E’ stato necessario coniare una nuova espressione gergale, everything rally (la corsa di tutte le asset class), per provare a dare una definizione all’esuberanza mostrata dai mercati finanziari di tutto il mondo a partire da metà Ottobre,
e che conclude per gli investitori un anno da incorniciare quasi quanto da dimenticare era stato il precedente orribile 2022.
Meglio infatti partire dal fondo per raccontare un 2023 che termina con progressi di dimensione difficilmente immaginabile 12 mesi fa, quando pure un atteggiamento di prudente fiducia in una ripresa dei listini era piuttosto diffuso fra gli addetti
ai lavori.
Ad aver dato la spinta decisiva alle Borse (e non solo) è stata l’attesa che si è creata per un ritorno nei ranghi di quell’inflazione che aveva causato spavento e disorientamento.
E nella conseguente rapida marcia indietro delle Banche centrali sui tassi, appena in tempo per assicurare alle economie il tanto auspicato atterraggio morbido (soft landing) ed evitare così di cadere in recessione.
INCIDENTI DI PERCORSO
Il 2023 era iniziato con il piede giusto per le azioni, sulla scia del parziale recupero visto nel trimestre finale del 2022.
Al brillante avvio si sono poi succeduti nuovi elementi di incertezza, legati all’atteggiamento dapprima intransigente delle Banche centrali sui tassi (dal Marzo 2022 la Federal Reserve USA ha alzato i tassi 11 volte per complessivi 525 punti base,
la BCE 10 per 450 punti base) in risposta a un’inflazione elevata e persistente almeno nella prima parte dell’anno.
Non sono poi mancati incidenti di percorso, primo fra tutti il fallimento a Marzo di alcune banche regionali guidate da Silicon Valley Bank negli States, e il salvataggio in extremis di Credit Suisse in Europa.
Il tutto in un contesto geopolitico che non ha mai smesso di creare apprensioni, costellato dal perdurante conflitto in Ucraina e dalla crisi emersa nel Medio Oriente negli ultimi tre mesi.
Tensioni sufficienti a provocare impreviste ondate di volatilità, soprattutto in ambito obbligazionario, ma non abbastanza da far deragliare i mercati o da invertire la loro favorevole inerzia.
AZIONI…
Sotto l’aspetto statistico il 2023 si chiude dunque con quasi tutti gli indici azionari sui massimi storici o di lungo periodo.
Guida la classifica mondiale il Nasdaq stellare con un balzo del 44% (miglior performance dal 1999), seguito fra i listini principali da una rediviva Tokyo (+30%).
Anche per le altre Borse il bilancio è però di quelli da ricordare: a Wall Street dove l’S&P500 ha guadagnato il 24% e giocato fino all’ultimo a rincorrere il record risalente a due anni prima, così come in Europa dov’è stata la nostra
Piazza Affari a primeggiare a livello continentale.
Grazie a un guadagno che ha sfiorato il 28%, l’indice Ftse Mib ha infatti recuperato i 30mila punti per la prima volta dall’estate del 2008, poco prima della bufera scatenata dal crack di Lehman Brothers.
Determinante, a tal proposito, il settore bancario (+42% le banche a Piazza Affari nel 2023), vero vincitore della stagione del rialzo dei tassi.
…MA NON SOLO
Molto positive sono state anche le performance dei bond, classe di investimento che tutti davano per spacciata in un contesto di “tassi più elevati e più a lungo”.
Chi avesse investito a fine 2022 in un paniere formato da BTp di varie scadenze chiuderebbe l’anno, fra cedole incassate e rivalutazione dei titoli, addirittura con il 13,7% in più.
Simile la situazione per i Bund tedeschi (+7,5%), i Treasury USA (+3%) e per le obbligazioni societarie: quelle con basso profilo di rischio (Investment Grade) sono state capaci di spuntare rendimenti total return attorno
all’8% tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, mentre i progressi dei più rischiosi High Yield si valutano nell’ordine del 12-13%.
Ma attenzione, la parte principale di questi guadagni (se non addirittura l’intera posta) è stata messa a segno negli ultimi due mesi e mezzo, non a caso da quando gli investitori hanno iniziato a scommettere su tagli dei tassi a partire dal prossimo
Marzo.
Altrove restano da segnalare i primati realizzati dall’oro (chiude un anno record con un progresso del 13%) e dalle criptovalute guidate dal Bitcoin (+150%).
E se il concomitante calo dei prezzi delle materie prime energetiche (-10% per il petrolio Brent, -42% per il gas naturale) ha esercitato un effetto calmierante sull’inflazione e permesso, almeno per ora, di evitare una recessione quantomai dolorosa
soprattutto in Europa, nel mondo valutario il dollaro appare tra i pochi sconfitti del 2023.
La valuta statunitense ha perso circa il 2% su scala globale (il cambio con l’euro si è riportato in area 1,11), anche per il venir meno della spinta che le deriva solitamente dalla status di bene rifugio in fasi di elevata avversione al rischio sui mercati.
Ancora una volta, in conclusione, il mercato si è preso gioco di coloro che hanno, per l’ennesima volta, preferito attendere ad investire “in attesa di tempi migliori”.
Ora non sarà certo semplice voltar pagina nel 2024.
Il contesto geopolitico rimane molto complesso, e diversi appuntamenti elettorali di rilievo caratterizzeranno questo nuovo anno.
Ma le obbligazioni, dopo svariati anni di rendimenti prossimi allo zero, sono tornate ad offrire interessanti rendimenti, se le banche centrali veramente procederanno poi a tagliare i tassi…
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