    Il professore allora non sarà più in classe ma, anche se via web, non sarà sostituito dall’intelligenza artificiale.
  • 7 - SCATTI ... TELEFONICI

    - 37 anni fa (era Venerdì 6 Marzo 1983) veniva messo in commercio il primo modello di telefono cellulare.
    Motorola Dynatac 800x, questo il suo nome.
    Pesava poco meno di un chilo, bianco, grigio e nero, con 21 tasti e una striscia di numeri rossi con una lunga antenna in gomma tutt’altro che pratica.
    Il primo prototipo venne disegnato dieci anni prima dall’ingegnere americano Martin Cooper, ma per metterne una versione in vendita si dovette attendere il 1983.
    Non erano in tanti all’epoca a poterselo permettere, costava infatti 4.000 dollari (l’equivalente di 10mila oggi), e reggeva solo 30 minuti di conversazioni con 6 ore di carica in standby.
    Fu soprannominato “the brick” (il mattone), e in pochi potevano immaginare quanto il telefonino avrebbe poi cambiato le vite delle generazioni successive.
    Le prenotazioni furono moltissime, ne furono venduti 300mila pezzi.
    Oggi c'è chi gli dà la caccia come oggetto da collezione, pagandolo molto più di uno smartphone.

    - L’ultima edizione del Mobility Report di Ericsson, ha evidenziato che nel mondo, alla fine del 2019, circolavano 7,9 miliardi di schede Sim (più della popolazione mondiale), con 5,9 miliardi di abbonati mobili.
    Ci sono sia schede inutilizzate, che anche persone con più di una scheda.
    La crescita continua nonostante la penetrante diffusione: nel quarto trimestre 2019 il numero di abbonati alla rete mobile è aumentato di 49 milioni di unità (+3%), in particolare in Cina (+7 milioni), Indonesia (+5 milioni) e Filippine (+4 milioni).

    - Da 310 a 500 milioni di dollari.
    A tanto ammonta il risarcimento che dovrà pagare Apple ai possessori di iPhone7 e modelli precedenti per l’obsolescenza programmata dei dispositivi.
    A beneficiarne saranno però solamente i clienti americani, dato che il gigante di Cupertino ha accettato di chiudere una causa promossa negli Stati Uniti contro il rallentamento volontario delle performance dei vecchi telefonini, un modo surrettizio per invogliare i clienti a comprare i nuovi modelli di iPhone.
    Apple aveva aggiornato il sistema operativo con una funzione che rallentava il telefono per evitare “spegnimenti volontari” degli smartphone più vecchi, nei quali la batteria si stava deteriorando.
    Le proteste nel 2018 avevano spinto Apple ad aggiornare il software e a offrire sconti per cambiare la batteria.
    Ora i clienti che hanno promosso la class action riceveranno 3.500 dollari ciascuno, mentre tutti gli altri possessori di vecchi modelli potranno ottenere 25 dollari di risarcimento.
    Ai legali, Apple pagherà invece 93 milioni di dollari.
  • Concluderei la newsletter "Innovation Special Edition" con la condivisione di questo messaggio:
    "il miglior servizio che un Consulente Finanziario può dare ai clienti, è quello di far prevalere in periodi di crisi (come quello attuale), o di euforia (come nel 2019 da poco concluso) dei mercati, la ragione, la disciplina e l'obiettività rispetto alle emozioni, la paura e l'avidità".

    Buon fine settimana!
    Un caro saluto,

    Davide