Nel corso del 2019 il
debito pubblico italiano si è accumulato di ben 176 milioni di euro al giorno, pari a 5,3 miliardi al mese, oltre 64 miliardi in un solo anno.
Per capirsi, un valore oltre 20 volte superiore a quello della riforma del cuneo fiscale da poco approvata dal Governo giallorosso, per la quale sono stati stanziati 2,9 miliardi, e quasi il doppio rispetto alle risorse messe sul piatto per l’intera Legge
di Bilancio.
Anche se negli ultimi anni le spese per interessi sono diminuite passando dal 5,2% del Pil nel 2012 al 3,7% dello scorso anno, grazie ad un contesto macroeconomico dominato da tassi piatti o addirittura negativi, l’indebitamento dell’amministrazione
pubblica si conferma il grande fardello che affligge l’Italia da quasi 70 anni.
Il debito pubblico italiano ammonta oggi a 2.420 miliardi di euro, pari a 40.075 euro pro-capite.
Cifre in aumento rispetto al 2018, quando, stando a Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, valevano rispettivamente 2380 miliardi per 38.543 euro a persona.
Per avere un termine di paragone, con questa somma totale si potrebbe coprire quasi un anno di economia francese, la sesta al mondo, il cui Pil ammonta a 2.790 miliardi.
Il dato poterebbe tuttavia non sorprendere se confrontato con quello di Paesi come gli Stati Uniti (20.000 miliardi per quasi 60.000 ad abitante) e il Giappone (10.800 miliardi per 85.000 in capo ad ogni singolo).
Ma è in percentuale sul prodotto interno lordo che il debito della penisola mostra la sua vera faccia, collocandoci al sesto posto tra gli Stati meno virtuosi al mondo con un rapporto deficit/pil del 134,8%.
Sul podio Giappone, Sudan e Grecia (rispettivamente 236 - 207 e 163%), mentre sono più lontani gli altri principali paesi europei come Francia, Spagna, Regno Unito e Germania (98,4 – 97,6 – 85,9 e 62%).
Il nostro debito attuale si attesta, nel suo rapporto verso il Pil, al secondo valore più alto mai toccato dall’unificazione del Paese, dietro a quello degli anni 20, quando gli sforzi per la Grande Guerra portarono il debito al record del 160% del Pil.
Ma chi lo detiene attualmente il nostro debito?
I dati forniti da Banca d’Italia e relativi a Ottobre 2019 evidenziano come esso sia ripartito esattamente a metà tra mercato interno ed esterno.
Tra i residenti, cui spetta il 50,2% del totale, primeggiano società di gestione del risparmio ed hedge fund (fondi speculativi), in leggero incremento rispetto al 2018 (23,2%).
Segue il sistema bancario, stabile al 19,5% (472 miliardi), Bankitalia con solamente il 5%, gruppi non finanziari e persone fisiche con la loro fetta al 2,5%.
Agli stranieri spetta invece l’altra metà del bottino, tra questi la parte del leone è giocata dai privati (32,8%), mentre la Bce ha abbassato negli ultimi 18 mesi la sua esposizione arrivando al 17%.
A livello geografico infine, ben il 76% del debito nei portafogli stranieri è collocato all’interno dell’Eurozona, con la Francia al 20 e la Germania al 12%.
Questo dato dimostra come gli investitori dei due paesi stiano destinando un’importante attenzione ai titoli del debito italiano, che nell’attuale contesto di tassi negativi o quantomeno stagnanti offrono rendimenti più elevati rispetto a quelli dei loro
bond nazionali.
Ad esempio, il decennale tedesco tratta attualmente a un rendimento negativo dello 0,4%, mentre il corrispettivo italiano paga un positivo 0,92%.
Esposizione comunque importante anche per Spagna (13%) e Irlanda (7%).
Fuori Eurolandia invece, i maggiori investitori vengono dal Giappone (5%), dagli USA (4%) e dal Regno Unito (2%).
Perdonami tutti questi dati percentuali.
Mi auguro non ti sia venuto un giramento di testa ...