Il Trattamento di Fine Rapporto, TFR o liquidazione, è una somma che il datore di lavoro deve corrispondere al suo lavoratore dipendente alla cessazione del rapporto lavorativo.
Per l'azienda, pertanto, si tratta di un debito di lungo periodo verso i suoi dipendenti.
Il TFR si determina calcolando, per ciascun anno di servizio, un importo pari alla retribuzione lorda dovuta per ogni annualità divisa per il parametro fisso 13,5.
Il dato rappresenta quindi il 7,41% della retribuzione, il 6,91% corrisposto all'ex dipendente e lo 0,50% corrisposto all'Inps.
L'azienda deve rivalutare, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno tale importo di una percentuale costituita dall'1,5% fisso + il 75% dell'aumento Istat dei prezzi al consumo.
Tale rivalutazione rappresenta per l'azienda un costo.
Si stima che tra il 7° e l'8° anno circa, gli interessi che l'azienda deve riconoscere ai suoi dipendenti che hanno deciso di lasciare proprio in azienda la loro quota di TFR, sia pari a un anno di TFR!!!
Ma come può un'azienda gestire questo debito futuro?
Le strade sono tre:
- La prima opzione è quella di non fare assolutamente niente.
Continuare quindi a usare la quota TFR per gli adempimenti di tutti i giorni.
Pagare i fornitori, le tasse, le utenze, gli stipendi...
Ovviamente questa opzione è la peggiore in assoluto e, purtroppo, molte aziende si comportano ancora oggi proprio in questo modo. Non pianificano.
- La seconda strada consiste nel far uscire dalle casse e dai conti aziendali questo importo, gestendolo attraverso una soluzione di investimento dal rischio contenuto, con la possibilità di disinvestire una parte o la totalità
del capitale, all'occorrenza, in poco tempo e senza alcun vincolo (commissioni o altro).
In tal senso l'azienda può anche pensare di pianificare il tutto attraverso un PAC, un piano di accumulo su base mensile, bimestrale o trimestrale.
- La terza opzione, infine, coinvolge direttamente anche i dipendenti.
E' questo il percorso, se vogliamo, più complesso ma sicuramente vincente per tutti, azienda e dipendenti stessi.
Parliamo in questo caso di Welfare, attraverso l'istituzione del Fondo Pensione Aziendale.
Creare quindi un accordo tra l'azienda X Srl e la società di gestione del risparmio, attraverso il quale si mette a disposizione dei dipendenti il Fondo Pensione Aperto a delle condizioni di favore.
Così facendo, l'azienda, per i dipendenti che hanno deciso di aderire al Fondo Pensione:
> Non deve annualmente rivalutare il TFR stesso;
> Non deve versare ogni anno lo 0,20% del monte stipendi al fondo di garanzia INPS;
> Ha una decontribuzione INPS pari allo 0,28% del monte stipendi totale annuo;
> Ha una deducibilità fiscale del 6% sull'ammontare totale del TFR;
> Si può presentare davanti alle banche e ai creditori con dei migliori bilanci.
Se tutti i dipendenti dell'azienda X Srl decidessero di aderire alla previdenza integrativa, si stima che ogni 8,5 anni il risparmio aziendale sarebbe pari a un anno di TFR!!!
E i dipendenti, aderendo al F.P. che vantaggi avrebbero?
> Minor tassazione finale del TFR accantonato nel Fondo Pensione (tassazione massima 15% e minima 9%, contro una tassazione dello stesso importo lasciato in azienda minima del 23% e massima del 45%).
Enorme risparmio fiscale!!!
> Maggiori possibilità di richiesta anticipazioni e maggior percentuale di anticipazioni previste;
> Possibilità di scegliere tra diverse linee di gestione, generalmente in base all'età e al proprio profilo di risparmiatore;
> Possibilità di ottenere migliori rendimenti rispetto al TFR lasciato in azienda e qui rivalutato;
> Possibilità di svincolare dall'azienda il proprio TFR, destinandolo così a una posizione individuale nominativa.
Gestire in questo modo il TFR può anche contribuire a fidelizzare i propri dipendenti e a creare un buon clima all'interno dell'azienda.
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